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Nuova vita operativa per la vecchia bomba B61

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Nuova vita operativa per la vecchia bomba B61

Pubblicato il 29 febbraio 2016 by redazione

Gli Stati Uniti hanno lanciato un programma da 1000 miliardi di Dollari per aggiornare l’arsenale nucleare, compreso quello tattico schierato in Europa.

 

Immagine di apertura

Caccia F35A Lightning II mostra agganciati nei vani di carico due prototipi della bomba termonucleare B61-12.

 

Il presidente statunitense Barak Obama ha recentemente smentito le voci secondo cui il programma di ammodernamento dell’arsenale nucleare americano attualmente in corso possa subire variazioni o ridimensionamenti, confermando che nei prossimi 30 anni verrà aggiornata la capacità delle armi a disposizione, in modo da renderle pienamente compatibili con gli scenari di impiego attuali e i mezzi di nuova generazione.

Le prime armi a essere oggetto del Life Exstension Program saranno le armi termonucleari tattiche B61 per impiego aereo, le ultime a caduta libera ancora in servizio in numero consistente: già schierate da molti anni in Europa e oggetto del controverso programma di nuclear sharing con le forze armate di alcuni Paesi della NATO, erano considerate come superate nell’era delle cosiddette armi intelligenti, un relitto degli anni del confronto con l’Unione Sovietica e i suoi alleati.

La fine della guerra fredda ha però provocato una frammentazione dei centri di potere e una ripresa delle tensioni politico – economiche tra Paesi e all’interno stesso di molti Stati.

Il nuovo disordine mondiale ha creato anche una ripresa della corsa all’atomo militare: governi ritenuti poco stabili o non affidabili (le vicende di Iran e Nord Corea sono protagoniste della cronaca internazionale) guardano all’arma atomica come un mezzo per accrescere il proprio peso internazionale.

Inoltre in molti Paesi del campo occidentale, che fino a oggi hanno rinunciato a sviluppare programmi atomici aderendo ai trattati internazionali di non proliferazione, si sta timidamente riaprendo il dibattito sulla necessità di dotarsi dell’arma totale.

Non è certo una prospettiva incoraggiante, come osserva la Federation of Atomic Scientists, l’organizzazione di scienziati che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale controlla e informa l’opinione pubblica sulla situazione delle armi nucleari, attraverso la pubblicazione del Bullettin of Atomic Scientist.

Lo scienziato danese Hans Kristensen, che appartiene alla federazionne di scienziati e dirige il Nuclear Research Project, ha sottolineato che il mondo si trova in una situazione di crisi molto pericolosa, la probabilità di una catastrofe nucleare ha raggiunto livelli simili ai momenti più bui della guerra fredda.

Il Doomsday Clock, l’orologio simbolico creato dalla Federazione, segna oggi solo tre minuti prima della mezzanotte, l’ora dello scatenarsi di un conflitto nucleare globale, che cancellerebbe forse ogni forma di vita superiore sul pianeta.

Quindi è stata solo un’illusione che la fine della guerra fredda potesse allontanare il rischio di un conflitto combattuto con le armi di distruzione di massa.

La decisione di rinnovare e adeguare il deterrente nucleare al mutato teatro geopolitico internazionale risponde proprio alla necessità di mantenere il suo potere dissuasivo, secondo la motivazione ufficiale esposta dal governo americano.

Una risoluzione certo amara per l’amministrazione del Presidente Obama, che nel 2009 ha ricevuto il premio Nobel per pace per i suoi sforzi sulla cooperazione internazionale e che aveva firmato nel 2010 con il Primo Ministro russo Dimitry Medvedev il trattato New START di limitazione delle armi nucleari.

Il Presidente russo Vladimir Putin non ha nascosto la sua irritazione per l’avvio questo programma, che aggrava la situazione di stallo già esistente nei rapporti fra i due Paesi, dopo l’espansione della NATO a Est e la missione di assistenza militare nelle Repubbliche Baltiche, (Estonia, Lettonia e Lituania), la cui indipendenza non è mai stata ben digerita da Mosca.

Il disappunto dei russi è stato sottolineato da una massiccia ripresa dei voli a ridosso dello spazio aereo dei Paesi occidentali, in particolare di Gran Bretagna e Norvegia, degli aerei da caccia, da ricognizione e dei bombardieri strategici dell’aviazione della Federazione russa, come non si vedeva dagli anni del confronto diretto con l’URSS.

D’altro canto, la decisa condanna USA dell’ingerenza russa nella crisi ucraina e dell’intervento nel calderone mediorientale a fianco della Siria ufficialmente contro l’ISIS, ma in realtà contro ogni opposizione al presidente Bashar al Assad, hanno aumentato la divergenza fra i governi di Washington e Mosca, riportando a un clima di guerra fredda tra le due superpotenze.

Putin ha fatto riferimenti inquietanti all’uso eventuale delle armi atomiche non solo per reagire a un attacco strategico portato con armi di distruzione di massa, ma per ogni situazione che veda le forze russe sottoposte a una grave minaccia.

Peraltro negli anni scorsi anche la Russia ha annunciato una decisa ripresa degli investimenti nel sistema militare, giustificata come reazione alla aggressiva politica estera occidentale.

In realtà, anche il sistema nucleare russo ha bisogno di essere rinnovato e razionalizzato, dopo anni di stallo negli investimenti.

Anche il governo cinese ha espresso preoccupazione per il programma americano, per quanto a sua volta, sia ancora difficile capire quale sia la reale consistenza dell’arsenale atomico attivo di Pechino.

Gli Stati Uniti continuano però a respingere le accuse di favorire un clima da nuova corsa agli armamenti nucleari, sostenendo che il programma in corso rispetta le linee dettate nei trattati internazionali di non proliferazione e di limitazione degli arsenali a cui ha aderito.

Lo schieramento della versione 12 della bomba B61, ritenuta una arma sostanzialmente nuova, viene considerata da Mosca una grave violazione degli equilibri nucleari nel settore europeo, a cui la Russia non potrà che rispondere, probabilmente con il rischieramento di missili da crociera e altre armi tattiche, per lo più sul Mar Baltico e nel quadrante nord – ovest del territorio russo.

 

La bomba non va in pensione

Immagine 1

Esploso di una bomba termonucleare tattica B61. Anche se si tratta di una foto relativa a una versione precedente, punto di forza della B 61 è la semplicità dell’arma, con numero di componenti base abbastanza standardizzato per tutte le versioni. Il cuore fissile è contenuto nel cilindro metallico, posto a sinistra tra i componenti esposti.

 

Nel corso dei prossimi 5 anni gli Stati Uniti schiereanno la nuova versione B 61–12 dell’ultimo tipo di ordigno termonucleare a caduta libera ancora ampiamente presente negli arsenali areonautici.

Queste armi sostituiranno le versioni B61-7, 10 e 11 attualmente operative e verranno sostanzialmente ottenute modificando armi già esistenti.

Il Pentagono conta di arrivare a ricostruire circa 500 ordigni, dei quali 180 saranno dispiegati direttamente in Europa nelle basi aeree NATO. L’arrivo del nuovo equipaggiamento non interesserà solo le unità di attacco dell’USAF, ma anche le areonautiche di quei Paesi dell’Alleanza Atlantica che da oltre 50 anni praticano il concetto di nuclear sharing, la politica di condivisione di armi nucleari tra gli alleati.

Tale politica, che ha ampliato la deterrenza tattica dello schieramento occidentale, si è rivelata valida verso la minaccia dall’Est durante il confronto della guerra fredda, permettendo ai reparti di punta della NATO di addestrarsi al nuclear strike, mentre le armi formalmente restavano di proprietà statuinitense, continuando a essere assistite dai reparti speciali di manutenzione americani e venendo sottoposte alle rigide regole di impiego stabilite in sede NATO.

L’aggiornamento di questo arsenale ha rilanciato la polemica vivace che divide coloro che sostengono il nuclear sharing e coloro che sottolineano come sia giuridicamente in contrasto con l’adesione dei Paesi NATO al Trattato di non proliferazione (TNP) del 1970, il quale impegna gli stati aderenti non solo a rinunciare a sviluppare propri programmi militari atomici, ma anche a non custodire, gestire e utilizzare armi appartenenti ad altri.

La bomba modello B61 a testata termonuclare all’idrogeno fa parte di una serie di armi concepite tra gli anni ’50 e ’60 per equipaggiare la nuova generazione di velivoli supersonici che stavano entrando in servizio in quegli anni. Venne progettata nel 1963 dai Los Alamos National Laboratory e fu introdotta in servizio nel 1968, frutto di una intensa ricerca nella miniaturizzazione dei dispositivi, in modo da poter essere installate in armi dalle dimensioni contenute, dotate di una aerodinamica esterna idonea al trasporto e allo sgancio a velocità oltre il muro del suono. La sua importanza è stata tale che è rimasta cllassificata come segreta per molti anni, indicata genericamente con i termini carico esterno o pallottola d’argento (le prime versioni avevano finitura in metallo naturale, senza alcuna verniciatura).

Oggi è l’ultima arma nucleare americana a essere permanentemente schierata al di fuori del territorio statunitense.

Nel corso degli anni numerose versioni sono state prodotte e la testata ha è stata sottoposta a continue modifiche per aumentarne la sicurezza e la semplicità di gestione.

Il corpo dell’ordigno è lungo circa 3 metri e mezzo, il diametro è di circa 33 centimetri nel punto di maggior larghezza, per un peso totale attorno ai circa 320 chili, a seconda della versione.

Cuore concettuale dell’arma è la su capacità variable yeld, ovvero la possibilità di decidere la potenza sviluppabile dalla testata agendo sulla quantità di materiale fissile coinvolto nella reazione fissione-fusione, sul tipo di generatore di neutroni e sul sistema elettronico di innesco, quindi un ordigno dotato di notevole flessibilità di impiego.

La potenza esplosiva della versione B61-11, attualmente la più diffusa in servizio, può variare da 0,3 fino a 80 kilotoni, cioè da 300 a 80mila tonnellate di tritolo, con quattro diverse opzioni di potenza, selezionabili direttamente al momento del montaggio dell’arma sul velivolo lanciatore.

L’arma è stata prodotta in nove versioni diverse, talvolta con paracadute – freno e sistemi di ritardo di innesco. Il campo proncipale di impiego è contro concentrazioni di truppe, depositi, centri di comando avanzati situati in fortificazioni o altro tipo di sito protetto.

La capacità bunker buster per colpire bersagli pesantemente protetti e ground piercing di penetrazione al suolo è quella principalmente sviluppata nella nuova versione B61-12 in quanto più adatta alle necessità di impiego moderne ed è questo che ha determinato la decisione di modernizzarne il sistema d’arma.

 

Immagine 2

Diagramma della nuova B61 – 12. con indicazione delle parti e degli apparati aggiornati.

 

La versione 11 è già dotata di una ogiva rinforzata, tale da agevolare una penetrazione di circa 6-8 metri in un terreno di media durezza, ma le B 61-12 sono state pensate per migliorare questa prestazione e per indirizzare maggiormente la forza d’urto dell’esplosione nucleare verso il sottosuolo.

La tecnologia costruttiva di bunker sotterranei negli anni ha raggiunto un livello molto elevato. Spesso tali edifici si sviluppano per più piani, totalmente interrati, costruiti nel cuore di montagne, per aggiungere ulteriore capacità di resistenza in caso di attacco con armi nucleari. Anche il Centro di Comando strategico statunitense, il famoso NORAD, è costruito sotto il massiccio della Cheyenne Mountain in Colorado.

L’uso di armi capaci di un basso margine di errore può limitare, secondo i calcoli dei tecnici, i danni collaterali a strutture eventualmente vicine e alle popolazioni, contenendo (sempre teoricamente) il fallout radioattivo nell’aria.

A conferma della migliorata precisione dell’arma, la potenza massima della versione B61-12 non supererà i 50 kilotoni.

Tali rassicurazioni non possono essere del tutto soddisfacenti, perchè dipendono moltissimo dalla caratteristche del suolo dove l’arma viene impiegata.

Inoltre, se il bunker da colpire non si trovasse in una zona isolata, ma sotto una città densamente popolata?

Quello che preoccupa non solo il governo russo, ma in generale gli esperti è che la bomba B 61-12 avrà la capacità di colpire entro il raggio di 30 metri dall’epicentro dell’obbiettivo, rispetto ai 100 metri della versione 11, come hanno evidenziato i test di sviluppo eseguiti nel poligono Tonopah Test Range in Nevada.

L’aumento della capacità di precisione dell’arma è alla base di buona parte delle critiche contro il programma: le modifiche infatti sono mirate a renderla, di fatto, una guided bomb, un’arma controllabile a distanza.

La Boeing, impresa a cui è stato affidato lo sviluppo della versione, ha dotato il corpo della bomba di superfici di coda mobili e di un nuovo sistema informatico, capace di scambiare informazioni non solo coi sistemi dell’aereo lanciatore, ma anche di ottenere dati in tempo reale sull’area del bersaglio da colpire da satelliti. Questo vuol dire che l’arma potrà essere sganciata tenendo l’aereo lontano dal bersaglio, anche oltre 100 chilometri, al sicuro dalla prossibile intercettazione avversaria. Una volta che avrà acquisito definitivamente il bersaglio, guidata dal computer e dai sistemi radar installati, si dirigerà autonomamente verso l’obbiettivo.

 

La nuova tentazione di usare la ‘bomba’

Di fatto la B61-12 è passata dalla categoria delle iron bombs o stupid bombs, del tutto prive di guida, per passare appieno a quella delle smart bomb, le armi intelligenti, con tutta una serie di potenziali conseguenze.

Queste armi rischiano di sfuggire alla precisa classificazione a cui sono sottoposte dai trattati di limitazione internazionali, quindi anche la certezza del conteggio delle testate a disposizione può essere messo in discussione, con il risultato di rendere meno trasparente la situazione, accrescere la diffidenza reciproca fra gli Stati e mettere in pericolo la credibilità dei trattati stessi.

L’amministrazione americana subito dopo la firma del trattato New START nel 2010 aveva ribadito, sia con dichiarazioni dirette del Presidente Obama, sia con quelle contenute nel Nuclear Posture Review Report, l’impegno degli Stati Uniti a non sviluppare nuovi tipi di testate nucleari oppure nuove capacità per le armi già prodotte, limitando nei programmi di estensione della vita operativa (Life Exstension Programs, LEP) l’uso di componenti basati su progetti già esistenti.

Tuttavia, anche quando la testata di guerra resti sostanzialmente la stessa delle prime versioni, se l’arma viene resa controllabile dopo lo sgancio, la capacità di penetrazione del bersaglio viene aumentata, allora senza alcun dubbio siamo in presenza di nuove capacità militari.

Quindi nel caso della B61-12 ci si troverà davanti all’introduzione di un’arma sostanzialmente diversa e nuova: questa è l’accusa, che sembra basata su solidi argomenti, mossa da molte parti al programma, con buona pace delle dichiarazioni della National Nuclear Security Administration.

Già nel 2011 la Federation of Atomic Scientists aveva inviato una lettera preoccupata alla Presidenza degli Stati Uniti e al Segretrario alla Difesa per sottolineare i rischi di destabilizzazione legati ai programmi di aggiornamento della B61 e delle altre armi nucleari.

Il governo americano però non ha mai risposto.

Alcune riflessioni fatte durante una conferenza stampa dal generale Norton Schwartz, capo di stato maggiore dell’areonautica statunitense, hanno aggiunto un ulteriore motivo di preoccupazione. Schwartz ha ammesso che avere a disposizione un’arma di relativamente basso impatto ambientale e elevata precisione può cambiare il modo in cui i politici e i comandanti militari considerino il ricorso all’arma atomica, rendendolo più appetibile che in passato.

Specie in teatri di guerra circoscritti, dove le situazioni sul campo possono divenire molto complesse, il ricorso ad una arma estremamente potente e dotata di precisione chiurgica potrebbe colpire al cuore la capacità organizzativa dell’avversario, evitando prolungati e rischiosi interventi sul campo.

D’altro canto, i programmi di update sono preziose occasioni di lavoro sia per i laboratori di ricerca e sviluppo (come il Sandia National Laboratory o il Los Alamos National Laboratory), sia per i grandi colossi dell’industria aerospaziale.

L’arma è stata infatti pensata per equipaggiare i cacciabombardieri di quinta generazione, in primis il Lockheed- Martin F 35A Lightning II, che sarà in dotazione a molti paesi della Nato e i cui test di sviluppo da parte dell’USAF proseguono a pieno ritmo.

Intanto, sarà già resa operativa, per quanto con minore efficienza, sui mezzi già in linea, quali i Panavia Tornado IDS per Germania e Italia, gli F 16 Fighting Falcon per Olanda, Belgio e Turchia. Oltre 700 milioni di dollari sono già stati stanziati dal D.oD. (Department of Defence, Dipartimento della Difesa USA) nel triennio dal 2014 al 2017 per sviluppare il software degli aerei, le strutture delle basi destinate a custodire le armi (Weapons Storage and Security System, WS3), per aggiornare la preparazione di piloti e personale di terra.

Per l’areonautica americana, l’arma sarà utilizzabile sia dagli F16C/D (nella base di Aviano, in Friuli, ad esempio, sugli aerei del 31st Fighter Wing), dagli F15E Strike Eagle, dai venerandi B52H Stratofortress, dai B1B Lancer e dai B2A Spirit, mentre la US Navy adeguerà i propri F/A 18 Super Hornet imbarcati sulle portaerei.

Secondo la Federation of Atomic Scientists, alcune foto satellitari mostrano che i lavori sono già iniziati, a partire dalla base della Luftwaffe di Buchel in Germania, dove andranno venti di questi nuovi ordigni.

Una quantità uguale verrà stoccata in ciascuna delle basi di Volkel in Olanda, Kleine Brogel in Belgio, Ghedi-Torre in Italia, mentre ad Adana-Incirlik in Turchia andranno 50 ordigni.

L’Italia resterà il Paese con più testate di tutta l’Alleanza Atlantica: se contiamo che alla base di Aviano andranno circa 50/70 bombe, sommate alle 20 destinate a Ghedi avremo un totale di 70/90 armi termonucleari.

di Davide Migliore

 

Linkografia:

Le lancette del Doomsday Clock vanno avanti

https://it.wikipedia.org/wiki/B61

https://it.wikipedia.org/wiki/Condivisione_nucleare

https://www.youtube.com/watch?v=FBm74WiCL1g

http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/01/20/news/ecco-la-nuova-bomba-h-che-arrivera-in-italia-1.247276?refresh_ce

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/armi-nucleari-segrete-italia-1215307.html

http://www.webalice.it/imc2004/files_arms/nuclear/B-61.htm

http://www.difesaonline.it/mondo-militare/difesa-nato-gli-usa-inviano-20-nuove-bombe-nucleari-germania-italia-dalle-30-alle-50

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/obama-e-i-mille-miliardi-dollari-nuovo-arsenale-nucleare-1214785.html

http://nukewatch.org/B61.html

http://www.globalresearch.ca/o-k-per-logiva-nucleare-b61-12-andra-ad-aviano/5466784?print=1

http://www.pddnet.com/news/2015/05/photos-day-mock-b61-12-nuclear-bomb-tested

http://espresso.repubblica.it/inchieste/2014/07/01/news/ecco-le-bombe-nucleari-di-brescia-1.171372
http://www.globalresearch.ca/in-italia-bombe-nucleari-a-potenza-variabile/5501986

http://www.wired.it/attualita/tech/2016/01/12/armi-nucleari-usa-miniatura/

http://nnsa.energy.gov/mediaroom/pressreleases/b61-b61-12-lep-life-extension-program-snl-lanl-sandia-national-laboratory

http://fas.org/blogs/security/2016/01/b61-12_earth-penetration/

https://www.whitehouse.gov/the-press-office/statement-president-barack-obama-release-nuclear-posture-review

http://www.defense.gov/Portals/1/features/defenseReviews/NPR/2010_Nuclear_Posture_Review_Report.pdf

https://luisspersenzatomica.wordpress.com/2015/03/23/intervista-hans-m-kristensen-presidente-nuclear-information-project-federazione-degli-scienziati-americani/comment-page-1/

http://thebulletin.org/press-release/doomsday-clock-hands-remain-unchanged-despite-iran-deal-and-paris-talks9122

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Islanda, il regno incontaminato della natura

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Islanda, il regno incontaminato della natura

Pubblicato il 13 dicembre 2012 by redazione

Reykjavik

Reykjavik

L’Islanda ha sempre affascinato milioni di persone grazie alla sua natura incontaminata e imponente; i suoi abitanti parlano una lingua quasi impronunciabile e la sua terra è incredibile, situata quasi al circolo polare artico tra la Gran Bretagna e la Groenlandia. Per molti anni è stato il nostro sogno irraggiungibile, perché la vita lassù è molto costosa, ma quest’anno finalmente siamo riusciti a visitarla.

Per raggiungere l’Islanda, a meno che non si vada via mare per qualche giorno, partendo dalla Gran Bretagna o dalla Danimarca, esiste solo la via aerea e per giunta con una sola compagnia la Iceland Air. L’Islanda è uno dei pochi paesi al mondo che tiene ancora alla propria cultura ed è perciò molto difficile trovare brand e catene internazionali. La guida turistica racconta infatti che l’unico Mc Donalds che aprì a Reykjavik un po’ di anni fa, dovette chiudere poco dopo poiché non aveva clienti.

Per viaggiare in Islanda è sconsigliato partire senza un tour organizzato, a meno che non si voglia usufruire di uno dei tanti camping presenti nelle zone turistiche. D’estate l’isola si riempe infatti di ragazzi con zaini in spalla che girano lowcost facendo l’autostop. I B&B e gli alberghi sono molto pochi e situati esclusivamente nelle zone più frequentate. Senza previa prenotazione è quindi molto facile rimanere a piedi. Decidiamo allora di affidarci alla compagnia Island Tours, che ci organizza, con un itinerario concentrato in una sola settimana, il giro di tutta l’isola e le visite ai posti più affascinanti. Scopriremo presto che quasi tutti quelli che vanno in Islanda si organizzano proprio così. Capita spesso di essere completamente da soli per lunghi tratti di auto, ma una volta arrivati a destinazione di trovare orde di turisti e di rincontrare le stesse persone anche nei giorni successivi. Giusto per fare un esempio, ci siamo incrociati per ben quattro volte con una coppia di turisti spagnoli, tanto che alla fine abbiamo deciso di fare una foto ricordo insieme!.

Il tour dell’isola si può fare in entrambe le direzioni, noi abbiamo deciso di iniziare dirigendoci verso est.

Partiamo da Malpensa, e il volo è pieno poiché Iceland Air vola solo due giorni a settimana. In quattro ore arriviamo all’aeroporto di Keflavick, dove scopriamo di essere ancora in tempo per visitare una delle attrazioni turistiche più famose d’Islanda: la laguna blu!

A bordo della nostra 4×4 ci dirigiamo, attraverso un paesaggio lavico quasi lunare, verso quella che è una piscina calda naturale all’aperto. Avete mai visto nei documentari i nordici uscire dall’acqua calda e tuffarsi nella neve? Si trovavano in uno di questi posti! La piscina non è altro che roccia, erosa naturalmente, nella quale confluisce una sorgente naturale calda. Cogliamo quindi l’occasione per farci un bagno e spalmarci di terre sulfuree ricche di sali minerali, benefici per la pelle. La cosa incredibile è trovarsi all’aperto, immersi nell’acqua, quando fino a pochi secondi prima avevi addosso cappotto e cappello!

Una volta terminato il bagno risaliamo in macchina e ci dirigiamo verso Reykjavik, dove lasciamo i bagagli in albergo per poi raggiungere il centro della città. E’ sabato, è il giorno del Runtur! Durante i fine settimana gli islandesi fanno il cosiddetto giro dei bar, fino a ubriacarsi e tornare a casa alle prime ore del mattino, guidando e suonando il clacson a tutto spiano. Infatti sono solo le otto e vediamo già dei ragazzi con i boccali di birra in mano.. io incontro anche un affascinante islandese che mi regala un sasso per darmi il benvenuto nella sua terra.

Visitiamo la chiesa modernista di Hallgrimskirkja e facciamo una passeggiata sulla costa, ammirando in lontananza il vulcano che pochi anni prima (2010) aveva fatto tremare il traffico aereo . Torniamo in albergo, quasi a mezzanotte, senza che il sole ci abbia mai abbandonato, e andiamo a dormire, pronti per partire la mattina successiva alla volta del Circolo d’oro.

Circolo d'oro- pingvellir

Circolo d’oro: Pingvellir

Ci inoltriamo nel Parco Nazionale di Pingvellir, patrimonio Unesco, situato all’interno, tra la zolla nordamericana e quella europea, e lo spettacolo è davvero impressionante! Sotto a noi una grande pianura trova posto tra queste due zolle, che si allontanano di anno in anno. Scopriamo anche che in questo territorio nacque l’Alping, ovvero il primo parlamento democratico del mondo.

Dopo aver ripreso la strada ci dirigiamo verso Geysir, un geyser inattivo dagli anni ’50, che una volta era quello con la portata d’acqua maggiore, ma fortunatamente per i turisti, a pochi metri di distanza c’è un geyser che erutta ogni sei minuti. Muniti di macchine fotografiche ci apprestiamo a realizzare una raffica di scatti, totalmente esterrefatti da ogni nuovo getto. Dopo un’overdose di geyser (mai abbastanza, a mio parere) raggiungiamo la cascata di Gullfoss, detta la cascata d’oro, la più famosa d’Islanda.

geysir

Geysir

Tornati verso la costa ammiriamo un’altra cascata, Selfoss, dalla quale proseguiamo alla volta di due piccoli paesini di pescatori. Una volta risaliti in auto ci dirigiamo verso la fattoria dove trascorreremo la notte, fermandoci poco prima a vedere le due bellissime cascate di Seljalandsfoss e di Gljufurarfoss, vicino a un camping immerso nel verde della natura.

Skaftafellsjokull

Skaftafellsjokull

La mattina dopo partiamo per la cascata di Skogafoss, e successivamente rotta verso la spiaggia nera vulcanica di Reynir, dove avvistiamo uno stormo di Pulcinelle di Mare, con i nidi e i loro pulcini sistemati sulle scogliere di colonne di basalto, che ricordano tanto gli organi delle chiese. Risaliti in macchina ci avviciniamo al più grande ghiacciaio d’Islanda, il Vatnajokull, del quale riusciamo a scorgere più di una lingua, tra cui Skaftafellsjokull e Breioamerkurjokull, e infine raggiungiamo la laguna di Jokursalon, dove acquistiamo il biglietto per un giro su un mezzo anfibio, in mezzo ad una laguna piena di Iceberg, ammirando il ghiacciaio da vicino.

Una volta terminato il tour ripartiamo alla volta di Hofn, dove pernottiamo. E dove assaggiamo il piatto tipico islandese: carne di squalo! Interessati dal metodo di preparazione. Dato che la carne è tossica, per renderla commestibile, la si fa macerare sotto terra per alcuni mesi. Il risultato finale è positivo, ma il sapore è assolutamente disgustoso!

Il giorno successivo partenza verso Stodvarfjordur, dove l’attrazione principale è la collezione di minerali e pietre della signora Petra, un’anziana donna, ora in casa di riposo, che nel corso della sua vita ha raccolto le più disparate rocce e minerali, che ha disseminato per la casa e in giardino; diamo un occhio da fuori ed effettivamente non c’è più uno spazio vuoto!

Costeggiando il fiordo Reyoarfjourdur arriviamo a Egilsstadir, dove prima di pernottare, ripartiamo valicando la montagna tra scenari meravigliosi e visitando il pittoresco paese di Seydisfjordur, dove è in corso un festival di artisti. Sfortunatamente arriviamo che tutto è già chiuso, così entriamo in un bar, dove ci sentiamo partecipi della vita quotidiana della gente del paese: è qui che arrivano i traghetti dalla Danimarca.

dettifoss

Dettifoss

Asbyrgi

Asbyrgi

Da Egilsstadir ripartiamo l’indomani alla volta del Parco Nazionale di Vatnajokull, visitando la splendida cascata di Dettifoss, e guidando per strade sterrate fino al canyon di Asbyrgi, molto particolare perché a forma di ferro di cavallo. La leggenda vuole che questo canyon sia stato creato dal cavallo di Odino, che passando vi lasciò la sua impronta. Dopodiché visitiamo Gilfoss e infine arriviamo a Husavik, dove decidiamo di partire a bordo di un peschereccio per avvistare le balene! Ci dicono che è molto facile vederle, poiché la zona è ricca di plancton, e infatti riusciamo a scorgere più di un esemplare, e anche altri animali tra cui i delfini. Un’esperienza unica, accompagnata da cioccolata calda e dolcetti alla cannella. L’associazione di Husavik, assieme ad altre, è nata per combattere la caccia alle balene, purtroppo ancora popolare in Islanda perché alle radici della loro cultura. Ma visto il numero sempre più alto di persone che viene a fare Whale Watching si spera che un giorno l’attività cessi del tutto. Una volta terminata l’escursione ci dirigiamo verso il lago Myvatn.

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Hverir

La zona del lago Myvatn è l’Islanda da cartolina: fumo che esce dalla terra, pozze di fango ribollente, vulcani semi attivi. Il giorno dopo ci dirigiamo all’esplorazione dei dintorni, prima visitando il lago, ma fuggendo subito dopo per via dell’alto numero di moscerini presenti, perché il lago è ricco di sostanze nutritive. Successivamente arriviamo a Grjotagja, fenditure fumanti nella roccia da cui si intravede l’acqua calda che ne riempie le cavità. Troviamo infatti un giovane che si appresta a fare un bagno al loro interno! Vediamo poi da lontano il cratere di Hverfell e visitiamo il campo lavico di Dimmuborgir, che scopriamo essere la dimora dei tredici folletti di Natale, i cui nomi si basano sulle loro passioni. Ricordo di essere rimasta affascinata da Leccacucchiaio e Sbattiporta (http://it.wikipedia.org/wiki/J%C3%B3lasveinar). Raggiungiamo poi un vero e proprio campo di fango ribollente e fumarole, ovvero Hverir, e poco dopo saliamo sulla cima fumante del vulcano Krafla: bisogna stare attenti a non uscire dal sentiero per non bruciarsi!

jólasveinar

Jólasveinar

Ammiriamo anche il cratere di Stora – Viti, nel quale si trova un lago dal colore turchese, che però non cogliamo per via della pioggia. La sera pernottiamo ad Akureyri, l’unica zona in tutta Islanda ad avere alberi, poiché piantati dai coloni scandinavi e sopravvissuti grazie alla zona riparata dal forte vento. Visitiamo anche un bellissimo giardino botanico e facciamo shopping per il paese, dove acquisto un libro di fiabe e leggende islandesi. Notiamo anche delle auto completamente a pezzi, probabilmente guidate da qualche turista che ignaro dei rischi, si è addentrato nell’entroterra, sconsigliato a persone non esperte. Qui la natura è ancora allo stato brado, e quindi il rischio di rimanere impantanati in un fiume o di cadere giù con una frana è molto elevato.

Il giorno dopo visitiamo di prima mattina il museo della fattoria di torba di Glaubaer, dove entriamo all’interno di un’abitazione di fine ‘800 e ci rendiamo conto di come vivevano le famiglie in Islanda. Proseguendo lungo la costa ci inoltriamo nell’entroterra. Dopo aver visto la sorgente calda più potente d’europa, ovvero la Deildartunguhver, arriviamo nei pressi di Husafell, il luogo di villeggiatura prediletto dagli islandesi dove, inerpicandosi per strade sterrate,quasi allo stremo della nostra auto, arriviamo alla base del ghiacciaio Langjokull dove ci attende l’avventura più entusiasmante: sleddog sul ghiacciaio!

Sleddog

Sleddog

Non eravamo sicuri di riuscire a trovare luoghi che facessero gite in slitta coi cani perchè sembrava fosse esclusivamente una cosa invernale, ma fortunatamente abbiamo notato un volantino in un rifugio, scoprendo che era fattibile. E’ stata un’esperienza entusiasmante, i cani erano dolcissimi ed è stato incredibile vedere come tiravano la slitta coordinati e senza alcuna fatica, anzi, al ritorno volevano ritornare indietro!

Concludendo in maniera così pittoresca la nostra vacanza siamo ritornati a Reykjavik, dove il nostro anello si è chiuso, pieno di ricordi ed emozioni da conservare per sempre. Anche la sera del nostro arrivo era giorno di Runtur, ma trovandoci all’ultimo piano dell’albergo non abbiamo sentito il minimo schiamazzo, e la mattina successiva siamo ripartiti per l’aeroporto, dove abbiamo dovuto salutare mestamente questa stupenda e incredibile terra, in cui l’uomo non è riuscito, e forse non riuscirà mai, a prendere il sopravvento.

di Francesca Pich

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