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Incidenti nucleari militari  1985 – 1986

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Incidenti nucleari militari 1985 – 1986

Pubblicato il 29 ottobre 2012 by redazione

Incidenti nucleari militari  1985 – 1986

Nella seconda metà degli anni 80 si preparano eventi che segneranno la fine degli equilibri di potere così come il mondo li aveva conosciuti da più di quarant’anni, che sembravano non modificabili a breve, se non addirittura intoccabili: la divisione in blocchi militari fra est e ovest del mondo, i sistemi economici capitalisti e socialisti, con le relative teorizzazioni e divisioni ideologiche. Il 1989 segnerà la fine sì dell’unione Sovietica, travolta da processi a cui non è riuscita a prepararsi, ma anche il blocco occidentale si troverà impreparato ai cambiamenti del nuovo millennio… tuttavia, prima di quei giorni che chiusero un’era, vi sono stati ancora anni in cui i toni del confronto tra gli schieramenti della guerra fredda tornarono più aspri che mai, tanto da far temere che si fosse vicini alla guerra aperta, quindi all’apocalisse nucleare. Un decennio pieno di controsensi, retorica, sospetti, con un rifiuto sempre più marcato nelle opinioni pubbliche di ideologie, modelli che sapevano di un passato sbagliato. Una voglia di disimpegno, di dimenticare la paura, l’angoscia dell’annientamento nucleare e semplicemente, finalmente, vivere. Sia ad est che a ovest, seppure con toni diversi le sensazioni furono inaspettatamente comuni. Perché la seconda guerra mondiale era finita ormai da cinquant’anni, ma in realtà il mondo era piombato nella terza, che non si era combattuta in campo aperto, ma in singoli teatri di guerre e crisi locali. Senza scontri diretti fra le superpotenze, almeno fino a quel momento. Gordon Matthew Thomas Sumner, musicista inglese molto noto al pubblico internazionale con il nome d’arte Sting, chiuse tutte queste sensazioni nel testo di una canzone per altro molto intensa, “Russians” (nota1), che scrisse nel 1985  e pubblicò l’anno successivo. E’ una canzone pacifista che, come talvolta accade agli artisti, ha avuto la capacità di esprimere e concentrare tutte le obiezioni, le paure che vivevano milioni di persone, schiacciate  in un gioco più grande di loro… nel testo Sting cita il leader sovietico Nikita Kruscev, che in un discorso promise agli occidentali “vi seppelliremo tutti”, così come il presidente statunitense prometteva ai suoi alleati “noi vi proteggeremo”: garbatamente Sting rispondeva a entrambi che la gente non era d’accordo con quei punti di vista. E soprattutto, diceva che non esiste una guerra (nucleare ovviamente) che si può vincere, è una bugia retorica a cui non crede più nessuno. Che condividiamo tutti la stessa biologia, nonostante le differenti ideologie. E che l’unica cosa che potesse salvare tutti è che anche i Russi amassero i loro bambini… e l’insistente ticchettio ricordava (ma lo fa ancora oggi) che l’orologio  della catastrofe segna pochi minuti alla mezzanotte nucleare…e continua ad andare avanti.

Mentre il mondo restava attanagliato da queste paure, ciò che le causava, l’arsenale nucleare, continuava ad esser ben presente e ad espandersi. Ai militari di entrambi gli schieramenti i rispettivi governi chiedevano di esserne sempre pronti all’uso, di continuare  nella sfida reciproca all’efficienza. Quindi le armi nucleari continuavano ad essere portate in giro per il mondo, in un clima di tensione continua. E gli incidenti di conseguenza continuarono ad accadere, nonostante tutte le rassicuranti parole dei leaders politici. Come nella canzone di Sting…..

1985

11 febbraio  La temperatura era piuttosto rigida quel giorno a Fort Redleg, una base della U.S. Army nell’allora Repubblica Federale Tedesca a pochi chilometri dalla città di Heilbronn (nota 2) . Una squadra  di artiglieri della 56° Brigata di artiglieria da campo (56th Field artillery Brigade) stava procedendo all’estrazione del missile nucleare a medio raggio autotrasportabile, quando questo inspiegabilmente prese fuoco ed esplose causando la morte di tre militari, il ferimento di altri sette e notevoli distruzioni nel perimetro della base. L’arma era uno dei 108 lanciatori che dal 1983 erano in corso di rischiaramento in Germania, per fronteggiare di missili di pari classe da parte dei Sovietici nei paesi del Patto di Varsavia, Germania Democratica compresa. In realtà l’arrivo di quei missili in dotazione all’esercito americano aveva già creato molte polemiche in Europa, poiché da alcuni era sostenuto apertamente che lo schieramento di armi da parte dei Russi fosse avvenuto per l’intransigenza crescente da parte dell’amministrazione Reagan sugli equilibri degli schieramenti nucleari e sulla diffidenza verso le dichiarazioni ufficiali  di Mosca in materia. Il missile Pershing II era stato tutta la notte all’aperto, nel contenitore con cui era arrivato dagli States. Ora la squadra di militari, con una temperatura di circa -7 gradi, nonostante fossero già le 14 del pomeriggio, stava smontandolo per posizionarlo sul carrello – lanciatore mobile. L’esercito americano stava amaramente per comprendere che anche i missili a propellente solido potevano essere soggetti a incidenti, non solo quelli liquidi. Secondo quanto fu appurato dall’inchiesta tecnica, mentre il personale della batteria C del 3° battaglione procedeva ai lavori, il motore del missile, la cui struttura esterna era costituita da kevlar, strisciò contro la gomma siliconica che costituiva la protezione interna del container. La bassa temperatura e il freddo secco favorirono l’accumularsi di una forte carica elettrostatica che incendiò il carburante Thyokol TX 174 del primo stadio. In meno di un secondo la pressione e la temperatura furono tali che l’intero missile si sbriciolò, lanciando rottami fino a  quasi 300 metri di distanza ed investendo con fiamme altissime tutto ciò che lo circondava. Per fortuna la testata da 400 kilotoni  era come da procedure, custodita in un “pit” corazzato separato. A seguito dell’esplosione la movimentazione di tali armi nucleari fu bloccata fino al 1986, quando venne profondamente modificato il manuale sulle procedure di manutenzione e messa in sicurezza dei missili a propellente solido.

10 giugno nelle prime ore del mattino, il sottomarino lanciamissili a propulsione nucleare HMS Resolution (nota 3), in servizio con la Marina di Sua maestà Britannica, venne speronato a largo di Cape Canaveral in Florida da uno yacht privato, il Proud Mary, che dovette essere trainato in porto per le riparazioni. Il Resolution invece non ebbe danni di grande rilievo. Il sottomarino stava raggiungendo il poligono di tiro della U.S. Navy Atlantic Test Range, per procedere ad un lancio addestrativo di un missile intercontinentale Polaris. Il Resolution era il primo dell’omonima classe di sottomarini, costruiti per portare ciascuno 16 lanciatori del missile americano. Furono costruiti 4 esemplari, oggi tutti ritirati dal servizio.

Immagine 1 il relitto del sottomarino K 431 attende a Petropavlovsk  l’inizio dei lavori di smantellamento

Immagine 1 : il relitto del sottomarino K 431 attende a Petropavlovsk l’inizio dei lavori di smantellamento. Il 10 agosto 1985 un incidente durante il cambio della barre di Uranio dei reattori causò una delle peggiori catastrofi nella storia dell’atomo militare.

10 agosto nella baia di Chazhma, a pochi chilometri dalla popolosa Vladivostock, la Marina Russa ha da sempre  la sua base di appoggio per la flotta del Pacifico, dove viene anche effettuata la manutenzione per i sottomarini a propulsione nucleare. Il K 431 (nota 4 e immagine 1), un sottomarino  della classe Echo II potenziato da due reattori a acqua pressurizzata da 70 Megawatt, quel giorno veniva sottoposto alla sostituzione delle barre di combustibile, costituite da una lega a base di uranio arricchito. L’operazione, per quanto complessa, era abbastanza comune sia per gli equipaggi che per il personale civile della base. Ma quel carico fu causa di uno dei più terribili incidenti militari di cui si abbia conoscenza. Verso la sera, mentre gli uomini stavano ultimando il carico, venne notato un disallineamento tra il  coperchio del reattore e la camera delle barre: a causarlo un elettrodo da fusione, dimenticato da un operaio. Si dovette nuovamente sollevare con l’argano sia le barre di Uranio che la griglia del sistema di contenimento. Nell’esatto momento in cui il reattore veniva estratto, il passaggio di una silurante nella baia causò un’onda tale lo scafo del sottomarino si spostò, le barre e la grata di contenimento si allontanarono tra loro ben oltre la distanza massima consigliabile. Alle 10.55, pochi attimi dopo, il combustibile del reattore di destra entrò in una reazione a catena spontanea incontrollabile. Un’enorme esplosione distrusse il comparto motore, uccidendo sul colpo le dieci persone, tra marinai e lavoratori, in quel momento attorno al battello, scagliò il pesante coperchio del reattore nell’acqua a 70 metri di distanza, squartò lo scafo e il ponte a poppa del battello e lanciò le barre di Uranio estremamente cariche (o quel che ne rimaneva) nella base e nella foresta attorno alla stessa. Un incendio violentissimo fu domato con fatica dopo quattro ore, mentre il sottomarino giaceva affondato di poppa nel bacino. Buona parte dei detriti cadde entro un raggio di 100 metri, ma una nube di ceneri e gas radioattivi venne spinta verso la penisola di Dunay, di fronte alle banchine della base, sfiorando la città militare di Shkotovo 22, a circa 1 chilometro e mezzo. Nelle 24 ore successive, iniziò il calcolo dei danni della contaminazione nucleare. Al momento dell’esplosione il livello di contaminazione era di 90.000 Roentegents/ora, circa tre volte quello attorno alla centrale di Chernobyl dopo l’esplosione del reattore. Alcune ore dopo era sceso, ma si attestava a 600 Roentgents/ora, comunque ben 30 volte superiore alla dose mortale per un essere umano che vi sia esposto per soli cinque minuti…una energia pari a sei milioni di Curie venne liberata nell’aria. I corpi, o quel che ne restava, dei dieci morti, letteralmente schiacciati, carbonizzati sulle pareti del sottomarino o della banchina, vennero seppelliti a notevole profondità, in quanto fortemente radioattivi. Il 30% del territorio della base e due chilometri quadrati della foresta risultarono contaminati oltre ogni possibilità di bonifica. Immediatamente iniziò l’opera di contenimento, che impegnò 2.209 persone, esposte a dosi massicce di radiazioni lavorando prive di protezioni. Già nei giorni successivi 49 tra pompieri e marinai svilupparono avvelenamenti acuti da radiazioni. In gran velocità vennero rimossi e seppelliti in 4 grandi trincee scavate nella foresta ben 1.200 metri di asfalto, 4.585 metri cubi di terra e pietrisco, 760 tonnellate di metallo e cemento. Delle persone impiegate nella bonifica 290 operarono nell’area maggiormente contaminata. Quanti morirono o subirono, fino ad oggi, le conseguenze durature dell’esposizione non sarà forse mai possibile saperlo, il risvolto forse più amaro di questo incidente. Le autorità  sovietiche, con la ben nota mania per la riservatezza, distrussero tutte le prove (cartellini di ingresso ai cantieri, ordini di servizio, registri..) per cui a nessuno dei lavoratori fu possibile vedersi riconosciuto il servizio reso in quei giorni. Così come ad ufficiali e marinai fu dato ordine tassativo di mantenere il silenzio: un segreto che rimase tale fino al 1993.  Ancora oggi giornalisti coraggiosi e associazioni indagano sulle tragedie ecologiche ed umane di quegli anni, in una battaglia legale con il governo russo a colpi di processi e ingiunzioni contro la censura, che prosegue da oltre vent’anni. Intanto i materiali radioattivi continuano a inquinare mortalmente le acque e il terreno attorno alla baia di Chazhma…

Nel corso del 1985 a bordo di sottomarini sovietici in servizio si sarebbero verificati altri incidenti, ma sulle effettive dimensioni degli stessi, danni a persone o all’ambiente non vi sono ad oggi notizie certe: il K 447, il K 208 e il K 367 sarebbero stati vittime di perdite al sistema primario di raffreddamento, di cui non si conoscono però i particolari, tranne che per l’ultimo battello, per il quale si sospetta sia andato in avaria il sistema di controllo automatico dell’attività del reattore. Il K 38, il K 255 (questi primi due a quanto pare nel corso del mese di marzo), il K 369, il K 298 e il K 192 subirono incendi.

24 ottobre il sottomarino nucleare da attacco USS Swordfish (SSN 579) (nota 5), durante la navigazione nell’Oceano Pacifico subì un’avaria al sistema di propulsione. Non se ne conosce la portata.

24 novembre  la portaerei americana a propulsione nucleare USS Enterprise (CVN 65) si arena sulla Bishop’s Rock a circa 100 miglia dalla base navale di San Diego in California. La portaerei riceve una falla di quasi venti metri sullo scafo e un danneggiamento ad un’elica, ma è in grado di partecipare alle manovre. Dopo il 27 novembre, la portaerei raggiunse il porto per le riparazioni in bacino di carenaggio. Durante le ispezioni venne constatato che un’elica si era deformata e dovette esser sostituita. Ma in ogni caso, la portaerei fu in grado di partecipare all’esercitazione preventivata, né furono rilevate anomalie ai reattori.

31 dicembre mentre è attraccato al porto di Palma di Maiorca, nelle isole Baleari, l’USS Narwhal (SSN 671), sottomarino d’attacco classe Sturgeon, rompe i cavi di ormeggio e resta alla deriva per alcune ore nella baia, prima che si riesca a rimorchiare il battello di nuovo al molo (nota 6). Il Narwhal era in realtà un classe Sturgeon “anomalo”, in quanto servì a testare i reattori S5G con sistema di raffreddamento del reattore “a circolazione naturale dell’acqua”, così come altri accorgimenti strutturali adottati poi su altre classi di sottomarini. Questo rendeva il Narwhal all’epoca il sottomarino più silenzioso nell’arsenale americano, quindi meno individuabile. Per questo fu probabilmente coinvolto in missioni di sorveglianza e spionaggio, di cui oggi ancora nulla ufficialmente si conosce.

1986

Immagine 2 la torretta dell'USS Nathanael Greene (SSBN 636) posta all'ingresso della rada di Cape Canaveral

Immagine 2: la torre di comando dell’USS Nathanael Greene (SSBN 636) accoglie le navi all’ingresso del porto di Cape Canaveral, in Florida. La base, nota per le installazioni spaziali della NASA, in realtà è anche inserita in un poligono marino di tiro in cui i sottomarini (statunitensi e di Paesi alleati) sono autorizzati a effettuare lanci di addestramento dei missili normalmente dotati di testate nucleari. Dopo la demolizione, la torre è stata adottata come ‘gate guardian’, la ‘guardia del cancello’.

13 marzo  il sottomarino lanciamissili balistici USS Nathanael Greene (SSBN 636), nonostante il ruolino di servizio di tutto rispetto, è un battello abbastanza bersagliato dalla sfortuna: dopo due incidenti, uno nel 1970 e ben due nel 1984, durante un’esercitazione di immersione profonda nel mare d’Irlanda, urtò il fondale per motivi non del tutto chiariti, danneggiando gravemente le superfici di controllo a poppa e le casse di zavorra principali (nota 7). Ricevute le prime riparazioni di emergenza presso la base scozzese di Holy Loch, il sottomarino attraversò l’Atlantico in immersione,  raggiungendo la base di Charleston, in South Carolina. I danni ingenti subiti dal battello, la sua non più giovane età (i sottomarini classe James Madison erano entrati in servizio lungo gli anni 60) e le restrizioni sul numero di sottomarini dotati di armi nucleari strategiche stabilite nel trattato di disarmo SALT II ne segnarono il destino.

Immagine 3 lancio da sottomarino di un missile UGM 73 Poseidon

Immagine 3: lancio in immersione di un missile balistico intercontinentale ad uso marino Locheed Martin UGM 73 Poseidon. Il missile è un esemplare da esercitazione, come indica il colore vivace della pannellatura.

Radiato dal servizio attivo e inserito nel programma Submarine Recycling Program (immagine 2), restò assieme a molti altri battelli ormeggiato nel Puget Sound Naval Shipyard di Bremerton fino al 2000, quando lo smantellamento e lo smaltimento del battello fu terminato. Sulla sfortuna o meno di un mezzo si può discutere, anche fare delle battute di spirito, se non fosse per il rischio  che riguarda in primis l’equipaggio (sul Greene erano imbarcati 143 uomini). Ed anche molte altre migliaia di persone, visto che oltre alle barre di Uranio del suo reattore ad acqua pressurizzata S5W, l’armamento di lancio del sottomarino prevedeva 16 silos contenenti altrettanti missili balistici intercontinentali Lockheed UGM 73 Poseidon (immagine 3), ciascuno capace di portare in media 10 testate W68 da 40/50 chilotoni di potenza ciascuna (Fat Man, l’atomica sganciata su Nagasaky aveva una potenza di 22 chilotoni, ovvero 22mila tonnellate di TNT). Senza contare la possibilità di imbarcare anche siluri a testata nucleare modello Mk 45…. Lasciamo fare a voi due conti rapidi sul potenziale distruttivo contenuto nel, Nathanael Greene. La Marina Statunitense ha ammesso che questo incidente è tra il più gravi che siano occorso alla sua flotta sottomarina nucleare, dopo quelli che hanno portato alla perdita dell’intero battello (immagine 2).

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Immagine 4 : un cane nato con gravi malformazioni causate dalle radiazioni emanate dal reattore della centrale di Chernobyl e esposto al museo dell’incidente a Kiev, in Ucraina. Immagine concessa in uso da Vincent de Groot

26 aprile Chernobyl. Pochi nomi come questo sono capaci di evocare angoscia, di incarnare l’immagine della tragedia, fino a diventarne un sinonimo (nota 8, immagini 4, 5 e 6). Non è un incidente nucleare militare, ma dopo Hiroshima e Nagasaky è di gran lunga il più grave, 7° grado della scala INES che misura la gravità di questi eventi. E’ 1.24 di notte: il reattore viene sottoposto in quei giorni a prove di funzionamento sotto stress, in particolare si stava provando per quanto tempo turbina e generatore riuscissero a produrre energia, anche dopo che  l’impianto di raffreddamento avesse cessato di produrre vapore. Per questo erano stati disabilitati alcuni sistemi di sicurezza. Nella sala di controllo non si percepisce, nei minuti precedenti, ciò che sta accadendo, perché la crescita del calore nel reattore è talmente rapida da superare la capacità di rilevamento degli strumenti. Il progetto del reattore RBMK 1000, raffreddato ad acqua pressurizzata e moderato con barre di grafite, come molti altri  reattori sovietici, non è nato per produrre energia, ma per arricchire il Plutonio a uso militare. Non ha sistemi secondari di contenimento, perché deve essere facile la sostituzione delle barre di combustibile, come in tutti i reattori di questo tipo.

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Immagine 5 : attorno alla centrale, immensi cimiteri di mezzi di ogni tipo restano abbandonati alla ruggine. Troppa la radioattività assorbita nei durante il lavoro attorno al reattore n. 4 scoperchiato. Nessuno conosce con certezza il destino di chi li ha utilizzati in quei terribili giorni….

Quando il personale nella sala di controllo comprende che qualcosa sta andando storto, è troppo tardi. Anzi, la decisione di rimettere nel nucleo le barre di assorbimento in grafite (che costituiva la fase finale del test)  non fece nient’altro che dare altro combustibile al rogo nucleare, perché le barre scesero solo parzialmente, bloccate nei condotti deformati dal calore. A quel punto tutto si fonde, dalle tubature spezzate l’acqua di raffreddamento raggiunge le barre in fusione nel basamento e evapora istantaneamente. L’idrogeno generato esplode scagliando attraverso il tetto dell’edificio i blocchi di cemento di contenimento, assieme ad almeno il 25% delle barre di Uranio e di quelle di grafite, come un vulcano in piena eruzione. Pulviscolo e vapore altamente radioattivi sono scagliati nell’atmosfera. Nella vicina città di Pripyat l’esplosione sveglia buona parte dei cittadini. Nell’impianto 3 persone sono morte istantaneamente, altre 28 entro poche ore moriranno per l’immensa quantità di radiazioni emesse: secondo i calcoli degli scienziati, fino a 400 volte le emissioni della bomba di Hiroshima. Dopo il solito tentativo di minimizzare o negare l’accaduto, durato peraltro alcuni cruciali giorni, di fronte alla nube radioattiva che attraversava l’Europa portando con se Iodio 131 e Cesio 137, il governo dell’URSS dovette ammettere  con gli altri Paesi la portata dell’incidente e chiedere aiuto alla comunità internazionale. L’ultimo dei 42 vigili del fuoco ed operai che intervengono immediatamente sul tetto e attorno al cuore del reattore, muore 96 giorni dopo la tragedia. I sovietici inviano migliaia di soldati a spostare freneticamente i detriti in fiamme dal tetto degli altri 3 reattori del complesso, a evacuare  città e villaggi per migliaia di chilometri quadrati attorno all’impianto. Le prime immagini concesse alle tv occidentali li mostrano lavorare davanti al mostro senza altro addosso che tute da protezione antincendio o maschere antigas. Come entrare nudi in un altoforno. Attorno al reattore sventrato si misurano coi contatori Geiger 20.000 Roentgen. Per capirsi, l’esposizione a soli 500 Roentgen in un’ora,  porta un essere umano alla morte entro le 5 ore successive. L’emissione del vapore ionizzato, fonte della più intensa contaminazione, cessa il 10 maggio. Quanti siano stati esposti alla fine dell’emergenza, cioè una volta rinchiuso il reattore in un immenso sarcofago di cemento e acciaio, non è dato sapere. Fino a tutto il 1987 erano stati contati 2.900 lavoratori civili e oltre 16.000 soldati nel cantiere. Anche se c’è chi parla di oltre 600mila “liquidatori”, certificati con attestato dello Stato,  che si avvicendarono a Chernobyl, spesso gettando direttamente nella fornace nucleare detriti e grafite, a mani nude. Circa 240.000 lavorarono all’interno dei 30 chilometri dal reattore, assorbendo dosi elevate di energia per più lungo tempo. A 26 anni di distanza, l’area per sempre inabitabile, le città fantasma, abbandonate in pochi giorni, le suppellettili lasciate parlano di vite spezzate in un momento. Gli oltre 1350 tra camion, cingolati, betoniere, gli elicotteri utilizzati per sganciare sul reattore scoperchiato boro, sabbia e dolomia,  abbandonati, completamente resi radioattivi; sono queste le parole mute che restano. Come le fotografie di tanti che si sono sacrificati in quelle ore. Le possiamo vedere a Kiev, al museo del disastro. O sulle tombe nei villaggi, da dove venivano quei soldati e quegli operai. Parlano i  casi di leucemia e  cancro alla tiroide, che molto spesso colpiscono i bambini: tra il 1987 e il 2005 ne sono stati conteggiati 6000 casi, nella popolazione giovanile esposta  direttamente alla contaminazione in Ucraina e Bielorussia, per cui statisticamente c’è da attendersi un incremento del trend, dovuto all’azione prolungata nel tempo di alcuni elementi radioattivi persistenti, oltre che dai danni immediati. Alcune fonti, come Greenpeace, hanno calcolato potranno raggiungere i 90.000. Anche se l’UNSCEAR (United Nations Scientific Committee on the Effects of Atomic Radiation, Comitato Scientifico delle Nazioni Unite per lo studio degli effetti delle radiazioni ionizzanti) ha condotto 20 anni di dettagliata ricerca scientifica ed epidemiologica sugli effetti del disastro. A parte i 57 decessi direttamente ascrivibili all’incidente in sé, l’UNSCEAR ha originariamente predetto fino a 4,000 casi di tumori da attribuire all’incidente.  Al di là di questo, il sarcofago costruito allora sta rapidamente arrivando a fine vita, numerose crepe stanno creandosi, dopo 25 anni di radiazioni e una temperatura interna che in alcuni punti raggiunge ancora i 1000 gradi…. Il nocciolo e la struttura del reattore, ormai fusi assieme, sono sprofondati di altri 4 metri, seppur le fondamenta non siano state superate in nessun punto. Lì giace il “piede di elefante”, un ammasso di Uranio, Grafite e altri materiali colato dalla sala del reattore e solidificatosi in questa strana forma. Un robot lo ha fotografato durante una delle ispezioni sullo stato interno del sarcofago. Ma solo un robot poteva avvicinare quel mostro che  emette un’energia di 10.000 Roentgen all’ora, sufficiente a mandare in pezzi un corpo umano nel giro di pochi minuti. Ma quel che è peggio, la centrale si trova nel bacino naturale dei fiumi Pripyat e Dnepr, quest’ultimo sfocia nel Mar nero, lungo le sue rive vivono più di 30 milioni di persone. L’avvelenamento delle falde ed il rilascio nei fiumi di radionuclidi potrebbe avere conseguenze incalcolabili…29 aprile l’USS Atlanta, sottomarino da attacco appartenente alla classe Los Angeles, collide violentemente contro il fondale durante la navigazione attraverso lo stretto di Gibilterra, mentre sta entrando nel Mediterraneo (nota 9). Immediatamente il sistema di emergenza (Emergency Ballast Tank Blow System, sistema di espulsione di emergenza dalla cassa di zavorra) entrò immediatamente in azione spingendo tonnellate di acqua fuori dalla cassa ed il sottomarino riemerse rapidamente.

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Immagine 6: sul pavimento di un edificio a Pripyat migliaia di maschere antigas, con cui migliaia di lavoratori operarono nell’area di interdizione attorno alla centrale. Totalmente inutili contro le radiazioni, sono un simbolo dell’impotenza di fronte al mostro.

Una prima ispezione dei sommozzatori di bordo confermò che l’impatto è stato tanto violento da riuscire a staccare la cassa di zavorra di prua dallo scafo in alcuni punti, mentre la fibra di vetro che costituisce l’isolante interno pendeva ridotta a brandelli…anche l’’impianto sonar fu danneggiato, lasciando il sottomarino privo di un apparato fondamentale per la navigazione subacquea. Dopo  aver raggiunto il porto di Gibilterra ed avere meglio considerato i danni escludendo ogni coinvolgimento del propulsore nucleare, il comando della 6° Flotta della US Navy  ritenne di far tornare l’Atlanta per le riparazioni alla base di Norfolk, in Virginia. La ricostruzione dei fatti compiuta dalla commissione d’inchiesta non riuscì del tutto a chiarire i motivi della collisione. I sottomarini oceanici moderni sono dotati di un sofisticato sistema di navigazione inerziale capace di calcolare, secondo la rotta seguita, la velocità del battello e le carte sottomarine, ogni correzione di rotta per evitare ogni ostacolo sommerso conosciuto. Tuttavia anche navigando alla bassa velocità di sei/sette nodi, cioè attorno agli 11 – 13 chilometri all’ora,  una nave che stazza 6.900 tonnellate e scivola in un liquido ha un notevole grado di inerzia alle correzioni. Per cui anche il sistema inerziale ha bisogno di essere periodicamente azzerato e riprogrammato prendendo dei punti di riferimento a livello periscopico, sia geografici  che basati sulle trasmissioni di radiofari o satelliti. La missione dell’Atlanta avveniva in un momento di grande tensione con il regime del rais libico Muhammar Gheddafi, schierato col blocco sovietico, che non riconosceva il limite di 21 miglia delle acque internazionali nel Golfo della Sirte ed era apertamente avversario degli Stati Uniti, appoggiando anche attività terroristiche (basti ricordare l’assalto allo scalo all’aeroporto di Roma della Hel Hal, la compagnia di bandiera Israeliana, costato 19 morti). Il 19 aprile aerei dell’USAF provenienti dall’Inghilterra e della US Navy lanciati da portaerei nel Mediterraneo avevano bombardato basi militari e la residenza di Gheddafi. Quindi si sospettava che il canale di Gibilterra fosse sorvegliato da spie libiche e il passaggio di un sottomarino da attacco armato di missili Cruise non passasse inosservato. Il primo ufficiale (in quel momento il capitano non era sul ponte comando ) durante il passaggio dello stretto probabilmente fu troppo condizionato da questo rischio e ritardò il rilevamento della posizione, causando l’errore nel sistema di navigazione inerziale e l’impatto con i rilievi sottomarini. In ogni caso, l’Atlanta tornò negli Stati Uniti con una lenta navigazione in superficie durata tre settimane….e con un nuovo comandante.

31 luglio il 1986 non è un anno fortunato per le forze subacquee americane: l’USS Guitarro (SSN 665) (nota 10), sottomarino a propulsione nucleare classe Sturgeon, subì un problema a una valvola mentre si trovava in navigazione. Le fonti della marina non hanno concesso altro all’informazione, sottolineando peraltro che nessun  apparato a bordo, men che meno nucleare, è rimasto danneggiato o ne ha corso il rischio….

3/6 ottobre nemmeno sul lato opposto della cortina d ferro il 1986 è un anno da ricordare…mentre a Chernobyl si combatte ancora la battaglia col reattore esploso, nell’Oceano Atlantico si sta preparando un’altra tragedia. Partito dal porto militare di Gadhzievo, vicino a Murmansk, il sottomarino K 219, un lanciamissili nucleari balistici classe Yankee I, sta pattugliando le acque a un migliaio di chilometri dalle isole Bermuda, posizione ottimale per un eventuale lancio diretto alla Est  Coast degli Stati Uniti (nota 11). Alle 5, 14 del mattino, durante un controllo al comparto n. 4 viene scoperta un’infiltrazione di acqua nel silo n. 6 (il terzo sulla fila di sinistra), contenente un missile balistico a doppia testata nucleare SS-N-6. Mentre l’ufficiale agli armamenti e un tecnico cercano di capire da dove arriva l’acqua, che sembra filtrare dal lato dei collegamenti elettrici all’arma, improvvisamente la perdita diventa una falla vera e propria. Immediatamente il comandante Igor Britanov ordinò alle 5.25 di risalire alla quota di 46 metri per sicurezza, mentre le pompe cercano di svuotare il comparto del missile. Alle 5.32 da sotto il missile si sprigionano dense nubi di fumo marrone: l’acqua marina aveva raggiunto il carburante liquido del missile e stava producendo vapori di acido nitrico. A questo punto l’ufficiale armiere dichiarò incidente in corso, i compartimenti stagni vengono chiusi, ma 9 uomini restano nel comparto n. IV interessato dall’avaria. L’equipaggio è esperto e in meno di un minuto sta mettendo in pratica le procedure di emergenza, ma alle 5.38 una forte esplosione avviene nel silo n. 6. La situazione precipita:  tre uomini sono stati uccisi dall’esplosione, altri sei sono in pericolo nel comparto missili, Britanov ordinò l’emersione rapida per disattivare i due reattori a acqua pressurizzata che potenziano il battello, ma  raggiunta la superficie il K 219 resta senza energia elettrica. Le barre di controllo vanno inserite secondo procedura manuale, ma nel comparto del reattore la temperatura stava salendo vertiginosamente. L’ufficiale alle macchine Belikov è riuscito a calare tre delle quattro barre, ma non ce l’ha fatta con la quarta. Un marinaio di leva, il ventenne Sergei Preminin, entrò nella camera di controllo, dove la temperatura ha raggiunto i 70 gradi e riuscì a far scendere l’ultima barra. Cercò a quel punto di riaprire il comparto, ma cadde esausto a terra. Nemmeno i compagni riuscirono più ad aprire dall’esterno la porta blindata della camera assistendo impotenti alla morte del marinaio. A questo punto il comando della Marina informato della situazione ordinò a Britanov di attendere una nave appoggio che trainasse il battello alla base di partenza. Una volta raggiunti da una nave da carico russa, si tentò il traino che però fu impossibile. A quel punto l’incendio ed i gas del propellente liquido resero impossibile restare sul sottomarino, così Britanov mandò il suo equipaggio sulla nave da carico, mentre lui rimase a bordo. Mosca, irritata da quello che pensa essere un atto di insubordinazione, solleva Britanov dal comando e ordinò all’ufficiale politico di far tornare Ma è ormai tardi : appesantito dall’acqua imbarcata e privo di controllo, prima dell’alba del 6 ottobre il K 219 affondò, trascinando con se i corpi di sei valorosi uomini, due reattori nucleari e sedici missili, con trentadue testate operative. Il K 219 si adagiò sulla piana abissale di Hatteras, a  circa 6000 metri di profondità, sotto una pressione titanica. Due anni dopo la nave oceanografica sovietica Keldysh fotografò il relitto ed eseguì campionature dell’acqua. Dal momento che il comandante Britanov nelle ultime ore disperate del K 219 aveva fatto aprire i portelli dei missili raggiunti dall’acqua per fare evacuare i vapori ed evitare altre esplosioni, numerosi missili sono usciti dai silo e risultano dispersi sul fondo oceanico. Il sottomarino si è spezzato in due giusto davanti alla torre e attorno al relitto fu riscontrata una lieve traccia di radioattività, il che non fa sperare bene per il futuro…Preminin e gli altri caduti furono insigniti di onorificenze alla memoria, di onorificenze, mentre il comandante Britanov fu posto sotto accusa per negligenza e sospetto sabotaggio, come nella peggior tradizione sovietica, confinato a Sverdlovsk in attesa di processo. Con le dimissioni del ministro della difesa Sergey Sokolov, dopo il caso Mathias Rust (il giovane tedesco che atterrò sulla Piazza Rossa con un piccolo aereo Cessna da turismo, in barba a tutta la difesa aerea russa) il comandante Britanov venne scagionato dalle accuse e il caso archiviato. Anche a livello internazionale l’incidente ebbe conseguenze: i militari sovietici reclamarono apertamente con il governo americano per la presenza di un sottomarino da attacco, l’USS Augusta (SSN 710), che tallonando troppo da vicino il k 219 lo avrebbe speronato, provocandola la falla che ha portato alla perdita del battello e a una grave minaccia per l’integrità dell’ambiente oceanico. I vertici della US Navy, di solito piuttosto parchi di commenti sulle attività subacquee, questa volta risposero seccamente (forse sorpresi dalla “Glasnost” sovietica) che non era avvenuto alcun inseguimento né alcuna collisione fra il K 219 e l’USS Augusta. Ma di là a pochi giorni, l’11 e il 12 ottobre a Reykjavik, in Islanda, il presidente statunitense Reagan e quello sovietico Gorbaciov si sarebbero incontrati per uno storico colloquio su progetti di guerre stellari americani e sullo spiegamento di missili nucleari russi a medio raggio in Europa. Per cui ci fu un tacito accordo a trattenere ciascuno i propri “mastini della guerra” e a glissare sulle polemiche reciproche.

20 ottobre  in realtà, che le marine americana e sovietica giocassero una pericolosa partita a rimpiattino a distanza ravvicinata era del resto dimostrato da numerosi casi di collisione accaduti nei decenni precedenti (nota 12). Anche nel caso dell’USS Augusta, impegnato a sorvegliare i sottomarini lanciamissili che incrociavano a largo degli Stati Uniti, se non con il K 219 è probabile abbia avuto un “contatto ravvicinato del terzo tipo” con un altro battello. Infatti, pochi giorni dopo, ritornato in pattuglia l’Augusta ebbe una collisione in immersione con un oggetto non identificato. Il battello dovette rientrare a Groton per gli accertamenti del caso sui danni subiti, quantificati in circa 3 milioni di dollari. La US Navy fu rapida nel dichiarare che l’impianto propulsivo nucleare era perfettamente integro e non aveva corso alcun rischio…fotografie prese pochi giorni dopo mostrano un sottomarino lanciamissili classe Delta I (identificato da alcune fonti russe come il K 279) con una evidente ammaccatura sulla parte destra della prua. E’ plausibile che l’Augusta stesse inseguendo questo sottomarino, e non il K 219…che a sua volta lo stesse portando a farsi agganciare da un sottomarino da attacco classe Victor, nell’eterna lotta tra preda e cacciatore…

di Davide Migliore


Note

(1) http://www.youtube.com/watch?v=wHylQRVN2Qs

http://lyricskeeper.it/it/sting/russians.html

Sting, “Russians”

(2) http://articles.latimes.com/1985-01-12/news/mn-9508_1_unarmed-missile

http://www.fbjs.facebook.com/note.php?note_id=217420051617134&comments

 Incidente del 11.02.1985 a un missile Pershing II  

http://en.wikipedia.org/wiki/MGM-31_Pershing

Missile Martin Marietta MGM 31Pershing II  

http://miamisburg.org/pershing_missile_56th_field_artillery_command.htm   

organigramma e storia della 56th Field Artillery Brigade della U.S. Army

http://www.fbjs.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.dtic.mil%2Fcgi-    

bin%2FGetTRDoc%3FAD%3DADP005343%26Location%3DU2%26doc%3DGetTRDoc.pdf&h

     =xAQHQiQ7Q&s=1

Relazione tecnica sull’incidente al missile Pershing II ad Heilbronn del 11.02.1985

(3) http://www.britishpathe.com/video/polaris-fired-from-h-m-s-resolution

Video British Pate del lancio  in immersione di un misslie Polaris dall’HMS Resolution (1968)

(4) http://robertamsterdam.com/2008/08/grigory_pasko_prelude_to_chernobyl/

Grigory Pasko, “Prelude to Chernobyl”, articolo sull’incidente di Chazhma Bay

http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=web&cd=16&ved=0CEgQFjAFOAo&url=http%3A%2F%2Fwww.ippnw-students.org%2FJapan%2FChazhmaBay.pdf&ei=_4qiUKbhOYuTswa3hoGgBw&usg=AFQjCNG2t1DPaq0lNboha4YqOKO5jw_x-Q&sig2=aUdZIpFDAbr7tsEDe9R5rA

Documento PDF,  International Physicians for the Prevention of Nuclear War, l’inquinamento nucleare a Chazhma Bay

http://spb.org.ru/bellona/ehome/russia/nfl/nfl8.htm#O17b

Bellona Report nr. 2:96. Written by: Thomas Nilsen, Igor Kudrik and Alexandr Nikitin, rapporto pubblicato dalla Bellona Foundation sugli incidenti che hanno colpito la flotta sottomarina nucleare sovietica fino agli anni ‘90.

(5) http://navysite.de/ssn/ssn579.htm

Incidente allo USS Swordfish

(6) http://navysite.de/ssn/ssn671.htm

http://www.mesotheliomaweb.org/mesothelioma/veterans/submarines/uss-narwhal

USS Narwhal SSN 671, incidente a sottomarino nucleare

(7) http://navysite.de/ssbn/ssbn636.htm

http://en.wikipedia.org/wiki/USS_Nathanael_Greene_(SSBN-636)

L’incidente all’USS Nathanael Greene

(8) http://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_di_%C4%8Cernobyl

Centrale nucleare di Cherbnobyl ,  disastro nucleare

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=8088 

“In diretta da Chernobyl” di Charles Choi,

www.scientificamerican.com

(9) http://en.wikipedia.org/wiki/USS_Atlanta_(SSN-712)             

http://navysite.de/ssn/ssn712.htm

Incidente all’USS Atlanta (SSN 712)

http://www.oocities.org/uss_atlanta_ssn/seastories.html

La collisione dell’USS Atlanta col fondo dello stretto di Gibilterra nella testimonianza del marinaio Glenn Damato

(10) http://navysite.de/ssn/ssn665.htm

 Incidente all’USS Guitarro

(11) http://english.pravda.ru/russia/politics/09-10-2012/122396-submarine_reagan_gorbachev-0/

http://en.wikipedia.org/wiki/Soviet_submarine_K-219

Hostile Waters (ISBN 0312966121) by Peter Huchthausen, Igor Kurdin and R. Alan White

L’affondamento del K 219 a largo delle Bermuda.

(12) http://en.wikipedia.org/wiki/USS_Augusta_(SSN-710)

http://navysite.de/ssn/ssn710.htm

L’Uss Augusta e la presenza di sottomarini russi a largo delle coste americane, probabili casi di collisione.


Fonti generali

http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?topic=428.0;wap2

Incidenti nucleari o potenzialmente nucleari dal 1971 ad oggi

http://lists.peacelink.it/armamenti/msg00252.html

Lista di incidenti a sottomarini e vascelli militari angloamericani dal 1945 

http://www.at1ce.org/themenreihe.p?c=United%20States%20submarine%20accidents

http://spb.org.ru/bellona/ehome/russia/nfl/nfl8.htm#O17b

Lista incidenti a sottomarini sovietici con cause

https://www.cia.gov/library/center-for-the-study-of-intelligence/csi-publications/books-and-monographs/a-cold-war-conundrum/source.htm sito ufficiale della C.I.A.

http://nuclearweaponarchive.org/index.html

The nuclear weapons archive

http://books.google.it/books?id=3wUAAAAAMBAJ&pg=PA23&lpg=PA23&dq=us+nuclear+submarine+accidents+1985&source=bl&ots=QvKSE3wTuu&sig=y6tbBUeneIb4ZiRAi6BYv-2tHOc&hl=it&sa=X&ei=3-mjUIuqFsfEsgbL-4DoAw&ved=0CCYQ6AEwATgK#v=onepage&q=us%20nuclear%20submarine%20accidents%201985&f=false

Bulletin of the Atomic Scientists, july/august 1989 issue

http://www.nukewatchinfo.org/nuclearweapons/index.html

Informazioni aggiornate sulla produziione di armamenti, sulle conseguenze mediche e ambientali della produzione di armi, iniziative pacifiste e di eliminazione degli armamenti nucleari.

http://bispensiero.blogspot.it/2007_05_01_archive.html

Blog con liste dei principali pericoli e situazione attuale della strategia atomica

http://archive.greenpeace.org/comms/nukes/chernob/rep02.html

http://www.rmiembassyus.org/Nuclear%20Issues.htm

http://www.web.net/~cnanw/a7.htm

10 mishaps that might have started an accidental nuclear war.

http://forum1.aimoo.com/American_Cold_War_Veterans/Cold-War-Casualties/Naval-Accidents-During-Cold-War-1-1579633.html

Incidenti navali con vittime durante la Guerra Fredda

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Tatcher, Reagan, Gorbaciov: gli ordigni nucleari degli anni ottanta e ottantuno

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Tatcher, Reagan, Gorbaciov: gli ordigni nucleari degli anni ottanta e ottantuno

Pubblicato il 18 luglio 2012 by redazione

Thatcher and ReaganGorbachev, soviet Politburo member poses with British PM Margaret Thatcher at Chequers during his December 1984 visit to the UK.

Arrivati agli anni ottanta nel nostro excursus degli incidenti che hanno coinvolto armi ed impianti militari, troviamo che l’avanzamento tecnologico, pagato con l’investimento di spaventose risorse monetarie e materiali, ha portato ad un grado di letalità degli ordigni nucleari, solo pochi decenni fa, inimmaginabile …. I trattati di disarmo e di eliminazione di arsenali non hanno mai fermato le spese in questo settore, anzi, semmai sono serviti a sostituire i mezzi ormai obsoleti con altri ben più “efficienti”.

L’elettronica ha dato un grande supporto alla sicurezza degli armamenti, retaggio delle dolorose esperienze del passato nella gestione di quanto di più distruttivo l’uomo abbia potuto creare. Ma questo non ha conseguito una infallibilità tecnologica…

Gli incidenti hanno continuato ad accadere, solo che è cambiato il modo di fornire notizie o di commentare i fatti.

Sono anni in cui il confronto ideologico e strategico torna a farsi durissimo, dall’invasione sovietica dell’Afghanistan all’elezione del presidente degli Stati Uniti, il repubblicano Ronald Reagan. Conservatore convinto, Regan aprì un periodo, durato due mandati, conclusosi con l’accordo epocale sugli armamenti con l’allora presidente russo Mikhail Gorbaciov.

La conseguenza di questo accordo, paradossalmente, fù il proseguimento degli investimenti nella ricerca militare da entrambe le parti e al contempo un confronto ideologico dovuto ad una visione polarizzata del mondo: da un lato i Paesi democratici liberi (quindi i buoni), dall’altro le dittature del proletariato, dove il controllo dei mezzi di comunicazione e della politica era completo. Quest’ultimi erano fedeli all’ideologia anticapitalista ed espansionistica dei regimi comunisti nel mondo (i cattivi).

La propaganda politica di quegli anni fece leva anche su un ritrovato sentimento di appartenenza nazionale che riavvicinò l’opinione pubblica americana alle istituzioni, specie quelle militari.

Dopo le tremende vicende della sconfitta in Vietnam, il disorientamento culturale negli anni 70, fù caratterizzato da presidenze abbastanza deboli politicamente, come Carter e Ford, oltre a un lungo periodo di stagnazione economica.

Proprio la “Reaganomics”, la politica economica di liberalizzazione, basata sulla riduzione delle tasse e sulla contrazione dei bilanci statali, aveva un contraltare naturale nella politica dell’allora primo ministro inglese, Margaret Thatcher, l’interlocutore storicamente, ma anche militarmente, più vicino agli Stati Uniti.

In realtà l’enorme rilancio dell’industria bellica e la decisa ripresa nella politica antisovietica impedì il calo del debito e si mangiò i risparmi faticosamente ottenuti. Dall’altro lato della cortina di ferro, la paura di restare indietro nella ricerca tecnologica, specie quella informatica, generò il terrore che la superiorità occidentale si traducesse nel temuto “attacco a sorpresa”, senza che alcuna crisi politica o escalation militare la giustificasse.

L’investimento gigantesco operato dai vertici politici sovietici portò al collasso, alla fine del decennio, dell’economia dei cosiddetti Paesi del Socialismo reale.

La corsa fu proprio qualitativa. Le tecnologie furono privilegiate rispetto alla quantità degli armamenti. Basti pensare al programma costosissimo delle “star wars”, le guerre stellari (nome mutuato dal famoso film) che prevedevano l’uso dello spazio esterno dell’atmosfera, ufficialmente con funzioni di difesa antimissile, che sfruttava una rete di satelliti e di stazioni di controllo per contrastare un possibile attacco missilistico a sorpresa. Alla fine del decennio lo schieramento dei paesi del Socialismo reale imploderà anche per questo, schiacciato dalla spesa militare insostenibile. Ma andiamo per gradi e torniamo a immergerci in un aspetto della storia un po’ trascurato, ma tra i più problematici che l’umanità debba affrontare, ogni giorno: i nostri ordigni nucleari dispersi in vario modo negli anni ottanta. La quantità di eventi è tale che siamo costretti a dividere questa cronistoria in più parti che pubblicheremo nei mesi successivi.

1980

Il 2 o 3 giugno, la data non è certa, al NORAD, North Aerospace Defense Command – Comando di Difesa Aerospaziale del Nord America (note1, 2), la grande centrale di difesa  creata da Stati Uniti e Canada che ha sede sotto la Cheyenne Mountain in Colorado, un computer di analisi dati improvvisamente iniziò a proiettare sugli schermi tracce di lancio di missili intercontinentali dal territorio dell’Unione Sovietica, mandando il sistema di difesa Americano e NATO a DefCon 1 (Defence Condition, la scala di allarme del sistema militare). Dopo alcuni minuti di tensione altissima (anzi di vero panico secondo il ricordo di alcuni testimoni) che quasi portarono allo scoppio della terza guerra mondiale, si scoprì che un tecnico aveva caricato un nastro da esercitazione che simulava un lancio di missili nucleari intercontinentali, ma non aveva inserito nel grande computer che processava i dati il programma di avviso test in corso, per cui la macchina aveva preso per reali i dati, così come gli uomini del NORAD. Il comando strategico del Pacifico (PAF – Pacific Air Force)aveva allertato e fatto alzare in volo i B52 armati di armi nucleari, in attesa del codice di lancio da parte del Presidente, mentre  il SAC (lo Strategic Air Command) non aveva fatto decollare i B52  né messo in allarme i silos di lancio dei missili, convinto si trattasse di un errore, sulla scorta di un incidente simile a quanto pare avvenuto nel 1979. La polemica che sorse indicò anche la diversa interpretazione fra gli organi della gerarchia militare e quindi una potenziale mancanza di controllo univoco sullo strumento nucleare…

6 giugno Per la cronaca l’incidente si ripeté il ma questa volta per un difetto in un processore di una centralina che riceveva dati dai satelliti, per cui il computer riproduceva dati a caso di tracce radar. Per 15 minuti, i più lunghi della storia dell’umanità, comandanti militari e politici, il presidente in primis in quanto detentore della “chiave atomica”, cercarono disperatamente di comprendere se quello che stava succedendo fosse reale, se dovessero prendere la decisione che avrebbe sicuramente cancellato la vita sul pianeta. Quando dati più diretti indicarono che non c’era stato alcun decollo dalle basi in Russia e nei Paesi del Patto di Varsavia, ogni installazione venne subito fatta uscire dallo stato di allerta e riportata a livello DefCon 6, ma non prima che 100 B52 e centinaia di missili a lungo e corto raggio, sia a terra che in mare, fossero stati posti in condizione di decollo, con i motori caldi e le coordinate degli obbiettivi registrati nel computer di navigazione. E non si conosce ancora bene quale fu la reazione nella parte avversa, alla quale i segnali di un massiccio preparativo di attacco non sfuggirono di certo… Il 4 ottobre seguente venne presentato alla Commissione Difesa del Senato degli Stati Uniti un rapporto congiunto dal Senatore Democratico Americano Gary Hart e dal Senatore Repubblicano Americano Barry Goldwater, intitolato “Recenti falsi allarmi nel Sistema di Allarme Strategico per Attacco Nucleare Balistico”: nel rapporto venivano documentati 147 falsi allarmi al NORAD  in diciotto mesi, dal 1° gennaio 1979, al 30 giugno 1980, di cui 4 gravi ed uno, quello del 6 giugno 1980, potenzialmente catastrofico. La paura che l’intero sistema di attacco nucleare venisse completamente affidato all’elettronica  e con esso il destino dell’umanità, fu anche il tema di un film del 1983, “Wargames”, dove un giovane hacker (siamo agli albori di internet, nata come rete inizialmente proprio per le comunicazioni militari e governative sicure) si introduce nel computer del NORAD e per equivoco quasi scatena la guerra termonucleare globale. Una parte del film è stata ambientata proprio nella sede del NORAD.

20 luglio dello stesso anno, mentre è alla fonda  nella baia di San Diego in California, l’USS Gurnard (SSN 662), sottomarino cacciasommergibili a propulsione nucleare perde 30 galloni di acqua radioattiva del sistema di raffreddamento del reattore, equivalenti a circa 113 litri di liquido radioattivo. Fonti ufficiali della marina rassicurarono che immediate analisi delle acque non avevano evidenziato aumenti della radioattività di fondo. L’incidente sarebbe stato provocato da un marinaio addetto al reattore che avrebbe per errore aperto una valvola esterna.

29 luglio, mentre è in navigazione nel braccio di mare fra le Filippine ed il Borneo, la portaerei USS Midway viene investita dal mercantile Cactus, battente bandiera panamense. L’incidente danneggiò la nave, non seriamente secondo fonti ufficiali, ma due marinai morirono e tre caccia F4 Phantom II sul ponte rimasero danneggiati.  Questo è uno dei tanti incidenti che coinvolsero navi da guerra, per quanto enormi come le portaerei oceaniche americane, ma non solo. La preoccupazione in questi casi, come avvenuto in passato, è la possibilità che gli incidenti  provochino gravi incendi  su questi aeroporti naviganti. Nel caso specifico, la USS Midway era a propulsione convenzionale, ma nelle sue santabarbare potenzialmente possono essere custoditi armamenti nucleari in dotazione agli aerei da attacco, per quanto dopo gli anni 60 la politica delle forze nucleari occidentali è stata di disciplinare e limitare al massimo la movimentazione di ordigni atomici solo in caso di effettive crisi internazionali.

12 agosto fu il sottomarino da attacco a propulsione nucleare HMS Sovereign, classe di appartenenza Swiftsure, che restò vittima di un’avaria in navigazione nel Plymouth Sound. Per quanto le fonti ufficiali della Royal Navy avessero descritto il guasto meccanico non grave, il sottomarino rimase senza energia, incapace di manovrare o muoversi, “dead in the water” come si dice in gergo e dovette essere trainato da un’altra unità al porto di partenza, a Devonport.

Figura 1: decollo su allarme di un B52 del 92nd Bombardment Wing in allerta nucleare sulla Fairchild Air Base. L’immagine è degli anni 60 ma è indicativa dell’attività degli equipaggi del SAC durante quasi tutto il periodo della cosiddetta ‘guerra fredda’.

Il 15 settembre (figura 1) è di nuovo il mezzo aereo a essere protagonista di un rischio nucleare: Un Boeing B52 H è sulla pista della base di Grand Forks, nel North Dakota, in attesa di un decollo durante un’esercitazione. Ai piloni subalari interni sono assicurati 8 missili Cruise AGM 69 a testata nucleare. Il Cruise è una delle nuove frontiere dell’armamento nucleare. Permette di lanciare l’arma lontano dalle difese aeree dell’avversario, sarà il missile a raggiungere l’obiettivo con un volo a bassissima quota grazie al TFR, il radar che segue il profilo del suolo. Questo letale nuovo giocattolo è la risposta ai missili a medio raggio autotrasportabili SS 20 che l’Unione Sovietica ha schierato dalla metà degli anni 70 sul teatro europeo soprattutto. L’enorme bombardiere è pronto al decollo, quando improvvisamente un incendio violentissimo appare dal nulla e avvolge l’aereo. L’immediato intervento delle squadre dei pompieri ed un forte vento tengono le fiamme lontano dagli ordigni atomici, ma il fuoco consuma l’aereo per più di tre ore, alimentato dal carburante JP4 stivato a migliaia di litri nei serbatoi. Dopo lo spegnimento venne accertato che l’incendio era iniziato proprio per un cedimento del serbatoio alare numero 3 e se il vento avesse spinto verso l’asse longitudinale invece che lateralmente tutte le testate (armate) sarebbero state investite dalle fiamme.

Figura 2 : lo spaccato di un tipico complesso di lancio dei missili LGM25C Titan II, operativi tra gli anni 50 ed 80.

19 settembre (figura 2) Solo 4 giorni dopo avvenne un altro incidente con un rischio elevatissimo di detonazione nucleare. (Nota 3) Nell’area sotto la responsabilità della Little Rock Air Force Base è dislocato il 308 Strategic Missile Wing, composto dal 373 e dal 374 Strategic Missile Squadron. L’unità è una delle tre armate con il missile intercontinentale balistico (ICBM) Martin Marietta LGM25C Titan II, il più grande nell’arsenale occidentale, con i suoi 31 metri di altezza per oltre 154.000 chilogrammi di peso in condizioni operative, dotato di una testata termonucleare da 9 megatoni W53, può colpire bersagli a oltre 10.000 chilometri dalla base di lancio, nel cuore del territorio sovietico, oppure cinese, con un volo di pochi minuti. Ogni silo è dotato di una camera di controllo collegata con sistemi di comunicazione sicura e tunnel di accesso a vari piani per la manutenzione del missile. Per evitare pericoli di lanci intenzionali, gli operatori sono due dotati ciascuno di una chiave di lancio da utilizzare contemporaneamente, il tutto protetto da una struttura in acciaio e cemento capace di resistere a un’esplosione nucleare diretta… All’esterno, ogni silo è ben dissimulato sul territorio, per evitare che venga individuato dai satelliti spia russi.  Grazie al tipo di propellente liquido ipergolico, ovvero composto da due componenti (un carburante ed un ossidante) che si incendiano per reazione chimica una volta mescolati, il missile può essere lanciato entro 58 secondi da che  gli operatori ricevano il codice segreto di lancio dal Presidente. Il carburante A50 del missile è economico e molto efficiente ma forse più pericoloso della testata stessa , in quanto i suoi componenti chimici sono potentemente tossici e corrosivi. Periodicamente vanno sostituiti e rigenerati, in quanto soggetti a deterioramento. Ci sono stati tragici precedenti: l’8 agosto 1965 ben 53 lavoratori civili che stavano eseguendo lavori in un altro silo morirono un tremendo incendio quando venne accidentalmente perforato un serbatoio di stoccaggio del carburante, mentre il 27 gennaio 1978 nello stesso silo 374-7 due avieri furono uccisi dai vapori dell’ossidante fuoriusciti da una falla nel missile, causando anche una nube tossica che sfuggì dal silo colpendo tutta la zona circostante.

18 settembre Quella sera nel silo 374 – 7, posto nella campagna della Contea di Van Buren, un aviere stava effettuando un’operazione di manutenzione periodica sul missile Titan. Il militare perse una pesante chiave a bussola, che dopo un volo di quasi 30 metri rimbalzò sulla parete del silo e perforò il serbatoio del carburante del primo stadio del missile. Immediatamente venne formata una squadra di emergenza e la polizia militare iniziò l’evacuazione del personale e dei civili dalla zona. Solo due avieri restarono nel silo cercando con tute protettive di riparare la perdita, ma inutilmente. Nelle prime ore del 19 settembre la concentrazione di vapori nell’aria raggiunse il livello massimo ed i due uscirono dal silo chiudendo le porte stagne. Pochi istanti dopo la struttura del missile cedette (la pressione del carburante nei serbatoi ha anche una funzione strutturale di sostegno) innescando una terrificante esplosione. Il portello esterno  corazzato, pesante 740 tonnellate, venne divelto e scagliato ad una altezza di oltre 70 metri, mentre le macerie del silo si abbatterono nel raggio di 700 metri dall’installazione. Il modulo di rientro con la testata W53 venne ritrovato ad oltre 180 metri, ammaccato ma sostanzialmente intatto e disarmato dai sistemi di sicurezza automatici. Uno dei due coraggiosi avieri morì in ospedale mentre l’altro, assieme a 21 persone della squadra di emergenza, rimase ferito nell’esplosione. La commissione di inchiesta valutò il costo della riparazione del silo l’astronomica cifra di 225 milioni di dollari. La pericolosità dei carburanti liquidi ed programmi di ammodernamento dell’arsenale nucleare avviati dall’amministrazione Reagan portarono all’annuncio nel 1981 del ritiro dal servizio del Titan II, con la distruzione dei silo sotterranei, che vennero demoliti,  riempiti di terra e detriti. Oggi ne esiste solo uno,  trasformato in museo e visitabile. Il suo Titan, un esemplare da addestramento mai operativo, è l’ultimo dei 63 esemplari costruiti, il resto fu utilizzato come vettori per satelliti oppure demolito e venduto come rottame.

30 novembre, nella grande base di  Severodvinsk il reattore del sottomarino K 122 (nota 4 e video su youtube al link http://www.youtube.com/watch?hl=en&v=hQvgLxpsKHE&gl=US), unico rappresentante della classe Papa nel codice NATO, andò fuori controllo durante prove di potenza non autorizzate e svolte senza rispettare le norme di sicurezza. Un numero imprecisato di persone fu fortemente irradiata come l’area del bacino attorno. Il K122 era un primatista dei mari, con il suo scafo al Titanio poteva raggiungere profondità attorno ai 1000  metri e la velocità incredibile di 45 nodi in immersione, ovvero circa 85 chilometri all’ora…troppo costoso e complesso, fu utilizzato per missioni speciali di spionaggio e per testare le soluzioni applicate sui  sottomarini d’attacco classe Alfa. Dopo l’incidente non fu mai più pienamente operativo. L’anno si conclude con ancora due rischi potenziali in mare (nota 5).

1 dicembre l’HMS Dreadnought, primo sottomarino nucleare ad entrare in servizio nella flotta inglese, subisce una rottura catastrofica al circuito secondario di raffreddamento del motore (un reattore S5W di costruzione statunitense) per cui lo stesso viene immediatamente spento e il battello resta alla deriva in alto mare. L’unità, che ha alle spalle ormai quasi vent’anni di intenso servizio e parecchi acciacchi, viene giudicata non riparabile e posta in disarmo.

3 dicembre il sottomarino statunitense USS Hawkbill (SSN 666, insolito codice, visto che le autorità  sono sempre state “sensibili” agli umori degli equipaggi, parecchio superstiziosi…) si trovava presso i cantieri navali del Puget Sound Naval Shipyard, nello stato di Washington, per essere sottoposto a test di routine sui suoi apparati. Durante una prova al circuito di raffreddamento del reattore, oltre 560 litri di acqua radioattiva sfuggirono da una valvola difettosa e contaminarono 5 lavoratori del cantiere. Fonti della marina assicurarono che il liquido venne prontamente pompato in contenitori al piombo per essere smaltito, ma che il livello di radioattività era comunque basso, tanto che i lavoratori subirono un’esposizione inferiore a quella di una radiografia. Il sottomarino nel giugno dell’anno prima era stato oggetto di un incidente da perdita di liquido radioattivo in navigazione, probabilmente i test in corso avevano lo scopo di controllare il battello prima che tornasse operativo.

1981

L’anno inizia con un incidente occorso all’USS Birmingham (SSN 695) il 23 gennaio (nota 6): durante la navigazione nel mediterraneo subisce un danneggiamento dell’apparato sonar e deve entrare in porto a Gibilterra per riparazioni. Non si conosce la causa o l’entità dell’incidente. ( in questa sequenza la partenza  del Birmingham per una crociera nel Pacifico nel 1990 prima della Guerra del Golfo. Le immagini mostrano un classico momento operativo dei sottomarini da attacco nucleare http://www.youtube.com/watch?v=ps4WdZ1yJ2o&feature=relmfu ).

26 marzo l’USS Guardfish, già coinvolto in passato in un imbarazzante incidente nucleare, urtò il fondale nel canale di San Pedro, mentre rientrava alla base navale di San Diego. Ufficialmente non vi furono danni.

9 aprile il sottomarino lanciamissili nucleari USS George Washington (SSBN598) (nota 7), speronò in emersione il mercantile giapponese Nisso Maru nel Mar Cinese Orientale, a circa 200 chilometri dal porto di Sasebo.  La nave giapponese affondò nel giro di 15 minuti portando con se 2 dei 15 marinai a bordo. Il sottomarino riportò solo alcuni danni alla torre. L’affondamento causò un grave incidente diplomatico tra Giappone e U.S.A. : un’ondata di indignazione percorse il paese, poiché le autorità statunitensi ci misero ben 24 ore a segnalare ufficialmente la collisione e né l’equipaggio del sottomarino né quello di un aereo pattugliatore P3C a quanto pare andarono immediatamente in soccorso dei naufraghi giapponesi. Inoltre il governo di Tokio volle sapere cosa ci faceva un’unità nucleare a meno di 20 miglia nautiche dalla costa e perché il sottomarino fosse emerso senza controllare la superficie. Il Giappone, di fronte agli incidenti con vascelli ed armi nucleari avvenuti a poca distanza dalle sue coste, ancora con il doloroso ricordo dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaky, aveva vietato l’ingresso già negli anni 60 nelle acque territoriali a battelli a propulsione nucleare o che portassero armamenti atomici. Non estranea fu anche la prova che i militari americani avevano sistematicamente mentito su  contaminazioni nei loro porti dovute alla presenza della flotta sottomarina americana…. L’US Navy continuò nella sua politica di “non poter confermare né negare la presenza” di armamenti atomici su suoi mezzi navali o aerei coinvolti in incidenti, anche se il Presidente Reagan personalmente assicurò alle autorità di Tokyo che non c’era mai stato alcun pericolo di versamenti in mare di materiale radioattivo e che sarebbe stata accertata la dinamica dell’incidente. Inizialmente, lo scontro fu giustificato con la scarsa visibilità dovuta alla pioggia e alla nebbia e che agli occhi dei marinai americani la nave giapponese non sembrava essere in difficoltà. Tesi piuttosto difficili da sostenere, che fecero ancora di più arrabbiare l’opinione pubblica del Sol Levante. Dopo alcuni mesi  di dure polemiche, sotto una forte pressione politica, la U.S. Navy dichiarò la propria responsabilità nell’incidente, mentre il Dipartimento della Marina si offerse di pagare un risarcimento per i danni subiti. Fu dichiarato che l’incidente fu causato da una serie di sfortunate coincidenze assieme al comportamento negligente del comandante e dell’ufficiale di plancia del George Washington, che furono destinati ad altro incarico con una nota di biasimo ufficiale sullo stato di servizio. Un po’ poco per il rischio corso: sul Washington erano presenti 16 silos di lancio per missili intercontinentali Polaris e probabilmente siluri a testata nucleare.

13 aprile l’USS William H. Bates (SSN-680) finì dentro delle reti da pesca fisse nel canale di Hood, stato di Washington. Non si conoscono altri particolari.

27 dello stesso mese (nota 8) l’USS Jack (SSN 605) mentre è ormeggiato a fianco della USS Trenton nel porto di Alessandra d’Egitto, va a colpire la fiancata del Trenton causando danni agli scafi di entrambi i battelli. Non furono denunciati problemi con il reattore.

25 e il 26 maggio (nota 9) Nella notte un aereo da guerra elettronica Grumman EA6B Prowler, appartenente al corpo dei Marines, si schianta mentre cerca di appontare, a corto di carburante,  sulla portaerei nucleare USS Nimitz (CVN68), in navigazione a 70 miglia nautiche da Jaksonville (Florida). L’aereo investì altri apparecchi in parcheggio sul ponte e prese fuoco. Mentre le squadre di emergenza stanno domando l’incendio, un missile aria-aria AIM7E Sparrow appeso ad uno degli aerei esplose, ravvivando l’incendio, che durò oltre un’ora. Alla fine il bilancio fu di 14 militari morti e 45/48 feriti, secondo le fonti, oltre a una diecina di velivoli distrutti o danneggiati (tra cui 3 allora nuovissimi caccia Grumman F 14A Tomcat), per un totale di danni valutato ben in 100 milioni di Dollari. Una forte polemica politica sorse quando le autopsie su  alcuni dei marinai deceduti dimostrarono presenza di Mariujana. Il presidente Reagan da allora istituì controlli ferrei sul personale militare per escludere l’uso di alcool o droghe, per quanto l’incidente in se non fosse da imputare a quella causa. I due reattori nucleari A4W della nave non subirono alcun danno, né corsero alcun rischio secondo fonti della Marina. (nota 10)

21 agosto, toccò a un sottomarino sovietico nucleare classe Echo I, probabilmente il K 122, a subire un incendio grave in sala macchine, nel Mar Cinese a circa 85 miglia marine dall’isola giapponese di Okinawa. Secondo fonti nipponiche 9 uomini dell’equipaggio restarono soffocati dal fumo e dal monossido di carbonio che saturarono gli angusti spazi del compartimento macchine. Una nave mercantile  russa soccorse l’unità trasbordando buona parte dell’equipaggio, mentre un rimorchiatore da Vladivostock raggiunse  il battello assieme ad alcune unità di scorta per trainare l’unità. Il governo giapponese rifiutò il permesso di ingresso nelle acque territoriali fino a che la marina russa non avesse assicurato la messa in sicurezza del reattore, nonché l’assenza di perdite di materiali radioattivi e  di armi nucleari a bordo. Fino al 24 agosto le autorità Sovietiche non assicurarono nulla, strettamente seguite da mezzi aerei e navali giapponesi, ma anzi entrarono nelle acque territoriali di Tokyo. Finalmente dopo tale data, sotto la tensione internazionale creatasi, il governo sovietico assicurò che non vi erano state perdite al reattore e non vi era alcun inquinamento dell’oceano, né armi nucleari attive sul sottomarino. Campionature effettuate sia in aria che in acqua (nonché fotografie scattate al personale del sottomarino) dimostrarono invece perdite di una certa consistenza con contaminazione evidente. Per giusta citazione, alcune fonti riportano l’incidente come avvenuto nel 1980.

27 dello stesso mese l’USS Dallas (SSN 700) (nota 11)urtò violentemente il fondo mentre stava per entrare nell’ “Atlantic Undersea Test and Evaluation Center” ad Andros Island, nelle Bahamas, per condurre delle prove sul sistema sonar con e le sofisticate apparecchiature del laboratorio sottomarino. Le superfici di manovra e la parte inferiore della poppa del battello rimasero danneggiate. Dopo alcune ore di intensi sforzi da parte dell’equipaggio, il sottomarino fu in grado di ritornare in superficie e raggiungere la base di New London, nel Connecticut, per le riparazioni.

27 ottobre grave incidente diplomatico. Un sottomarino russo classe Whiskey, il K363,  si incagliò in un canale a 10 chilometri dalla base navale svedese di Karlskrona, durante una evidente missione di spionaggio militare. Il comandante Anatoly Guscin si giustificò genericamente con cattivo tempo ed un guasto al sistema inerziale di navigazione. Il 29 un tentativo di entrare nelle acque territoriali svedesi da parte di un rimorchiatore e di un sottomarino di tipo non identificato furono respinti dagli elicotteri e dalle navi da guerra svedesi. Mentre uno scanning eseguito a distanza  con spettrometri sensibili alle radiazioni gamma dimostrarono che il Whiskey, anche se propulsione convenzionale diesel-elettrica,  era armato sicuramente con siluri a testata atomica. Il 6 novembre il battello venne trainato fuori dalle acque territoriali svedesi e preso in consegna da unità russe che lo scortarono verso l’unione Sovietica. L’incidente fu chiuso col pagamento di 212.000 Dollari da parte dell’Unione Sovietica come risarcimento allo stato svedese. La Svezia, nazione neutrale e non allineata ad alcuno schieramento, subì parecchie ingerenze da entrambe le parti. Solo pochi mesi prima il cacciatorpediniere Halland aveva lanciato cariche di profondità su un sottomarino non identificato che aveva violato le acque  svedesi. Il recente ritrovamento casuale del relitto di un altro sottomarino classe Whiskey nella zona però autorizza a pensare che anch’esso fu vittima della reazione della marina svedese, come molti altri scontri non ufficiali venne seppellito fra gli ingombranti segreti della guerra fredda. Ad oggi nessuno sa se nel relitto vi siano armamenti nucleari.

2 novembre nella base di Holy Loch, in Scozia, un missile Poseidon cadde dal ponte della nave appoggio USS Holland per un errore dell’operatore della gru che lo stava spostando. Le sicure automatiche bloccarono la caduta, ma l’esplosivo convenzionale di innesco della testata, tipo LX09, abbastanza instabile, avrebbe potuto detonare e spargere materiale radioattivo su una vasta area. Un identico incidente era già occorso nell’agosto 1977  nella base navale di Coulport durante il caricamento di un missile Polaris. Per cui la Marina americana fu duramente criticata sui giornali britannici prima per aver nascosto l’incidente e in seguito non aver informato le comunità attorno alla base sui rischi corsi nella movimentazione degli armamenti dei sottomarini nucleari. La lapidaria risposta ufficiale della US Navy fu che non vi era stato alcun danno materiale, nessuno era rimasto ferito e che non era stato corso alcun serio pericolo…..

di Davide Migliore

Riferimenti e bibliografia

(1)  http://www.norad.mil/ : sito ufficiale del NORAD ;

http://www.ippnw-italy.org/site/ippnwitaly/documenti-relazioni-comunicati/viii-summit-dei-premi-nobel-per-la-pace

la guerra nucleare non intenzionale, quando l’umanità gioca alla roulette russa…

(2)http://www.ippnw-italy.org/site/ippnwitaly/documenti-relazioni-comunicati/helsinki-1984-ed-il-concetto-di-guerra-nucleare-non-intenzionale-nella-storia-del-disarmo-nucleare-in-europa

(3) http://www.titanmissilemuseum.org ; http://en.wikipedia.org/wiki/Titan_Missile_Museum ;

http://encyclopediaofarkansas.net/encyclopedia/entry-detail.aspx?entryID=2543

http://www.308smw.com/ ;http://www.titan2icbm.org/index.html  ;

http://encyclopediaofarkansas.net/encyclopedia/entry-detail.aspx?entryID=2543

l’incidente al missile Titan II alla Little Rock Air Force Base, Arkansas.

(4)http://www.marinebuzz.com/2008/07/25/worlds-fastest-russian-nuclear-submarine-k-222-being-dismantled/

SOMMERGIBILI NUCLEARI : PROBLEMI DI SICUREZZA ED IMPATTO AMBIENTALE , Politecnico di Torino, 2004 – F. IANNUZZELLI, V.F. POLCARO, M. ZUCCHETTI

http://www.deepstorm.ru/DeepStorm.files/45-92/nsrs/661/k-162/k-162.htm

(5) http://www.submarineheritage.com/gallery_dreadnought.html  ; http://www.hmsdreadnought.co.uk/

http://www.rnsubs.co.uk/Boats/BoatDB2/index.php?id=2&BoatID=680&flag=class

(6) http://www.hullnumber.com/SSN-695

(7) http://navysite.de/ssbn/ssbn598.htm

(8)http://uss-jack.org/ ; http://en.wikipedia.org/wiki/USS_Jack_(SSN-605)

(9)http://en.wikipedia.org/wiki/USS_Nimitz_(CVN-68) ; http://navysite.de/cvn/cvn68.html  USS Nimitz

(10) http://it.wikipedia.org/wiki/Classe_Echo_I/II

http://russian-ships.info/eng/submarines/project_659.htm

http://silentseawolvesmsw.devhub.com/blog/463924-strategic-missile-submarine-operations/

l’incidente al sottomarino sovietico K 122

(11) http://www.uscarriers.net/ssn700history.htm

incidente all’USS Dallas

 

Fonti:

http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?topic=428.0;wap2

incidenti nucleari o potenzialmente nucleari dal 1971 ad oggi

http://lists.peacelink.it/armamenti/msg00252.html

lista di incidenti a sottomarini e vascelli militari angloamericani dal 1945 .

http://spb.org.ru/bellona/ehome/russia/nfl/nfl8.htm#O17b

lista incidenti a sottomarini sovietici con cause

https://www.cia.gov/library/center-for-the-study-of-intelligence/csi-publications/books-and-monographs/a-cold-war-conundrum/source.htm sito ufficiale della C.I.A.

http://nuclearweaponarchive.org/index.html

the nuclear weapons archive

http://www.nukewatchinfo.org/nuclearweapons/index.html

informazioni aggiornate sulla produziione di armamenti, sulle conseguenze mediche e ambientali della produzione di armi, iniziative pacifiste e di eliminazione degli armamenti nucleari.

http://bispensiero.blogspot.it/2007_05_01_archive.html

blog con liste dei principali pericoli e situazione attuale della strategia atomica

http://archive.greenpeace.org/comms/nukes/chernob/rep02.html

http://www.rmiembassyus.org/Nuclear%20Issues.htm

http://www.web.net/~cnanw/a7.htm

10 mishaps that might have started an accidental nuclear war.

http://forum1.aimoo.com/American_Cold_War_Veterans/Cold-War-Casualties/Naval-Accidents-During-Cold-War-1-1579633.html

incidenti navali con vittime durante la Guerra Fredda, registro di fonte U.S.A.

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