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Land Grabbing: lo sviluppo “tossico” del mondo

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Land Grabbing: lo sviluppo “tossico” del mondo

Pubblicato il 31 gennaio 2013 by redazione

congoNell’ultimo decennio è emerso con decisione un fenomeno conosciuto col nome di ‘landgrabbing’. Con tale termine s’intende l’acquisto (o l’acquisizione in concessione per molti anni) di vaste aree e appezzamenti di terreno, principalmente africane e sudamericane, da parte di pochi paesi ‘sviluppati’ o poche grandi aziende, corporations o soggetti economici multinazionali.

Il termine ‘grabbing’, che letteralmente significa ‘accaparramento’, ha assunto un’accezione negativa. Infatti, se da una parte i governi degli Stati venditori affermano che la vendita di parte della propria terra è un’eccellente possibilità di sviluppo per tutti, molte sono le preoccupazioni – sollevate soprattutto dalle ONG che lavorano nelle zone toccate dal fenomeno – relative all’uso dei terreni in questione.

original_BMZgraphLand-GrabPressioni commerciali per l’acquisto della Terra

La ricerca di terreni fertili attraverso i quali i paesi occidentali e i paesi in via di sviluppo – come ad esempio, i paesi denominati BRICS e/o BASIC: Brasile, India, Cina, Russia, Sud Africa) – possano garantire una risorsa agricola per soddisfare l’alimentazione della propria popolazione ha portato alle sopra citate pressioni commerciali sull’acquisto della terra.

D’altra parte, nel 2050, secondo i dati delle Nazioni Unite, gli abitanti del pianeta Terra saranno 9 miliardi e il rischio (e la preoccupazione degli esperti) è quello di un numero sempre maggiore di persone con scarsa possibilità di accedere alle risorse alimentari.

Oltre a ciò, la volontà dei paesi acquirenti di trarre guadagno e profitto dall’accesso a terre non disponibili nel paese di provenienza e/o accessibili solo a costi estremamente più alti, ha portato all’introduzione di monocolture, all’uso del terreno per ottenere qualsiasi materia prima in quantità utili a produrre carburanti biologici e allo sfruttamento delle zone caratterizzate da una discreta presenza di acqua, elemento definito da molti ‘oro blu’, tanto preziosa, ma, altresì, non infinita.

08.09 s01 Bodenschätze Afrika Rieger 2Gli effetti dell’arrivo degli investitori stranieri in terre come quelle africane e sudamericane sono stati diversi e particolari, di caso in caso. Di certo, però, conseguenze comuni del landgrabbing sono: l’impoverimento dei terreni a causa delle monocolture, che li privano della biodiversità necessaria per restare fertili e, alla lunga, li rendono aridi; l’allontanamento dei contadini dalla loro unica risorsa di sussistenza, cioè da terreni considerati di proprietà per consuetudine e non per diritto legale, che, invece, li attribuisce agli Stati. E ancora, il landgrabbing può contribuire all’iniqua distribuzione delle risorse alimentari prodotte dalla coltivazione dei terreni acquisiti, all’inquinamento e al danno ambientale che ha visto, per esempio, un disboscamento continuo e inesorabile della foresta amazzonica a favore dei pascoli per gli animali destinati alla produzione di carne, o finalizzato alla produzione di soia e di altre risorse per i biofuel.

Certo è che, nell’ottica delle istituzioni locali che sovente hanno la proprietà di diritto sui terreni, l’arrivo di investitori stranieri può portare a diversi aspetti positivi: dall’ingresso di capitale straniero nelle casse di economie spesso in difficoltà, all’aiuto che i paesi più ‘sviluppati’ possono apportare, in termini di esperienza, tecnologia e fondi, a sistemi considerati ‘arretrati’.

viso alberoUna concezione ambigua di progresso

Tuttavia, quello che sembra emergere è uno scenario ambiguo che può derivare da una discutibile concezione di progresso. Appare necessario non giustificare azioni dannose sia per le popolazioni locali, che per l’ambiente, sotto il ‘termine ombrello’ di sviluppo, concetto legato alla parzialità dell’Occidente, come ci ricordano le riflessioni dell’antropologo Latouche. Quest’ultimo, infatti, ha più volte sottolineato come l’idea di sviluppo, impensabile per altre popolazioni e spesso non traducibile nella lingua di queste ultime, possa diventare un termine ‘tossico’, soprattutto se in nome di questa idea si portano avanti azioni contrarie alla cura dell’ambiente e al benessere degli abitanti delle zone interessate.

D’altro canto, appaiono necessarie precise politiche mirate ad evitare che le preoccupazioni e le denunce delle ONG presenti in loco abbiano ulteriori conferme e conseguenze a livello socio-politico ed ambientale.

Occorre, probabilmente, un’ulteriore riflessione circa i diritti di autodeterminazione di quei popoli che vivono una terra appartenente a Stati troppo spesso frettolosi nel concedere ad altri il diritto di usarla.

Inaridire i terreni, sfruttarne malamente le risorse, incrementare i tassi di povertà e fame nel mondo, per combattere il problema relativo alla ‘scarsità alimentare’ di alcuni, rischia di portareal circolo vizioso di uno sviluppo non sostenibile per tutti.

di Tomaso Cimino

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Shanghai: una tra le megalopoli più popolate e inquinate al mondo

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Shanghai: una tra le megalopoli più popolate e inquinate al mondo

Pubblicato il 23 gennaio 2013 by redazione

vecchia Shanghai

Shangai, città vecchia.

La città più popolosa al mondo, secondo un censimento che risale al 2009, è proprio Shanghai, in Cina, con ben 20.030.048 abitanti. Per riuscire meglio ad immaginarsi di che numeri stiamo parlando è sufficiente considerare che la densità della popolazione per kilometro quadrato è pari a 3.632 persone. Sono numeri che hanno dell’incredibile, sicuramente, ma sorge quindi spontanea una domanda: una città che è riuscita negli ultimi anni ad ottenere una crescita economica, finanziaria, commerciale e demografica così notevole e che è stata in grado di diventare uno dei più importanti porti commerciali al mondo, come sta vivendo il problema inquinamento?

Secondo alcuni studi recentemente effettuati, Shanghai, oltre ad essere la città più popolata al mondo, è anche la città più inquinata della Cina. Probabilmente l’inquinamento in questo paese non costituisce più una fonte di meraviglia per nessuno, è fin troppo risaputo di come qui l’aria sia sempre più irrespirabile. Comunque c’è chi si muove per far fronte a questo problema come c’è purtroppo invece chi lo asseconda per favorire i propri interessi o, peggio ancora, per totale disinteresse. A Pechino sono state adottate molte misure, con alcuni nuovi progetti davvero imponenti, al fine di migliorare l’ambiente e salvaguardare noi stessi e la Terra, anche se tutt’ora la situazione resta critica. Ma che misure sta adottando Shanghai? E qual è la situazione attuale?

28 Luglio a Qidong

28 Luglio a Qidong.

Una dimostrazione anti-inquinamento

28 Luglio a Qidong, non molto lontano da Shanghai, gli attivisti hanno incentivato la popolazione di Shanghai a protestare. La polizia arresta le persone e le mette sotto sorveglianza.

La polizia di Shanghai si prepara a far fronte alle proteste in massa contro l’attuale inquinamento delle acque dopo la divulgazione su internet di un invito a partecipare alla dimostrazione del 19 agosto 2012. In base a quanto affermato in diverse interviste e resoconti online, gli attivisti sono stati arrestati, le discussioni online sono state poste sotto controllo e i presunti organizzatori della protesta sono stati messi sotto stretta sorveglianza.

L’argomento principale della manifestazione verteva sull’inquinamento del bacino Qingcaosha, vicino a Shanghai, che, come è stato sostenuto dagli attivisti, danneggiava gravemente anche la grande città e i suoi abitanti.

Il messaggio affermava “I cittadini si stanno preparando a una marcia di massa per dimostrare contro l’inquinamento” e che “Per evitare un potenziale scontro, chiediamo ai cittadini di mantenere la manifestazione pacifica, razionale, e non violenta al fine di raggiungere il nostro obiettivo”.

A fine Luglio i manifestanti di Qidong hanno sfondato un blocco di polizia e hanno fatto irruzione in un edificio governativo prendendo il sindaco e strappandogli la camicia di dosso. In quel caso la protesta era contro la prevista costruzione di un oleodotto per una fabbrica di carta giapponese che avrebbe aumentato ulteriormente il tasso di inquinamento.

fiume Yangtze

Fiume Yangtze.

Successivamente sono emersi dati secondo cui anche senza la realizzazione di questo progetto, il deflusso dei rifiuti sarebbe confluito nel fiume Yangtze e avrebbe contaminato ugualmente la fornitura d’acqua di Qingcaosha.

La polizia sospetta che gli organizzatori siano due noti attivisti pro-democrazia residenti a Shanghai: WangJianhua, già arrestato e incarcerato due anni, per aver preso parte alla protesta di Piazza Tiananmen del 1989, e Yang Qinheng, altro noto attivista. Come affermato da Wang i loro computer sono stati subito sequestrati e loro stessi sono stati interrogati, ma entrambi non hanno fornito informazioni rilevanti sul loro ruolo in questa protesta.

Wang ha osservato comunque che probabilmente la preoccupazione della polizia è quella che la protesta a fini ambientali possa dilagare ed essere sfruttata anche per altri scopi politici.

Uno specchietto introduttivo, che rende bene l’idea di quando sia precaria la situazione sul fronte inquinamento. Ma questo non è che l’inizio. I problemi causati dall’inquinamento, e in particolari quelli di cui soffre Shanghai, non si limitano a semplici proteste. I danni che può causare sono ben più gravi.

Shangai bici2012: Cina, inquinamento da record e migliaia di morti

Migliaia di morti, danni ambientali ed economici. La causa è il dissesto ecologico cinese. A Pechino si stanno già muovendo verso una maggiore trasparenza e verso un futuro più green.

Uno studio pubblicato dalla Scuola di Sanità Pubblica dell’Università di Pechino e da Greenpeace riferisce che a Pechino, a Shanghai, a Guangzhou e a Xìan le morti premature del 2012 a causa dei livelli insostenibili di particolato nell’aria sarebbero 8.572. Inoltre le perdite economiche consistono in circa 6,8 miliardi yuan (oltre 700 milioni di euro). Sempre nello stesso studio si comunica che se i livelli di concentrazione del particolato scendessero ai livelli di guardia indicati dall’Organizzazione Mondiale della sanità le morti si ridurrebbero dell’80%.

Gli autori hanno inoltre comunicato che la percentuale maggiore di decessi è stata registrata proprio a Shanghai, dove la concentrazione di particelle dannose non è la più alta tra le città menzionate, ma il numero di morti maggiore è dovuto alla quantità di popolazione concentrata in questa città.

Un ultimo aspetto interessante di questo studio è quello secondo cui gli abitanti del nord e del sud del paese sono diversamente sensibili all’inquinamento e che il particolato in luoghi diversi è costituito da componenti diverse e quindi con differenti effetti.

Lo smog visto dall’alto

«Mi trovo a Shanghai, e in effetti in questa città non si vede mai il sole. Né d’estate né d’inverno: c’è una cappa costante. Leggendo i giornali cittadini, mi rincuora sapere però che stanno iniziando delle politiche che limiteranno l’inquinamento. Hanno parecchia strada da fare, ma hanno capacità, risorse e volontà per farlo». Ecco il commento fornito al Corriere della Sera da un italiano in viaggio in Cina.

Le inchieste e gli articoli riguardanti l’inquinamento in Cina ormai si sprecano e c’è addirittura chi insinua che si potrebbe trattare di una campagna per minare l’immagine di Pechino nel mondo. Quale che sia il motivo che spinge a trattare di questo argomento resta un dato di fatto, anche dalle immagini satellitari disponibili in rete e messe a disposizione dalla Nasa è evidente che la visuale delle terre sottostanti è fortemente distorta se non impossibile da identificare. Sono foto che ci mostrano chiaramente come la situazione sia giunta davvero al limite –si parla di molti voli cancellati o ritardati presso l’aeroporto di Pechino a causa della densità dello smog che ha ridotto drasticamente la visibilità- e che ci dovrebbe spingere tutti a fare qualcosa per aiutare a ripristinare l’equilibrio naturale.

Shanghai_SkyscapeDopo Expo, torna l’incubo?

A quanto pare è proprio quello che è successo. Nel corso dell’Expo conclusosi nell’Ottobre 2010, esposizioni da record a Shanghai, con un afflusso di 70 milioni di persone, lo smog era stato tenuto lontano dalla città così che i visitatori potessero ammirare il meraviglioso connubio tra grande sviluppo e ambiente. Niente di più falso! Dopo neanche un mese dalla fine della fiera la città ha ripreso tutti i suoi ritmi abituali ricadendo nuovamente nella nube di smog che l’ha sempre circondata. I dati forniti dal quotidiano statale China Daily riferiscono che già a Novembre l’inquinamento era più che triplicato rispetto ai valori calcolati nel corso della fiera e che proprio a Novembre il tasso di gas nocivi è stato così alto da superare tutti i picchi dei cinque anni precedenti.

Secondo il rapporto del centro di monitoraggio per l’ambiente di Shanghai, nel 2010, la densità giornaliera di PM2,5 oscillava tra i 0.007 mg e i 0,245mg, quando invece il limite massimo prestabilito era di 0,075mg. Questo nonostante l’amministrazione della municipalità di Shanghai dichiarava in occasione dell’Expo che la qualità dell’aria nella capitale economica cinese era una delle migliori al mondo.

«Dopo l’Expo, i livelli di inquinamento sono aumentati in maniera fenomenale. La cosa potrebbe davvero essere una forte limitazione ai progetti di Shanghai di divinire un hub finanziario globale e attrarre affari», afferma un consulente.

Ma l’agenzia di protezione dell’ambiente di Shanghai anziché agire con misure decise incolpa il freddo del nord e i mesi di novembre e dicembre che sono sempre quelli con maggiori problemi di inquinamento.

Nel frattempo, a Shanghai sembra non essere cambiato niente. Come se i benefici dell’Expo fossero stati soltanto un sogno, i cittadini sono costretti nuovamente a subire i danni e i rischi dell’eccessivo inquinamento.

Shanghai: Nuovo sistema di misurazione dell’inquinamento dell’aria come da norme internazionali

16 Novembre- Shanghai e altre 24 città nella Cina orientale hanno adottato un nuovo sistema di misurazione dell’inquinamento dell’aria  conforme alle nuove norme internazionali.

Finora infatti, in Cina,veniva utilizzato lo standard del PM10, ovvero il particolato formato da particelle di diametro inferiore a 10 micron. In seguito alle diverse polemiche sorte sul vecchio sistema di misurazione in cui i dati forniti spesso non concordavano con le stesse misurazioni effettuate dagli americani, è stato definitivamente scelto di adottare il sistema standard. Ora infatti “I nuovi criteri di valutazione prendono in considerazione anche i PM 2,5, il monossido di carbonio e l’ozono” spiega l’ingegnere capo del Centro di monitoraggio ambientale di Shanghai. Il nuovo standard PM2,5 verrà introdotto ufficialmente in tutte le 24 città entro il prossimo quinquennio. Speriamo che questa decisione sia un primo spiraglio di apertura verso le esigenze del popolo e del pianeta, così che nel prossimo futuro, o addirittura fin da ora, si possano avviare dei nuovi progetti, che siano decisivi e volti a risolvere il problema dell’alto tasso di inquinamento presente nell’aria.

Popolazione e inquinamento: due parenti molto stretti

Fortunatamente secondo alcuni esperti del centro di Shanghai la situazione, nel prossimo futuro, dovrebbe tendere a migliorare. Grazie anche ad una serie di misure che vanno dal monitoraggio continuo dell’ambiente, al controllo delle emissioni inquinanti provenienti dalle autovetture e dalle fabbriche, e in particolar modo con l’utilizzo sempre crescente delle energie pulite si può dire che c’è ancora speranza. Shanghai è la città più popolosa al mondo e sicuramente è anche tra le più inquinate. Nonostante ciò c’è ancora spazio per rimediare. All’amministrazione locale non resta che mettere in pratica nuovi progetti per contrastare l’inquinamento, proprio come si sta impegnando a fare la vicina Pechino.

Pensieri e riflessioni della vita quotidiana legate al mondo asiatico 

Gandhi e l’acqua che scorre

“Mantieni i tuoi pensieri positivi
Perché i tuoi pensieri diventano parole
Mantieni le tue parole positive
Perché le tue parole diventano i tuoi comportamenti
Mantieni i tuoi comportamenti positivi
Perché i tuoi comportamenti diventano le tue abitudini
Mantieni le tue abitudini positive
Perché le tue abitudini diventano i tuoi valori
Mantieni i tuoi valori positivi
Perché i tuoi valori diventano il tuo destino”.

— Mahatma Gandhi (Mohandas Karmchand Gandhi)

A volte guardando l’acqua che scorre viene voglia di perdersi in essa. Questo scorrere inesorabile ed inarrestabile fonte di ogni vita e di ogni perdizione risulta forse l’immagine più adeguata a rappresentare la nostra vita. Molti poeti, musicisti e scrittori l’hanno usata come metafora o come fonte di ispirazione. Ma cosa succede quando sempre lei, la nostra dea quotidiana, diventa anche sinonimo di torbidità? Perdersi in essa vuol forse dire perdere coscienza di sé e del mondo in cui viviamo? Forse. Dipende sicuramente dalla corrente che scegliamo di seguire.

Oggi giorno vediamo la vita scorrerci davanti e spesso non facciamo altro che rincorrerla. La seguiamo fedeli come un cane segue il padrone e non ci soffermiamo mai a chiederci dove ci stia portando e, soprattutto, se sia la direzione che vogliamo effettivamente intraprendere.

Se vi capita, parlate con amici e parenti, chiedetegli dei loro sogni, di quanti ne abbiamo effettivamente realizzati e invece, se hanno il coraggio di ammetterlo, quanti siano i loro rimpianti.

Le risposte potrebbero essere di tre tipi: la prima, e più probabile, è quella in cui vi diranno che hanno ancora molti sogni, ma che la nostra società li rende di difficile realizzazione; una seconda risposta potrebbe essere che si ci sono dei rimpianti, ma che non vale la pena soffermarcisi perché la vita è ancora lunga e piena di possibilità, si spera; l’ultima risposta, e anche la più difficile da ricevere (o dovrei dire da ammettere?), è quella in cui vi diranno che i loro sogni sono svaniti, che credono solo nel passato, nel presente o nel futuro semplicemente per quello che sono (in genere queste persone vivono alla giornata, non nel senso comune del termine, ma semplicemente trincerano la loro mente soltanto nell’oggi e salvo analisi superficiali non penseranno mai al futuro, quanto piuttosto al passato). Ma chi delle persone interrogate vi risponderà: “Ho sicuramente dei rimpianti nella mia vita, a molti di questi non sono riuscito a porre ancora rimedio, ma mi sto ancora impegnando per riuscirci.

Credo nel futuro e nelle sue possibilità. Ma credo ancora di più nella nostra vita e nelle nostre possibilità. Penso che il futuro ce lo si debba costruire da soli e io mi sono mossa, mi sto muovendo e continuerò a muovermi affinché il mio futuro e quello di tutti quelli che incrociano la loro strada con la mia sia il migliore possibile. Inoltre si, io ho realizzato almeno parte dei miei sogni”. Stiamo parlando di ottimismo e di pessimismo? Forse. Stiamo parlando di forza di volontà? Forse. Stiamo parlando dell’acqua che scorre? Sicuramente sì.

Grazie alla nostra voglia di vivere possiamo far si che l’immergersi in acqua sia un beneficio e una purificazione, una fonte di forza e di vita, di salvezza come nel caso del Gange, e non soltanto un rabbuiarsi concentrandosi sui propri errori, sui propri difetti, sulle proprie sofferenze e sul proprio passato lacunoso (non mi soffermerò su chi vive nel passato in quanto unica fonte di positività per ora).

Come ha fatto un uomo come Gandhi a diventare un simbolo così luminoso per tutti? Rispettato perfino da coloro che con lui, con la sua terra e con la sua religione non hanno niente da spartire?

Semplice: lui ha condiviso le sue idee, idee positive. Ha lottato per quello in cui credeva. Si è fatto forza così da poter far forza anche agli altri. Lui è diventato la forza.

Una persona semplice, nata e cresciuta tra mille problemi come tutti. Mangia, beve e dorme come tutti.

Cos’ha di così speciale? Lui crede in sé stesso, in quello che pensa e in quello che dice. Questa è la sua forza.

Quella che lo sostiene e che lo fa ridere, anche quando da ridere c’è ben poco. Allora quello che dobbiamo imparare tutti è che, come ci insegna il maestro, pensare positivo non serve agli altri o a farsi accettare da loro, serve a noi e per noi. Pensando positivo impareremo anche a parlare positivamente, contagiando così anche chi ci sta intorno, proprio come l’acqua che scorre è capace di ripulire l’acqua torbida.

Ma questo non basta, dobbiamo perseverare con i nostri pensieri e con le nostre parole perché la debolezza, la torbidità è sempre dietro l’angolo.

Non appena la corrente diventa meno forte lo sporco della vita si rialza e offusca la nostra visuale impedendoci di ritrovare la strada.

Ma se abbiamo qualcuno che ci aiuta a mantenere la corrente forte e salda nella sua direzione, capace di passare in ogni insenatura e in ogni minimo spazio libero, allora si che possiamo farcela.

Potremo mantenere l’acqua del nostro stagno bella e limpida fino al momento in cui ci sentiremo pronti ad accudire da soli al nostro stagno ed infine ad aprire le dighe.

Quando arriverà questo momento ve ne accorgerete sicuramente, e allora viaggerete scoprendo luoghi sempre nuovi bagnati da acque diverse e per voi sconosciute. Attraverserete i deserti, ma la vostra acqua non si asciugherà, scalerete le montagne, ma troverete la forza di salire fino in cima ed infine scenderete in profondità e scoprirete il cuore della Terra imparando ad amarla per quella che è  e a rispettarla. Ed è così che da un pensiero buono e giusto, un pensiero positivo, avrete scoperto la parola; dalla parola sarete passati all’azione; dall’azione ad un’abitudine e dall’abitudine ad un valore, diventando finalmente gli artefici del vostro vero e unico destino. Non più vincolati alle parole e ai pensieri altrui potrete scoprire il mondo e conquistarlo a piccoli passi, piccoli, ma coraggiosi e pieni di speranza. E continuando su questa strada raggiungerete un giorno tutti i vostri sogni, ma non temete, non siete più vincolati ad uno stagno, una mano piena di sogni realizzati non significa la fine, dopotutto vi resta ancora l’oceano da scoprire.

di Maria Cristina Carboni

 

in giro per la rete…

Una tesi di Ca Foscari

Link :

http://www.nfiere.com/medio-ambiente/cina/

http://www.asianworld.it/forum/index.php?showtopic=4470

http://www.expo2010italia.gov.it/ita/cosa-e (qui trovate anche il link alla pagina ufficiale dell’Expo 2010)

http://www.corriere.it/esteri/10_maggio_01/Fuochi-d-artificio-e-orgoglio-A-Shanghai-l-Expo-dei-record-del-corona_6fa846ae-552b-11df-a414-00144f02aabe.shtml

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Passa dall’urina la ricerca per la cura di Parkinson e Alzheimer!

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Passa dall’urina la ricerca per la cura di Parkinson e Alzheimer!

Pubblicato il 29 dicembre 2012 by redazione

campioniDalla Cina un rivoluzionario metodo che utilizza l’urina per produrre le progenitrici delle cellule nervose.

Cellule nervose dall’urina! Questa la sfida che arriva dal Sol Levante.

Il progetto di ricerca intitolato Generation of integration-free neural progenitor cells from cells in human urine curato da Guangjin Pan e Duanquing Pei, insieme con l’Istituto cinese di Biomedicina e Salute di Guangzhou, parte dell’Accademia cinese delle scienze, è stato recentemente pubblicato su Nature Methods (http://www.nature.com/nmeth/journal/vaop/ncurrent/full/nmeth.2283.html) e promette di bypassare tutti gli inconvenienti legati alle cellule staminali embrionali.

Il dottor Duanquing Pei, specializzato in medicina rigenerativa, a capo del team e direttore dell’Istituto di Guangzhou, non è nuovo alle cellule staminali tanto da essere già noto per una precedente scoperta pubblicata su Scientific American nel 2009, circa la capacità della Vitamina C di incrementare l’induzione nelle cellule staminali pluripotenti: in pratica, l’aggiunta di acido ascorbico al mezzo di coltura potrebbe permettere di superare le difficoltà della riprogrammazione di cellule umane e animali in cellule staminali pluripotenti indotte (iPS).

colorazione_cellule_nervose

Colorazione cellule nervose

In che cosa consiste questa nuova sfida?

Il team di ricercatori ha prelevato dei campioni di urina di tre volontari, ne ha isolato le cellule epiteliali che rivestono i reni e che vengono regolarmente espulse attraverso questa e ha quindi cominciato il processo di riprogrammazione, senza però l’uso di virus. La riprogrammazione genetica è un processo attraverso il quale è possibile ottenere cellule staminali pluripotenti, ossia  capaci di suddividersi e differenziarsi in uno qualsiasi dei tre stati germinali, a partire da tipi cellulari maturi.

Inoltre, nello studio presentato dal team cinese viene eliminato l’impiego di retrovirus, generalmente usati per incorporare permanentemente nuovi geni pluripotenti nel DNA delle cellule riprogrammate, evitando quindi la possibilità di comportamenti imprevedibili del DNA virale, possibile causa di tumore. Per questo, l’approcio del dottor Pei e della sua squadra è decisamente più sicuro perchè le informazioni di riprogrammazione vengono fissate solo temporaneamente nel codice genetico della cellula, attraverso vettori che non integrano il genoma cellulare, come scrive Kristen Brennand per LiveScience, studiosa di cellule staminali, ma estranea al progetto.

Duanqing Pei

Duanqing-Pei

Quindi, le cellule riprogrammate sono state messe in coltura e dopo soli 12 giorni (ossia, la metà del tempo generalmente richiesta per produrre cellule staminali iPS) si sono trasformate in progenitrici neurali capaci di differenziarsi in neuroni e altre cellule del sistema nervoso (le cellule gliali). Gli esperimenti in laboratorio sono proseguiti e i ricercatori hanno trasferito le cellule staminali in un mezzo di coltura usato per i neuroni, osservando come le cellule riprogrammate procedessero fino a formare neuroni funzionanti.

Arrivati a questo punto, si è passati alla sperimentazione in vivo e le i PS sono state trapiantate nel cervello di 12 cuccioli di topo: dopo quattro settimane le progenitrici neurali si erano trasformate in cellule nervose, senza l’insorgere di tumori. I risultati parlano da sè: il team di ricercatori cinesi è riuscito a produrre cellule pluripotenti indotte, ottenute quindi a partire da cellule somatiche adulte, senza ricorrere a geni oncogeni durante la riprogrammazione (come il c-Myc), partendo da “una materia prima” decisamente facile da reperire tra i pazienti e svincolandosi da tutti i problemi etici legati alla ricerca su cellule staminali embrionali.

I possibili impieghi?

La speranza è quella che le cellule cerebrali possano essere impiegate per curare malattie neurodegenerative come il Morbo di Parkinson o l’Alzheimer.

di Giulia Pavesi

http://www.nature.com/news/brain-cells-made-from-urine-1.11985

http://news.discovery.com/tech/brain-cells-made-from-urine-dnews-nugget-121211.html

http://www.nature.com/nmeth/journal/vaop/ncurrent/full/nmeth.2283.html

http://www.scientificamerican.com/article.cfm?id=induced-pluripotent-stem-cells-ips-vitamin-c-antioxidant

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La corruzione in India

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La corruzione in India

Pubblicato il 31 ottobre 2012 by redazione

Ce la farà la Fenice a risorgere?

proteste anti-corruzione

Proteste anti-corruzione.

Mazzette, incentivi, donazioni, agevolazioni: sono molteplici le forme che la corruzione può assumere. Unico risultato: una sorta di termaio che rischia di crollare o di assorbirti alla prima occasione. Una situazione decisamente familiare per la democrazia più grande del mondo, l’India. Un Paese in cui la corruzione non viene più celata dietro “favori” ad hoc, ma dove ha acquisito le caratteristiche di un vero e proprio fenomeno alla luce del sole. I cittadini si trovano costretti a pagare bakshish (le mazzette) per qualsiasi tipo di servizio: dalla prenotazione in un ristorante alle patenti di guida (un vero e proprio mercato nero in India), dal responsabile per l’allacciamento della linea telefonica alla rete nazionale fino alla richiesta del passaporto.

Questo quanto emerge dai report pubblicati dalla Transparency International, associazione non governativa e no profit che si propone di monitorare e combattere la corruzione. Proprio da un sondaggio condotto da quest’ultima tra il 2010 e il 2011 su 7500 soggetti risulta anche come l’indignazione dell’opinione pubblica in merito a questa sorta di “cancro” sia cresciuta. Complici probabilmente i numerosi scandali politici che hanno travolto la classe politica indiana e, più recentemente, il mercato degli investimenti immobiliari, che quest’estate è sfociato nel caso Coalgate. Basti citare i recenti avvenimenti: il rifiuto da parte di Sonia Ghandi di presentare la propria dichiarazione dei redditi degli ultimi 12 anni, sotto istanza di Gopalakrishnan di fronte all’Agenzia delle tasse (dal momento che la famiglia Gandhi, non imparentata con il celebre Mahatma Gandhi e radicata nelle alte sfere della politica indiana da più di un secolo, viene accusata dall’opinione pubblica di aver accumulato un piccolo tesoro in banche svizzere) e il caso Coalgate, definito dai giornali locali come “la madre di tutti gli imbrogli”, per cui il Central Bureau of Investigation (CBI) ha avviato un’inchiesta sulla compravendita a un prezzo più basso di miniere in teoria destinate allo sfruttamento, ma in pratica messe all’asta tra privati, per un danno allo Stato stimato dal CBI intorno ai 33 miliardi di euro. Inchiesta che se confermerà le accuse, porterà non solo alle dimissioni di Manmohan Singh, attuale Primo Ministro indiano e ministro delle miniere al tempo dei fatti, ma minerà ulteriormente la già precaria credibilità del Partito del Congresso Nazionale indiano (guidato da Sonia Gandhi). Una perdita per il Paese che rischia di risvegliare l’indignazione che nel 2011 suscitò lo scandalo 2G: all’epoca il danno per le casse dello Stato fu di 40 miliardi di dollari.

corruzione 1Ma questa non è che la punta dell’iceberg. Nel popolo indiano cresce sempre più l’esigenza di “far sentire la propria voce”, ma soprattutto cresce il bisogno di trasparenza, non a caso obiettivo presente nei manifesti di quasi tutti i partiti politici indiani. Ma è proprio in questi partiti che i cittadini indiani sembrano non riporre più la fiducia di un tempo (al punto che lo stesso “fattore Gandhi” sembra non confortare più gli elettori, come dimostra la sconfitta del partito di Sonia Gandhi alle regionali del Marzo 2012). I nuovi leader sono diventati gli attivisti e i nuovi partiti altro non sono che un’”istituzionalizzazione” di movimenti popolari. Anna Hazare, Arvind Kejriwal, Prashant Bhushan sono tutti attivisti, membri del movimento India Against Corruption (Iac) e del Team Anna che in questi due anni hanno scosso l’India e, cosa più importante, l’opinione pubblica con proteste e manifestazioni in ogni parte del Paese: il tutto all’insegna del Pacifismo. L’obiettivo? Spingere il Governo a prendere provvedimenti tempestivi in tema di corruzione e riportare in patria il denaro sporco (black money) nascosto nelle banche svizzere e straniere.

L’arma? Lo sciopero della fame.

Quello che molti ritengono un eroe? Anna Hazare, 72 anni.

Il mezzo? Il Lokpal Bill.

Il Lokpal Bill, un progetto di legge anti-corruzione, proposta per la prima volta nel 1968 e arrivata ormai all’ottava discussione in Parlamento, che se approvato istituirebbe un Super-organo indipendente di vigilanza in materia di corruzione, il LOKPAL (dal sanscrito: protettore delle persone) i cui membri sarebbero nominati in base a particolari requisiti di integrità morale. Sembra paradossale che quella che viene chiamata “la più grande democrazia del mondo”, fondata sul multipartitismo, affidi la repressione di un fenomeno così insidioso come è quello della corruzione proprio a un unico organo elettivo, dove di fatto i commissari vengono selezionati in base a una sorta di “criterio della fiducia”, considerato alla stregua di una vera e propria macchina della giustizia.

Perplessità espressa anche da Pratap Bhanu Mehta, presidente del Centre for Policy Research di Delhi, che in un suo articolo per The Indian Express scrive: “They amount to an unparalleled concentration of power in one institution that will literally be able to summon any institution and command any kind of police, judicial and investigative power […] Having concentrated immense power, it then displays extraordinary faith in the virtue of those who will wield this power. Why do we think this institution will be incorruptible? […] They are perpetuating the myth that government can function without any discretionary judgment”. Senza considerare che in molti restano dubbiosi di fronte all’evanescenza della delimitazione dei poteri giudiziari del Lokpal (e quindi, in sostanza, dei provvedimenti da adottare di fronte ai fenomeni di corruzione).

Progetto di legge, tuttavia, che nasce in seno al Parlamento indiano e che non va confuso con la proposta di legge redatta dagli attivisti indiani, il Jan Lokpal Bill, dove JAN (cittadini) istituirebbe una sorta di meccanismo per cui le segnalazioni arriverebbero proprio a partire dai cittadini, tramite una consultazione pubblica, mediata dagli attivisti. La differenza tra le due proposte? Ovviamente l’ampiezza dei poteri attribuiti al Lokpal: già perchè mentre nella proposta redatta dallo Iac l’obiettivo è quello di creare un organismo del tutto indipendente dalle istituzioni, quella al vaglio in Parlamento sembra essere una versione molto più allungata della minestra!

Swati e Ramesh

Swati e Ramesh Ramanathan.

Eppure una risposta sembra arrivare ancora una volta dai cittadini e dalle segnalazioni degli utenti. Come dimostra il progetto I paid a bribe, avviato da Swati Ramanathan, suo marito Ramesh Ramanathan e Sridar Iyengar che insieme a un gruppo di volontari smista quotidianamente le segnalazioni inviate dagli utenti in tre categorie: ho pagato una mazzetta, non ho pagato una mazzetta, non ho dovuto pagare una mazzetta. Il sito che copre più di 489 città in India garantisce l’anonimato delle segnalazioni, seppure a discapito di un controllo sulla veridicità delle segnalazioni. Eppure questo non ha impedito a Bhaskar Rao, responsabile dei trasporti nello stato di Karnataka, di servirsi proprio dei dati raccolti da I paid a bribe per riformare il proprio dipartimento: le licenze ora vengono concesse on-line e i test di guida sono stati del tutto automatizzati, oltre al fatto che ogni prova viene registrata in modo da garantire la più completa trasparenza. Anche Ben Elers, direttore del programma Transparency International ha sottolineato come le nuove tecnologie abbiano offerto la possibilità anche all’uomo medio di fare la differenza: “The critical thing is that mechanisms are developed to turn this online activity into offline change in the real world.”

Il progetto si è esteso a macchia d’olio, abbracciando ora anche la Grecia, il Kenya, lo Zimbabwe, il Pakistan e a breve anche le Filippine e la Mongolia (lo stesso si è avuto per la Cina, anche se qui il fenomeno è stato prontamente censurato dal governo cinese).

L’unico ostacolo? Il vile denaro!

Già, perchè la chimera che potrebbe fare naufragare questi neonati siti di denuncia potrebbe essere proprio la mancanza dei finanziamenti ai progetti, come lamenta giustamente Antony Ragui, promotore del modello I paid a bribe in Kenya e, al momento, suo unico finanziatore. Lo stesso discorso non vale, invece, per il suo gemello indiano, che oggi vanta l’aiuto economico della Omidyar Network, l’organizzazione che si occupa della filantropia di Pierre Omidyar, fondatore di e-Bay.

Un report sullo stato della corruzione in India, condotto nel 2011 dalla KPMG concludeva evidenziando come a una diminuzione della corruzione in India seguano necessariamente più alti tassi di crescita, e chissà che non siano proprio i cittadini a trasformare il loro Paese in una moderna fenice.

di Giulia Pavesi

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Louis Vuitton per Ai Weiwei

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Ai Weiwei: l’arte si fa portavoce della resistenza contro l’oppressione

Pubblicato il 04 gennaio 2012 by redazione

“Senza libertà di parola non può esistere un mondo al passo coi tempi. Esso sarà solo barbaro e selvaggio”.

Questo il mantra di Ai Weiwei, artista contemporaneo, ma anche attivista per la democrazia e i diritti umani in Cina: un ideale, quasi uno stile di vita con cui, nonostante le repressioni del regime comunista, Weiwei svolge un instancabile lavoro artistico e sociale della durata, ormai, di oltre 30 anni. La sua storia non è facile: nato a Pechino il 18 maggio 1957 da Ai Qing e Gao Ying, entrambi letterati che per la loro aperta opposizione al regime maoista vennero internati nel campo di lavoro di Xinjiang, si trasferì già all’età di un anno presso Shihezi. Lasciò la città al compimento del suo sedicesimo compleanno per tornare a Pechino e, nel 1978, dopo il matrimonio con l’artista Lu Qing, iscriversi all’Accademia Cinematografica: qui fondò il gruppo Stars, una delle prime avanguardie artistiche cinesi, che, tuttavia, si sciolse nel 1983 quando Weiwei emigrò negli Stati Uniti d’America, solo dopo aver organizzato la prima mostra retrospettiva sul lavoro svolto dal gruppo dal titolo The Stars: ten years. A New York studiò alla Parson School of Design e alla Art Students League of New York, dove si impratichì con l’arte concettuale attraverso l’alterazione di manufatti già confezionati. A causa della cattiva salute di cui godeva il padre,  tuttavia, l’artista fu costretto a tornare in Cina nel 1993 e qui sovvenzionò gli esperimenti artistici di alcuni giovani pittori dell’East Village di Pechino: dal sodalizio nacquero i tre libri Black cover book, White cover book e Gray cover book. Anche il racconto di questa nuova generazione di artisti entrò a far parte, dal 1997, dei China Art Archives and Warehouse (CAAW), archivi di arte contemporanea e sede delle principali esposizioni culturali degli abitanti della Repubblica Cinese, co-fondati e disegnati da Weiwei stesso. Il suo studio personale vide invece la luce nel 1999, a Coachangdi: da questa data lo studio di architettura FAKE Design divenne la sede di progettazione dell’intero operato dell’artista d’opposizione, i cui guai iniziarono proprio allo scoccare del XXI Secolo. Nel gennaio 2007 Weiwei fu chiamato, in qualità di consulente artistico, a disegnare il Birds Nest, lo Stadio Nazionale di Pechino realizzato per le Olimpiadi 2008: nonostante la sua partecipazione ai lavori, che successivamente motivò con l’amore per il design, l’artista animò le proteste contro le Olimpiadi, distanziandosi successivamente dal progetto e accusando i coreografi della cerimonia d’apertura Steven Spielberg e Zhang Yimou di mancanza di responsabilità. Nel dicembre 2008, poi, Weiwei e un altro artista cinese decisero di voler dare un nome, fino ad allora taciuto, ai ragazzi rimasti coinvolti nella tragedia del sisma di Sichuan: dopo un anno di ricerche tutti i 5.385 nomi furono inseriti sul blog dell’artista che tuttavia venne fatto chiudere dalle autorità cinesi nel maggio 2009. Poco tempo dopo, a seguito di una manifestazione a favore delle vittime di Sichuan, Weiwei venne picchiato dalla polizia: ciò (forse) gli provocò un’emorragia cerebrale su cui un team di medici tedeschi intervenne velocemente, salvandolo. Ancora, nel novembre del 2010 la polizia cinese lo mise agli arresti domiciliari per aver organizzato una “festa di addio” in segno di protesta contro la demolizione del suo nuovo studio di Shanghai: Weiwei venne infatti accusato di aver costruito una struttura di 2.000 mq senza i necessari permessi, anche se furono proprio le autorità a insistere per realizzare una nuova area culturale cittadina. Il 2011 è stato l’anno in cui le rappresaglie del regime nei suoi confronti sono arrivate al più alto grado di sopraffazione: dopo la demolizione del sopracitato studio in gennaio, il 3 aprile Weiwei è stato arrestato all’Aeroporto di Pechino e condotto in una località tutt’ora ignota; contemporaneamente, circa cinquanta poliziotti sono entrati senza permesso in casa sua requisendo documenti, laptops e hard drives assieme a otto assistenti e alla moglie stessa dell’artista: motivo ufficiale di tale atto sarebbe stato, a detta del Ministero degli Affari Esteri, l’accusa di evasione fiscale ai danni dello Stato. L’incubo è durato fino al 22 giugno, quando Weiwei è stato rilasciato su cauzione: 81 giorni di detenzione durante i quali l’Europa e gli Stati Uniti d’America molto hanno fatto per protestare contro il suo insensato arresto. E’ di poco tempo fa l’ennesimo sopruso ai suoi danni: a novembre le autorità cinesi lo hanno accusato di detenzione e diffusione di materiale pornografico e, a questo proposito, hanno sequestrato sua moglie, costringendolo a pagare un’ammenda di 1 milione e 500 mila euro circa.

Ma nonostante tutto, Weiwei continua a resistere e lo fa dando libero sfogo a una creatività artistica molto apprezzata tanto in Europa quanto in America e Oceania: basti pensare che le sue personali hanno appassionato, dal 2008 a oggi, i cittadini di Gronigen, Sydney, Monaco di Baviera, Pechino, Tokyo, Glenside, Portland e Duisburg, mentre le sue collettive hanno toccato i templi dell’arte mondiale quali la 48esima Biennale di Venezia, la prima e la seconda Triennale di Guangzhou, la prima Biennale d’Arte Contemporanea Cinese di Montpellier, la Biennale di Busan, la quinta Triennale di Arte Contemporanea Asiatica e Pacifica, Documenta 12, la Biennale Internazionale 08 di Liverpool, la Biennale di Architettura di Venezia e la 29esima Biennale di Sao Paulo. La sua più coerente produzione artistica si lega  indissolubilmente ai suoi trascorsi personali col governo cinese: sono del 2007, per esempio, Fairytale e Template progetti presentati alla Documenta 12 di Kassel consistenti nell’ospitare, presso un ex dormitorio ricostruito dai Weiwei stesso, 1001 lavoratori, studenti, insegnanti e musicisti cinesi. Obiettivo dell’evento è quello di mettere in mostra le esperienze di vita, le storie e le vicissitudini di persone diverse ma unite contro le vessazioni del regime comunista. L’esibizione So sorry, invece, che si è svolta dal 2009 al 2010 all’Haus der Kunst di Monaco, critica le migliaia di scuse espresse recentemente da governanti, industriali e banche di tutto il mondo per le malefatte e le infrazioni a danno della società civile. Puntualmente, tuttavia, a tali scuse non segue un impegno reale da parte dei colpevoli: prova ne è l’installazione Remembering ideata da Weiwei e realizzata con i 9.000 zaini appartenuti agli studenti coinvolti nel terremoto di Sichuan, le cui vite sono andate sprecate nell’indifferenza della politica cinese. Ultima installazione degna di nota è stata Sunflower seeds, dal 2010 al 2011 alla Tate Modern Turbine Hall di Londra: il lavoro ha consistito nella realizzazione manuale di circa 100 milioni di semi di girasole di porcellana prodotti da 1.600 artigiani della città di Jingdezhen che, prima dell’avvento delle fabbriche, era il fiore all’occhiello della Cina nella lavorazione della porcellana. L’opera ha diverse chiavi di lettura: i semi rappresenterebbero l’unicità dell’individuo contro la massificazione alienante della società contemporanea, ma anche un velato riferimento a Mao Tse Tung, il girasole cinese.

di Clara Amodeo

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