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Nuova vita operativa per la vecchia bomba B61

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Nuova vita operativa per la vecchia bomba B61

Pubblicato il 29 febbraio 2016 by redazione

Gli Stati Uniti hanno lanciato un programma da 1000 miliardi di Dollari per aggiornare l’arsenale nucleare, compreso quello tattico schierato in Europa.

 

Immagine di apertura

Caccia F35A Lightning II mostra agganciati nei vani di carico due prototipi della bomba termonucleare B61-12.

 

Il presidente statunitense Barak Obama ha recentemente smentito le voci secondo cui il programma di ammodernamento dell’arsenale nucleare americano attualmente in corso possa subire variazioni o ridimensionamenti, confermando che nei prossimi 30 anni verrà aggiornata la capacità delle armi a disposizione, in modo da renderle pienamente compatibili con gli scenari di impiego attuali e i mezzi di nuova generazione.

Le prime armi a essere oggetto del Life Exstension Program saranno le armi termonucleari tattiche B61 per impiego aereo, le ultime a caduta libera ancora in servizio in numero consistente: già schierate da molti anni in Europa e oggetto del controverso programma di nuclear sharing con le forze armate di alcuni Paesi della NATO, erano considerate come superate nell’era delle cosiddette armi intelligenti, un relitto degli anni del confronto con l’Unione Sovietica e i suoi alleati.

La fine della guerra fredda ha però provocato una frammentazione dei centri di potere e una ripresa delle tensioni politico – economiche tra Paesi e all’interno stesso di molti Stati.

Il nuovo disordine mondiale ha creato anche una ripresa della corsa all’atomo militare: governi ritenuti poco stabili o non affidabili (le vicende di Iran e Nord Corea sono protagoniste della cronaca internazionale) guardano all’arma atomica come un mezzo per accrescere il proprio peso internazionale.

Inoltre in molti Paesi del campo occidentale, che fino a oggi hanno rinunciato a sviluppare programmi atomici aderendo ai trattati internazionali di non proliferazione, si sta timidamente riaprendo il dibattito sulla necessità di dotarsi dell’arma totale.

Non è certo una prospettiva incoraggiante, come osserva la Federation of Atomic Scientists, l’organizzazione di scienziati che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale controlla e informa l’opinione pubblica sulla situazione delle armi nucleari, attraverso la pubblicazione del Bullettin of Atomic Scientist.

Lo scienziato danese Hans Kristensen, che appartiene alla federazionne di scienziati e dirige il Nuclear Research Project, ha sottolineato che il mondo si trova in una situazione di crisi molto pericolosa, la probabilità di una catastrofe nucleare ha raggiunto livelli simili ai momenti più bui della guerra fredda.

Il Doomsday Clock, l’orologio simbolico creato dalla Federazione, segna oggi solo tre minuti prima della mezzanotte, l’ora dello scatenarsi di un conflitto nucleare globale, che cancellerebbe forse ogni forma di vita superiore sul pianeta.

Quindi è stata solo un’illusione che la fine della guerra fredda potesse allontanare il rischio di un conflitto combattuto con le armi di distruzione di massa.

La decisione di rinnovare e adeguare il deterrente nucleare al mutato teatro geopolitico internazionale risponde proprio alla necessità di mantenere il suo potere dissuasivo, secondo la motivazione ufficiale esposta dal governo americano.

Una risoluzione certo amara per l’amministrazione del Presidente Obama, che nel 2009 ha ricevuto il premio Nobel per pace per i suoi sforzi sulla cooperazione internazionale e che aveva firmato nel 2010 con il Primo Ministro russo Dimitry Medvedev il trattato New START di limitazione delle armi nucleari.

Il Presidente russo Vladimir Putin non ha nascosto la sua irritazione per l’avvio questo programma, che aggrava la situazione di stallo già esistente nei rapporti fra i due Paesi, dopo l’espansione della NATO a Est e la missione di assistenza militare nelle Repubbliche Baltiche, (Estonia, Lettonia e Lituania), la cui indipendenza non è mai stata ben digerita da Mosca.

Il disappunto dei russi è stato sottolineato da una massiccia ripresa dei voli a ridosso dello spazio aereo dei Paesi occidentali, in particolare di Gran Bretagna e Norvegia, degli aerei da caccia, da ricognizione e dei bombardieri strategici dell’aviazione della Federazione russa, come non si vedeva dagli anni del confronto diretto con l’URSS.

D’altro canto, la decisa condanna USA dell’ingerenza russa nella crisi ucraina e dell’intervento nel calderone mediorientale a fianco della Siria ufficialmente contro l’ISIS, ma in realtà contro ogni opposizione al presidente Bashar al Assad, hanno aumentato la divergenza fra i governi di Washington e Mosca, riportando a un clima di guerra fredda tra le due superpotenze.

Putin ha fatto riferimenti inquietanti all’uso eventuale delle armi atomiche non solo per reagire a un attacco strategico portato con armi di distruzione di massa, ma per ogni situazione che veda le forze russe sottoposte a una grave minaccia.

Peraltro negli anni scorsi anche la Russia ha annunciato una decisa ripresa degli investimenti nel sistema militare, giustificata come reazione alla aggressiva politica estera occidentale.

In realtà, anche il sistema nucleare russo ha bisogno di essere rinnovato e razionalizzato, dopo anni di stallo negli investimenti.

Anche il governo cinese ha espresso preoccupazione per il programma americano, per quanto a sua volta, sia ancora difficile capire quale sia la reale consistenza dell’arsenale atomico attivo di Pechino.

Gli Stati Uniti continuano però a respingere le accuse di favorire un clima da nuova corsa agli armamenti nucleari, sostenendo che il programma in corso rispetta le linee dettate nei trattati internazionali di non proliferazione e di limitazione degli arsenali a cui ha aderito.

Lo schieramento della versione 12 della bomba B61, ritenuta una arma sostanzialmente nuova, viene considerata da Mosca una grave violazione degli equilibri nucleari nel settore europeo, a cui la Russia non potrà che rispondere, probabilmente con il rischieramento di missili da crociera e altre armi tattiche, per lo più sul Mar Baltico e nel quadrante nord – ovest del territorio russo.

 

La bomba non va in pensione

Immagine 1

Esploso di una bomba termonucleare tattica B61. Anche se si tratta di una foto relativa a una versione precedente, punto di forza della B 61 è la semplicità dell’arma, con numero di componenti base abbastanza standardizzato per tutte le versioni. Il cuore fissile è contenuto nel cilindro metallico, posto a sinistra tra i componenti esposti.

 

Nel corso dei prossimi 5 anni gli Stati Uniti schiereanno la nuova versione B 61–12 dell’ultimo tipo di ordigno termonucleare a caduta libera ancora ampiamente presente negli arsenali areonautici.

Queste armi sostituiranno le versioni B61-7, 10 e 11 attualmente operative e verranno sostanzialmente ottenute modificando armi già esistenti.

Il Pentagono conta di arrivare a ricostruire circa 500 ordigni, dei quali 180 saranno dispiegati direttamente in Europa nelle basi aeree NATO. L’arrivo del nuovo equipaggiamento non interesserà solo le unità di attacco dell’USAF, ma anche le areonautiche di quei Paesi dell’Alleanza Atlantica che da oltre 50 anni praticano il concetto di nuclear sharing, la politica di condivisione di armi nucleari tra gli alleati.

Tale politica, che ha ampliato la deterrenza tattica dello schieramento occidentale, si è rivelata valida verso la minaccia dall’Est durante il confronto della guerra fredda, permettendo ai reparti di punta della NATO di addestrarsi al nuclear strike, mentre le armi formalmente restavano di proprietà statuinitense, continuando a essere assistite dai reparti speciali di manutenzione americani e venendo sottoposte alle rigide regole di impiego stabilite in sede NATO.

L’aggiornamento di questo arsenale ha rilanciato la polemica vivace che divide coloro che sostengono il nuclear sharing e coloro che sottolineano come sia giuridicamente in contrasto con l’adesione dei Paesi NATO al Trattato di non proliferazione (TNP) del 1970, il quale impegna gli stati aderenti non solo a rinunciare a sviluppare propri programmi militari atomici, ma anche a non custodire, gestire e utilizzare armi appartenenti ad altri.

La bomba modello B61 a testata termonuclare all’idrogeno fa parte di una serie di armi concepite tra gli anni ’50 e ’60 per equipaggiare la nuova generazione di velivoli supersonici che stavano entrando in servizio in quegli anni. Venne progettata nel 1963 dai Los Alamos National Laboratory e fu introdotta in servizio nel 1968, frutto di una intensa ricerca nella miniaturizzazione dei dispositivi, in modo da poter essere installate in armi dalle dimensioni contenute, dotate di una aerodinamica esterna idonea al trasporto e allo sgancio a velocità oltre il muro del suono. La sua importanza è stata tale che è rimasta cllassificata come segreta per molti anni, indicata genericamente con i termini carico esterno o pallottola d’argento (le prime versioni avevano finitura in metallo naturale, senza alcuna verniciatura).

Oggi è l’ultima arma nucleare americana a essere permanentemente schierata al di fuori del territorio statunitense.

Nel corso degli anni numerose versioni sono state prodotte e la testata ha è stata sottoposta a continue modifiche per aumentarne la sicurezza e la semplicità di gestione.

Il corpo dell’ordigno è lungo circa 3 metri e mezzo, il diametro è di circa 33 centimetri nel punto di maggior larghezza, per un peso totale attorno ai circa 320 chili, a seconda della versione.

Cuore concettuale dell’arma è la su capacità variable yeld, ovvero la possibilità di decidere la potenza sviluppabile dalla testata agendo sulla quantità di materiale fissile coinvolto nella reazione fissione-fusione, sul tipo di generatore di neutroni e sul sistema elettronico di innesco, quindi un ordigno dotato di notevole flessibilità di impiego.

La potenza esplosiva della versione B61-11, attualmente la più diffusa in servizio, può variare da 0,3 fino a 80 kilotoni, cioè da 300 a 80mila tonnellate di tritolo, con quattro diverse opzioni di potenza, selezionabili direttamente al momento del montaggio dell’arma sul velivolo lanciatore.

L’arma è stata prodotta in nove versioni diverse, talvolta con paracadute – freno e sistemi di ritardo di innesco. Il campo proncipale di impiego è contro concentrazioni di truppe, depositi, centri di comando avanzati situati in fortificazioni o altro tipo di sito protetto.

La capacità bunker buster per colpire bersagli pesantemente protetti e ground piercing di penetrazione al suolo è quella principalmente sviluppata nella nuova versione B61-12 in quanto più adatta alle necessità di impiego moderne ed è questo che ha determinato la decisione di modernizzarne il sistema d’arma.

 

Immagine 2

Diagramma della nuova B61 – 12. con indicazione delle parti e degli apparati aggiornati.

 

La versione 11 è già dotata di una ogiva rinforzata, tale da agevolare una penetrazione di circa 6-8 metri in un terreno di media durezza, ma le B 61-12 sono state pensate per migliorare questa prestazione e per indirizzare maggiormente la forza d’urto dell’esplosione nucleare verso il sottosuolo.

La tecnologia costruttiva di bunker sotterranei negli anni ha raggiunto un livello molto elevato. Spesso tali edifici si sviluppano per più piani, totalmente interrati, costruiti nel cuore di montagne, per aggiungere ulteriore capacità di resistenza in caso di attacco con armi nucleari. Anche il Centro di Comando strategico statunitense, il famoso NORAD, è costruito sotto il massiccio della Cheyenne Mountain in Colorado.

L’uso di armi capaci di un basso margine di errore può limitare, secondo i calcoli dei tecnici, i danni collaterali a strutture eventualmente vicine e alle popolazioni, contenendo (sempre teoricamente) il fallout radioattivo nell’aria.

A conferma della migliorata precisione dell’arma, la potenza massima della versione B61-12 non supererà i 50 kilotoni.

Tali rassicurazioni non possono essere del tutto soddisfacenti, perchè dipendono moltissimo dalla caratteristche del suolo dove l’arma viene impiegata.

Inoltre, se il bunker da colpire non si trovasse in una zona isolata, ma sotto una città densamente popolata?

Quello che preoccupa non solo il governo russo, ma in generale gli esperti è che la bomba B 61-12 avrà la capacità di colpire entro il raggio di 30 metri dall’epicentro dell’obbiettivo, rispetto ai 100 metri della versione 11, come hanno evidenziato i test di sviluppo eseguiti nel poligono Tonopah Test Range in Nevada.

L’aumento della capacità di precisione dell’arma è alla base di buona parte delle critiche contro il programma: le modifiche infatti sono mirate a renderla, di fatto, una guided bomb, un’arma controllabile a distanza.

La Boeing, impresa a cui è stato affidato lo sviluppo della versione, ha dotato il corpo della bomba di superfici di coda mobili e di un nuovo sistema informatico, capace di scambiare informazioni non solo coi sistemi dell’aereo lanciatore, ma anche di ottenere dati in tempo reale sull’area del bersaglio da colpire da satelliti. Questo vuol dire che l’arma potrà essere sganciata tenendo l’aereo lontano dal bersaglio, anche oltre 100 chilometri, al sicuro dalla prossibile intercettazione avversaria. Una volta che avrà acquisito definitivamente il bersaglio, guidata dal computer e dai sistemi radar installati, si dirigerà autonomamente verso l’obbiettivo.

 

La nuova tentazione di usare la ‘bomba’

Di fatto la B61-12 è passata dalla categoria delle iron bombs o stupid bombs, del tutto prive di guida, per passare appieno a quella delle smart bomb, le armi intelligenti, con tutta una serie di potenziali conseguenze.

Queste armi rischiano di sfuggire alla precisa classificazione a cui sono sottoposte dai trattati di limitazione internazionali, quindi anche la certezza del conteggio delle testate a disposizione può essere messo in discussione, con il risultato di rendere meno trasparente la situazione, accrescere la diffidenza reciproca fra gli Stati e mettere in pericolo la credibilità dei trattati stessi.

L’amministrazione americana subito dopo la firma del trattato New START nel 2010 aveva ribadito, sia con dichiarazioni dirette del Presidente Obama, sia con quelle contenute nel Nuclear Posture Review Report, l’impegno degli Stati Uniti a non sviluppare nuovi tipi di testate nucleari oppure nuove capacità per le armi già prodotte, limitando nei programmi di estensione della vita operativa (Life Exstension Programs, LEP) l’uso di componenti basati su progetti già esistenti.

Tuttavia, anche quando la testata di guerra resti sostanzialmente la stessa delle prime versioni, se l’arma viene resa controllabile dopo lo sgancio, la capacità di penetrazione del bersaglio viene aumentata, allora senza alcun dubbio siamo in presenza di nuove capacità militari.

Quindi nel caso della B61-12 ci si troverà davanti all’introduzione di un’arma sostanzialmente diversa e nuova: questa è l’accusa, che sembra basata su solidi argomenti, mossa da molte parti al programma, con buona pace delle dichiarazioni della National Nuclear Security Administration.

Già nel 2011 la Federation of Atomic Scientists aveva inviato una lettera preoccupata alla Presidenza degli Stati Uniti e al Segretrario alla Difesa per sottolineare i rischi di destabilizzazione legati ai programmi di aggiornamento della B61 e delle altre armi nucleari.

Il governo americano però non ha mai risposto.

Alcune riflessioni fatte durante una conferenza stampa dal generale Norton Schwartz, capo di stato maggiore dell’areonautica statunitense, hanno aggiunto un ulteriore motivo di preoccupazione. Schwartz ha ammesso che avere a disposizione un’arma di relativamente basso impatto ambientale e elevata precisione può cambiare il modo in cui i politici e i comandanti militari considerino il ricorso all’arma atomica, rendendolo più appetibile che in passato.

Specie in teatri di guerra circoscritti, dove le situazioni sul campo possono divenire molto complesse, il ricorso ad una arma estremamente potente e dotata di precisione chiurgica potrebbe colpire al cuore la capacità organizzativa dell’avversario, evitando prolungati e rischiosi interventi sul campo.

D’altro canto, i programmi di update sono preziose occasioni di lavoro sia per i laboratori di ricerca e sviluppo (come il Sandia National Laboratory o il Los Alamos National Laboratory), sia per i grandi colossi dell’industria aerospaziale.

L’arma è stata infatti pensata per equipaggiare i cacciabombardieri di quinta generazione, in primis il Lockheed- Martin F 35A Lightning II, che sarà in dotazione a molti paesi della Nato e i cui test di sviluppo da parte dell’USAF proseguono a pieno ritmo.

Intanto, sarà già resa operativa, per quanto con minore efficienza, sui mezzi già in linea, quali i Panavia Tornado IDS per Germania e Italia, gli F 16 Fighting Falcon per Olanda, Belgio e Turchia. Oltre 700 milioni di dollari sono già stati stanziati dal D.oD. (Department of Defence, Dipartimento della Difesa USA) nel triennio dal 2014 al 2017 per sviluppare il software degli aerei, le strutture delle basi destinate a custodire le armi (Weapons Storage and Security System, WS3), per aggiornare la preparazione di piloti e personale di terra.

Per l’areonautica americana, l’arma sarà utilizzabile sia dagli F16C/D (nella base di Aviano, in Friuli, ad esempio, sugli aerei del 31st Fighter Wing), dagli F15E Strike Eagle, dai venerandi B52H Stratofortress, dai B1B Lancer e dai B2A Spirit, mentre la US Navy adeguerà i propri F/A 18 Super Hornet imbarcati sulle portaerei.

Secondo la Federation of Atomic Scientists, alcune foto satellitari mostrano che i lavori sono già iniziati, a partire dalla base della Luftwaffe di Buchel in Germania, dove andranno venti di questi nuovi ordigni.

Una quantità uguale verrà stoccata in ciascuna delle basi di Volkel in Olanda, Kleine Brogel in Belgio, Ghedi-Torre in Italia, mentre ad Adana-Incirlik in Turchia andranno 50 ordigni.

L’Italia resterà il Paese con più testate di tutta l’Alleanza Atlantica: se contiamo che alla base di Aviano andranno circa 50/70 bombe, sommate alle 20 destinate a Ghedi avremo un totale di 70/90 armi termonucleari.

di Davide Migliore

 

Linkografia:

Le lancette del Doomsday Clock vanno avanti

https://it.wikipedia.org/wiki/B61

https://it.wikipedia.org/wiki/Condivisione_nucleare

https://www.youtube.com/watch?v=FBm74WiCL1g

http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/01/20/news/ecco-la-nuova-bomba-h-che-arrivera-in-italia-1.247276?refresh_ce

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/armi-nucleari-segrete-italia-1215307.html

http://www.webalice.it/imc2004/files_arms/nuclear/B-61.htm

http://www.difesaonline.it/mondo-militare/difesa-nato-gli-usa-inviano-20-nuove-bombe-nucleari-germania-italia-dalle-30-alle-50

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/obama-e-i-mille-miliardi-dollari-nuovo-arsenale-nucleare-1214785.html

http://nukewatch.org/B61.html

http://www.globalresearch.ca/o-k-per-logiva-nucleare-b61-12-andra-ad-aviano/5466784?print=1

http://www.pddnet.com/news/2015/05/photos-day-mock-b61-12-nuclear-bomb-tested

http://espresso.repubblica.it/inchieste/2014/07/01/news/ecco-le-bombe-nucleari-di-brescia-1.171372
http://www.globalresearch.ca/in-italia-bombe-nucleari-a-potenza-variabile/5501986

http://www.wired.it/attualita/tech/2016/01/12/armi-nucleari-usa-miniatura/

http://nnsa.energy.gov/mediaroom/pressreleases/b61-b61-12-lep-life-extension-program-snl-lanl-sandia-national-laboratory

http://fas.org/blogs/security/2016/01/b61-12_earth-penetration/

https://www.whitehouse.gov/the-press-office/statement-president-barack-obama-release-nuclear-posture-review

http://www.defense.gov/Portals/1/features/defenseReviews/NPR/2010_Nuclear_Posture_Review_Report.pdf

https://luisspersenzatomica.wordpress.com/2015/03/23/intervista-hans-m-kristensen-presidente-nuclear-information-project-federazione-degli-scienziati-americani/comment-page-1/

http://thebulletin.org/press-release/doomsday-clock-hands-remain-unchanged-despite-iran-deal-and-paris-talks9122

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La danza del ventre

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La danza del ventre

Pubblicato il 27 febbraio 2013 by redazione

storiaAl giorno d’oggi la“danza del ventre” evoca immagini di donne molto belle e sensuali , vestite di veli colorati e pendagli di paillettes , che compiono passi morbidi e sinuosi accompagnate dal suono dei sonagli mossi dalle movenze del loro bacino. Questa danza nell’immaginario comune può essere associata ad alcune famose cantanti che la sfoggiano durante concerti o videoclip come mezzo di intrattenimento e di attrazione. Sebbene la loro dote artistica sia tutt’altro che scadente o riduttiva, questo ballo cela però origini e significati molto più lontani e complessi che vale la pena indagare.

Appare necessario fare un salto indietro nel tempo, nell’antica Mesopotamia. Qui la danza del ventre era praticata a scopo propiziatorio in onore della dea-madre Ishtar; le sacerdotesse la utilizzavano per invocare la fertilità del ventre femminile e della terra e, per questo motivo, i movimenti interessavano soprattutto il bacino e il ventre: richiamavano quelli naturali delle fasi lunari e delle onde del mare ma anche, più specificatamente, quelli dell’atto sessuale e del parto. Con il passare del tempo la danza del ventre cominciò a diffondersi e a perdere man mano il suo carattere sacrale. Fu intorno al 1300 ,con l’espansione dell’Impero Ottomano, chesi diffuse in tutte quelle regioni soggette al potere dei sultani: diventò il ballo peculiare di Egitto, Marocco, Algeria ,Iraq, Grecia e Turchia. Avendo più poco a che vedere con il suo significato propiziatorio precedente, si trasformò in una forma di intrattenimento particolarmente apprezzata all’interno degli harem, nei quali erano soprattutto le donne più belle ed affascinanti a praticarla. Per quanto concerne l’occidente, è a seguito della campagna d’Egitto di Napoleone che la danza del ventre giunse in Europa ,descritta e raccontata dai soldati francesi che ne erano entrati a stretto contatto. Gli avventurieri le attribuirono questo nome proprio perché rimasero stupiti ed affascinati dai movimenti snodati e sensuali del bacino e degli addominali delle ballerine. In questo modo la danza Orientale divenne nota come “danza del ventre” o “Belly dance”.

costumi danza del ventrefesta romNonostante le movenze accomunassero tutte le danzatrici orientali, una curiosità sembrò emergere dalle descrizioni degli europei: nei loro racconti comparirono due tipologie di ballerine chiamate rispettivamente Almée e Ghawazy. Il nome delle prime deriva dalla parola araba “Alema” che significa “donna istruita” ;esse infatti erano donne di estrazione sociale più alta, maggiormente raffinate ed eleganti.  Queste danzatrici sapevano anche cantare, erano musiciste e si esibivano solitamente davanti ad un pubblico femminile. Indossavano sempre il velo nei luoghi pubblici e avevano libero accesso agli ambienti sociali più ristretti e privilegiati, di cui emblematico esempio è quello dell’Harem .Le seconde, al contrario, erano relegate ai margini della società, vivevano una vita nomade ed erano più vicine alle popolazioni che si definirebbero “zingare”. Si esibivano principalmente nelle strade o all’aperto poiché non erano ben accolte nei luoghireligiosi o raffinati dove la loro presenza risultava sconveniente. Potevano indossare sia un abito lungo che arrivava sino ai piedi e veniva lasciato aperto a partire dalla vita,sia uno corto più simile ad un corpetto ,ma ciò che accomunava entrambi era la scollatura pronunciata e la maggiore aderenza sopra i fianchi. Portavano inoltre monili, bracciali e trucco sul viso. L’arrivo delle truppe francesi al Cairo provocò due reazioni diverse delle rispettive danzatrici : mentre le Almée si sentirono obbligate ad allontanarsi dai loro luoghi d’origine per non doversi esibire davanti ad un pubblico maschile, le Ghawazyintrattennero gli occidentali con i loro spettacoli di strada e, la loro eccessiva vicinanza provocò alcuni disordini tra i soldati. A tali episodi indecorosi  seguirono atti barbarici , legittimati dai generali francesi, nei confronti delle danzatrici che furono costrette ad allontanarsi a loro volta dalla loro terra.

A cominciare dai cabaret degli anni ’30 fino alla grande passione orientale degli anni ’60 in cui i movimenti sinuosi della danza del ventre ben si legavano alla rivoluzione sessuale, questo ballo penetrò e si affermò prepotentemente anche in Europa e in America. Tornando però alla classica e già citata immagine condivisa della danzatrice del ventre , si può notare come questa , dopo essere stata narrata, filtrata e modellata dai racconti degli occidentali, venga infine fatta coincidere con una presenza femminile bella e sensuale vestita di un colorato “due pezzi” adornato di paillettes e sonagli, dai movimenti sinuosi e particolarmente provocanti o, ad ogni modo, tesi ad attirare l’attenzione degli osservatori. La rappresentazione “congelata” su queste caratteristiche si deve in particolare alla successiva rivisitazione americana della danza orientale, legata nello specifico al cinema di Hollywood: lo scopo principale della ballerina diventa quello di intrattenere gli spettatori  e mantenere accesa l’attenzione di un pubblico prevalentemente maschile.

Si giunge così a parlare di attualità e sorge spontanea una domanda : quali caratteristiche e quali significati possiede oggi la famosa danza orientale ? Sicuramente essa viene ancora praticata quasi esclusivamente dalle donne il cui corpo beneficia dei suoi movimenti e non soltanto per il fascino e la sensualità che gli attribuiscono. La danza del ventre non solo rende più tonici addome e bacino ma anche il seno, le braccia , le spalle e le cosce. Ha effetti benefici per gli organi interni e sembra ritardare i sintomi dell’osteoporosi. Per quanto concerne il fisico i vantaggi non finiscono qui in quanto i movimenti delle danzatrici orientali sembrano essere utili anche per migliorare la circolazione sanguigna, il transito intestinale e i dolori connessi al ciclo mestruale. Ulteriore punto positivo che , sebbene non sia direttamente collegato a queste movenze non è per questo meno importante, è che le ballerine in questione non devono  preoccuparsi troppo se il loro fisico non è perfettamente scolpito o eccessivamente magro poiché viene apprezzata proprio la formosità femminile. Ciò che conta non è la “rotondità” del corpo, bensì la sua flessibilità e la morbidezza delle sue  movenze. E poiché, come ben noto, il benessere fisico non può che accrescere anche quello mentale, si possono riscontrare anche svariati benefici psicologici legati a questo tipo di danza. Essa permette di rilasciare le tensioni, accrescere la propria consapevolezza corporea e riscoprire la femminilità insita in ogni donna.

“Dulcis in fundo”, pare che un’ulteriore funzione sia stata attribuita alla danza del ventre: recentemente negli USA viene utilizzata anche nelle sale parto. I suoi movimenti rotatori ed ondulatori infatti inducono ad un rilassamento dei muscoli della zona pelvica permettendo così di attenuare il dolore legato alle contrazioni del parto e facilitando la fuoriuscita del bambino. Sembra pertanto che dalle origini si parta e alle origini si torni , recuperando anche ai giorni nostri, parte del significato primario di questa affascinante forma d’arte.

di Alessandra Genta

http://www.focus.it/curiosita/storia/Ombelichi_al_vento_le_origini_della_danza_del_ventre/ombelichi-al-vento-le-origini-della-danza-del-ventre—3_PC12.aspx

http://it.wikipedia.org/wiki/Danza_orientale

http://www.danzadance.com/danza_del_ventre/

http://www.alqamara.com/pageID_5460033.html

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Quando si fa strada l’antipolitica

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Quando si fa strada l’antipolitica

Pubblicato il 09 giugno 2012 by redazione

democrazia

Perchè, dopo gli anni ’80, la principale occupazione della politica è diventata quella di fare selezione elettorale?

Dal volontariato e l’impegno civile dei primi anni della storia dei partiti, si passa al vivere per la politica, al costruire una classe dirigente non necessariamente rappresentativa di una particolare classe sociale. I nuovi politici non fanno altri lavori e quindi sono attaccattissimi al loro impiego: possibilmente a tempo indeterminato. Quest’andamento non ha consentito, però, negli ultimi vent’anni, il ricambio della classe dirigente e la democrazia è andata in crisi. D’altra parte, risponde qualche studioso della politica, se il ricambio fosse stato troppo frequente, come avremmo potuto verificarne l’operato? Un secondo mandato era necessario. Certo, ma è proprio da questa fase in avanti che la classe politica si stabilizza, diviene più fragile e spesso corruttibile.

Il Francia per contenere questo rischio, l’opinione pubblica ha sempre avuto più spazio e proprio per questo è sempre stata molto temuta dalla classe politica, che è riuscita a controbilanciare efficacemente, operando una continua frizione, accompagnata a volte anche da urli, fischi e megafoni. In effetti, senza frizione, senza mettere in pubblico i problemi, la politica evolve in una pericolosa oligarchia. Ma per disporre di una frizione continua, che garantisca una reale democrazia, occorrono mezzi di comunicazione funzionanti, che facciano informazione al di sopra dei poteri forti e soprattutto non asserviti ad un solo unico padrone. Per mantenere sotto controllo il potere occorre frammentarlo il più possibile e adoperarsi per mantenerlo diviso nel tempo.

Perché la nostra democrazia, come molte altre, è andata in crisi?

La democrazia nasce contro il totalitarismo, concede il voto a tutti, uomini e donne, e conclude il suo perfezionamento, dopo la fine della II guerra mondiale, come compromesso tra il capitalismo industriale e la democrazia rappresentativa. Compromesso quindi tra chi disponeva dei mezzi e chi non li aveva. Chi non aveva mezzi otteneva, in cambio del patto sociale, un lavoro e con esso il diritto di esistere. Il patto era sostanzialmente questo: lavorare, creare dei beni, consumarli, pagare le tasse e quindi ottenere i servizi.

I partiti politici nascevano, quindi, unicamente come mediatori per moderare, attraverso le leggi, i rapporti fra queste due classi, che altrimenti non avrebbero potuto fidarsi le une delle altre perché, chiaramente, in aperto conflitto di interessi.

Il capitalista daltronde, aveva tutto l’interesse a creare questo rapporto perché non solo trovava le braccia che gli servivano per produrre, ma alla fine del ciclo “lavoro, creazione dei beni, consumo dei beni, tasse e servizi”, recuperava il proprio capitale, moltiplicato in modo esponenziale.

Alla fine del ciclo, infatti, i capitali investiti producono beni, destinati agli stessi che li hanno prodotti e che saranno sempre poi gli stessi a consumare, acquistandoli a proprie spese, con il proprio salario, a beneficio degli investitori, che moltiplicheranno così il loro capitale iniziale.

Ora la democrazia sta fallendo proprio perché non c’è più circolazione di capitale. I grandi investitori di allora, oggi, attraverso l’economia finanziaria, non hanno più bisogno di far circolare il capitale, ne tanto meno di garantire un lavoro alle masse. E, a dimostrazione di ciò, si sta riaffacciando la differenza tra classi, perché queste non riescono più ad essere mediate dalla politica, ne tanto meno a essere rappresentate.

La politica ha perso così il suo significato/mandato originario, ed è diventa oligarchica e autoreferenziale. Con la crisi mondiale dell’occupazione, nel mondo occidentale, è poi precipitato tutto il sistema, che diventa sempre più difficile salvare.

Il lavoro, che era infatti il cuore dell’intero sistema, ha cambiato di significato e si è completamente dissociato dai diritti. Anzi, esso stesso non è più un diritto, come invece recita ancora l’articolo 4 della nostra Costituzione Italiana: ” La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

La discussione politica ha perso così di interesse e di conseguenza la democrazia si è svuotata di significato. Perché discutere, protestare, votare. Non serve a nulla. Il leader governa e la massa guarda come in un programma televisivo in cui non c’è controparte, ma solo un pubblico, un audience, che attraverso gli share esprime il suo minor o maggior gradimento. In realtà non riesce a guardare granché, perché non è lei a decidere da che parte guardare.

La democrazia non è in pericolo solo nel nostro paese o in Europa, ma in tutto il mondo occidentale. La globalizzazione infatti costituisce un rischio reale e favorisce l’evolversi di grandi imperi, alcuni già in corsa. La democrazia, invece, richiede spazi piccoli, nei quali le persone possano esprimersi in un reale face to face. Lo spazio mondo è troppo grande e più adatto ai despoti.

L’Europa resta quindi forse l’unica vera candidata a preservare e difendere ciò che lei stessa, in un passato non molto lontano, ha partorito e sempre a lei tocca l’onere di provare a costruire le condizioni per una nuova democrazia, che tengano conto di tutti i nuovi sviluppi, economici e sociali.

Questa società democratica, in cui abbiamo avuto la fortuna di nascere e formarci, sembra oggi così scontata, ma si tratta di uno spazio temporale brevissimo, e unico nella storia dell’umanità, in cui tutte le classi sociali, in un modo o in un altro, erano riuscite a esistere e a esprimersi. La politica deve tornare a fare il suo mestiere e trovare delle soluzioni che imbriglino la finanza con leggi e norme che tutelino tutte le parti sociali e i loro diritti, che non sono più solo quelli di un territorio, piuttosto che di un’altro, ma più spesso sono planetari…e come non potrebbe essere, visto che gli interessi finanziari si estendono a tutto il globo.

I Movimenti e l’antipolitica

“Occorre una nuova politica che rimetta il cittadino al centro”. Questo è ciò che affermano i movimenti delle diverse regioni del mondo, rivendicando la loro autonomia nelle scelte politiche, al di fuori dei partiti, perché non credono che la politica possa più cambiare la società.

Anche i social network hanno dato a questi movimenti una forte spinta e una sede di coesione che ha travalicato le sedi dei partiti, i confini locali e nazionali e ha dato l’opportunità, a persone residenti in diversi angoli della Terra, di mettere sul tavolo della discussione i problemi più urgenti, facendosi loro stessi rappresentanti del bene comune, posizionandosi a livello planetario e saltando a pié pari i ruoli e i luoghi della politica.

La flessibilità della rete, negli ultimi 10 anni, ha infatti contribuito a creare un tavolo di discussione di ampio respiro, estremamente democratico, in cui difficilmente un leader riesce ad imporsi per lungo tempo, perché la discussione di fatto viene gestita da una vera assemblea e non da una struttura gerarchica come quella di un partito.

Per comprendere questi movimenti e le loro richieste occorre comprenderne la leggerezza, la freschezza della loro idea di mondo, senza necessariamente interpretarla come antipolitica, m acome spunto ispirazione per un nuovo corso politico.

Forse la politica, troverebbe in questi movimenti proprio i nuovi spunti di rinnovamento che sta disperatamente cercando e che non coincidono con un leader piuttosto che con un altro, ma con una serie di sentimenti generalizzati che partono da grandi masse di individui e a cui occorre dare forma e consistenza  e per le quali occorrono risposte e riforme istituzionali. Avere il coraggio di creare occasioni di incontro con la gente, gli intellettuali, i giovani e tutti coloro che ne fanno parte o ne condividono le discussioni in atto; e prendersi le proprie responsabilità, in particolare quella di essersi persi per strada, quella parte di società da sempre più viva, creativa e partecipativa, che proprio la politica ha rimbalzato ed escluso dal dibattito della cosa pubblica, usandola solo, opportunisticamente, come fornitrice di parole d’ordine, con le quali vincere le elezioni del momento, per nascondersi, subito dopo, negli impegni di partito e di governo.

E ora non c’è da meravigliarsi se per l’Europa imperversano strani movimenti di destra di pericolosa memoria: per i movimenti, destra e sinistra sono solo parole.

Quest’anno, dal 20 al 22 Giugno, a Rio de Janeiro, si svolgerà il Summit sui problemi della Terra, organizzato interamente dai movimenti, e naturalmente questo appuntamento non figura nell’agenda politica di alcun partito, come manca il Social Forum, che quest’anno compie il suo primo decennio …

di Adriana Paolini

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