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Sottomarini e satelliti si spiano, si controllano: sale la psicosi dell’attacco a sorpresa

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Sottomarini e satelliti si spiano, si controllano: sale la psicosi dell’attacco a sorpresa

Pubblicato il 30 marzo 2018 by redazione

Decollo su allarme di un B52 C del S.A.C. dalla Fairchild Air Force Base.

Decollo su allarme di un B52 C del S.A.C. dalla Fairchild Air Force Base.

Nella prima metà degli anni ’80, il confronto fra gli apparati militari delle superpotenze nucleari, spesso a distanza ravvicinata, avvenne certamente nei mari. La tecnologia in rapido ascesa, specie quella informatica, aveva creato una specie di stallo nello sviluppo degli armamenti nucleari: USA, URSS (e di conseguenza i rispettivi alleati) possedevano o stavano sviluppando sistemi d’arma tali da neutralizzare gli arsenali d’attacco del rispettivo avversario. Questo vuol dire gli armamenti strategici trasportati da aerei o da missili.

Gli USA stavano lanciando il faraonico programma delle “Star Wars”, satelliti e mezzi missilistici operativi nell’orbita terrestre capaci di colpire le testate nucleari dei missili balistici intercontinentali prima che potessero entrare nel proprio spazio aereo, anche con lo sviluppo di sistemi laser. L’URSS, attirata dall’idea di creare una rete di satelliti di difesa, era conscia di non avere sufficienti risorse, per cui si affidò all’industria spaziale, per avere satelliti di sorveglianza più sofisticati, e a quella missilistica per dotarsi di armi capaci di colpire i mezzi offensivi nemici, per lo più missili antiaerei e relativi sistemi di controllo.

Restava però difficile avere sotto i mari il controllo al 100% delle mosse dell’avversario: in caso di guerra un sottomarino poteva avvicinarsi inosservato al territorio dell’avversario, specie grazie a sistemi di propulsione sempre più silenziosi e colpire con il lancio subacqueo di missili a testata nucleare, lasciando all’avversario solo pochi minuti di tempo prima delle detonazioni. I sottomarini lanciamissili, quasi tutti con propulsione nucleare, furono i mezzi su cui puntarono le maggiori potenze nucleari, in particolare l’Unione Sovietica, in una gara che rese però sempre più sospettosi e nervosi governi ed apparati militari.

A che punto è arrivato l’avversario nello sviluppo dei sottomarini da attacco? Ha raggiunto tecnologie in grado di garantire un attacco a sorpresa? I miei mezzi aerei e marini saranno all’altezza di coprire la minaccia? Queste erano le domande che tormentavano i vertici di Mosca e Washington, mentre in tutto il mondo cresceva di nuovo la paura dell’olocausto nucleare. In questo panorama di crescente tensione internazionale, i militari continuavano a combattere davvero la guerra fredda, spiandosi e sfidandosi reciprocamente nel dominio del campo di battaglia ormai più importante, sotto la superficie dei mari. Questa è la storia degli incidenti che sono accaduti e dei rischi che ancora gravano sull’umanità per colpa degli avvenimenti di quegli anni.

1982

22 marzo il sottomarino lanciamissili nucleari americano USS Jacksonville, della classe Los Angeles,  entrò in collisione con il mercantile turco General Z. Dogan, mentre navigava in superficie a circa 25 miglia est di Cape Charles, in Virginia, senza che alcuno dei due natanti subisse danni rilevanti.

Immagine 3 sottomarini nucleari da attacco sovietici classe Alpha all'attracco in una base nell'Artico o nel Baltico

Figura 1: sottomarini nucleari sovietici appartenenti alla Classe Alfa all’attracco in una base della Marina, probabilmente nel Mar baltico o Artico. Si noti come tutti i sottomarini siano collegati con tubazioni che portano costantemente vapore, necessario per mantenere allo stato liquido il metallo (piombo e bismuto) usato in questi sottomarini per raffreddare i reattori nucleari , al posto dei sistemi tradizionali a base di acqua mantenuta ad alta pressione (oltre 300 atmosfere).

8 agosto (vedi fonti generali nelle note) la marina russa “ricambiò il favore” quando il sottomarino K 123 , appartenente alla classe Alpha (figura 1) in codice NATO, emerse  durante un pattugliamento nel mare di Barents con una perdita grave nel sistema di raffreddamento. Gli Alfa, cacciasommergibili capaci di velocità massime intorno ai 40 nodi in immersione (circa 74 chilometri all’ora), basavano le loro prestazioni sull’uso esteso di titanio ed altri materiali di eccellenza e su reattori raffreddati a metallo liquido (LMC, Liquid Metal Cooled), costituito al 44% da Piombo e al 56% circa da Bismuto, con una temperatura di ebollizione alta, intorno ai 1670° gradi. Ma questo sistema ha anche un tallone di Achille: se la temperatura del liquido scende sotto i 123° il metallo solidifica nelle tubazioni, lasciando il reattore privo di raffreddamento, completamente dipendente  della rapidità con cui il sistema di sicurezza riesca acalare  le barre neutrone-assorbenti tra quelle di Uranio U235 del combustibile… Quindi il sistema a vapore di preriscaldamento doveva restare sempre acceso, sia in navigazione che in attracco in porto,  con problemi tecnici e logistici  enormi. Nell’incidente dell’8 agosto, il metallo liquido invase la camera del reattore da una perdita nel generatore di vapore, solidificandosi attorno alla camera del reattore in un blocco unico che lo rese irreparabile. Nonostante questi sottomarini fossero dotati di RRCU (Removable Reactor Core Unit), cioè di moduli contenenti il reattore removibili autonomamente dal resto del battello. Tuttavia l’avaria fu talmente grave (risultarono sversate oltre 2 tonnellate di metallo) che il comparto reattore, altamente contaminato, dovette essere tagliato via e posto in custodia in un deposito per rifiuti nucleari, in attesa di capire come separare il Piombo dall’Uranio. Ci vollero ben nove anni di lavori (e di sicuro una spesa elevatissima)eseguiti presso i cantieri SevMash di Severodinsk prima che il K 123 potesse rientrare in servizio.

19 agosto (nota 1), l’HMS Revenge, sottomarino lanciamissili al servizio di Sua Maestà Britannica ed appartenente alla classe Resolution, subì un danno grave agli ingranaggi di trasmissione all’elica per la presenza i detriti metallici (sabotaggio o negligenza?), come una commissione tecnica appurò. L’unità aveva passato quasi 2 anni e mezzo al porto militare di Rosyth, sottoposto a un programma di profonda revisione del battello. Il sottomarino dovette passare ancora alcuni mesi in porto per riparare i danni.

21 settembre, secondo fonti del Dipartimento della Difesa americano la nave da pesca  Howard M. , mentre era impegnata in una battuta di pesca ai gamberi a largo delle coste dello stato di Washington, nell’Oceano Pacifico, fu trascinata per oltre un miglio e mezzo da un oggetto rimasto intrappolato nelle sue reti, identificato probabilmente in un sottomarino nucleare Sovietico impegnato in una crociera di sorveglianza. Solo il cedimento di un cavo delle reti evitò peggiori conseguenze sia per il peschereccio che per il sottomarino.

28 (nota 2) ancora un incidente durante lavori di manutenzione orinaria per un sottomarino americano, questa volta l’USS Sam Houston (SSN609):  mentre è ancorato nel Puget Sound Naval Shipyard, nello stato di Washington,  subisce una perdita di acqua dell’impianto di raffreddamento, circa 50 galloni (circa 190 litri) di liquido a bassa radioattività. L’incidente irradia in maniera lieve due addetti alla manutenzione, mentre il liquido viene recuperato prima che uscisse dallo scafo del sottomarino. Le autorità si affrettarono a dichiarare che il reattore al momento era spento.

29 novembre (nota 3) l’USS Thomas A. Edison (SSBN 610) venne investito mentre si trovava a quota periscopica dal destroyer USS Leftwich (DD-984) mentre si trovavano nel Mar Cinese Meridionale per esercitazioni antisommergibili. Il battello era in fase di emersione e la nave di superficie non rispettò le distanze previste. Seppure con la torre e i timoni di profondità danneggiati, il battello riemerse e navigò in superficie fino alla base di Subic Bay nelle Filippine, per riparazioni urgenti. Il reattore nucleare venne tenuto sempre sotto controllo e non riportò danni dall’incidente. Poi il battello rientrò a Bremerton (nello stato di Washington) con una penosa  navigazione in superficie di 35 giorni. Il sottomarino venne radiato nel 1983, dopo un breve periodo di servizio, trasformato in sottomarino da attacco (SSN) e non più lanciamissili, per le norme del trattato di riduzione armamenti e vettori SALT 1, ma anche per i danni subiti durante l’incidente che ne compromisero definitivamente l’affidabilità.

12 dicembre è il sottomarino lanciamissili nucleare inglese HMS Spartan finisce nelle reti del peschereccio d’altura Algrie, a largo di Land’s End in Cornovaglia. Al prezzo delle preziose reti, che dovettero essere tagliate, il sottomarino riuscì a liberarsi e a proseguire la navigazione. Ma incidenti del genere potrebbero essere potenzialmente molto pericolosi, qualora rendessero inservibili le superfici di controllo e navigazione.

31 dicembre, ultimo giorno del 1982, l’USS Permit (SSN 594) mentre naviga in superficie entra in collisione con l’USS La Jolla (SSN701) altro sottomarino nucleare della US Navy, che naviga invece in immersione a quota periscopica. L’incidente avviene ad appena 30 miglia dalla città di san Francisco, per fortuna si risolse in danni non gravi per entrambe le unità, per quanto il Permit riportò uno squarcio di alcuni metri sulla parte inferiore dello scafo.

1983

17 febbraio la militarizzazione e l’atomizzazione dello spazio esterno al pianeta ritornò alla ribalta quando i centri spaziali russi persero il controllo di un altro satellite – spia, il Cosmos 1402 (nota 4). Come per altri casi citati nelle precedenti parti, il problema consisteva nell’ampio uso di piccoli reattori nucleari per garantire l’energia elettrica ai sistemi operativi del satellite. Una volta ultimata la vita operativa dello stesso ed esaurito il combustibile nucleare, il reattore doveva essere semplicemente “parcheggiato” su un’orbita superiore ai 500 km dall’atmosfera, in quarantena eterna,  lontano a sufficienza perché la forza di gravità non finisse per risucchiarlo indietro nell’atmosfera. Ma non sempre, come in questo caso, l’ottimismo dei tecnici riuscì ad evitare l’opera sabotatrice del caso, dimostrando quanto sia irresponsabile lanciare delle palle di metallo piene di Uranio o Plutonio sopra le nostre teste…. Come dicevamo, per il Cosmos 1402 sin dall’inizio le cose non andarono per il verso giusto. Lanciato dal territorio sovietico, molto probabilmente dal grande centro aerospaziale di Baikonur, il 23 agosto del 1982, incominciò ben presto a dare problemi ai tecnici sovietici, tanto da programmare il lancio del reattore verso l’orbita “di stoccaggio”. Lì avrebbe dovuto restare per almeno 2000 anni, al sicuro per la salute umana e in attesa del naturale decadimento dell’Uranio U235, presente a bordo in ben 50 chilogrammi. Ma il comando di lancio non funzionò a dovere, così che prima il satellite rientrò a bruciare nell’atmosfera il 23 gennaio, poi fu la volta del reattore con i suoi 50 chili di Uranio a polverizzarsi sopra l’Oceano Atlantico meridionale. Il problema enorme è che nessuno pteva prevedere dove l’Uranio sarebbe caduto, ormai ridotto in pulviscolo finissimo ma ancora radioattivo come lo era quando si presentava in forma di barre combustibili. Avrebbe potuto concentrarsi in un’area particolare della superficie terrestre, come accadde al Cosmos 954, oppure resterà sospeso negli strati alti dell’atmosfera, in balia delle correnti. Il Dipartimento dell’Energia statunitense diede il via ad una ricerca approfondita attraverso l’uso di spettrometri di massa spediti negli strati-limite dell’atmosfera con palloni sonda metereologici. I dati dei micro filtri in carta e delle registrazioni degli spettrometri vennero studiati dall’Enviromental Measurement Laboratory di New York e dal National Bureau of Standards di Gaithersburg: ben oltre un anno dopo il rientro l’Uranio 235 era presente negli strati superiori dell’atmosfera in concentrazioni superiori alla radioattività di fondo naturale. Così come quantità di uranio arricchito U238 chiaramente eccedenti il normale furono evidenziate in almeno uno dei filtri di uno spettrometro. La domanda terribile è come e quando entreranno nella catena alimentare, verranno respirate da esseri viventi o comunque come si concentreranno nell’ambiente queste polveri. Secondo una valutazione fatta dalla Martin Marietta (colosso aerospaziale americano che produceva satelliti e testate nucleari) sulla base di analoghe dispersioni avvenute in precedenza, la quantità di Uranio nel reattore del Cosmos poteva esser sufficiente a causare la morte di almeno 40.000 persone per cancro al polmone, oltre che entrare stabilmente nella catena alimentare attraverso le piogge ed i venti. A trent’anni di distanza esatti, nessuno può dire dove sia quell’Uranio, nemmeno escludere che una parte di esso si trovi ancora nell’atmosfera sopra di noi.

28 aprile  la più grande (e longeva, con i suoi oltre 50 anni di servizio) nave da guerra di tutti i tempi, la portaerei nucleare USS Enterprise (CVN 65) al rientro  dopo una crociera di 8 mesi nel Pacifico, si arenò su alcune rocce all’ingresso del porto di San Francisco. Dopo 5 ore di incessante lavoro, grazie alla marea e a numerosi rimorchiatori intervenuti riuscì a disincagliarsi e a entrare nella baia. Ufficialmente nessuno dei ben 8 reattori che potenziano ancora oggi la nave subì alcun danno dall’impatto. (nota 5)

1 e il 23 giugno In un giorno qualsiasi di questo periodo, a sud della penisola della Kamchatka, un sottomarino a propulsione nucleare classe Charlie I (probabilmente il K 429) appartenente alla Flotta Sovietica del Pacifico, andò a fondo poco dopo aver lasciato la base navale di Petropavlovsk. Secondo fonti dell’ “intelligence” occidentale, l’incidente causò la morte di tutto l’equipaggio (90/100 uomini circa) o almeno della maggior parte di esso. Il battello venne recuperato dai Sovietici nel mese di agosto, essendo adagiato su un fondale di solo 50 metri, mentre le osservazioni della US Navy statunitense sui lavori di recupero assieme a prelievi ambientali effettuati nei pressi del relitto confermarono che non vi era stata alcuna contaminazione. Ancora oggi non sono note le cause dell’incidente, probabilmente un guasto meccanico o un incendio, piuttosto frequenti sui battelli russi. Ironia della sorte, il K 429 andò di nuovo a fondo poco tempo dopo, mentre era ormeggiato in porto, per un errore umano.

19 luglio il rischio di incidente nucleare viene corso dalla USS Texas (CGN 39) (nota 6) incrociatore lanciamissili da crociera classe Virginia, che rimase danneggiata nello scafo sotto alla linea di galleggiamento per l’urto con una banchina, mentre salpava dal porto di Brisbane, in Australia. La nave era spinta da due reattori D2G e armata con missili da crociera Tomahawk , equipaggiabili con testate nucleari. L’incidente rende bene l’idea di quanto sia pericoloso, anche per gli equipaggi più addestrati, manovrare grandi navi con presenza nucleare a bordo, anche in situazioni di pace e relativa calma.

Agosto, in Scozia, vicino alla città di Glasgow, mentre un trasporto della Royal Air Force sta portando due testate per missili Polaris, venne coinvolto in un incidente stradale con una auto. Il mezzo restò danneggiato, ma lo “shelter” corazzato resse e le testate non subirono alcun danno. Dell’incidente non si conosce molto altro, resta lo sconcerto di come alcuni degli oggetti più pericolosi al mondo possano essere esposti a rischi di questo tipo.

18 settembre (nota 7) il sottomarino da attacco inglese HMS Conqueror (S48), appartenente alla classe Churchill, fu vittima di un incendio mentre si trovava in secca in bacino di carenaggio a Devonport, per lavori di aggiornamento. Secondo il report ufficiale, l’incendio fu posto rapidamente sotto controllo e in nessun momento vi è stato rischio per il reattore nucleare. Il Conqueror divenne famoso poiché fu il primo sottomarino nucleare a vedere  un impiego bellico, durante la guerra delle Falkland/Malvinas, avendo silurato il 1 maggio 1982 l’incrociatore argentino General Belgrano. I

31 ottobre un altro contatto ravvicinato fra i grandi contendenti della guerra fredda portò vicino ad una catastrofe ambientale: la fregata della US Navy USS McCloy (FF-1038) (nota 8) mentre trainava a largo delle Bermuda un trasmettitore sonar, perse improvvisamente l’apparecchio. Il giorno dopo un aereo pattugliatore P3C della marina individuò un sottomarino nucleare russo classe Viktor III in superficie, a 282 miglia marine dall’isola di Bermuda, in evidente difficoltà. Secondo fonti ufficiali della marina il sottomarino stava seguendo le esercitazioni per testare le prestazioni dei sistemi antisom americani, quando il traino del McCloy lo ha colpito all’elica. Il 5 novembre una nave appoggio sovietica prese al traino il sottomarino fino al porto cubano di Cienfuegos. L’assenza di radioattività attorno al battello confermò l’ipotesi che per fortuna fu solo il sistema di trasmissione finale della propulsione a restare danneggiato. L’anno si chiude con l’incidente occorso al sottomarino lanciamissili strategici USS Florida (SSBN / SSGN 728).

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Figura 2: la camera di controllo immersione, durante la navigazione subacquea sul sottomarino lanciamissili statunitense USS Florida (SSBN/SSGN 728).

19 dicembre (nota 9). Il sottomarino (figura 2), inizialmente appartenente alla classe Trident, poi trasformato in un classe Ohio armato con 154 missili tattici guidati Tomahawk, restò lievemente danneggiato dalla collisione con un oggetto sommerso mentre navigava nel Long Island Sound, ma fu in grado di raggiungere la base di partenza. Fonti della US Navy non furono in grado di fare ipotesi sulla collisione.

1984

10 gennaio l’US Air Force rischiò di rivivere un incubo da cui era già passata nel settembre del 1980 : questa volta siamo nella Warren Air Force Base, in Wyoming, dove dal 1963 ha sede il 90th Missile Wing (attualmente rinominato 90th Space Wing), con le sue sotto – unità 319th, 320th e 321st Missile Squadron. Ogni  Squadronè responsabile del controllo di 50 silos sotterranei, sparsi su una superficie di centinaia di chilometri quadrati nelle campagne tra gli stati del Wyoming, del Nebraska e del Colorado, ognuno contenente un missile balistico intercontinentale Minuteman III,  per un totale di 150 missili. Ogni gruppo di 10 silos fa capo ad una struttura di controllo lancio, che a sua volta fa riferimento al comando di Squadron, il tutto controllato a sua volta dal comando del 90th Wing, a sua volta sotto il comando del NORAD, il centro di comando strategico di difesa del Nord America. Quel 10 gennaio  tutto sembra procedere come al solito nel turno del personale di controllo: non si può non notare il senso dell’humour dei militari, che hanno dato un nomignolo a ciascuno dei silo sotterranei: basta dare un occhio al sito http://asuwlink.uwyo.edu/~jimkirk/warren-mm.html , che pubblica una foto satellitare di ogni installazione con il suo soprannome. Accanto a dediche a personaggi o luoghi geografici  ci sono anche nomignoli come  Life’s End (fine della vita), Armageddon, Doomsday (giorno del giudizio universale), Pestilence (pestilenza), Worldwide Winter (inverno globale), Starving Children (bambini affamati), Hunts Humans (grossomodo, cacciatore di umani, n.d.r.), Blood and Ashes (sangue e ceneri), Genocide (genocidio), Apocalypse, Agony (agonia), Fire Storm (tempesta di fuoco) e così via…probabilmente è un modo di reagire  al fatto di avere in mano le chiavi della distruzione di massa e di passare buona parte del proprio tempo sottoterra, accanto alle cose più letali che l’uomo abbia mai creato…. dal silo H 10, soprannome “Damned” (dannato, mledetto) al centro di controllo arriva un segnale che il missile Minuteman III custodito nelle sue viscere si sta preparando alla sequenza di lancio. Gli uomini  nel silo H 10 evidentemente non erano responsabili di questa attività non autorizzata, ma comunque il sistema computerizzato indicava chiaramente che la procedura di riscaldamento motori e check-up sistemi era iniziata. Possiamo solo immaginare lo stupore, la crescente ansia dei tecnici e della catena di comando quando fu chiaro che ogni tentativo fatto per esautorare il controllo elettronico risultava inutile, il sistema stava procedendo a un lancio reale, verso un obbiettivo già registrato nella guida elettronica della testata, nel cuore dell’Unione Sovietica. Anche se teoricamente per l’attivazione della testata i cervelli elettronici richiedono il codice di lancio in possesso solo del Presidente, custodito nella cosiddetta ‘valigetta atomica’, la situazione stava diventando così paradossale che nulla poteva esser dato più per scontato, l’impossibile stava accadendo…. Se il portello a prova di esplosione atomica fosse rimasto chiuso, con le sue 110 tonnellate di peso sarebbe stato sufficiente a fermare il missile, intrappolato nel silo. Ma le possibili conseguenze della deflagrazione di migliaia di chili di combustibile ad altissima resa con in cima, come ciliegina sulla torta, una testata termonucleare sono sufficienti a far venire un attacco di cuore…mentre in tutti i modi gli avieri cercavano di strappare il controllo del missile al computer, sull’uscita del silo venne parcheggiato addirittura un mezzo corazzato, a prova dello stato di disperazione totale in cui si trovavano gli uomini dell’USAF. In una maniera o nell’altra i tecnici riuscirono a riprendere il controllo dell’arma. L’incidente fu naturalmente classificato come segreto (avrebbe clamorosamente smentito la spavalda sicumera ufficiale delle autorità sul controllo assoluto delle armi atomiche) per 4 anni, fino a che la cosa arrivò ad un reporter, che con una serie di indagini riuscì a fare ammettere al Dipartimento della Difesa l’accaduto.

15 febbraio l’unità di addestramento armi nucleari – Atlantico della US Navy lancia il codice “ OPREP 3 Navy”  bent spear”, ovvero  nel codice  del pentagono, un incidente che comporti la perdita di un’arma nucleare o di materiale fissile, con contaminazione ambientale. L’incidente sarebbe occorso durante operazioni su una testata W80T (trainer), cioè sulla  versione da addestramento del missile da crociera BGM 109 Tomahawk, con perdita della stessa o di materiale radioattivo. Né le coordinate, la nave o le conseguenze finali dell’incidente sono note. Resta curioso che su una testata da addestramento vi fosse materiale altamente pericoloso come su un ordigno operativo.

12 marzo avviene una collisione notturna fra la portaerei statunitense USS Kitty Hawk (CV 63) (nota 10) ed un sottomarino da attacco nucleare sovietico appartenente alla classe Viktor I, il K 314. La collisione avvenne nel mar del Giappone, a circa 100 miglia nautiche dalle coste nipponiche, mentre la flotta americana procedeva verso il Mar Giallo meridionale, dove avrebbe partecipato all’esercitazione “Team Spirit 84” assieme alla Marina Sud-Coreana. Il sottomarino russo a propulsione nucleare  era stato individuato dalle unità di scorta da molte ore, tanto che le stesse avevano simulato l’aggancio e la distruzione dello stesso almeno una quindicina di volte. Quando però al tallonamento delle unità americane si aggiunsero anche unità di superficie russe provenienti dalla base di Vladivostock, il comandante della Kitty Hawk decise che ne aveva abbastanza ed iniziò una manovra per “seminare” la flotta russa. In quel momento il K 314 stava riemergendo a quota periscopica per localizzare la portaerei americana e riprendere l’inseguimento, ma la sua posizione era troppo a ridosso dell’unità americana, che lo speronò.  Il sottomarino effettuò un’emersione di emergenza e rimase immobile in superficie, privo di controllo, con i segni evidenti della collisione sul ponte. Immediatamente affiancato dall’incrociatore Petropavlovsk, nelle ore successive venne preso al traino da una nave – appoggio e riportato alla sua base di partenza.  La Kitty Hawk subì un danno allo scafo, con danneggiamento di uno dei serbatoi di carburante per aerei, che però non le impedì di proseguire e partecipare alle manovre. In seguito, una volta raggiunta la base di Subic Bay nelle Filippine per  le riparazioni, nella parte prodiera dello scafo venne  trovata incastrata l’intera elica del sottomarino! Inoltre parte del rivestimento antisonar dello stesso era rimasto anche questo attaccato alle paratie della nave americana, a testimonianza della durezza della collisione. La Kitty Hawk aveva propulsori convenzionali, ma sicuramente come tutte le grandi unità aveva diverse decine di armi nucleari destinate ai velivoli imbarcati, mentre il sottomarino russo, oltre il suo reattore  ad alta pressione, aveva almeno 2 siluri a testata nucleare a bordo, come da dotazione standard. Un incidente del tutto simile era avvenuto nel Mediterraneo nell’agosto 1976.

2 aprile successivo il giornale The Glasow Herald pubblicò la notizia secondo cui sul sottomarino lanciamissili a propulsione nucleare USS Sam Rayburn (SSBN 635) al suo rientro da una crociera oceanica nella base scozzese di Holy Loch, sarebbe stato trovata radioattività diffusa su tutto lo scafo (nota 11). La notizia sarebbe stata tenuta riservata dalla US Navy e dalla Royal Navy britannica in quanto sarebbe stato il risultato della collisione in navigazione con un altro sottomarino avvenuta alla fine del 1983, che avrebbe causato una perdita nel sistema di raffreddamento (problema mai del tutto risolto evidentemente), con la conseguente contaminazione del sottomarino e delle acque in cui questo stazionava. La US Navy rispose ufficialmente che la radioattività, tanto lieve da non essere rilevabile con i normali rilevatori Geiger, era dovuta a una leggera perdita nel sistema secondario di raffreddamento. Ma la politica ufficialmente seguita dalla Marina Americana di “non negare, né confermare” altre notizie delicate non fece che aumentare la controversia già aperta da tempo con le comunità attorno alla base.

23 aprile (nota 12): mentre si appresta a lasciare il porto militare di Norfolk, l’anziano battello appoggio USS Kittiwake (ASR 13) investì il sottomarino nucleare d’attacco USS Bergall (SSN 667), provocandone la rottura dell’alloggiamento sonar. Il Kittiwake ebbe l’elica danneggiata e dovette rientrare in bacino per le riparazioni. La causa dell’incidente (che poteva avere conseguenze peggiori) fu individuata in un tragicomico errore di manutenzione da parte del personale della base, per cui i comandi motore della nave appoggio risultarono in posizione invertita: la USS Kittiwake quindi partì macchine indietro invece che in avanti, come l’equipaggio si aspettava… Secondo L’Oxburgh report del 1992 (nota 13).

Immagine-5-una-bomba-termonucleare-tattica-inglese-WE-177-sul-suo-carrello13 maggio (alcune fonti citano il giorno 14) in una non identificata base della RAF in Germania durante il trasferimento di alcuni ordigni nucleari WE177 (figura 3), uno dei contenitori di protezione in cui venivano trasportate cadde dal carrello per un errato aggancio. All’impatto uno degli attrezzi necessari al montaggio e manutenzione dell’arma (attrezzi che erano sistemati all’interno del contenitore assieme alla bomba) si liberò e danneggiò esternamente l’involucro della bomba stessa. Da allora gli attrezzi non vennero più custoditi assieme alle armi nucleari.

11 agosto il sottomarino a propulsione nucleare lanciamissili USS Nathanael Greene (SSBN 636) della classe James Madison  avrebbe perso l’elica mentre è in navigazione nel Mare d’Irlanda (nota 14). Sarebbe poi rientrato alla base scozzese di Holy Loch usando un sistema di propulsione secondario. Non potendo ricevere le riparazioni necessarie e la sostituzione dell’elica, il sottomarino fu trainato fino alla base dei sottomarini di Sua Maestà britannica a Faslane. Qui mentre il battello era in secca nel bacino di carenaggio, 18 agosto fu vittima di un incendio scoppiato nelle attrezzature del bacino. Ma l’incendio venne prontamente domato prima che potesse intaccare il sottomarino. Le fonti ufficiali della marina statunitense e di quella inglese negarono la presenza di armi nucleari sull’unità o la possibilità di rischi corsi dal reattore.

18 settembre successivo fu il giorno nero della flotta sottomarina sovietica e uno dei peggiori per i rischi corsi di incidenti nucleari in mare (vedi fonti generali). Nello stretto di Gibilterra, un sottomarino nucleare classe Viktor I fu gravemente danneggiato nella collisione con la poppa di una petroliera, anch’essa russa. Il sottomarino, secondo una pratica molto usata dai sottomarini, stava sfruttando la scia sonora del grande natante per passare nel Mediterraneo inosservato dai mezzi antisom inglesi e spagnoli, in pattuglia nello stretto. Secondo la rivista specializzata nel settore difesa Jane’s Defense Weekly il sottomarino probabilmente è incappato nello scorrimento fra correnti calde del Mediterraneo e correnti fredde provenienti dall’Atlantico. La corrente più calda, come un enorme fiume, è stata talmente forte da non permettere alcuna correzione da parte dell’equipaggio del sottomarino, che è stato trascinato verso la superficie dalle acque più calde. Il sottomarino ebbe il doppio scafo a prua squarciato, l’alloggiamento del sonar e i tubi di lancio prodieri devastati, tuttavia riuscì a guadagnare l’approdo amico di Hammamet in Tunisia per le riparazioni più urgenti, prima di tornare alla propria base nella penisola di Kola. Lo stesso giorno, nel Mar del Giappone,  mentre sta procedendo a una battuta di pesca al gambero il peschereccio d’altura Sumyoshi Maru intrappolò nelle sue reti un sottomarino lanciamissili nucleari russo classe Golf II. Per più di 3 ore il natante venne trascinato finché il pesante cavo d’acciaio delle reti cedette. Due giorni dopo pattugliatori oceanici di stanza in Giappone individuarono il sottomarino in superficie mentre veniva assistito da altre navi sovietiche, con chiari segni di un incendio a bordo. Con tutta probabilità lo sforzo di liberarsi dalle reti ha causato un sovraccarico nell’impianto elettrico del sottomarino, che è andato in corto circuito. Di seguito, il battello ha ripreso la navigazione rientrando alla base di Petropavlovsk. Lo stesso giorno (anche se per alcune fonti l’incidente sarebbe avvenuto il precedente 18 giugno) sul sottomarino lanciamissili da crociera russo K 131, classe Echo II, si sviluppa un incendio catastrofico nel compartimento numero 8. Un quadro interruttori andò in corto circuito mentre si stavano svolgendo dei lavori di manutenzione, probabilmente per l’inosservanza delle misure di sicurezza. I vestiti di un elettricista presero fuoco e l’incendio si propagò velocemente attraverso le linee elettriche fino al 7°  compartimento. Prima che si riuscisse nello spegnimento, tredici marinai persero la vita. Il rischio di perdere l’unità con il reattore e le armi nucleari a bordo fu concreto.

21 settembre (nota 15) è di nuovo il sottomarino da attacco USS Jacksonville della US Navy protagonista di un incidente: dopo quello del 1982 con un cargo Turco, due anni dopo, mentre sta navigando in superficie nella baia di Norfolk, in Virginia, speronò una grossa chiatta della marina, centrandola quasi perfettamente su una fiancata. La dinamica dell’incidente e le condizioni  metereologi che nella baia in quel momento non sono note.  Tranne alcuni danni superficiali alla prua, anche questa volta il sottomarino fu fortunato. Ma nello sfortunato caso i natanti fossero rimasti incastrati, l’eventuale affondamento della chiatta probabilmente avrebbe trascinato con se anche il sottomarino.

IM88DA~112 novembre quattro attivisti pacifisti appartenenti al gruppo Silo Pruning Hook (da un verso del profeta Isaia che incitava a trasformare le spade in vomeri e le lance in falci) Padre Paul Kabat, il fratello Karl Kabat (anch’egli era un religioso), Larry Cloud Morgan e Helen Woodson (figura 4) riuscirono ad eludere la sorveglianza della U.S. Air Force  attorno al silo sotterraneo N5, contenente un missile intercontinentale Minuteman II, sul territorio della Whiteman Air Force Base, in Missouri. Una volta entrati, danneggiarono la copertura del silo con mazze ferrate ed un martello pneumatico, poi Paul Kabat celebrò la messa con eucarestia e gli assalitori lasciarono un documento con passi della Bibbia e della tradizione dei Nativi americani (a una tribù delle quali apparteneva Larry Cloud Morgan) contro il governo americano, accusato di violare la legge divina ponendo sotto la spada di Damocle nucleare la terra e tutto il creato. Immediatamente dopo furono arrestati dalla polizia militare e consegnati alle autorità del Missouri. Vennero processati da una corte federale con l’accusa di cospirazione contro gli Stati Uniti e per danneggiamento di proprietà pubblica federale. Vennero condannati a pene molto pesanti, tra gli 8 e i 18 anni. Le pene vennero ridotte in seguito  a multe, periodi di libertà vigilata e residenza obbligata, ma non fermarono i membri dall’organizzare altre azioni dimostrative o dal parteciparvi violando le disposizioni dei giudici. Helen Woodson ad esempio fu incarcerata successivamente per ben 27 anni e rilasciata solamente nel 2011. In realtà i movimenti pacifisti nel decennio 1970/1980 avevano intrapreso forme anche più radicali che in passato (sit in, incatenamenti collettivi a cancelli di basi, blocchi stradali), sentendo sempre più la minaccia che la corsa all’atomo militare poneva sull’umanità. Film come “the day after”, sulle terribili conseguenze per l’umanità in caso di guerra nucleare globale, davano voce all’inquietudine delle opinioni pubbliche verso un sistema di distruzione totale, che si sentiva ogni giorno meno sotto il controllo dalla politica e sempre più influenzante gli atteggiamenti e le decisioni dei governanti….

Ma non sono solo pacifisti ed ambientalisti combattivi (altre associazioni nonviolente verso le persone, ma decise a colpire le rami di distruzione di massa, avevano già messo a segno altre azioni di sabotaggio): in realtà sempre più l’atomo militare entrò nelle mire di terroristi. Nel 1983 in Germania tre militanti di un gruppo  vicino a movimenti eversivi di sinistra entrarono in un sito di missili Pershing e cercarono di forzare un bunker dove venivano custodite le testate dei missili per danneggiarle. Mitomani, approfittatori, trafficanti venivano calamitati sempre più da questi oggetti di morte assoluta, tanto che le misure di sicurezza e le procedure di spostamento subirono una drastica revisione restrittiva…. La paura di un caso di “empty quiver (faretra vuota)”, ovvero nel codice del pentagono il furto di un’arma nucleare, diventa sempre più uno scenario realistico.

di Davide Migliore

 

Riferimenti e bibliografia

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intrusione russa sulle coste svedesi, sottomarino K 363

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Gruppi di azione pacifista e sabotaggio delle armi nucleari

Fonti:

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informazioni aggiornate sulla produziione di armamenti, sulle conseguenze mediche e ambientali della produzione di armi, iniziative pacifiste e di eliminazione degli armamenti nucleari.

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blog con liste dei principali pericoli e situazione attuale della strategia atomica

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Documenti

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P.L. Olgaard “Nuclear ship accidents, description and analysis”,  Technical University of Denmark, May 1993, DK-2800 Lyngby, Denmark

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Canada’s claim against Soviet Union for compensation of damage caused by Cosmos 954 satellite

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U.S. Department of Defense (D.o.D.), declassified report on Cosmos 954 satellite decay, by Dr. Gus W. Weiss

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State University of Colorado: Rocky Flats Colorado Nuclear Weapons Production Facility 1952 – 1988

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Ice investigations, the 1968 B 52 Thule’s incident – University of Copenhagen

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IAEA (International Atomic Energy Agency) Inventory of accidents and losses at sea involving radioactive materials, IAEA – TECDOC  – 1242

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Tatcher, Reagan, Gorbaciov: gli ordigni nucleari degli anni ottanta e ottantuno

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Tatcher, Reagan, Gorbaciov: gli ordigni nucleari degli anni ottanta e ottantuno

Pubblicato il 18 luglio 2012 by redazione

Thatcher and ReaganGorbachev, soviet Politburo member poses with British PM Margaret Thatcher at Chequers during his December 1984 visit to the UK.

Arrivati agli anni ottanta nel nostro excursus degli incidenti che hanno coinvolto armi ed impianti militari, troviamo che l’avanzamento tecnologico, pagato con l’investimento di spaventose risorse monetarie e materiali, ha portato ad un grado di letalità degli ordigni nucleari, solo pochi decenni fa, inimmaginabile …. I trattati di disarmo e di eliminazione di arsenali non hanno mai fermato le spese in questo settore, anzi, semmai sono serviti a sostituire i mezzi ormai obsoleti con altri ben più “efficienti”.

L’elettronica ha dato un grande supporto alla sicurezza degli armamenti, retaggio delle dolorose esperienze del passato nella gestione di quanto di più distruttivo l’uomo abbia potuto creare. Ma questo non ha conseguito una infallibilità tecnologica…

Gli incidenti hanno continuato ad accadere, solo che è cambiato il modo di fornire notizie o di commentare i fatti.

Sono anni in cui il confronto ideologico e strategico torna a farsi durissimo, dall’invasione sovietica dell’Afghanistan all’elezione del presidente degli Stati Uniti, il repubblicano Ronald Reagan. Conservatore convinto, Regan aprì un periodo, durato due mandati, conclusosi con l’accordo epocale sugli armamenti con l’allora presidente russo Mikhail Gorbaciov.

La conseguenza di questo accordo, paradossalmente, fù il proseguimento degli investimenti nella ricerca militare da entrambe le parti e al contempo un confronto ideologico dovuto ad una visione polarizzata del mondo: da un lato i Paesi democratici liberi (quindi i buoni), dall’altro le dittature del proletariato, dove il controllo dei mezzi di comunicazione e della politica era completo. Quest’ultimi erano fedeli all’ideologia anticapitalista ed espansionistica dei regimi comunisti nel mondo (i cattivi).

La propaganda politica di quegli anni fece leva anche su un ritrovato sentimento di appartenenza nazionale che riavvicinò l’opinione pubblica americana alle istituzioni, specie quelle militari.

Dopo le tremende vicende della sconfitta in Vietnam, il disorientamento culturale negli anni 70, fù caratterizzato da presidenze abbastanza deboli politicamente, come Carter e Ford, oltre a un lungo periodo di stagnazione economica.

Proprio la “Reaganomics”, la politica economica di liberalizzazione, basata sulla riduzione delle tasse e sulla contrazione dei bilanci statali, aveva un contraltare naturale nella politica dell’allora primo ministro inglese, Margaret Thatcher, l’interlocutore storicamente, ma anche militarmente, più vicino agli Stati Uniti.

In realtà l’enorme rilancio dell’industria bellica e la decisa ripresa nella politica antisovietica impedì il calo del debito e si mangiò i risparmi faticosamente ottenuti. Dall’altro lato della cortina di ferro, la paura di restare indietro nella ricerca tecnologica, specie quella informatica, generò il terrore che la superiorità occidentale si traducesse nel temuto “attacco a sorpresa”, senza che alcuna crisi politica o escalation militare la giustificasse.

L’investimento gigantesco operato dai vertici politici sovietici portò al collasso, alla fine del decennio, dell’economia dei cosiddetti Paesi del Socialismo reale.

La corsa fu proprio qualitativa. Le tecnologie furono privilegiate rispetto alla quantità degli armamenti. Basti pensare al programma costosissimo delle “star wars”, le guerre stellari (nome mutuato dal famoso film) che prevedevano l’uso dello spazio esterno dell’atmosfera, ufficialmente con funzioni di difesa antimissile, che sfruttava una rete di satelliti e di stazioni di controllo per contrastare un possibile attacco missilistico a sorpresa. Alla fine del decennio lo schieramento dei paesi del Socialismo reale imploderà anche per questo, schiacciato dalla spesa militare insostenibile. Ma andiamo per gradi e torniamo a immergerci in un aspetto della storia un po’ trascurato, ma tra i più problematici che l’umanità debba affrontare, ogni giorno: i nostri ordigni nucleari dispersi in vario modo negli anni ottanta. La quantità di eventi è tale che siamo costretti a dividere questa cronistoria in più parti che pubblicheremo nei mesi successivi.

1980

Il 2 o 3 giugno, la data non è certa, al NORAD, North Aerospace Defense Command – Comando di Difesa Aerospaziale del Nord America (note1, 2), la grande centrale di difesa  creata da Stati Uniti e Canada che ha sede sotto la Cheyenne Mountain in Colorado, un computer di analisi dati improvvisamente iniziò a proiettare sugli schermi tracce di lancio di missili intercontinentali dal territorio dell’Unione Sovietica, mandando il sistema di difesa Americano e NATO a DefCon 1 (Defence Condition, la scala di allarme del sistema militare). Dopo alcuni minuti di tensione altissima (anzi di vero panico secondo il ricordo di alcuni testimoni) che quasi portarono allo scoppio della terza guerra mondiale, si scoprì che un tecnico aveva caricato un nastro da esercitazione che simulava un lancio di missili nucleari intercontinentali, ma non aveva inserito nel grande computer che processava i dati il programma di avviso test in corso, per cui la macchina aveva preso per reali i dati, così come gli uomini del NORAD. Il comando strategico del Pacifico (PAF – Pacific Air Force)aveva allertato e fatto alzare in volo i B52 armati di armi nucleari, in attesa del codice di lancio da parte del Presidente, mentre  il SAC (lo Strategic Air Command) non aveva fatto decollare i B52  né messo in allarme i silos di lancio dei missili, convinto si trattasse di un errore, sulla scorta di un incidente simile a quanto pare avvenuto nel 1979. La polemica che sorse indicò anche la diversa interpretazione fra gli organi della gerarchia militare e quindi una potenziale mancanza di controllo univoco sullo strumento nucleare…

6 giugno Per la cronaca l’incidente si ripeté il ma questa volta per un difetto in un processore di una centralina che riceveva dati dai satelliti, per cui il computer riproduceva dati a caso di tracce radar. Per 15 minuti, i più lunghi della storia dell’umanità, comandanti militari e politici, il presidente in primis in quanto detentore della “chiave atomica”, cercarono disperatamente di comprendere se quello che stava succedendo fosse reale, se dovessero prendere la decisione che avrebbe sicuramente cancellato la vita sul pianeta. Quando dati più diretti indicarono che non c’era stato alcun decollo dalle basi in Russia e nei Paesi del Patto di Varsavia, ogni installazione venne subito fatta uscire dallo stato di allerta e riportata a livello DefCon 6, ma non prima che 100 B52 e centinaia di missili a lungo e corto raggio, sia a terra che in mare, fossero stati posti in condizione di decollo, con i motori caldi e le coordinate degli obbiettivi registrati nel computer di navigazione. E non si conosce ancora bene quale fu la reazione nella parte avversa, alla quale i segnali di un massiccio preparativo di attacco non sfuggirono di certo… Il 4 ottobre seguente venne presentato alla Commissione Difesa del Senato degli Stati Uniti un rapporto congiunto dal Senatore Democratico Americano Gary Hart e dal Senatore Repubblicano Americano Barry Goldwater, intitolato “Recenti falsi allarmi nel Sistema di Allarme Strategico per Attacco Nucleare Balistico”: nel rapporto venivano documentati 147 falsi allarmi al NORAD  in diciotto mesi, dal 1° gennaio 1979, al 30 giugno 1980, di cui 4 gravi ed uno, quello del 6 giugno 1980, potenzialmente catastrofico. La paura che l’intero sistema di attacco nucleare venisse completamente affidato all’elettronica  e con esso il destino dell’umanità, fu anche il tema di un film del 1983, “Wargames”, dove un giovane hacker (siamo agli albori di internet, nata come rete inizialmente proprio per le comunicazioni militari e governative sicure) si introduce nel computer del NORAD e per equivoco quasi scatena la guerra termonucleare globale. Una parte del film è stata ambientata proprio nella sede del NORAD.

20 luglio dello stesso anno, mentre è alla fonda  nella baia di San Diego in California, l’USS Gurnard (SSN 662), sottomarino cacciasommergibili a propulsione nucleare perde 30 galloni di acqua radioattiva del sistema di raffreddamento del reattore, equivalenti a circa 113 litri di liquido radioattivo. Fonti ufficiali della marina rassicurarono che immediate analisi delle acque non avevano evidenziato aumenti della radioattività di fondo. L’incidente sarebbe stato provocato da un marinaio addetto al reattore che avrebbe per errore aperto una valvola esterna.

29 luglio, mentre è in navigazione nel braccio di mare fra le Filippine ed il Borneo, la portaerei USS Midway viene investita dal mercantile Cactus, battente bandiera panamense. L’incidente danneggiò la nave, non seriamente secondo fonti ufficiali, ma due marinai morirono e tre caccia F4 Phantom II sul ponte rimasero danneggiati.  Questo è uno dei tanti incidenti che coinvolsero navi da guerra, per quanto enormi come le portaerei oceaniche americane, ma non solo. La preoccupazione in questi casi, come avvenuto in passato, è la possibilità che gli incidenti  provochino gravi incendi  su questi aeroporti naviganti. Nel caso specifico, la USS Midway era a propulsione convenzionale, ma nelle sue santabarbare potenzialmente possono essere custoditi armamenti nucleari in dotazione agli aerei da attacco, per quanto dopo gli anni 60 la politica delle forze nucleari occidentali è stata di disciplinare e limitare al massimo la movimentazione di ordigni atomici solo in caso di effettive crisi internazionali.

12 agosto fu il sottomarino da attacco a propulsione nucleare HMS Sovereign, classe di appartenenza Swiftsure, che restò vittima di un’avaria in navigazione nel Plymouth Sound. Per quanto le fonti ufficiali della Royal Navy avessero descritto il guasto meccanico non grave, il sottomarino rimase senza energia, incapace di manovrare o muoversi, “dead in the water” come si dice in gergo e dovette essere trainato da un’altra unità al porto di partenza, a Devonport.

Figura 1: decollo su allarme di un B52 del 92nd Bombardment Wing in allerta nucleare sulla Fairchild Air Base. L’immagine è degli anni 60 ma è indicativa dell’attività degli equipaggi del SAC durante quasi tutto il periodo della cosiddetta ‘guerra fredda’.

Il 15 settembre (figura 1) è di nuovo il mezzo aereo a essere protagonista di un rischio nucleare: Un Boeing B52 H è sulla pista della base di Grand Forks, nel North Dakota, in attesa di un decollo durante un’esercitazione. Ai piloni subalari interni sono assicurati 8 missili Cruise AGM 69 a testata nucleare. Il Cruise è una delle nuove frontiere dell’armamento nucleare. Permette di lanciare l’arma lontano dalle difese aeree dell’avversario, sarà il missile a raggiungere l’obiettivo con un volo a bassissima quota grazie al TFR, il radar che segue il profilo del suolo. Questo letale nuovo giocattolo è la risposta ai missili a medio raggio autotrasportabili SS 20 che l’Unione Sovietica ha schierato dalla metà degli anni 70 sul teatro europeo soprattutto. L’enorme bombardiere è pronto al decollo, quando improvvisamente un incendio violentissimo appare dal nulla e avvolge l’aereo. L’immediato intervento delle squadre dei pompieri ed un forte vento tengono le fiamme lontano dagli ordigni atomici, ma il fuoco consuma l’aereo per più di tre ore, alimentato dal carburante JP4 stivato a migliaia di litri nei serbatoi. Dopo lo spegnimento venne accertato che l’incendio era iniziato proprio per un cedimento del serbatoio alare numero 3 e se il vento avesse spinto verso l’asse longitudinale invece che lateralmente tutte le testate (armate) sarebbero state investite dalle fiamme.

Figura 2 : lo spaccato di un tipico complesso di lancio dei missili LGM25C Titan II, operativi tra gli anni 50 ed 80.

19 settembre (figura 2) Solo 4 giorni dopo avvenne un altro incidente con un rischio elevatissimo di detonazione nucleare. (Nota 3) Nell’area sotto la responsabilità della Little Rock Air Force Base è dislocato il 308 Strategic Missile Wing, composto dal 373 e dal 374 Strategic Missile Squadron. L’unità è una delle tre armate con il missile intercontinentale balistico (ICBM) Martin Marietta LGM25C Titan II, il più grande nell’arsenale occidentale, con i suoi 31 metri di altezza per oltre 154.000 chilogrammi di peso in condizioni operative, dotato di una testata termonucleare da 9 megatoni W53, può colpire bersagli a oltre 10.000 chilometri dalla base di lancio, nel cuore del territorio sovietico, oppure cinese, con un volo di pochi minuti. Ogni silo è dotato di una camera di controllo collegata con sistemi di comunicazione sicura e tunnel di accesso a vari piani per la manutenzione del missile. Per evitare pericoli di lanci intenzionali, gli operatori sono due dotati ciascuno di una chiave di lancio da utilizzare contemporaneamente, il tutto protetto da una struttura in acciaio e cemento capace di resistere a un’esplosione nucleare diretta… All’esterno, ogni silo è ben dissimulato sul territorio, per evitare che venga individuato dai satelliti spia russi.  Grazie al tipo di propellente liquido ipergolico, ovvero composto da due componenti (un carburante ed un ossidante) che si incendiano per reazione chimica una volta mescolati, il missile può essere lanciato entro 58 secondi da che  gli operatori ricevano il codice segreto di lancio dal Presidente. Il carburante A50 del missile è economico e molto efficiente ma forse più pericoloso della testata stessa , in quanto i suoi componenti chimici sono potentemente tossici e corrosivi. Periodicamente vanno sostituiti e rigenerati, in quanto soggetti a deterioramento. Ci sono stati tragici precedenti: l’8 agosto 1965 ben 53 lavoratori civili che stavano eseguendo lavori in un altro silo morirono un tremendo incendio quando venne accidentalmente perforato un serbatoio di stoccaggio del carburante, mentre il 27 gennaio 1978 nello stesso silo 374-7 due avieri furono uccisi dai vapori dell’ossidante fuoriusciti da una falla nel missile, causando anche una nube tossica che sfuggì dal silo colpendo tutta la zona circostante.

18 settembre Quella sera nel silo 374 – 7, posto nella campagna della Contea di Van Buren, un aviere stava effettuando un’operazione di manutenzione periodica sul missile Titan. Il militare perse una pesante chiave a bussola, che dopo un volo di quasi 30 metri rimbalzò sulla parete del silo e perforò il serbatoio del carburante del primo stadio del missile. Immediatamente venne formata una squadra di emergenza e la polizia militare iniziò l’evacuazione del personale e dei civili dalla zona. Solo due avieri restarono nel silo cercando con tute protettive di riparare la perdita, ma inutilmente. Nelle prime ore del 19 settembre la concentrazione di vapori nell’aria raggiunse il livello massimo ed i due uscirono dal silo chiudendo le porte stagne. Pochi istanti dopo la struttura del missile cedette (la pressione del carburante nei serbatoi ha anche una funzione strutturale di sostegno) innescando una terrificante esplosione. Il portello esterno  corazzato, pesante 740 tonnellate, venne divelto e scagliato ad una altezza di oltre 70 metri, mentre le macerie del silo si abbatterono nel raggio di 700 metri dall’installazione. Il modulo di rientro con la testata W53 venne ritrovato ad oltre 180 metri, ammaccato ma sostanzialmente intatto e disarmato dai sistemi di sicurezza automatici. Uno dei due coraggiosi avieri morì in ospedale mentre l’altro, assieme a 21 persone della squadra di emergenza, rimase ferito nell’esplosione. La commissione di inchiesta valutò il costo della riparazione del silo l’astronomica cifra di 225 milioni di dollari. La pericolosità dei carburanti liquidi ed programmi di ammodernamento dell’arsenale nucleare avviati dall’amministrazione Reagan portarono all’annuncio nel 1981 del ritiro dal servizio del Titan II, con la distruzione dei silo sotterranei, che vennero demoliti,  riempiti di terra e detriti. Oggi ne esiste solo uno,  trasformato in museo e visitabile. Il suo Titan, un esemplare da addestramento mai operativo, è l’ultimo dei 63 esemplari costruiti, il resto fu utilizzato come vettori per satelliti oppure demolito e venduto come rottame.

30 novembre, nella grande base di  Severodvinsk il reattore del sottomarino K 122 (nota 4 e video su youtube al link http://www.youtube.com/watch?hl=en&v=hQvgLxpsKHE&gl=US), unico rappresentante della classe Papa nel codice NATO, andò fuori controllo durante prove di potenza non autorizzate e svolte senza rispettare le norme di sicurezza. Un numero imprecisato di persone fu fortemente irradiata come l’area del bacino attorno. Il K122 era un primatista dei mari, con il suo scafo al Titanio poteva raggiungere profondità attorno ai 1000  metri e la velocità incredibile di 45 nodi in immersione, ovvero circa 85 chilometri all’ora…troppo costoso e complesso, fu utilizzato per missioni speciali di spionaggio e per testare le soluzioni applicate sui  sottomarini d’attacco classe Alfa. Dopo l’incidente non fu mai più pienamente operativo. L’anno si conclude con ancora due rischi potenziali in mare (nota 5).

1 dicembre l’HMS Dreadnought, primo sottomarino nucleare ad entrare in servizio nella flotta inglese, subisce una rottura catastrofica al circuito secondario di raffreddamento del motore (un reattore S5W di costruzione statunitense) per cui lo stesso viene immediatamente spento e il battello resta alla deriva in alto mare. L’unità, che ha alle spalle ormai quasi vent’anni di intenso servizio e parecchi acciacchi, viene giudicata non riparabile e posta in disarmo.

3 dicembre il sottomarino statunitense USS Hawkbill (SSN 666, insolito codice, visto che le autorità  sono sempre state “sensibili” agli umori degli equipaggi, parecchio superstiziosi…) si trovava presso i cantieri navali del Puget Sound Naval Shipyard, nello stato di Washington, per essere sottoposto a test di routine sui suoi apparati. Durante una prova al circuito di raffreddamento del reattore, oltre 560 litri di acqua radioattiva sfuggirono da una valvola difettosa e contaminarono 5 lavoratori del cantiere. Fonti della marina assicurarono che il liquido venne prontamente pompato in contenitori al piombo per essere smaltito, ma che il livello di radioattività era comunque basso, tanto che i lavoratori subirono un’esposizione inferiore a quella di una radiografia. Il sottomarino nel giugno dell’anno prima era stato oggetto di un incidente da perdita di liquido radioattivo in navigazione, probabilmente i test in corso avevano lo scopo di controllare il battello prima che tornasse operativo.

1981

L’anno inizia con un incidente occorso all’USS Birmingham (SSN 695) il 23 gennaio (nota 6): durante la navigazione nel mediterraneo subisce un danneggiamento dell’apparato sonar e deve entrare in porto a Gibilterra per riparazioni. Non si conosce la causa o l’entità dell’incidente. ( in questa sequenza la partenza  del Birmingham per una crociera nel Pacifico nel 1990 prima della Guerra del Golfo. Le immagini mostrano un classico momento operativo dei sottomarini da attacco nucleare http://www.youtube.com/watch?v=ps4WdZ1yJ2o&feature=relmfu ).

26 marzo l’USS Guardfish, già coinvolto in passato in un imbarazzante incidente nucleare, urtò il fondale nel canale di San Pedro, mentre rientrava alla base navale di San Diego. Ufficialmente non vi furono danni.

9 aprile il sottomarino lanciamissili nucleari USS George Washington (SSBN598) (nota 7), speronò in emersione il mercantile giapponese Nisso Maru nel Mar Cinese Orientale, a circa 200 chilometri dal porto di Sasebo.  La nave giapponese affondò nel giro di 15 minuti portando con se 2 dei 15 marinai a bordo. Il sottomarino riportò solo alcuni danni alla torre. L’affondamento causò un grave incidente diplomatico tra Giappone e U.S.A. : un’ondata di indignazione percorse il paese, poiché le autorità statunitensi ci misero ben 24 ore a segnalare ufficialmente la collisione e né l’equipaggio del sottomarino né quello di un aereo pattugliatore P3C a quanto pare andarono immediatamente in soccorso dei naufraghi giapponesi. Inoltre il governo di Tokio volle sapere cosa ci faceva un’unità nucleare a meno di 20 miglia nautiche dalla costa e perché il sottomarino fosse emerso senza controllare la superficie. Il Giappone, di fronte agli incidenti con vascelli ed armi nucleari avvenuti a poca distanza dalle sue coste, ancora con il doloroso ricordo dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaky, aveva vietato l’ingresso già negli anni 60 nelle acque territoriali a battelli a propulsione nucleare o che portassero armamenti atomici. Non estranea fu anche la prova che i militari americani avevano sistematicamente mentito su  contaminazioni nei loro porti dovute alla presenza della flotta sottomarina americana…. L’US Navy continuò nella sua politica di “non poter confermare né negare la presenza” di armamenti atomici su suoi mezzi navali o aerei coinvolti in incidenti, anche se il Presidente Reagan personalmente assicurò alle autorità di Tokyo che non c’era mai stato alcun pericolo di versamenti in mare di materiale radioattivo e che sarebbe stata accertata la dinamica dell’incidente. Inizialmente, lo scontro fu giustificato con la scarsa visibilità dovuta alla pioggia e alla nebbia e che agli occhi dei marinai americani la nave giapponese non sembrava essere in difficoltà. Tesi piuttosto difficili da sostenere, che fecero ancora di più arrabbiare l’opinione pubblica del Sol Levante. Dopo alcuni mesi  di dure polemiche, sotto una forte pressione politica, la U.S. Navy dichiarò la propria responsabilità nell’incidente, mentre il Dipartimento della Marina si offerse di pagare un risarcimento per i danni subiti. Fu dichiarato che l’incidente fu causato da una serie di sfortunate coincidenze assieme al comportamento negligente del comandante e dell’ufficiale di plancia del George Washington, che furono destinati ad altro incarico con una nota di biasimo ufficiale sullo stato di servizio. Un po’ poco per il rischio corso: sul Washington erano presenti 16 silos di lancio per missili intercontinentali Polaris e probabilmente siluri a testata nucleare.

13 aprile l’USS William H. Bates (SSN-680) finì dentro delle reti da pesca fisse nel canale di Hood, stato di Washington. Non si conoscono altri particolari.

27 dello stesso mese (nota 8) l’USS Jack (SSN 605) mentre è ormeggiato a fianco della USS Trenton nel porto di Alessandra d’Egitto, va a colpire la fiancata del Trenton causando danni agli scafi di entrambi i battelli. Non furono denunciati problemi con il reattore.

25 e il 26 maggio (nota 9) Nella notte un aereo da guerra elettronica Grumman EA6B Prowler, appartenente al corpo dei Marines, si schianta mentre cerca di appontare, a corto di carburante,  sulla portaerei nucleare USS Nimitz (CVN68), in navigazione a 70 miglia nautiche da Jaksonville (Florida). L’aereo investì altri apparecchi in parcheggio sul ponte e prese fuoco. Mentre le squadre di emergenza stanno domando l’incendio, un missile aria-aria AIM7E Sparrow appeso ad uno degli aerei esplose, ravvivando l’incendio, che durò oltre un’ora. Alla fine il bilancio fu di 14 militari morti e 45/48 feriti, secondo le fonti, oltre a una diecina di velivoli distrutti o danneggiati (tra cui 3 allora nuovissimi caccia Grumman F 14A Tomcat), per un totale di danni valutato ben in 100 milioni di Dollari. Una forte polemica politica sorse quando le autopsie su  alcuni dei marinai deceduti dimostrarono presenza di Mariujana. Il presidente Reagan da allora istituì controlli ferrei sul personale militare per escludere l’uso di alcool o droghe, per quanto l’incidente in se non fosse da imputare a quella causa. I due reattori nucleari A4W della nave non subirono alcun danno, né corsero alcun rischio secondo fonti della Marina. (nota 10)

21 agosto, toccò a un sottomarino sovietico nucleare classe Echo I, probabilmente il K 122, a subire un incendio grave in sala macchine, nel Mar Cinese a circa 85 miglia marine dall’isola giapponese di Okinawa. Secondo fonti nipponiche 9 uomini dell’equipaggio restarono soffocati dal fumo e dal monossido di carbonio che saturarono gli angusti spazi del compartimento macchine. Una nave mercantile  russa soccorse l’unità trasbordando buona parte dell’equipaggio, mentre un rimorchiatore da Vladivostock raggiunse  il battello assieme ad alcune unità di scorta per trainare l’unità. Il governo giapponese rifiutò il permesso di ingresso nelle acque territoriali fino a che la marina russa non avesse assicurato la messa in sicurezza del reattore, nonché l’assenza di perdite di materiali radioattivi e  di armi nucleari a bordo. Fino al 24 agosto le autorità Sovietiche non assicurarono nulla, strettamente seguite da mezzi aerei e navali giapponesi, ma anzi entrarono nelle acque territoriali di Tokyo. Finalmente dopo tale data, sotto la tensione internazionale creatasi, il governo sovietico assicurò che non vi erano state perdite al reattore e non vi era alcun inquinamento dell’oceano, né armi nucleari attive sul sottomarino. Campionature effettuate sia in aria che in acqua (nonché fotografie scattate al personale del sottomarino) dimostrarono invece perdite di una certa consistenza con contaminazione evidente. Per giusta citazione, alcune fonti riportano l’incidente come avvenuto nel 1980.

27 dello stesso mese l’USS Dallas (SSN 700) (nota 11)urtò violentemente il fondo mentre stava per entrare nell’ “Atlantic Undersea Test and Evaluation Center” ad Andros Island, nelle Bahamas, per condurre delle prove sul sistema sonar con e le sofisticate apparecchiature del laboratorio sottomarino. Le superfici di manovra e la parte inferiore della poppa del battello rimasero danneggiate. Dopo alcune ore di intensi sforzi da parte dell’equipaggio, il sottomarino fu in grado di ritornare in superficie e raggiungere la base di New London, nel Connecticut, per le riparazioni.

27 ottobre grave incidente diplomatico. Un sottomarino russo classe Whiskey, il K363,  si incagliò in un canale a 10 chilometri dalla base navale svedese di Karlskrona, durante una evidente missione di spionaggio militare. Il comandante Anatoly Guscin si giustificò genericamente con cattivo tempo ed un guasto al sistema inerziale di navigazione. Il 29 un tentativo di entrare nelle acque territoriali svedesi da parte di un rimorchiatore e di un sottomarino di tipo non identificato furono respinti dagli elicotteri e dalle navi da guerra svedesi. Mentre uno scanning eseguito a distanza  con spettrometri sensibili alle radiazioni gamma dimostrarono che il Whiskey, anche se propulsione convenzionale diesel-elettrica,  era armato sicuramente con siluri a testata atomica. Il 6 novembre il battello venne trainato fuori dalle acque territoriali svedesi e preso in consegna da unità russe che lo scortarono verso l’unione Sovietica. L’incidente fu chiuso col pagamento di 212.000 Dollari da parte dell’Unione Sovietica come risarcimento allo stato svedese. La Svezia, nazione neutrale e non allineata ad alcuno schieramento, subì parecchie ingerenze da entrambe le parti. Solo pochi mesi prima il cacciatorpediniere Halland aveva lanciato cariche di profondità su un sottomarino non identificato che aveva violato le acque  svedesi. Il recente ritrovamento casuale del relitto di un altro sottomarino classe Whiskey nella zona però autorizza a pensare che anch’esso fu vittima della reazione della marina svedese, come molti altri scontri non ufficiali venne seppellito fra gli ingombranti segreti della guerra fredda. Ad oggi nessuno sa se nel relitto vi siano armamenti nucleari.

2 novembre nella base di Holy Loch, in Scozia, un missile Poseidon cadde dal ponte della nave appoggio USS Holland per un errore dell’operatore della gru che lo stava spostando. Le sicure automatiche bloccarono la caduta, ma l’esplosivo convenzionale di innesco della testata, tipo LX09, abbastanza instabile, avrebbe potuto detonare e spargere materiale radioattivo su una vasta area. Un identico incidente era già occorso nell’agosto 1977  nella base navale di Coulport durante il caricamento di un missile Polaris. Per cui la Marina americana fu duramente criticata sui giornali britannici prima per aver nascosto l’incidente e in seguito non aver informato le comunità attorno alla base sui rischi corsi nella movimentazione degli armamenti dei sottomarini nucleari. La lapidaria risposta ufficiale della US Navy fu che non vi era stato alcun danno materiale, nessuno era rimasto ferito e che non era stato corso alcun serio pericolo…..

di Davide Migliore

Riferimenti e bibliografia

(1)  http://www.norad.mil/ : sito ufficiale del NORAD ;

http://www.ippnw-italy.org/site/ippnwitaly/documenti-relazioni-comunicati/viii-summit-dei-premi-nobel-per-la-pace

la guerra nucleare non intenzionale, quando l’umanità gioca alla roulette russa…

(2)http://www.ippnw-italy.org/site/ippnwitaly/documenti-relazioni-comunicati/helsinki-1984-ed-il-concetto-di-guerra-nucleare-non-intenzionale-nella-storia-del-disarmo-nucleare-in-europa

(3) http://www.titanmissilemuseum.org ; http://en.wikipedia.org/wiki/Titan_Missile_Museum ;

http://encyclopediaofarkansas.net/encyclopedia/entry-detail.aspx?entryID=2543

http://www.308smw.com/ ;http://www.titan2icbm.org/index.html  ;

http://encyclopediaofarkansas.net/encyclopedia/entry-detail.aspx?entryID=2543

l’incidente al missile Titan II alla Little Rock Air Force Base, Arkansas.

(4)http://www.marinebuzz.com/2008/07/25/worlds-fastest-russian-nuclear-submarine-k-222-being-dismantled/

SOMMERGIBILI NUCLEARI : PROBLEMI DI SICUREZZA ED IMPATTO AMBIENTALE , Politecnico di Torino, 2004 – F. IANNUZZELLI, V.F. POLCARO, M. ZUCCHETTI

http://www.deepstorm.ru/DeepStorm.files/45-92/nsrs/661/k-162/k-162.htm

(5) http://www.submarineheritage.com/gallery_dreadnought.html  ; http://www.hmsdreadnought.co.uk/

http://www.rnsubs.co.uk/Boats/BoatDB2/index.php?id=2&BoatID=680&flag=class

(6) http://www.hullnumber.com/SSN-695

(7) http://navysite.de/ssbn/ssbn598.htm

(8)http://uss-jack.org/ ; http://en.wikipedia.org/wiki/USS_Jack_(SSN-605)

(9)http://en.wikipedia.org/wiki/USS_Nimitz_(CVN-68) ; http://navysite.de/cvn/cvn68.html  USS Nimitz

(10) http://it.wikipedia.org/wiki/Classe_Echo_I/II

http://russian-ships.info/eng/submarines/project_659.htm

http://silentseawolvesmsw.devhub.com/blog/463924-strategic-missile-submarine-operations/

l’incidente al sottomarino sovietico K 122

(11) http://www.uscarriers.net/ssn700history.htm

incidente all’USS Dallas

 

Fonti:

http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?topic=428.0;wap2

incidenti nucleari o potenzialmente nucleari dal 1971 ad oggi

http://lists.peacelink.it/armamenti/msg00252.html

lista di incidenti a sottomarini e vascelli militari angloamericani dal 1945 .

http://spb.org.ru/bellona/ehome/russia/nfl/nfl8.htm#O17b

lista incidenti a sottomarini sovietici con cause

https://www.cia.gov/library/center-for-the-study-of-intelligence/csi-publications/books-and-monographs/a-cold-war-conundrum/source.htm sito ufficiale della C.I.A.

http://nuclearweaponarchive.org/index.html

the nuclear weapons archive

http://www.nukewatchinfo.org/nuclearweapons/index.html

informazioni aggiornate sulla produziione di armamenti, sulle conseguenze mediche e ambientali della produzione di armi, iniziative pacifiste e di eliminazione degli armamenti nucleari.

http://bispensiero.blogspot.it/2007_05_01_archive.html

blog con liste dei principali pericoli e situazione attuale della strategia atomica

http://archive.greenpeace.org/comms/nukes/chernob/rep02.html

http://www.rmiembassyus.org/Nuclear%20Issues.htm

http://www.web.net/~cnanw/a7.htm

10 mishaps that might have started an accidental nuclear war.

http://forum1.aimoo.com/American_Cold_War_Veterans/Cold-War-Casualties/Naval-Accidents-During-Cold-War-1-1579633.html

incidenti navali con vittime durante la Guerra Fredda, registro di fonte U.S.A.

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