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Tatcher, Reagan, Gorbaciov: gli ordigni nucleari degli anni ottanta e ottantuno

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Tatcher, Reagan, Gorbaciov: gli ordigni nucleari degli anni ottanta e ottantuno

Pubblicato il 18 luglio 2012 by redazione

Thatcher and ReaganGorbachev, soviet Politburo member poses with British PM Margaret Thatcher at Chequers during his December 1984 visit to the UK.

Arrivati agli anni ottanta nel nostro excursus degli incidenti che hanno coinvolto armi ed impianti militari, troviamo che l’avanzamento tecnologico, pagato con l’investimento di spaventose risorse monetarie e materiali, ha portato ad un grado di letalità degli ordigni nucleari, solo pochi decenni fa, inimmaginabile …. I trattati di disarmo e di eliminazione di arsenali non hanno mai fermato le spese in questo settore, anzi, semmai sono serviti a sostituire i mezzi ormai obsoleti con altri ben più “efficienti”.

L’elettronica ha dato un grande supporto alla sicurezza degli armamenti, retaggio delle dolorose esperienze del passato nella gestione di quanto di più distruttivo l’uomo abbia potuto creare. Ma questo non ha conseguito una infallibilità tecnologica…

Gli incidenti hanno continuato ad accadere, solo che è cambiato il modo di fornire notizie o di commentare i fatti.

Sono anni in cui il confronto ideologico e strategico torna a farsi durissimo, dall’invasione sovietica dell’Afghanistan all’elezione del presidente degli Stati Uniti, il repubblicano Ronald Reagan. Conservatore convinto, Regan aprì un periodo, durato due mandati, conclusosi con l’accordo epocale sugli armamenti con l’allora presidente russo Mikhail Gorbaciov.

La conseguenza di questo accordo, paradossalmente, fù il proseguimento degli investimenti nella ricerca militare da entrambe le parti e al contempo un confronto ideologico dovuto ad una visione polarizzata del mondo: da un lato i Paesi democratici liberi (quindi i buoni), dall’altro le dittature del proletariato, dove il controllo dei mezzi di comunicazione e della politica era completo. Quest’ultimi erano fedeli all’ideologia anticapitalista ed espansionistica dei regimi comunisti nel mondo (i cattivi).

La propaganda politica di quegli anni fece leva anche su un ritrovato sentimento di appartenenza nazionale che riavvicinò l’opinione pubblica americana alle istituzioni, specie quelle militari.

Dopo le tremende vicende della sconfitta in Vietnam, il disorientamento culturale negli anni 70, fù caratterizzato da presidenze abbastanza deboli politicamente, come Carter e Ford, oltre a un lungo periodo di stagnazione economica.

Proprio la “Reaganomics”, la politica economica di liberalizzazione, basata sulla riduzione delle tasse e sulla contrazione dei bilanci statali, aveva un contraltare naturale nella politica dell’allora primo ministro inglese, Margaret Thatcher, l’interlocutore storicamente, ma anche militarmente, più vicino agli Stati Uniti.

In realtà l’enorme rilancio dell’industria bellica e la decisa ripresa nella politica antisovietica impedì il calo del debito e si mangiò i risparmi faticosamente ottenuti. Dall’altro lato della cortina di ferro, la paura di restare indietro nella ricerca tecnologica, specie quella informatica, generò il terrore che la superiorità occidentale si traducesse nel temuto “attacco a sorpresa”, senza che alcuna crisi politica o escalation militare la giustificasse.

L’investimento gigantesco operato dai vertici politici sovietici portò al collasso, alla fine del decennio, dell’economia dei cosiddetti Paesi del Socialismo reale.

La corsa fu proprio qualitativa. Le tecnologie furono privilegiate rispetto alla quantità degli armamenti. Basti pensare al programma costosissimo delle “star wars”, le guerre stellari (nome mutuato dal famoso film) che prevedevano l’uso dello spazio esterno dell’atmosfera, ufficialmente con funzioni di difesa antimissile, che sfruttava una rete di satelliti e di stazioni di controllo per contrastare un possibile attacco missilistico a sorpresa. Alla fine del decennio lo schieramento dei paesi del Socialismo reale imploderà anche per questo, schiacciato dalla spesa militare insostenibile. Ma andiamo per gradi e torniamo a immergerci in un aspetto della storia un po’ trascurato, ma tra i più problematici che l’umanità debba affrontare, ogni giorno: i nostri ordigni nucleari dispersi in vario modo negli anni ottanta. La quantità di eventi è tale che siamo costretti a dividere questa cronistoria in più parti che pubblicheremo nei mesi successivi.

1980

Il 2 o 3 giugno, la data non è certa, al NORAD, North Aerospace Defense Command – Comando di Difesa Aerospaziale del Nord America (note1, 2), la grande centrale di difesa  creata da Stati Uniti e Canada che ha sede sotto la Cheyenne Mountain in Colorado, un computer di analisi dati improvvisamente iniziò a proiettare sugli schermi tracce di lancio di missili intercontinentali dal territorio dell’Unione Sovietica, mandando il sistema di difesa Americano e NATO a DefCon 1 (Defence Condition, la scala di allarme del sistema militare). Dopo alcuni minuti di tensione altissima (anzi di vero panico secondo il ricordo di alcuni testimoni) che quasi portarono allo scoppio della terza guerra mondiale, si scoprì che un tecnico aveva caricato un nastro da esercitazione che simulava un lancio di missili nucleari intercontinentali, ma non aveva inserito nel grande computer che processava i dati il programma di avviso test in corso, per cui la macchina aveva preso per reali i dati, così come gli uomini del NORAD. Il comando strategico del Pacifico (PAF – Pacific Air Force)aveva allertato e fatto alzare in volo i B52 armati di armi nucleari, in attesa del codice di lancio da parte del Presidente, mentre  il SAC (lo Strategic Air Command) non aveva fatto decollare i B52  né messo in allarme i silos di lancio dei missili, convinto si trattasse di un errore, sulla scorta di un incidente simile a quanto pare avvenuto nel 1979. La polemica che sorse indicò anche la diversa interpretazione fra gli organi della gerarchia militare e quindi una potenziale mancanza di controllo univoco sullo strumento nucleare…

6 giugno Per la cronaca l’incidente si ripeté il ma questa volta per un difetto in un processore di una centralina che riceveva dati dai satelliti, per cui il computer riproduceva dati a caso di tracce radar. Per 15 minuti, i più lunghi della storia dell’umanità, comandanti militari e politici, il presidente in primis in quanto detentore della “chiave atomica”, cercarono disperatamente di comprendere se quello che stava succedendo fosse reale, se dovessero prendere la decisione che avrebbe sicuramente cancellato la vita sul pianeta. Quando dati più diretti indicarono che non c’era stato alcun decollo dalle basi in Russia e nei Paesi del Patto di Varsavia, ogni installazione venne subito fatta uscire dallo stato di allerta e riportata a livello DefCon 6, ma non prima che 100 B52 e centinaia di missili a lungo e corto raggio, sia a terra che in mare, fossero stati posti in condizione di decollo, con i motori caldi e le coordinate degli obbiettivi registrati nel computer di navigazione. E non si conosce ancora bene quale fu la reazione nella parte avversa, alla quale i segnali di un massiccio preparativo di attacco non sfuggirono di certo… Il 4 ottobre seguente venne presentato alla Commissione Difesa del Senato degli Stati Uniti un rapporto congiunto dal Senatore Democratico Americano Gary Hart e dal Senatore Repubblicano Americano Barry Goldwater, intitolato “Recenti falsi allarmi nel Sistema di Allarme Strategico per Attacco Nucleare Balistico”: nel rapporto venivano documentati 147 falsi allarmi al NORAD  in diciotto mesi, dal 1° gennaio 1979, al 30 giugno 1980, di cui 4 gravi ed uno, quello del 6 giugno 1980, potenzialmente catastrofico. La paura che l’intero sistema di attacco nucleare venisse completamente affidato all’elettronica  e con esso il destino dell’umanità, fu anche il tema di un film del 1983, “Wargames”, dove un giovane hacker (siamo agli albori di internet, nata come rete inizialmente proprio per le comunicazioni militari e governative sicure) si introduce nel computer del NORAD e per equivoco quasi scatena la guerra termonucleare globale. Una parte del film è stata ambientata proprio nella sede del NORAD.

20 luglio dello stesso anno, mentre è alla fonda  nella baia di San Diego in California, l’USS Gurnard (SSN 662), sottomarino cacciasommergibili a propulsione nucleare perde 30 galloni di acqua radioattiva del sistema di raffreddamento del reattore, equivalenti a circa 113 litri di liquido radioattivo. Fonti ufficiali della marina rassicurarono che immediate analisi delle acque non avevano evidenziato aumenti della radioattività di fondo. L’incidente sarebbe stato provocato da un marinaio addetto al reattore che avrebbe per errore aperto una valvola esterna.

29 luglio, mentre è in navigazione nel braccio di mare fra le Filippine ed il Borneo, la portaerei USS Midway viene investita dal mercantile Cactus, battente bandiera panamense. L’incidente danneggiò la nave, non seriamente secondo fonti ufficiali, ma due marinai morirono e tre caccia F4 Phantom II sul ponte rimasero danneggiati.  Questo è uno dei tanti incidenti che coinvolsero navi da guerra, per quanto enormi come le portaerei oceaniche americane, ma non solo. La preoccupazione in questi casi, come avvenuto in passato, è la possibilità che gli incidenti  provochino gravi incendi  su questi aeroporti naviganti. Nel caso specifico, la USS Midway era a propulsione convenzionale, ma nelle sue santabarbare potenzialmente possono essere custoditi armamenti nucleari in dotazione agli aerei da attacco, per quanto dopo gli anni 60 la politica delle forze nucleari occidentali è stata di disciplinare e limitare al massimo la movimentazione di ordigni atomici solo in caso di effettive crisi internazionali.

12 agosto fu il sottomarino da attacco a propulsione nucleare HMS Sovereign, classe di appartenenza Swiftsure, che restò vittima di un’avaria in navigazione nel Plymouth Sound. Per quanto le fonti ufficiali della Royal Navy avessero descritto il guasto meccanico non grave, il sottomarino rimase senza energia, incapace di manovrare o muoversi, “dead in the water” come si dice in gergo e dovette essere trainato da un’altra unità al porto di partenza, a Devonport.

Figura 1: decollo su allarme di un B52 del 92nd Bombardment Wing in allerta nucleare sulla Fairchild Air Base. L’immagine è degli anni 60 ma è indicativa dell’attività degli equipaggi del SAC durante quasi tutto il periodo della cosiddetta ‘guerra fredda’.

Il 15 settembre (figura 1) è di nuovo il mezzo aereo a essere protagonista di un rischio nucleare: Un Boeing B52 H è sulla pista della base di Grand Forks, nel North Dakota, in attesa di un decollo durante un’esercitazione. Ai piloni subalari interni sono assicurati 8 missili Cruise AGM 69 a testata nucleare. Il Cruise è una delle nuove frontiere dell’armamento nucleare. Permette di lanciare l’arma lontano dalle difese aeree dell’avversario, sarà il missile a raggiungere l’obiettivo con un volo a bassissima quota grazie al TFR, il radar che segue il profilo del suolo. Questo letale nuovo giocattolo è la risposta ai missili a medio raggio autotrasportabili SS 20 che l’Unione Sovietica ha schierato dalla metà degli anni 70 sul teatro europeo soprattutto. L’enorme bombardiere è pronto al decollo, quando improvvisamente un incendio violentissimo appare dal nulla e avvolge l’aereo. L’immediato intervento delle squadre dei pompieri ed un forte vento tengono le fiamme lontano dagli ordigni atomici, ma il fuoco consuma l’aereo per più di tre ore, alimentato dal carburante JP4 stivato a migliaia di litri nei serbatoi. Dopo lo spegnimento venne accertato che l’incendio era iniziato proprio per un cedimento del serbatoio alare numero 3 e se il vento avesse spinto verso l’asse longitudinale invece che lateralmente tutte le testate (armate) sarebbero state investite dalle fiamme.

Figura 2 : lo spaccato di un tipico complesso di lancio dei missili LGM25C Titan II, operativi tra gli anni 50 ed 80.

19 settembre (figura 2) Solo 4 giorni dopo avvenne un altro incidente con un rischio elevatissimo di detonazione nucleare. (Nota 3) Nell’area sotto la responsabilità della Little Rock Air Force Base è dislocato il 308 Strategic Missile Wing, composto dal 373 e dal 374 Strategic Missile Squadron. L’unità è una delle tre armate con il missile intercontinentale balistico (ICBM) Martin Marietta LGM25C Titan II, il più grande nell’arsenale occidentale, con i suoi 31 metri di altezza per oltre 154.000 chilogrammi di peso in condizioni operative, dotato di una testata termonucleare da 9 megatoni W53, può colpire bersagli a oltre 10.000 chilometri dalla base di lancio, nel cuore del territorio sovietico, oppure cinese, con un volo di pochi minuti. Ogni silo è dotato di una camera di controllo collegata con sistemi di comunicazione sicura e tunnel di accesso a vari piani per la manutenzione del missile. Per evitare pericoli di lanci intenzionali, gli operatori sono due dotati ciascuno di una chiave di lancio da utilizzare contemporaneamente, il tutto protetto da una struttura in acciaio e cemento capace di resistere a un’esplosione nucleare diretta… All’esterno, ogni silo è ben dissimulato sul territorio, per evitare che venga individuato dai satelliti spia russi.  Grazie al tipo di propellente liquido ipergolico, ovvero composto da due componenti (un carburante ed un ossidante) che si incendiano per reazione chimica una volta mescolati, il missile può essere lanciato entro 58 secondi da che  gli operatori ricevano il codice segreto di lancio dal Presidente. Il carburante A50 del missile è economico e molto efficiente ma forse più pericoloso della testata stessa , in quanto i suoi componenti chimici sono potentemente tossici e corrosivi. Periodicamente vanno sostituiti e rigenerati, in quanto soggetti a deterioramento. Ci sono stati tragici precedenti: l’8 agosto 1965 ben 53 lavoratori civili che stavano eseguendo lavori in un altro silo morirono un tremendo incendio quando venne accidentalmente perforato un serbatoio di stoccaggio del carburante, mentre il 27 gennaio 1978 nello stesso silo 374-7 due avieri furono uccisi dai vapori dell’ossidante fuoriusciti da una falla nel missile, causando anche una nube tossica che sfuggì dal silo colpendo tutta la zona circostante.

18 settembre Quella sera nel silo 374 – 7, posto nella campagna della Contea di Van Buren, un aviere stava effettuando un’operazione di manutenzione periodica sul missile Titan. Il militare perse una pesante chiave a bussola, che dopo un volo di quasi 30 metri rimbalzò sulla parete del silo e perforò il serbatoio del carburante del primo stadio del missile. Immediatamente venne formata una squadra di emergenza e la polizia militare iniziò l’evacuazione del personale e dei civili dalla zona. Solo due avieri restarono nel silo cercando con tute protettive di riparare la perdita, ma inutilmente. Nelle prime ore del 19 settembre la concentrazione di vapori nell’aria raggiunse il livello massimo ed i due uscirono dal silo chiudendo le porte stagne. Pochi istanti dopo la struttura del missile cedette (la pressione del carburante nei serbatoi ha anche una funzione strutturale di sostegno) innescando una terrificante esplosione. Il portello esterno  corazzato, pesante 740 tonnellate, venne divelto e scagliato ad una altezza di oltre 70 metri, mentre le macerie del silo si abbatterono nel raggio di 700 metri dall’installazione. Il modulo di rientro con la testata W53 venne ritrovato ad oltre 180 metri, ammaccato ma sostanzialmente intatto e disarmato dai sistemi di sicurezza automatici. Uno dei due coraggiosi avieri morì in ospedale mentre l’altro, assieme a 21 persone della squadra di emergenza, rimase ferito nell’esplosione. La commissione di inchiesta valutò il costo della riparazione del silo l’astronomica cifra di 225 milioni di dollari. La pericolosità dei carburanti liquidi ed programmi di ammodernamento dell’arsenale nucleare avviati dall’amministrazione Reagan portarono all’annuncio nel 1981 del ritiro dal servizio del Titan II, con la distruzione dei silo sotterranei, che vennero demoliti,  riempiti di terra e detriti. Oggi ne esiste solo uno,  trasformato in museo e visitabile. Il suo Titan, un esemplare da addestramento mai operativo, è l’ultimo dei 63 esemplari costruiti, il resto fu utilizzato come vettori per satelliti oppure demolito e venduto come rottame.

30 novembre, nella grande base di  Severodvinsk il reattore del sottomarino K 122 (nota 4 e video su youtube al link http://www.youtube.com/watch?hl=en&v=hQvgLxpsKHE&gl=US), unico rappresentante della classe Papa nel codice NATO, andò fuori controllo durante prove di potenza non autorizzate e svolte senza rispettare le norme di sicurezza. Un numero imprecisato di persone fu fortemente irradiata come l’area del bacino attorno. Il K122 era un primatista dei mari, con il suo scafo al Titanio poteva raggiungere profondità attorno ai 1000  metri e la velocità incredibile di 45 nodi in immersione, ovvero circa 85 chilometri all’ora…troppo costoso e complesso, fu utilizzato per missioni speciali di spionaggio e per testare le soluzioni applicate sui  sottomarini d’attacco classe Alfa. Dopo l’incidente non fu mai più pienamente operativo. L’anno si conclude con ancora due rischi potenziali in mare (nota 5).

1 dicembre l’HMS Dreadnought, primo sottomarino nucleare ad entrare in servizio nella flotta inglese, subisce una rottura catastrofica al circuito secondario di raffreddamento del motore (un reattore S5W di costruzione statunitense) per cui lo stesso viene immediatamente spento e il battello resta alla deriva in alto mare. L’unità, che ha alle spalle ormai quasi vent’anni di intenso servizio e parecchi acciacchi, viene giudicata non riparabile e posta in disarmo.

3 dicembre il sottomarino statunitense USS Hawkbill (SSN 666, insolito codice, visto che le autorità  sono sempre state “sensibili” agli umori degli equipaggi, parecchio superstiziosi…) si trovava presso i cantieri navali del Puget Sound Naval Shipyard, nello stato di Washington, per essere sottoposto a test di routine sui suoi apparati. Durante una prova al circuito di raffreddamento del reattore, oltre 560 litri di acqua radioattiva sfuggirono da una valvola difettosa e contaminarono 5 lavoratori del cantiere. Fonti della marina assicurarono che il liquido venne prontamente pompato in contenitori al piombo per essere smaltito, ma che il livello di radioattività era comunque basso, tanto che i lavoratori subirono un’esposizione inferiore a quella di una radiografia. Il sottomarino nel giugno dell’anno prima era stato oggetto di un incidente da perdita di liquido radioattivo in navigazione, probabilmente i test in corso avevano lo scopo di controllare il battello prima che tornasse operativo.

1981

L’anno inizia con un incidente occorso all’USS Birmingham (SSN 695) il 23 gennaio (nota 6): durante la navigazione nel mediterraneo subisce un danneggiamento dell’apparato sonar e deve entrare in porto a Gibilterra per riparazioni. Non si conosce la causa o l’entità dell’incidente. ( in questa sequenza la partenza  del Birmingham per una crociera nel Pacifico nel 1990 prima della Guerra del Golfo. Le immagini mostrano un classico momento operativo dei sottomarini da attacco nucleare http://www.youtube.com/watch?v=ps4WdZ1yJ2o&feature=relmfu ).

26 marzo l’USS Guardfish, già coinvolto in passato in un imbarazzante incidente nucleare, urtò il fondale nel canale di San Pedro, mentre rientrava alla base navale di San Diego. Ufficialmente non vi furono danni.

9 aprile il sottomarino lanciamissili nucleari USS George Washington (SSBN598) (nota 7), speronò in emersione il mercantile giapponese Nisso Maru nel Mar Cinese Orientale, a circa 200 chilometri dal porto di Sasebo.  La nave giapponese affondò nel giro di 15 minuti portando con se 2 dei 15 marinai a bordo. Il sottomarino riportò solo alcuni danni alla torre. L’affondamento causò un grave incidente diplomatico tra Giappone e U.S.A. : un’ondata di indignazione percorse il paese, poiché le autorità statunitensi ci misero ben 24 ore a segnalare ufficialmente la collisione e né l’equipaggio del sottomarino né quello di un aereo pattugliatore P3C a quanto pare andarono immediatamente in soccorso dei naufraghi giapponesi. Inoltre il governo di Tokio volle sapere cosa ci faceva un’unità nucleare a meno di 20 miglia nautiche dalla costa e perché il sottomarino fosse emerso senza controllare la superficie. Il Giappone, di fronte agli incidenti con vascelli ed armi nucleari avvenuti a poca distanza dalle sue coste, ancora con il doloroso ricordo dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaky, aveva vietato l’ingresso già negli anni 60 nelle acque territoriali a battelli a propulsione nucleare o che portassero armamenti atomici. Non estranea fu anche la prova che i militari americani avevano sistematicamente mentito su  contaminazioni nei loro porti dovute alla presenza della flotta sottomarina americana…. L’US Navy continuò nella sua politica di “non poter confermare né negare la presenza” di armamenti atomici su suoi mezzi navali o aerei coinvolti in incidenti, anche se il Presidente Reagan personalmente assicurò alle autorità di Tokyo che non c’era mai stato alcun pericolo di versamenti in mare di materiale radioattivo e che sarebbe stata accertata la dinamica dell’incidente. Inizialmente, lo scontro fu giustificato con la scarsa visibilità dovuta alla pioggia e alla nebbia e che agli occhi dei marinai americani la nave giapponese non sembrava essere in difficoltà. Tesi piuttosto difficili da sostenere, che fecero ancora di più arrabbiare l’opinione pubblica del Sol Levante. Dopo alcuni mesi  di dure polemiche, sotto una forte pressione politica, la U.S. Navy dichiarò la propria responsabilità nell’incidente, mentre il Dipartimento della Marina si offerse di pagare un risarcimento per i danni subiti. Fu dichiarato che l’incidente fu causato da una serie di sfortunate coincidenze assieme al comportamento negligente del comandante e dell’ufficiale di plancia del George Washington, che furono destinati ad altro incarico con una nota di biasimo ufficiale sullo stato di servizio. Un po’ poco per il rischio corso: sul Washington erano presenti 16 silos di lancio per missili intercontinentali Polaris e probabilmente siluri a testata nucleare.

13 aprile l’USS William H. Bates (SSN-680) finì dentro delle reti da pesca fisse nel canale di Hood, stato di Washington. Non si conoscono altri particolari.

27 dello stesso mese (nota 8) l’USS Jack (SSN 605) mentre è ormeggiato a fianco della USS Trenton nel porto di Alessandra d’Egitto, va a colpire la fiancata del Trenton causando danni agli scafi di entrambi i battelli. Non furono denunciati problemi con il reattore.

25 e il 26 maggio (nota 9) Nella notte un aereo da guerra elettronica Grumman EA6B Prowler, appartenente al corpo dei Marines, si schianta mentre cerca di appontare, a corto di carburante,  sulla portaerei nucleare USS Nimitz (CVN68), in navigazione a 70 miglia nautiche da Jaksonville (Florida). L’aereo investì altri apparecchi in parcheggio sul ponte e prese fuoco. Mentre le squadre di emergenza stanno domando l’incendio, un missile aria-aria AIM7E Sparrow appeso ad uno degli aerei esplose, ravvivando l’incendio, che durò oltre un’ora. Alla fine il bilancio fu di 14 militari morti e 45/48 feriti, secondo le fonti, oltre a una diecina di velivoli distrutti o danneggiati (tra cui 3 allora nuovissimi caccia Grumman F 14A Tomcat), per un totale di danni valutato ben in 100 milioni di Dollari. Una forte polemica politica sorse quando le autopsie su  alcuni dei marinai deceduti dimostrarono presenza di Mariujana. Il presidente Reagan da allora istituì controlli ferrei sul personale militare per escludere l’uso di alcool o droghe, per quanto l’incidente in se non fosse da imputare a quella causa. I due reattori nucleari A4W della nave non subirono alcun danno, né corsero alcun rischio secondo fonti della Marina. (nota 10)

21 agosto, toccò a un sottomarino sovietico nucleare classe Echo I, probabilmente il K 122, a subire un incendio grave in sala macchine, nel Mar Cinese a circa 85 miglia marine dall’isola giapponese di Okinawa. Secondo fonti nipponiche 9 uomini dell’equipaggio restarono soffocati dal fumo e dal monossido di carbonio che saturarono gli angusti spazi del compartimento macchine. Una nave mercantile  russa soccorse l’unità trasbordando buona parte dell’equipaggio, mentre un rimorchiatore da Vladivostock raggiunse  il battello assieme ad alcune unità di scorta per trainare l’unità. Il governo giapponese rifiutò il permesso di ingresso nelle acque territoriali fino a che la marina russa non avesse assicurato la messa in sicurezza del reattore, nonché l’assenza di perdite di materiali radioattivi e  di armi nucleari a bordo. Fino al 24 agosto le autorità Sovietiche non assicurarono nulla, strettamente seguite da mezzi aerei e navali giapponesi, ma anzi entrarono nelle acque territoriali di Tokyo. Finalmente dopo tale data, sotto la tensione internazionale creatasi, il governo sovietico assicurò che non vi erano state perdite al reattore e non vi era alcun inquinamento dell’oceano, né armi nucleari attive sul sottomarino. Campionature effettuate sia in aria che in acqua (nonché fotografie scattate al personale del sottomarino) dimostrarono invece perdite di una certa consistenza con contaminazione evidente. Per giusta citazione, alcune fonti riportano l’incidente come avvenuto nel 1980.

27 dello stesso mese l’USS Dallas (SSN 700) (nota 11)urtò violentemente il fondo mentre stava per entrare nell’ “Atlantic Undersea Test and Evaluation Center” ad Andros Island, nelle Bahamas, per condurre delle prove sul sistema sonar con e le sofisticate apparecchiature del laboratorio sottomarino. Le superfici di manovra e la parte inferiore della poppa del battello rimasero danneggiate. Dopo alcune ore di intensi sforzi da parte dell’equipaggio, il sottomarino fu in grado di ritornare in superficie e raggiungere la base di New London, nel Connecticut, per le riparazioni.

27 ottobre grave incidente diplomatico. Un sottomarino russo classe Whiskey, il K363,  si incagliò in un canale a 10 chilometri dalla base navale svedese di Karlskrona, durante una evidente missione di spionaggio militare. Il comandante Anatoly Guscin si giustificò genericamente con cattivo tempo ed un guasto al sistema inerziale di navigazione. Il 29 un tentativo di entrare nelle acque territoriali svedesi da parte di un rimorchiatore e di un sottomarino di tipo non identificato furono respinti dagli elicotteri e dalle navi da guerra svedesi. Mentre uno scanning eseguito a distanza  con spettrometri sensibili alle radiazioni gamma dimostrarono che il Whiskey, anche se propulsione convenzionale diesel-elettrica,  era armato sicuramente con siluri a testata atomica. Il 6 novembre il battello venne trainato fuori dalle acque territoriali svedesi e preso in consegna da unità russe che lo scortarono verso l’unione Sovietica. L’incidente fu chiuso col pagamento di 212.000 Dollari da parte dell’Unione Sovietica come risarcimento allo stato svedese. La Svezia, nazione neutrale e non allineata ad alcuno schieramento, subì parecchie ingerenze da entrambe le parti. Solo pochi mesi prima il cacciatorpediniere Halland aveva lanciato cariche di profondità su un sottomarino non identificato che aveva violato le acque  svedesi. Il recente ritrovamento casuale del relitto di un altro sottomarino classe Whiskey nella zona però autorizza a pensare che anch’esso fu vittima della reazione della marina svedese, come molti altri scontri non ufficiali venne seppellito fra gli ingombranti segreti della guerra fredda. Ad oggi nessuno sa se nel relitto vi siano armamenti nucleari.

2 novembre nella base di Holy Loch, in Scozia, un missile Poseidon cadde dal ponte della nave appoggio USS Holland per un errore dell’operatore della gru che lo stava spostando. Le sicure automatiche bloccarono la caduta, ma l’esplosivo convenzionale di innesco della testata, tipo LX09, abbastanza instabile, avrebbe potuto detonare e spargere materiale radioattivo su una vasta area. Un identico incidente era già occorso nell’agosto 1977  nella base navale di Coulport durante il caricamento di un missile Polaris. Per cui la Marina americana fu duramente criticata sui giornali britannici prima per aver nascosto l’incidente e in seguito non aver informato le comunità attorno alla base sui rischi corsi nella movimentazione degli armamenti dei sottomarini nucleari. La lapidaria risposta ufficiale della US Navy fu che non vi era stato alcun danno materiale, nessuno era rimasto ferito e che non era stato corso alcun serio pericolo…..

di Davide Migliore

Riferimenti e bibliografia

(1)  http://www.norad.mil/ : sito ufficiale del NORAD ;

http://www.ippnw-italy.org/site/ippnwitaly/documenti-relazioni-comunicati/viii-summit-dei-premi-nobel-per-la-pace

la guerra nucleare non intenzionale, quando l’umanità gioca alla roulette russa…

(2)http://www.ippnw-italy.org/site/ippnwitaly/documenti-relazioni-comunicati/helsinki-1984-ed-il-concetto-di-guerra-nucleare-non-intenzionale-nella-storia-del-disarmo-nucleare-in-europa

(3) http://www.titanmissilemuseum.org ; http://en.wikipedia.org/wiki/Titan_Missile_Museum ;

http://encyclopediaofarkansas.net/encyclopedia/entry-detail.aspx?entryID=2543

http://www.308smw.com/ ;http://www.titan2icbm.org/index.html  ;

http://encyclopediaofarkansas.net/encyclopedia/entry-detail.aspx?entryID=2543

l’incidente al missile Titan II alla Little Rock Air Force Base, Arkansas.

(4)http://www.marinebuzz.com/2008/07/25/worlds-fastest-russian-nuclear-submarine-k-222-being-dismantled/

SOMMERGIBILI NUCLEARI : PROBLEMI DI SICUREZZA ED IMPATTO AMBIENTALE , Politecnico di Torino, 2004 – F. IANNUZZELLI, V.F. POLCARO, M. ZUCCHETTI

http://www.deepstorm.ru/DeepStorm.files/45-92/nsrs/661/k-162/k-162.htm

(5) http://www.submarineheritage.com/gallery_dreadnought.html  ; http://www.hmsdreadnought.co.uk/

http://www.rnsubs.co.uk/Boats/BoatDB2/index.php?id=2&BoatID=680&flag=class

(6) http://www.hullnumber.com/SSN-695

(7) http://navysite.de/ssbn/ssbn598.htm

(8)http://uss-jack.org/ ; http://en.wikipedia.org/wiki/USS_Jack_(SSN-605)

(9)http://en.wikipedia.org/wiki/USS_Nimitz_(CVN-68) ; http://navysite.de/cvn/cvn68.html  USS Nimitz

(10) http://it.wikipedia.org/wiki/Classe_Echo_I/II

http://russian-ships.info/eng/submarines/project_659.htm

http://silentseawolvesmsw.devhub.com/blog/463924-strategic-missile-submarine-operations/

l’incidente al sottomarino sovietico K 122

(11) http://www.uscarriers.net/ssn700history.htm

incidente all’USS Dallas

 

Fonti:

http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?topic=428.0;wap2

incidenti nucleari o potenzialmente nucleari dal 1971 ad oggi

http://lists.peacelink.it/armamenti/msg00252.html

lista di incidenti a sottomarini e vascelli militari angloamericani dal 1945 .

http://spb.org.ru/bellona/ehome/russia/nfl/nfl8.htm#O17b

lista incidenti a sottomarini sovietici con cause

https://www.cia.gov/library/center-for-the-study-of-intelligence/csi-publications/books-and-monographs/a-cold-war-conundrum/source.htm sito ufficiale della C.I.A.

http://nuclearweaponarchive.org/index.html

the nuclear weapons archive

http://www.nukewatchinfo.org/nuclearweapons/index.html

informazioni aggiornate sulla produziione di armamenti, sulle conseguenze mediche e ambientali della produzione di armi, iniziative pacifiste e di eliminazione degli armamenti nucleari.

http://bispensiero.blogspot.it/2007_05_01_archive.html

blog con liste dei principali pericoli e situazione attuale della strategia atomica

http://archive.greenpeace.org/comms/nukes/chernob/rep02.html

http://www.rmiembassyus.org/Nuclear%20Issues.htm

http://www.web.net/~cnanw/a7.htm

10 mishaps that might have started an accidental nuclear war.

http://forum1.aimoo.com/American_Cold_War_Veterans/Cold-War-Casualties/Naval-Accidents-During-Cold-War-1-1579633.html

incidenti navali con vittime durante la Guerra Fredda, registro di fonte U.S.A.

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L’atomo militare: l’incubo mai finito dell’era nucleare

Pubblicato il 18 novembre 2011 by redazione

Cambiamenti climatici, crisi economico-finanziarie, disastri naturali e catastrofi ecologiche, destabilizzazioni politiche e guerre culturali e religiose. A pensarci un attimo chiunque ha l’imbarazzo della scelta nello scegliere dal mazzo appena illustrato la causa di pericolo più importante che incombe sul genere umano oggi, eppure ce ne siamo dimenticata una, che in fondo non è mai cambiata, silenziosamente presente. Sono gli arsenali di ordigni atomici. La fine della guerra fredda, i trattati di disarmo nucleare, in realtà non hanno cambiato nulla: l’arma atomica resta una delle minacce più serie ancora oggi alla sopravvivenza non solo del genere umano, ma della vita stessa come la conosciamo, sul pianeta terra. Facciamo un rapido ripasso: la storia pone come inizio ufficiale dell’era atomica le 5.30 del mattino del 16 agosto 1945 (1). Ad Alamogordo, nello stato del Nuovo Messico, in un deserto che per una di quelle strane coincidenze della storia si chiama ‘Jornada del Muerto’, il giorno del morto, la prima esplosione nucleare accende un’alba artificiale. Quel che venne dopo è la dolente conseguenza. Hiroshima (6 agosto) e Nagasaki (9 agosto), i due forni a novecentomila gradi in cui ardono gli abitanti delle due città, il Giappone si arrende il 2 settembre 1945, esattamente dopo sei anni di seconda guerra mondiale. Da lì la gara all’arma atomica fra gli alleati (presto nemici nella nuova fase della storia, la guerra fredda), la priorità nelle politiche militari. La nuova corsa agli armamenti cresce a una velocità mai vista per nessun’altra invenzione umana. Nel 1949 l’URSS annuncia il suo primo esperimento atomico, poi è la volta dell’Inghilterra nel 1952 ad annunciare di avere la bomba, seguita dalla Francia nel 1960 e dalla Cina nel 1964. Si apre il club dell’atomo e nasce la dottrina della reciproca totale distruzione assicurata (Mutual Assured Destruction) o l’equilibrio delle terrore: se avrò tanti ordigni da annientare il mio avversario (e lui lo stesso verso me) l’impossibilità che ci sia un vincitore funge da dissuasore, perché nessuno si azzarderà ad usarla per primo…non c’è vincitore in una guerra termonucleare globale. Per un altro degli strani scherzi del destino, l’acronimo M.A.D. che lo rappresenta, in inglese significa pazzo, folle…. Già nel 1956 proprio per regolare la ricerca e l’uso sull’atomo (sia civile che militare) viene fondata l’A.I.E.A., l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, ma questo non frenò la ricerca dell’industria militare. Solo negli Stati Uniti, tra il 1955 e il 1960 si produceva Uranio U 235 e Plutonio Pu 239 (che costituiscono l’esplosivo atomico), nonché il pits, i contenitori speciali per materiale fissile, sufficienti a costruire 7000 testate.(2)

Nel 1986 gli ordigni nucleari nel mondo erano già 69440

Tra il 1967 e il 1972 i colloqui SALT I e II portano ad un primo generico impegno delle più grandi potenze nucleari, USA e URSS, a limitare la crescita di tutti i tipi di armi. Nel 1970 sono stimate in totale più di 38.000 gli ordigni attivi, ad uso tattico o strategico, lanciabili da artiglieria, a caduta libera da aerei o contenuta in testate di missili, “da crociera” o intercontinentali, lanciabili da navi, sottomarini o da terra. Nel 1970 si arriva al primo vero Trattato di non proliferazione nucleare (T.N.P.Treaty of Non Proliferation), che limita il ritmo di crescita degli arsenali e impegna gli stati possessori di tecnologia militare nucleare a non trasferire ad altri stati tali conoscenze, ma di favorire lo sviluppo degli usi civili e pacifici dell’energia atomica. Inizialmente firmato da USA, Gran Bretagna e URSS, oggi unisce 189 paesi. Ma il picco si avrà durante gli anni della presidenza Reagan in America: nel 1986 gli ordigni nel mondo sono circa 69440:  non ha giovato il fatto che già gli USA dal 1959 abbiano in media disattivato 2000 testate e vettori (per lo più per vecchiaia o perché sostituiti da modelli più recenti) all’anno, mentre dal 1986 l’URSS ha proceduto a smantellare circa 3000 testate l’anno. Non è facile trovare per il passato dati più certi, visto il segreto militare più assoluto che ha circondato da sempre i programmi atomici. (3)

Shunk works le città invisibili produttrici di morte

I calcoli totali dal 1945 ci dicono che siano (il condizionale è sempre d’obbligo) state prodotte circa 250/300 tonnellate di Plutonio 239 e oltre 2200 tonnellate di Uranio 235 altamente arricchiti, con conseguenze ecologiche ancora da calcolare pienamente, sia per le devastazioni che richiede l’estrazione dei metalli pesanti, estremamente rari e diffusi, sia per la loro raffinazione e concentrazione, che avviene attraverso processi chimici (reagenti, solventi, aggreganti) che lasciano residui tossici ed altamente radioattivi al contempo. Gli shunk works, le città invisibili, agglomerati urbani dove scienziati e tecnici producevano il combustibile nucleare del tutto indipendenti e circondati dal più assoluto segreto, hanno contaminato migliaia di chilometri quadrati di terreno e minato la vita di migliaia di persone ignare, come Mayak – Chelyabinsk 65 nell’attuale Russia, divenuta tristemente celebre per le conseguenze terribili anche per le migliaia di persone che vi hanno lavorato e vissuto(4).

2031 esperimenti nucleari solo dal ‘45 al ’93, di cui più di 500 solo nell’atmosfera

La corsa al test atomico ha avuto anche risvolti di tipo propagandistico, ovvero quanto più procediamo nella progettazione e costruzione di ordigni sempre più potenti e precisi, tanto più dovremo ritenerci temuti e quindi protetti da ogni minaccia esterna…dal Trinity test del 1945 al 1993 le esplosioni nucleari ufficialmente ammesse dagli stati appartenenti al club atomico sono state 2031. Ben 511 furono svolti in atmosfera, senza alcuna seria previsione della ricaduta dei contaminanti sparati nella alta atmosfera. All’opinione pubblica fu fatto sempre credere che il solo fatto di svolgere test in luoghi desertici (Nevada, deserto del Gobi) o in pieno oceano (atolli di Bikini ed Eniwetok,  Mururoa) tenesse sostanzialmente indenni le popolazioni da ogni rischio di fall out radioattivo, ma se pensiamo che le esplosioni delle prime armi all’idrogeno furono effettuate su isole (atomizzate e cancellate per sempre dalla carta geografica) in aree tropicali a ridosso dell’equatore, ovvero sotto alcune delle correnti di alta quota più forti dell’intera atmosfera… come mettere la farina in un grande ventilatore. E’ stato calcolato che per gli esperimenti degli anni ‘50 nel deserto del Nevada, mediamente ogni cittadino statunitense subì l’irradiazione di circa 2 Rad (Radiation Absorbed Dose – unità di misura delle radiazioni assorbite da un essere vivente) per ogni test, contro gli 0,24 Rad medi annuali che avrebbe dovuto subire dalla radioattività di fondo naturale. Si è calcolato che la quantità di Cesio 137, Iodio 131, Carbonio 14 e Stronzio 90 (quest’ultimo isotopo nemmeno presente sulla Terra prima dell’inizio dell’era atomica) di quei 90 esperimenti nel Nevada sia stato circa diecimila volte maggiore di quello emesso dall’incidente Chernobyl. Le ricerche e le denunce degli scienziati più sensibili alla problematica portarono al Limited Test Ban Treaty del 1963, con la proibizione di effettuare test in atmosfera e nello spazio esterno. Ovviamente tutti d’accordo e con molta enfasi: infatti il trattato permetteva gli esperimenti sotterranei o sottomarini, in condizioni di non dispersione delle scorie radioattive. La conseguenza è stata la centuplicazione dei test militari, ma solo oggi si sta incominciando a diffondere la ricerca su quanti e quali danni hanno effettivamente causato. (si può vedere su Youtube la cartina animata delle esplosioni fino ad oggi http://www.youtube.com/watch?v=-dpaw0OBmB4 ). Tra il 1963 e il 1983 nei soli USA gli esperimenti seguirono una media di una deflagrazione a settimana, praticamente una guerra atomica effettiva.

560 milioni di dollari, i soldi spesi fino ad oggi solo dagli USA per demolire mezzi, strutture e testate e per stoccare Uranio e Plutonio

Dopo il 1989 il break down dell’economia russa (in buona parte provocato dal folle dissanguamento per le spese militari) e del blocco orientale portarono finalmente alla firma di due trattati antiarma, efficaci sul versante dei controlli reciproci: lo St.A.R.T. (Strategic Arms Reduction Teatry) I del 1991 e St.A.R.T. II del 1993, che oltre a porre limiti ben precisi agli armamenti operativi per ogni classe d’arma,  hanno vietato l’uso e lo sviluppo dei MIRV (Multi IndipendentlyTargetable Vehicle, veicolo di rientro a bersagli multipli indipendenti),  ovvero i missili intercontinentali strategici portartori di più ordigni indipendenti nella testata, campo in cui erano in vantaggio i russi. Anche le armi ABM (Anti Balistic Missile), ovvero le armi difensive destinate ad intercettare i missili vettori (compresi i progetti americani sulle cosiddette Star Wars, Scudo Spaziale e altre forme di militarizzazione dello spazio esterno all’atmosfera) hanno ricevuto, forme di limitazione e restano uno dei motivi di maggior frizione fra Stati Uniti e Russia. Questo ha portato a una diminuzione delle armi strategiche più potenti attualmente presenti negli stockpile aderenti al trattato valutate intorno l’80%, compresa la limitazione del numero dei missili, sottomarini e bombardieri strategici pesanti. Le Repubbliche di Bielorussia, Ucraina e Kazakhistan, eredi di arsenali atomici strategici dopo la dissoluzione dell’URSS, hanno aderito al trattato e hanno consentito allo smantellamento del loro potenziale nucleare, seppure dietro a generose sovvenzioni. Solo gli Stati Uniti ad oggi hanno versato alle ex repubbliche sovietiche circa 560 milioni di dollari per provvedere alla demolizione di mezzi, strutture e testate, nonché per lo stoccaggio di Uranio e Plutonio. Nel 2010 I Presidenti statunitense Obama e russo Mevdedev hanno firmato a Praga il trattato New St.A.R.T. introducendo una formula diversa dal passato: più che prevedere nuove riduzioni dell’arsenale strategico (peraltro non ratificato dalla Duma di Mosca, sospettosa circa gli allargamenti della NATO ad Est e per la presenza di militari americani molto più vicini ai confini russi, Kosovo compreso) contiene forme di limitazione alla sostituzione con ordigni di nuova generazione, mirando più che alla parità numerica di potenziale atomico e di vettori di lancio, a quella sostanziale dell’effettivo potere offensivo. Eppure sono pubblici i dati di previsione per nuovi investimenti che porteranno nei prossimi dieci anni alla costruzione di nuovi sistemi d’arma per Russia, Stati Uniti , Cina, quindi la tentazione della corsa all’armamento nucleare è tutt’altro che scongiurata (5)(6).  Attualmente, al netto delle reticenze, dei segreti di stato e dei limiti al controllo da parte di organi internazionali, la situazione nel 2011 è quella riportata nella tabella con le proiezioni del Natural Resources Defense Council e pubblicate sul Bullettin  of Atomic Scientists. Questa tabella induce però un’osservazione spontanea: il club atomico nei fatti si è allargato, perché ai 5 ‘soci fondatori’ si sono affiancati altri 5 stati possessori di armi atomiche: le cosiddette potenze atomiche ‘non dichiarate’, perché hanno sempre negato apertamente di essersi dotate di armamenti nucleari.

Nazione

Testate
operative
strategiche

Testate
operative
non strategiche

Testate
in riserva

Military
Stockpile

TOTALE

 Russia 2,430 0 5,500 8,000 11,000
 Stati Uniti 1,950 200 2,850 5,000 8,500
 Francia 290 n.a.  ? ~300 ~300
 Cina 0  ? ~180 240 240
 Regno Unito 160 n.a. 65 225 225
 Israele 0 n.a. 80 80 80
 Pakistan 0 n.a. 90-110 90-110 90-110
 India 0 n.a. 80-100 80-100 80-100
 Corea del Nord 0 n.a. <10 <10 <10
TOTALE ~4,830 ~200 ~8,650 ~14,000 ~20,500
2011 Dati stimati dal Natural Resources Defense Council e pubblicati sul Bulletin of the Atomic Scientists

 

Israele

Nega ufficialmente di possedere armamenti nucleari, ma si sospetta che abbia una dotazione strategica sin dalla guerra dello Yom Kippur nel 1973 e che sia stato vicino ad usarla già in quel conflitto. Il 22 settembre 1979 il satellite americano Vela 6911, parte di una serie di macchine create per controllare il rispetto del divieto di esperimenti nucleari in atmosfera, registrò un lampo intenso seguito da uno più debole nel settore Sud Atlantico africano: il tipico segno di un’esplosione atomica in atmosfera. Già all’epoca i servizi di spionaggio di mezzo mondo sapevano che Israele e Sudafrica (quest’ultimo paese sempre più isolato per il suo regime di segregazione razziale) collaboravano nello sviluppo di armamenti e tecnologie, ma questo evento fù un salto di qualità.  Il satellite, lanciato nel 1969 e all’epoca già da due anni oltre la sua vita massima operativa, aveva subito delle avarie ai sistemi di registrazione, per cui ufficialmente, per motivi di diplomazia internazionale, il governo statunitense sostenne che il dato non fosse attendibile, generato dall’urto di un micrometeorite con il satellite. In realtà in carriera aveva rilevato ben 41 esplosioni nucleari, alcune delle quali sotterranee, tutte confermate. Per di più , in Australia venne segnalato il contemporaneo aumento di Iodio 131 (tipico sottoprodotto delle reazioni di fissione atomica) negli animali da allevamento. Ma se l’ incidente Vela diede solo forti sospetti, oggi ci sono prove (le fotografie scattate dallo scienziato dissidente Mordechai Vanunu e passate al giornale inglese Sunday Times) che da almeno 20/25 anni sulla base di tecnologie francesi, nel centro ricerche di Dimona, nel deserto del Negev, sia stato creato un complesso che è in grado di produrre Plutonio 239 per circa dieci testate all’anno, e che abbia sviluppato tecnologie che rendono gli ordigni , di tipo tattico (Israele è forse lo stato più assediato al mondo oggi, con distanze dagli obbiettivi sensibili estremamente ridotte rispetto ad altre situazioni geopolitiche) più leggeri, compatti ed affidabili. C’è anche il sospetto  che sia iniziata anche la produzione di armi termonucleari strategiche di grande potenza. Attualmente le valutazioni contrastanti danno presenti nell’arsenale israeliano dalle 80 alle 200 testate. In ogni caso, Israele risulta dopo U.S.A., Russia, Cina ed Inghilterra la potenza nucleare più forte sul pianeta. Il nervosismo circa le dichiarazioni del bellicoso vicino Iran e le preoccupazioni forti circa il programma clandestino atomico di quest’ultimo sono notizie all’ordine del giorno….

Pakistan

Dal 1972, nonostante i grandi problemi di povertà e instabilità politica interna, ha sviluppato la tecnologia e le capacità nucleari, principalmente per contrastare il suo vicino-nemico indiano, col quale permane uno stato di guerra latente sul fronte himalayano. Le testate, lanciabili da aviogetti o attraverso missili sono valutate fra le 60 e le 100. Le penetrazioni dell’islamismo radicale anche ad alto livello nella classe dirigente del paese da alcuni anni a questa parte, sta facendo venire i sudori freddi ai servizi di intelligence di molti paesi, per quanto il Pakistan risulti saldamente inserito fra gli stati amici degli U.S.A. e di molti altri occidentali. Non ha firmato i trattati internazionali di non proliferazione.

India

Lo stato-subcontinente ha sviluppato una piccola (per quanto possano esser considerate poche 100/150 testate) ma efficiente forza di reazione nucleare di media potenza, ma montata su missili balistici a medio raggio di produzione nazionale, frutto della collaborazione con la ex U.R.S.S. durante i molti anni di confronto con il Pakistan. Ufficialmente l’India nega di avere armi nucleari e non ha firmato i trattati  internazionali  di non proliferazione.

Corea del Nord

Uno degli ultimi baluardi del comunismo stalinista (è retto da Kim Il Yong, presidente-dittatore a vita ed erede del padre Kim Il Sung) in stato di guerra latente col Sud Corea dal 1953 (fine della guerra di Corea e pace di Panmunjon), con una situazione economica sempre più tragica, fino a poco tempo fa ha potuto contare sull’aiuto generoso del vicino alleato cinese. Il programma nucleare nordcoreano risale agli anni 70, iniziato con la modifica ai reattori ottenuti da russi e cinesi per sopperire alla cronica mancanza di fonti energetiche di un paese del tutto isolato dagli altri, paranoico e armato fino ai denti. Negli ultimi anni ha ricominciato a sperimentare tecnologie missilistiche (inquietanti il lancio di un vettore a lungo raggio nel Mar Giallo che hanno allarmato il Giappone) vendute anche ad altri stati. Ha aderito al trattato di non proliferazione, salvo poi denunciarlo, togliere i sigilli della A.I.E.A. ai propri reattori e ricominciare l’arricchimento del Plutonio (in Nord Corea  vi è un giacimento di plutonio, per quanto poco consistente), per poi tornare nel 2005 ad accettare il controllo internazionale, in cambio di aiuti economici. Ma nel 2006 sorprende tutti effettuando il primo esperimento atomico sotterraneo, seguito dal secondo nel 2009, per quanto Washington nel 2008 avesse già escluso il paese dalla lista nera degli stati che usano il terrorismo. Numerosi scontri si sono verificati (tra gli ultimi l’affondamento di una corvetta sudcoreana con molti morti, atto negato dai nordcoreani) e nel novembre 2010 cannoneggiamento delle due isole Jeopeong, a 12 km dalla costa nordcoreana, tutti atti di minaccia destinati a  ottenere dagli stati ricchi aiuti in materie prime e alimenti per una dittatura ferrea e sull’orlo della carestia più nera. E’ un paese guardato con estrema preoccupazione dalla comunità internazionale, attualmente la sua capacità offensiva si calcola attorno a dieci – venti testate, di potenza limitata. Il futuro della  Corea del Nord è uno dei dilemmi più difficili con cui la comunità internazionale è chiamata a confrontarsi. (8)

Sudafrica

Secondo molte indiscrezioni, lo stato Sudafricano straricco, ma circondato da nazioni ostili, negli anni ‘70 sviluppò un programma parallelo con Israele, il quale già nel 1975 avrebbe offerto armi atomiche in acquisto al Sudafrica. Le armi, di tecnologia e potenza paragonabili a quelle di Hiroshima e Nagasaky, sono state sei. Isralele avrebbe fornito la tecnica ed il personale, il Sudafrica l’Uranio, che è abbondante nelle sue miniere. Dopo il 1989 ufficialmente il governo di Pretoria smantellò le sue testate  ed aderì al trattato di non proliferazione. L’ incidente Vela, spiegato più sopra nella parte dedicata ad Israele, pare sia stato frutto di una collaborazione tra Israele e Sudafrica. Il numero di armi strategiche ad alto potenziale certo è diminuito rispetto agli anni della folle corsa alla bomba, tuttavia resta statisticamente possibile l’errore che possa far scatenare una reazione, la guerra totale per errore. Inoltre, il numero di incidenti nucleari, con perdita di ordigni, vettori e di materiale fissile è impressionante, seppure concentrato negli anni in cui le forze di intervento rapido mantenevano costantemente 24 ore su 24 aerei, sottomarini, navi in movimento, carichi di armamenti attivabili in tempo brevissimo. Ma questo è già un altro discorso.

di Davide Migliore

 

(1)http://nuclearweaponarchive.org/Usa/Tests/Trinity.html ;

http://www.progettohumus.it/nucleare.php?name=specialtrinity

(2) http://www.fas.org/programs/ssp/nukes/nuclearweapons/nukestatus.html  Site of Federation of American Scientists (FAS)

(3) http://it.wikipedia.org/wiki/Trattato_di_non_proliferazione_nucleare

(4) Paolo Cotta  Ramusino, Università degli Studi di Milano, Unione Scienziati per il Disarmo, atti del seminario ENEA sull’impegno italiano per il controllo internazionale degli armamenti nucleari, Bologna 29 Novembre 2010.

(5) Test Nucleari : giocare col Plutonio, di Paolo Cortesi

http://www.minerva.unito.it/Chimica&Industria/MonitoraggioAmbientale/A2/TestNucleari.htm

http://www.archiviodisarmo.it/template.php?pag=51699  “Archivio Disarmo”

(6) http://it.wikipedia.org/wiki/Accordi_START : gli accordi START I e II , l’inizio del vero contenimento e riduzione degli arsenali atomici.

(7) http://www.peacelink.it/pace/a/4536.html  i segreti nucleari di Israele.

(8) http://it.wikipedia.org/wiki/Corea_del_Nord  il programma nucleare nordocoreano.

http://www.lapaco.org/scheda-paese-corea-del-nord.html

(9)    http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/05/25/quando-israele-offri-atomica-al-sudafrica.html

 Fonte generale:  Giuseppe Longo – Vittorio Silvestrini , L’atomo Militare, Editori Riuniti 1987

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