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Nuova vita operativa per la vecchia bomba B61

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Nuova vita operativa per la vecchia bomba B61

Pubblicato il 29 febbraio 2016 by redazione

Gli Stati Uniti hanno lanciato un programma da 1000 miliardi di Dollari per aggiornare l’arsenale nucleare, compreso quello tattico schierato in Europa.

 

Immagine di apertura

Caccia F35A Lightning II mostra agganciati nei vani di carico due prototipi della bomba termonucleare B61-12.

 

Il presidente statunitense Barak Obama ha recentemente smentito le voci secondo cui il programma di ammodernamento dell’arsenale nucleare americano attualmente in corso possa subire variazioni o ridimensionamenti, confermando che nei prossimi 30 anni verrà aggiornata la capacità delle armi a disposizione, in modo da renderle pienamente compatibili con gli scenari di impiego attuali e i mezzi di nuova generazione.

Le prime armi a essere oggetto del Life Exstension Program saranno le armi termonucleari tattiche B61 per impiego aereo, le ultime a caduta libera ancora in servizio in numero consistente: già schierate da molti anni in Europa e oggetto del controverso programma di nuclear sharing con le forze armate di alcuni Paesi della NATO, erano considerate come superate nell’era delle cosiddette armi intelligenti, un relitto degli anni del confronto con l’Unione Sovietica e i suoi alleati.

La fine della guerra fredda ha però provocato una frammentazione dei centri di potere e una ripresa delle tensioni politico – economiche tra Paesi e all’interno stesso di molti Stati.

Il nuovo disordine mondiale ha creato anche una ripresa della corsa all’atomo militare: governi ritenuti poco stabili o non affidabili (le vicende di Iran e Nord Corea sono protagoniste della cronaca internazionale) guardano all’arma atomica come un mezzo per accrescere il proprio peso internazionale.

Inoltre in molti Paesi del campo occidentale, che fino a oggi hanno rinunciato a sviluppare programmi atomici aderendo ai trattati internazionali di non proliferazione, si sta timidamente riaprendo il dibattito sulla necessità di dotarsi dell’arma totale.

Non è certo una prospettiva incoraggiante, come osserva la Federation of Atomic Scientists, l’organizzazione di scienziati che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale controlla e informa l’opinione pubblica sulla situazione delle armi nucleari, attraverso la pubblicazione del Bullettin of Atomic Scientist.

Lo scienziato danese Hans Kristensen, che appartiene alla federazionne di scienziati e dirige il Nuclear Research Project, ha sottolineato che il mondo si trova in una situazione di crisi molto pericolosa, la probabilità di una catastrofe nucleare ha raggiunto livelli simili ai momenti più bui della guerra fredda.

Il Doomsday Clock, l’orologio simbolico creato dalla Federazione, segna oggi solo tre minuti prima della mezzanotte, l’ora dello scatenarsi di un conflitto nucleare globale, che cancellerebbe forse ogni forma di vita superiore sul pianeta.

Quindi è stata solo un’illusione che la fine della guerra fredda potesse allontanare il rischio di un conflitto combattuto con le armi di distruzione di massa.

La decisione di rinnovare e adeguare il deterrente nucleare al mutato teatro geopolitico internazionale risponde proprio alla necessità di mantenere il suo potere dissuasivo, secondo la motivazione ufficiale esposta dal governo americano.

Una risoluzione certo amara per l’amministrazione del Presidente Obama, che nel 2009 ha ricevuto il premio Nobel per pace per i suoi sforzi sulla cooperazione internazionale e che aveva firmato nel 2010 con il Primo Ministro russo Dimitry Medvedev il trattato New START di limitazione delle armi nucleari.

Il Presidente russo Vladimir Putin non ha nascosto la sua irritazione per l’avvio questo programma, che aggrava la situazione di stallo già esistente nei rapporti fra i due Paesi, dopo l’espansione della NATO a Est e la missione di assistenza militare nelle Repubbliche Baltiche, (Estonia, Lettonia e Lituania), la cui indipendenza non è mai stata ben digerita da Mosca.

Il disappunto dei russi è stato sottolineato da una massiccia ripresa dei voli a ridosso dello spazio aereo dei Paesi occidentali, in particolare di Gran Bretagna e Norvegia, degli aerei da caccia, da ricognizione e dei bombardieri strategici dell’aviazione della Federazione russa, come non si vedeva dagli anni del confronto diretto con l’URSS.

D’altro canto, la decisa condanna USA dell’ingerenza russa nella crisi ucraina e dell’intervento nel calderone mediorientale a fianco della Siria ufficialmente contro l’ISIS, ma in realtà contro ogni opposizione al presidente Bashar al Assad, hanno aumentato la divergenza fra i governi di Washington e Mosca, riportando a un clima di guerra fredda tra le due superpotenze.

Putin ha fatto riferimenti inquietanti all’uso eventuale delle armi atomiche non solo per reagire a un attacco strategico portato con armi di distruzione di massa, ma per ogni situazione che veda le forze russe sottoposte a una grave minaccia.

Peraltro negli anni scorsi anche la Russia ha annunciato una decisa ripresa degli investimenti nel sistema militare, giustificata come reazione alla aggressiva politica estera occidentale.

In realtà, anche il sistema nucleare russo ha bisogno di essere rinnovato e razionalizzato, dopo anni di stallo negli investimenti.

Anche il governo cinese ha espresso preoccupazione per il programma americano, per quanto a sua volta, sia ancora difficile capire quale sia la reale consistenza dell’arsenale atomico attivo di Pechino.

Gli Stati Uniti continuano però a respingere le accuse di favorire un clima da nuova corsa agli armamenti nucleari, sostenendo che il programma in corso rispetta le linee dettate nei trattati internazionali di non proliferazione e di limitazione degli arsenali a cui ha aderito.

Lo schieramento della versione 12 della bomba B61, ritenuta una arma sostanzialmente nuova, viene considerata da Mosca una grave violazione degli equilibri nucleari nel settore europeo, a cui la Russia non potrà che rispondere, probabilmente con il rischieramento di missili da crociera e altre armi tattiche, per lo più sul Mar Baltico e nel quadrante nord – ovest del territorio russo.

 

La bomba non va in pensione

Immagine 1

Esploso di una bomba termonucleare tattica B61. Anche se si tratta di una foto relativa a una versione precedente, punto di forza della B 61 è la semplicità dell’arma, con numero di componenti base abbastanza standardizzato per tutte le versioni. Il cuore fissile è contenuto nel cilindro metallico, posto a sinistra tra i componenti esposti.

 

Nel corso dei prossimi 5 anni gli Stati Uniti schiereanno la nuova versione B 61–12 dell’ultimo tipo di ordigno termonucleare a caduta libera ancora ampiamente presente negli arsenali areonautici.

Queste armi sostituiranno le versioni B61-7, 10 e 11 attualmente operative e verranno sostanzialmente ottenute modificando armi già esistenti.

Il Pentagono conta di arrivare a ricostruire circa 500 ordigni, dei quali 180 saranno dispiegati direttamente in Europa nelle basi aeree NATO. L’arrivo del nuovo equipaggiamento non interesserà solo le unità di attacco dell’USAF, ma anche le areonautiche di quei Paesi dell’Alleanza Atlantica che da oltre 50 anni praticano il concetto di nuclear sharing, la politica di condivisione di armi nucleari tra gli alleati.

Tale politica, che ha ampliato la deterrenza tattica dello schieramento occidentale, si è rivelata valida verso la minaccia dall’Est durante il confronto della guerra fredda, permettendo ai reparti di punta della NATO di addestrarsi al nuclear strike, mentre le armi formalmente restavano di proprietà statuinitense, continuando a essere assistite dai reparti speciali di manutenzione americani e venendo sottoposte alle rigide regole di impiego stabilite in sede NATO.

L’aggiornamento di questo arsenale ha rilanciato la polemica vivace che divide coloro che sostengono il nuclear sharing e coloro che sottolineano come sia giuridicamente in contrasto con l’adesione dei Paesi NATO al Trattato di non proliferazione (TNP) del 1970, il quale impegna gli stati aderenti non solo a rinunciare a sviluppare propri programmi militari atomici, ma anche a non custodire, gestire e utilizzare armi appartenenti ad altri.

La bomba modello B61 a testata termonuclare all’idrogeno fa parte di una serie di armi concepite tra gli anni ’50 e ’60 per equipaggiare la nuova generazione di velivoli supersonici che stavano entrando in servizio in quegli anni. Venne progettata nel 1963 dai Los Alamos National Laboratory e fu introdotta in servizio nel 1968, frutto di una intensa ricerca nella miniaturizzazione dei dispositivi, in modo da poter essere installate in armi dalle dimensioni contenute, dotate di una aerodinamica esterna idonea al trasporto e allo sgancio a velocità oltre il muro del suono. La sua importanza è stata tale che è rimasta cllassificata come segreta per molti anni, indicata genericamente con i termini carico esterno o pallottola d’argento (le prime versioni avevano finitura in metallo naturale, senza alcuna verniciatura).

Oggi è l’ultima arma nucleare americana a essere permanentemente schierata al di fuori del territorio statunitense.

Nel corso degli anni numerose versioni sono state prodotte e la testata ha è stata sottoposta a continue modifiche per aumentarne la sicurezza e la semplicità di gestione.

Il corpo dell’ordigno è lungo circa 3 metri e mezzo, il diametro è di circa 33 centimetri nel punto di maggior larghezza, per un peso totale attorno ai circa 320 chili, a seconda della versione.

Cuore concettuale dell’arma è la su capacità variable yeld, ovvero la possibilità di decidere la potenza sviluppabile dalla testata agendo sulla quantità di materiale fissile coinvolto nella reazione fissione-fusione, sul tipo di generatore di neutroni e sul sistema elettronico di innesco, quindi un ordigno dotato di notevole flessibilità di impiego.

La potenza esplosiva della versione B61-11, attualmente la più diffusa in servizio, può variare da 0,3 fino a 80 kilotoni, cioè da 300 a 80mila tonnellate di tritolo, con quattro diverse opzioni di potenza, selezionabili direttamente al momento del montaggio dell’arma sul velivolo lanciatore.

L’arma è stata prodotta in nove versioni diverse, talvolta con paracadute – freno e sistemi di ritardo di innesco. Il campo proncipale di impiego è contro concentrazioni di truppe, depositi, centri di comando avanzati situati in fortificazioni o altro tipo di sito protetto.

La capacità bunker buster per colpire bersagli pesantemente protetti e ground piercing di penetrazione al suolo è quella principalmente sviluppata nella nuova versione B61-12 in quanto più adatta alle necessità di impiego moderne ed è questo che ha determinato la decisione di modernizzarne il sistema d’arma.

 

Immagine 2

Diagramma della nuova B61 – 12. con indicazione delle parti e degli apparati aggiornati.

 

La versione 11 è già dotata di una ogiva rinforzata, tale da agevolare una penetrazione di circa 6-8 metri in un terreno di media durezza, ma le B 61-12 sono state pensate per migliorare questa prestazione e per indirizzare maggiormente la forza d’urto dell’esplosione nucleare verso il sottosuolo.

La tecnologia costruttiva di bunker sotterranei negli anni ha raggiunto un livello molto elevato. Spesso tali edifici si sviluppano per più piani, totalmente interrati, costruiti nel cuore di montagne, per aggiungere ulteriore capacità di resistenza in caso di attacco con armi nucleari. Anche il Centro di Comando strategico statunitense, il famoso NORAD, è costruito sotto il massiccio della Cheyenne Mountain in Colorado.

L’uso di armi capaci di un basso margine di errore può limitare, secondo i calcoli dei tecnici, i danni collaterali a strutture eventualmente vicine e alle popolazioni, contenendo (sempre teoricamente) il fallout radioattivo nell’aria.

A conferma della migliorata precisione dell’arma, la potenza massima della versione B61-12 non supererà i 50 kilotoni.

Tali rassicurazioni non possono essere del tutto soddisfacenti, perchè dipendono moltissimo dalla caratteristche del suolo dove l’arma viene impiegata.

Inoltre, se il bunker da colpire non si trovasse in una zona isolata, ma sotto una città densamente popolata?

Quello che preoccupa non solo il governo russo, ma in generale gli esperti è che la bomba B 61-12 avrà la capacità di colpire entro il raggio di 30 metri dall’epicentro dell’obbiettivo, rispetto ai 100 metri della versione 11, come hanno evidenziato i test di sviluppo eseguiti nel poligono Tonopah Test Range in Nevada.

L’aumento della capacità di precisione dell’arma è alla base di buona parte delle critiche contro il programma: le modifiche infatti sono mirate a renderla, di fatto, una guided bomb, un’arma controllabile a distanza.

La Boeing, impresa a cui è stato affidato lo sviluppo della versione, ha dotato il corpo della bomba di superfici di coda mobili e di un nuovo sistema informatico, capace di scambiare informazioni non solo coi sistemi dell’aereo lanciatore, ma anche di ottenere dati in tempo reale sull’area del bersaglio da colpire da satelliti. Questo vuol dire che l’arma potrà essere sganciata tenendo l’aereo lontano dal bersaglio, anche oltre 100 chilometri, al sicuro dalla prossibile intercettazione avversaria. Una volta che avrà acquisito definitivamente il bersaglio, guidata dal computer e dai sistemi radar installati, si dirigerà autonomamente verso l’obbiettivo.

 

La nuova tentazione di usare la ‘bomba’

Di fatto la B61-12 è passata dalla categoria delle iron bombs o stupid bombs, del tutto prive di guida, per passare appieno a quella delle smart bomb, le armi intelligenti, con tutta una serie di potenziali conseguenze.

Queste armi rischiano di sfuggire alla precisa classificazione a cui sono sottoposte dai trattati di limitazione internazionali, quindi anche la certezza del conteggio delle testate a disposizione può essere messo in discussione, con il risultato di rendere meno trasparente la situazione, accrescere la diffidenza reciproca fra gli Stati e mettere in pericolo la credibilità dei trattati stessi.

L’amministrazione americana subito dopo la firma del trattato New START nel 2010 aveva ribadito, sia con dichiarazioni dirette del Presidente Obama, sia con quelle contenute nel Nuclear Posture Review Report, l’impegno degli Stati Uniti a non sviluppare nuovi tipi di testate nucleari oppure nuove capacità per le armi già prodotte, limitando nei programmi di estensione della vita operativa (Life Exstension Programs, LEP) l’uso di componenti basati su progetti già esistenti.

Tuttavia, anche quando la testata di guerra resti sostanzialmente la stessa delle prime versioni, se l’arma viene resa controllabile dopo lo sgancio, la capacità di penetrazione del bersaglio viene aumentata, allora senza alcun dubbio siamo in presenza di nuove capacità militari.

Quindi nel caso della B61-12 ci si troverà davanti all’introduzione di un’arma sostanzialmente diversa e nuova: questa è l’accusa, che sembra basata su solidi argomenti, mossa da molte parti al programma, con buona pace delle dichiarazioni della National Nuclear Security Administration.

Già nel 2011 la Federation of Atomic Scientists aveva inviato una lettera preoccupata alla Presidenza degli Stati Uniti e al Segretrario alla Difesa per sottolineare i rischi di destabilizzazione legati ai programmi di aggiornamento della B61 e delle altre armi nucleari.

Il governo americano però non ha mai risposto.

Alcune riflessioni fatte durante una conferenza stampa dal generale Norton Schwartz, capo di stato maggiore dell’areonautica statunitense, hanno aggiunto un ulteriore motivo di preoccupazione. Schwartz ha ammesso che avere a disposizione un’arma di relativamente basso impatto ambientale e elevata precisione può cambiare il modo in cui i politici e i comandanti militari considerino il ricorso all’arma atomica, rendendolo più appetibile che in passato.

Specie in teatri di guerra circoscritti, dove le situazioni sul campo possono divenire molto complesse, il ricorso ad una arma estremamente potente e dotata di precisione chiurgica potrebbe colpire al cuore la capacità organizzativa dell’avversario, evitando prolungati e rischiosi interventi sul campo.

D’altro canto, i programmi di update sono preziose occasioni di lavoro sia per i laboratori di ricerca e sviluppo (come il Sandia National Laboratory o il Los Alamos National Laboratory), sia per i grandi colossi dell’industria aerospaziale.

L’arma è stata infatti pensata per equipaggiare i cacciabombardieri di quinta generazione, in primis il Lockheed- Martin F 35A Lightning II, che sarà in dotazione a molti paesi della Nato e i cui test di sviluppo da parte dell’USAF proseguono a pieno ritmo.

Intanto, sarà già resa operativa, per quanto con minore efficienza, sui mezzi già in linea, quali i Panavia Tornado IDS per Germania e Italia, gli F 16 Fighting Falcon per Olanda, Belgio e Turchia. Oltre 700 milioni di dollari sono già stati stanziati dal D.oD. (Department of Defence, Dipartimento della Difesa USA) nel triennio dal 2014 al 2017 per sviluppare il software degli aerei, le strutture delle basi destinate a custodire le armi (Weapons Storage and Security System, WS3), per aggiornare la preparazione di piloti e personale di terra.

Per l’areonautica americana, l’arma sarà utilizzabile sia dagli F16C/D (nella base di Aviano, in Friuli, ad esempio, sugli aerei del 31st Fighter Wing), dagli F15E Strike Eagle, dai venerandi B52H Stratofortress, dai B1B Lancer e dai B2A Spirit, mentre la US Navy adeguerà i propri F/A 18 Super Hornet imbarcati sulle portaerei.

Secondo la Federation of Atomic Scientists, alcune foto satellitari mostrano che i lavori sono già iniziati, a partire dalla base della Luftwaffe di Buchel in Germania, dove andranno venti di questi nuovi ordigni.

Una quantità uguale verrà stoccata in ciascuna delle basi di Volkel in Olanda, Kleine Brogel in Belgio, Ghedi-Torre in Italia, mentre ad Adana-Incirlik in Turchia andranno 50 ordigni.

L’Italia resterà il Paese con più testate di tutta l’Alleanza Atlantica: se contiamo che alla base di Aviano andranno circa 50/70 bombe, sommate alle 20 destinate a Ghedi avremo un totale di 70/90 armi termonucleari.

di Davide Migliore

 

Linkografia:

Le lancette del Doomsday Clock vanno avanti

https://it.wikipedia.org/wiki/B61

https://it.wikipedia.org/wiki/Condivisione_nucleare

https://www.youtube.com/watch?v=FBm74WiCL1g

http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/01/20/news/ecco-la-nuova-bomba-h-che-arrivera-in-italia-1.247276?refresh_ce

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/armi-nucleari-segrete-italia-1215307.html

http://www.webalice.it/imc2004/files_arms/nuclear/B-61.htm

http://www.difesaonline.it/mondo-militare/difesa-nato-gli-usa-inviano-20-nuove-bombe-nucleari-germania-italia-dalle-30-alle-50

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/obama-e-i-mille-miliardi-dollari-nuovo-arsenale-nucleare-1214785.html

http://nukewatch.org/B61.html

http://www.globalresearch.ca/o-k-per-logiva-nucleare-b61-12-andra-ad-aviano/5466784?print=1

http://www.pddnet.com/news/2015/05/photos-day-mock-b61-12-nuclear-bomb-tested

http://espresso.repubblica.it/inchieste/2014/07/01/news/ecco-le-bombe-nucleari-di-brescia-1.171372
http://www.globalresearch.ca/in-italia-bombe-nucleari-a-potenza-variabile/5501986

http://www.wired.it/attualita/tech/2016/01/12/armi-nucleari-usa-miniatura/

http://nnsa.energy.gov/mediaroom/pressreleases/b61-b61-12-lep-life-extension-program-snl-lanl-sandia-national-laboratory

http://fas.org/blogs/security/2016/01/b61-12_earth-penetration/

https://www.whitehouse.gov/the-press-office/statement-president-barack-obama-release-nuclear-posture-review

http://www.defense.gov/Portals/1/features/defenseReviews/NPR/2010_Nuclear_Posture_Review_Report.pdf

https://luisspersenzatomica.wordpress.com/2015/03/23/intervista-hans-m-kristensen-presidente-nuclear-information-project-federazione-degli-scienziati-americani/comment-page-1/

http://thebulletin.org/press-release/doomsday-clock-hands-remain-unchanged-despite-iran-deal-and-paris-talks9122

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Le lancette del Doomsday Clock vanno avanti

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Le lancette del Doomsday Clock vanno avanti

Pubblicato il 31 gennaio 2016 by redazione

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“A tutti i leader e cittadini del mondo – questo l’incipit della comunità scientifica del Bulletin di quest’anno – l’anno scorso, la comunità internazionale ha fatto alcuni passi avanti sulle due maggiori minacce che investono la vita dell’intera umanità: le armi nucleari e il cambiamento climatico. Nel mese di luglio 2015, alla fine di quasi due anni di negoziati, sei potenze mondiali e l’Iran hanno raggiunto uno accordo storico, che limita il programma nucleare iraniano per evitare che Teheran sviluppi armi nucleari. Inoltre, alla fine del 2015, quasi 200 Paesi, incontratisi a Parigi, si sono accordati su un processo che tenterà di ridurre le loro emissioni di anidride carbonica, per mantenere l’aumento della temperatura mondiale al di sotto di 2,0° C rispetto al valore pre-industriale. L’accordo nucleare con l’Iran e quello sul clima di Parigi, costituiscono però solo due piccoli punti luminosi in una situazione mondiale decisamente oscura e affollata da numerose potenziali catastrofi.

Nonostante l’accordo Iran, le tensioni tra Stati Uniti e Russia sono, infatti, salite a livelli che ricordano i periodi peggiori della guerra fredda. Anche i conflitti in Ucraina e in Siria continuano, accompagnati da tensioni pericolose con la Turchia. Sebbene quest’ultima sia membro della NATO ha di fatto abbattuto un aereo da guerra russo in Siria. La cosa ha innervosito parecchio il Cremlino, che attraverso il direttore di una agenzia stampa statale ha fatto sapere che la Russia non starà di certo a guardare. Così sebbene Washington e Mosca continuino ad aderire alla maggior parte degli accordi sul controllo degli armamenti nucleari già esistenti, in realtà, come tutti gli altri Paesi dotati di armi nucleari, tutti sono fortemente impegnati a modernizzare i loro attuali arsenali nucleari. Questo suggerisce che molto probabilmente intendono riservarsi la piena disponibilità dei loro arsenali di guerra ancora per decenni e in evidente contraddizzione con gli impegni già presi con il Trattato di non Proliferazione Nucleare che ha come scopo finale il disarmo nucleare.

Anche l’Accordo sul Clima raggiunto a Parigi, seppur promettente, avviene alla fine dell’anno più caldo registrato sul pianeta, con un aumento della temperatura globale, rispetto ai livelli pre-industriali, di oltre un grado Celsius. Gli impegni volontari assunti a Parigi, per limitare le emissioni di gas serra, non sono infatti sufficienti ad evitare cambiamenti climatici drastici, ma servono solo ad accelerare il processo di cambiamento dei sistemi energetici del mondo, uno degli elementi chiave per rallentare il cambiamento climatico in rapido aumento.

 

Le lancette del Doomsday Clock non arretrano

Nonostante i successi diplomatici in Iran e a Parigi, i rischi nucleari e climatici non sono affatto compensati. I membri del Bulletin of the Atomic Scientists ribadiscono, infatti, che le lancette dell’orologio sono a tre minuti prima della mezzanotte.

I membri del Bulletin of the Atomic Scientists hanno dichiarato che nel 2015 i leader mondiali non sono riusciti ad agire abbastanza in fretta per garantire all’umanità una sufficiente protezione dai pericoli rappresentati dal cambiamento climatico e dalle guerre nucleari: “La situazione mondiale rimane altamente minacciosa per l’intera Umanità ed è urgente agire un modo decisivo per ridurre il pericolo rappresentato dalle armi nucleari e dal cambiamento climatico.

La capacità dei principali Stati dotati di armi nucleari a collaborare sulla “Non proliferazione nucleare” è uno dei pochi punti chiave per salvaguardare il mondo nel suo insieme.

Sebbene gli Stati Uniti e la Russia continuino a ridure le testate nucleari schierate, nel rispetto del nuovo trattato START, i programmi di modernizzazione nucleare per mantenere le proprie disponibilità procedono a ritmo sostenuto e si proiettano sul prossimo mezzo secolo. I russi hanno meno lanciatori, ma le loro forze in futuro saranno più mobili e le loro testate più flessibili e mirate. Anche gli Stati Uniti hanno in programma di spendere, nei prossimi 10 anni, 350 miliardi di dollari per mantenere e modernizzare le proprie forze nucleari e infrastrutture.

Non sembra proprio, quindi, che il mondo pensi di liberarsi dalle armi nucleari.

Anche il conflitto per liberare il passaggio del Mare Cinese Meridionale si sta sviluppando in modo preoccupante. La Cina, che rivendica la propria territorialità per quelle isole sulle quali si è allargata per scopi militari, viene contestata dai Paesi di quella regione. E considerando che gli Stati Uniti pretendo il libero passaggio nel Mar Cinese Meridionale, con l’invio di una nave da guerra e aerei propri giusto vicino a queste isole, il rischio cha la situazione degeneri in un grande conflitto tra potenze nucleari è assai alto.

Le prospettive che nel breve periodo si raggiunga quindi il controllo delle armi nucleari, al di là della situazione Stati Uniti e Russia, sono dunque alquanto sfavorevoli. Cina, Pakistan, India e Corea del Nord stanno tutti aumentando i loro arsenali nucleari, anche se a ritmi diversi. Il recente accordo della Cina per aiutare il Pakistan a costruire piattaforme di missili sottomarini nucleari è una questione di interessi, ma probabilmente meno rilevante dello sviluppo, invece, dell’arsenale del Pakistan nel suo complesso, compresi i miglioramenti dei suoi sistemi di lancio missilistici.

Nel frattempo, il leader nord coreano Kim Jong-un aveva annunciato alla fine dello scorso anno, che il suo Paese aveva sviluppato una bomba all’idrogeno, seguito da un test del 5 gennaio 2016. Fino ad ora, gli esperti hanno valutato che probabilmente non era un’arma termonucleare a due stadi, ma non c’è dubbio che la Corea del Nord continuerà a sviluppare il suo arsenale nucleare, in assenza di vincoli.

Anche l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, acclamato come “pietra miliare” dal Segretariato delle Nazioni Unite, è stato riconosciuto valido a patto che tutti i Paesi rispettino i loro impegni “volontari”. In tal caso entro il 2025, il mondo avrà usato la metà del restante bilancio di anidride carbonica e sarà in linea con l’obiettivo dei 2 °C che si è dato. Di questo bilancio, i tre quarti delle emissioni di carbonio verranno esaurite entro il 2030. Questo calcolo presume però che ogni Paesi rispetti fino in fondo gli impegni presi. In realtà l’accordo di Parigi non prevede meccanismi efficaci che assicurino che ciascun paese lo rispetti veramente. Così il successo dell’accordo dipenderà in definitiva dalla buona fede e dalla buona volontà dei firmatari. È importante sottolineare che gli impegni presi da parte dei Paesi in via di sviluppo, in particolare dalla Cina, in proporzione, saranno superiori a quelli dei Paesi sviluppati. Questi impegni riconoscono che la soluzione del problema climatico richiede al mondo in via di sviluppo di limitare di fatto il suo sviluppo, anche se il clima è stato portato al suo rischio attuale proprio dalle alte emissioni che il mondo sviluppato ha provocato nel passato.

Un contributo posito è stato, invece, dato dall’enciclica papale “Laudato Si”, che in modo potente e convincente ha espresso l’imperativo morale di frenare l’impatto umano sul clima, favorendo l’impegno di un crescente numero di aziende, istituzioni educative, gruppi religiosi e investitori istituzionali che hanno dimostrato il loro sostegno attraverso il disinvestimento in società di combustibili fossili e promuovendo iniziative a favore di sistemi energetici più sostenibili.

 

Il vuoto nella leadership nucleare.

L’energia nucleare fornisce poco più del 10% della capacità elettrogena del mondo e in alcuni paesi, in particolare Cina e altri Paesi del Medio Oriente, sono stati annunciati programmi ambiziosi di espansione della loro capacità nucleare che scaturiscono dalla crescente esigenza di energia per affrontare proprio il cambiamento climatico. Ma la comunità internazionale non ha sviluppato piani coordinati per affrontare i costi che scaturirebbero, in termini di sicurezza e gestione delle scorie radioattive, da una espansione nucleare su così larga scala. I programmi degli Stati Uniti per la gestione dei rifiuti provenienti dai programmi di difesa, per lo smantellamento delle armi nucleari e per lo stoccaggio del combustibile nucleare commercialmente generato, spesso è dispersivo. I grandi progetti, tra cui un impianto di combustibile a Savannah River Site, destinato a fondere il surplus di plutonio weapon-grade con l’uranio, in modo che possa essere usato in centrali nucleari di imprese commerciali è sempre più in ritardo, e i costi continuano ad aumentare. La spesa del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti , per la gestione ambientale dei rifiuti nucleari, è di 5,8 miliardi di dollari all’anno, eredità dei programmi di armamenti statunitensi. A causa di questi problemi, negli Stati Uniti e in altri Paesi, l’attrattiva nucleare come alternativa ai combustibili fossili è quindi diminuita.

Anche le emergenti minacce tecnologiche richiedono maggior attenzione. Il rapido ritmo di sviluppo tecnologico obbliga, infatti, i leader mondiali a controllare di più i potenziali emergenti della scienza che potrebbero diventare anch’essi una grave minaccia per l’umanità.

E ‘chiaro che i progressi nella biotecnologia, nel campo dell’intelligenza artificiale, e in particolare per l’uso di armi robotiche, e nel regno di tutto il cyber hanno creato un potenziale di rischi su scala globale.

I membri del Bulletin of the Atomic Scientists sottolineano un forte ritardo nello sviluppo di tecnologie che permettano alla società civile un maggior controllo sulla Scienza e sulla Tecnologia: “La comunità internazionale deve rafforzare le istituzioni esistenti che regolano le tecnologie emergenti e creare nuovi forum per esplorarne i potenziali rischi, anche proponendo potenziali controlli su quelle aree di progresso scientifico e tecnologico che sono state per molto tempo prive di una supervisione sociale.

L’anno scorso, i membri del Bulletin of the Atomic Scientists hanno spostato il Doomsday Clock in avanti a tre minuti dalla mezzanotte, sottolineando che: “La probabilità di una catastrofe globale è molto alta e le azioni necessarie per ridurla devono essere prese al più presto.

Questa probabilità nel frattempo non si è ridotta. L’orologio fa tic tac e il pericolo globale incombe. Sarebbe saggio agire subito!

(Estratto parziale dell’ultimo “Bulletin of the Atomic Scientists”)

 

Cronologia della linea temporale del DoomsdayClock

2016: 3 minuti

3 minutes to midnight
2016: “Last year, the Science and Security Board moved the Doomsday Clock forward to three minutes to midnight, noting: ‘The probability of global catastrophe is very high, and the actions needed to reduce the risks of disaster must be taken very soon.’ That probability has not been reduced. The Clock ticks. Global danger looms. Wise leaders should act—immediately.” See the full statement from the Science and Security Board on the 2016 time of the Doomsday Clock.

2012: 5 minuti

5 minutes to midnight
2012: “The challenges to rid the world of nuclear weapons, harness nuclear power, and meet the nearly inexorable climate disruptions from global warming are complex and interconnected. In the face of such complex problems, it is difficult to see where the capacity lies to address these challenges.” Political processes seem wholly inadequate; the potential for nuclear weapons use in regional conflicts in the Middle East, Northeast Asia, and South Asia are alarming; safer nuclear reactor designs need to be developed and built, and more stringent oversight, training, and attention are needed to prevent future disasters; the pace of technological solutions to address climate change may not be adequate to meet the hardships that large-scale disruption of the climate portends.

2010: 6 minuti

6 minutes to midnight
2010: “We are poised to bend the arc of history toward a world free of nuclear weapons” is the Bulletin’s assessment. Talks between Washington and Moscow for a follow-on agreement to the Strategic Arms Reduction Treaty are nearly complete, and more negotiations for further reductions in the U.S. and Russian nuclear arsenal are already planned. The dangers posed by climate change are growing, but there are pockets of progress. Most notably, at Copenhagen, the developing and industrialized countries agree to take responsibility for carbon emissions and to limit global temperature rise to 2 degrees Celsius.

2007: 5 minuti

5 minutes to midnight
2007: The world stands at the brink of a second nuclear age. The United States and Russia remain ready to stage a nuclear attack within minutes, North Korea conducts a nuclear test, and many in the international community worry that Iran plans to acquire the Bomb. Climate change also presents a dire challenge to humanity. Damage to ecosystems is already taking place; flooding, destructive storms, increased drought, and polar ice melt are causing loss of life and property.

2002: 7 minuti

2002: Concerns regarding a nuclear terrorist attack underscore the enormous amount of unsecured–and sometimes unaccounted for–weapon-grade nuclear materials located throughout the world. Meanwhile, the United States expresses a desire to design new nuclear weapons, with an emphasis on those able to destroy hardened and deeply buried targets. It also rejects a series of arms control treaties and announces it will withdraw from the Anti-Ballistic Missile Treaty.

1998: 9 minuti

7 minutes to midnight
1998: India and Pakistan stage nuclear weapons tests only three weeks apart. “The tests are a symptom of the failure of the international community to fully commit itself to control the spread of nuclear weapons–and to work toward substantial reductions in the numbers of these weapons,” a dismayed Bulletin reports. Russia and the United States continue to serve as poor examples to the rest of the world. Together, they still maintain 7,000 warheads ready to fire at each other within 15 minutes.

 1995: 14 minuti

14 minutes to midnight
1995: Hopes for a large post-Cold War peace dividend and a renouncing of nuclear weapons fade. Particularly in the United States, hard-liners seem reluctant to soften their rhetoric or actions, as they claim that a resurgent Russia could provide as much of a threat as the Soviet Union. Such talk slows the rollback in global nuclear forces; more than 40,000 nuclear weapons remain worldwide. There is also concern that terrorists could exploit poorly secured nuclear facilities in the former Soviet Union.

1991: 17 minuti

17 minutes to midnight
1991: With the Cold War officially over, the United States and Russia begin making deep cuts to their nuclear arsenals. The Strategic Arms Reduction Treaty greatly reduces the number of strategic nuclear weapons deployed by the two former adversaries. Better still, a series of unilateral initiatives remove most of the intercontinental ballistic missiles and bombers in both countries from hair-trigger alert. “The illusion that tens of thousands of nuclear weapons are a guarantor of national security has been stripped away,” the Bulletin declares.

1990: 10 minuti

10 minutes to midnight

1990: As one Eastern European country after another (Poland, Czechoslovakia, Hungary, Romania) frees itself from Soviet control, Soviet General Secretary Mikhail Gorbachev refuses to intervene, halting the ideological battle for Europe and significantly diminishing the risk of all-out nuclear war. In late 1989, the Berlin Wall falls, symbolically ending the Cold War. “Forty-four years after Winston Churchill’s ‘Iron Curtain’ speech, the myth of monolithic communism has been shattered for all to see,” the Bulletin proclaims.

1988: 6 minuti

6 minutes to midnight
1988: The United States and Soviet Union sign the historic Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty, the first agreement to actually ban a whole category of nuclear weapons. The leadership shown by President Ronald Reagan and Soviet Premier Mikhail Gorbachev makes the treaty a reality, but public opposition to U.S. nuclear weapons in Western Europe inspires it. For years, such intermediate-range missiles had kept Western Europe in the crosshairs of the two superpowers.

1984: 3 minuti

3 minutes to midnight
1984: U.S.-Soviet relations reach their iciest point in decades. Dialogue between the two superpowers virtually stops. “Every channel of communications has been constricted or shut down; every form of contact has been attenuated or cut off. And arms control negotiations have been reduced to a species of propaganda,” a concerned Bulletin informs readers. The United States seems to flout the few arms control agreements in place by seeking an expansive, space-based anti-ballistic missile capability, raising worries that a new arms race will begin.

1981: 4 minuti

4 minutes to midnight
1981: The Soviet invasion of Afghanistan hardens the U.S. nuclear posture. Before he leaves office, President Jimmy Carter pulls the United States from the Olympic Games in Moscow and considers ways in which the United States could win a nuclear war. The rhetoric only intensifies with the election of Ronald Reagan as president. Reagan scraps any talk of arms control and proposes that the best way to end the Cold War is for the United States to win it.

1980: 7 minuti

7 minutes to midnight
1980: Thirty-five years after the start of the nuclear age and after some promising disarmament gains, the United States and the Soviet Union still view nuclear weapons as an integral component of their national security. This stalled progress discourages the Bulletin: “[The Soviet Union and United States have] been behaving like what may best be described as ‘nucleoholics’–drunks who continue to insist that the drink being consumed is positively ‘the last one,’ but who can always find a good excuse for ‘just one more round.'”

1974: 9 minuti

9 minutes to midnight
1974: South Asia gets the Bomb, as India tests its first nuclear device. And any gains in previous arms control agreements seem like a mirage. The United States and Soviet Union appear to be modernizing their nuclear forces, not reducing them. Thanks to the deployment of multiple independently targetable reentry vehicles (MIRV), both countries can now load their intercontinental ballistic missiles with more nuclear warheads than before.

1972: 12 minuti

12 minutes to midnight
1972: The United States and Soviet Union attempt to curb the race for nuclear superiority by signing the Strategic Arms Limitation Treaty (SALT) and the Anti-Ballistic Missile (ABM) Treaty. The two treaties force a nuclear parity of sorts. SALT limits the number of ballistic missile launchers either country can possess, and the ABM Treaty stops an arms race in defensive weaponry from developing.

1969: 10 minuti

10 minutes to midnight
1969: Nearly all of the world’s nations come together to sign the Nuclear Non-Proliferation Treaty. The deal is simple–the nuclear weapon states vow to help the treaty’s non-nuclear weapon signatories develop nuclear power if they promise to forego producing nuclear weapons. The nuclear weapon states also pledge to abolish their own arsenals when political conditions allow for it. Although Israel, India, and Pakistan refuse to sign the treaty, the Bulletin is cautiously optimistic: “The great powers have made the first step. They must proceed without delay to the next one–the dismantling, gradually, of their own oversized military establishments.”

1968: 7 minuti

7 minutes to midnight
1968: Regional wars rage. U.S. involvement in Vietnam intensifies, India and Pakistan battle in 1965, and Israel and its Arab neighbors renew hostilities in 1967. Worse yet, France and China develop nuclear weapons to assert themselves as global players. “There is little reason to feel sanguine about the future of our society on the world scale,” the Bulletin laments. “There is a mass revulsion against war, yes; but no sign of conscious intellectual leadership in a rebellion against the deadly heritage of international anarchy.”

1963: 12 minuti

12 minutes to midnight
1963: After a decade of almost non-stop nuclear tests, the United States and Soviet Union sign the Partial Test Ban Treaty, which ends all atmospheric nuclear testing. While it does not outlaw underground testing, the treaty represents progress in at least slowing the arms race. It also signals awareness among the Soviets and United States that they need to work together to prevent nuclear annihilation.

1960: 7 minuti

7 minutes to midnight
1960: Political actions belie the tough talk of “massive retaliation.” For the first time, the United States and Soviet Union appear eager to avoid direct confrontation in regional conflicts such as the 1956 Egyptian-Israeli dispute. Joint projects that build trust and constructive dialogue between third parties also quell diplomatic hostilities. Scientists initiate many of these measures, helping establish the International Geophysical Year, a series of coordinated, worldwide scientific observations, and the Pugwash Conferences, which allow Soviet and American scientists to interact.

1953: 2 minuti

2 minutes to midnight
1953: After much debate, the United States decides to pursue the hydrogen bomb, a weapon far more powerful than any atomic bomb. In October 1952, the United States tests its first thermonuclear device, obliterating a Pacific Ocean islet in the process; nine months later, the Soviets test an H-bomb of their own. “The hands of the Clock of Doom have moved again,” the Bulletin announces. “Only a few more swings of the pendulum, and, from Moscow to Chicago, atomic explosions will strike midnight for Western civilization.”

1949: 3 minuti

3 minutes to midnight
1949: The Soviet Union denies it, but in the fall, President Harry Truman tells the American public that the Soviets tested their first nuclear device, officially starting the arms race. “We do not advise Americans that doomsday is near and that they can expect atomic bombs to start falling on their heads a month or year from now,” the Bulletin explains. “But we think they have reason to be deeply alarmed and to be prepared for grave decisions.”

1947: 7 minuti

7 minutes to midnight
1947: As the Bulletin evolves from a newsletter into a magazine, the Clock appears on the cover for the first time. It symbolizes the urgency of the nuclear dangers that the magazine’s founders–and the broader scientific community–are trying to convey to the public and political leaders around the world.

http://thebulletin.org/timeline

 

di Adriana Paolini

 

Linkografia:

http://thebulletin.org/it-still-three-minutes-midnight9107

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