Archivio Tag | "MIRV"

Le nuove mini bombe atomiche rilanciano la corsa agli armamenti

Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Le nuove mini bombe atomiche rilanciano la corsa agli armamenti

Pubblicato il 25 novembre 2015 by redazione

Trinity_Site_Obelisk_National_Historic_Landmark

Trinity Site Obelisk National Historic Landmark.

All’inizio degli anni ’90 dello scorso secolo, finita la Guerra Fredda, sembrava si stesse affermando finalmente un clima di distensione tra Paesi, prima duramente contrapposti sia sul piano ideologico, sia sul piano economico – militare.

I trattati internazionali di disarmo nucleare START I del 1991 e START II del 1993, poi il trattato SORT del 2002 e il New START o Trattato di Praga del 2010, hanno consentito riduzioni notevoli degli arsenali e regole precise sullo sviluppo di alcune categorie di armi e vettori nucleari.

L’entusiasmo si è però progressivamente spento, lasciando il posto a un’altra preoccupazione: il nuovo ‘disordine mondiale’, ha consentito di far riemergere gli scontri latenti tra gli Stati.

La tragedia dell’11 settembre 2001 ha fatto ripiombare il mondo in una situazione di tensione e di diffidenza reciproca fra le nazioni.

Una delle conseguenze è stato il tentativo da parte di molti Paesi di entrare nel cosiddetto club nucleare, cioè il gruppo di Paesi in possesso dell’arma atomica.

Bisogna ammettere che la tecnologia di base ormai non è più appannaggio solo di quegli Stati che per primi l’hanno sviluppata, sebbene progettare un’arma atomica resti una cosa piuttosto complessa.

Le tensioni anche tra le grandi due superpotenze USA e Russia è tornata a salire, fino a sfociare di fatto in una nuova corsa agli armamenti, propagandata come razionalizzazioni e ammodernamenti degli arsenali nucleari, necessari e formalmente rispettosi dei limiti imposti dai trattati internazionali.

Gli Stati Uniti hanno sostenuto, a propria giustificazione, l’impossibilità di proseguire nello sviluppo del Trattato di Non Proliferazione (TNP), finché vi siano Paesi apertamente impegnati nello sviluppo nucleare.

Le vicende che fino a oggi hanno coinvolto l’Iran e la Corea del Nord sono esempi attualissimi.

Washington ha annunciato un piano trentennale di revisione dello stockpile nucleare con una spesa prevista di circa 400 miliardi di Dollari. La necessità di rendere sicuro e controllabile l’arsenale è reale, riguarda tutti i possessori di armi nucleari, ma i programmi di tutti i Paesi del club sono chiaramente sovradimensionati.

Inoltre hanno incominciato a guardare all’atomica anche Paesi, stabili e potenzialmente capaci di sviluppare un programma , che però per motivi storici e politici si erano finora tenuti a distanza dall’arma nucleare.

Tra l’altro le tecnologie di calcolo attuali permettono di evitare la fase più eclatante dello sviluppo di un’arma, ovvero i test di prova.

La situazione se possibile è diventata ancora più incontrollabile con la crescita del terrorismo fondamentalista islamico, che sta tentando di scatenare una nuova guerra fra Oriente e Occidente.

Anche le organizzazioni estremiste mirano ora più che mai a mettere le mani sul materiale fissile per acquisire una terribile capacità di distruzione di massa.

In questo panorama internazionale sempre più inquietante, manca la volontà di collaborare tra molti governi potenzialmente coinvolti, anzi c’è chi sostiene che i trattati internazionali, disegnati sul modello di un mondo che non c’è più, siano superati e non valga la pena tenerli in vita.

In poche parole, si è tornati a parlare di un uso limitato e locale dell’arma nucleare, come se si trattasse di un’arma convenzionale qualsiasi: già nel 2003, durante la seconda Guerra del Golfo e l’invasione dell’Iraq, per la prima volta esponenti del governo statunitense ipotizzarono apertamente il ricorso a ordigni tattici nucleari, sotto la minaccia che il dittatore iracheno Saddam Hussein potesse utilizzare quelle armi di distruzione di massa, la cui eliminazione era stata uno dei motivi principali per giustificare la guerra.

In realtà, nulla di nuovo sotto al sole: il Nuovo Concetto Strategico adottato dal Pentagono nel 1999 già chiaramente indicava l’attualità dello strumento militare nucleare, la necessità di rivedere le regole del suo impiego nel nuovo scenario internazionale e di rilanciare lo sviluppo tecnologico di queste armi.

I vertici politico militari degli altri Paesi non è che avessero posizioni molto diverse, nonostante le molte polemiche sollevate verso la nuova dottrina sul nucleare…

Anzi, con tutta probabilità a rendere di nuovo appetibile l’opzione militare nucleare sui campi di battaglia pare essere proprio lo sviluppo scientifico e tecnologico raggiunto in questo campo.

 

L’evoluzione dell’arma atomica

Il 16 luglio 1945 a Alamogordo, nel deserto del New Mexico, la prima esplosione nucleare provocata dall’uomo (in codice Trinity test), inaugurò l’era atomica.

Furono finalmente chiare due cose: Albert Einstein aveva ragione, la sua teoria della relatività funzionava e l’uomo era finalmente in grado di dominare o, meglio, di scatenare la più grande potenza che si sia mai vista, contenuta nella struttura più piccola che si conoscesse, l’atomo.

Immagine 1

Questo fotogramma scattato 25 millisecondi dopo l’innesco della prima reazione a catena indotta dall’uomo, ci mostra l’attimo in cui è iniziata l’era atomica. Il Trinity test a Alamogordo, deserto del New Mexico.

Come le sue dirette discendenti che esplosero il mese dopo su Hiroshima e Nagasaky, si trattava di un ordigno che sfruttava il fenomeno della fissione nucleare.

Ovvero, la proprietà dell’Uranio 235 o del Plutonio 239 di emettere una straordinaria quantità di energia, in quanto elementi caratterizzati da una altissima densità e peso atomico.

L’Uranio 235 è un isotopo fortemente arricchito dell’U92 e il Plutonio239, non esistente in natura, si genera sottoponendo l’Uranio 238 a un bombardamento di neutroni.

La pesantezza dei nuclei li rende elementi altamente instabili e già naturalmente radioattivi, cioè capaci di emettere energia sotto forma di radiazioni, per arrivare all’equilibrio: il funzionamento dei reattori atomici e degli ordigni bellici sfrutta questo fenomeno per utilizzare l’energia contenuta nei nuclei.

Quando si colpisce con un neutrone un nucleo di U235, il nucleo dell’uranio si spezza, provocando la creazione di due nuclei di elementi diversi e l’emissione di altri due o tre neutroni.

Se la massa di materiale instabile e abbastanza concentrata, i neutroni usciti dalla prima fissione atomica non si disperderanno, ma andranno a colpire il nucleo di un atomo vicino, che subirà a sua volta fissione, emettendo altri neutroni, che colpiranno a loro volta i nuclei di atomi vicini.

E’ il principio della reazione a catena.

Circa 1% della massa atomica si converte in energia, sotto forma di radiazioni e energia cinetica dei neutroni.

La massa di materiale instabile adatta a generare questa reazione è detta massa critica e può variare in base all’elemento atomico scelto per armare la bomba, dalla sua purezza e concentrazione come isotopo fissile, dalla forma geometrica, così come da eventuali schermature inserite per contenere al massimo la fuga di neutroni.

In una testata atomica, come quelle Little Boy che venne sganciata su Hiroshima o Fat Man lanciata su Nagasaky, la massa critica è divisa in due o più sub masse, generalmente sferico-concave, che vengono fatte collidere a alta velocità, usando esplosivo convenzionale per spararle letteralmente l’una contro l’altra.

Le sub masse così unite costituiscono il nocciolo dell’arma: la compressione provoca il distacco di neutroni da alcuni atomi e la scissione di altri, causando l’innesco della reazione a catena incontrollata.

Al centro della massa fissile normalmente viene inserita una piccola quantità di un elemento potenziatore, come il Polonio 239, forte emettitore di neutroni.

E’ il modello usato per Little Boy, in cui sono stati bruciati circa 65 chilogrammi di Uranio 235.

La massa critica necessaria a generare la reazione si riduce a circa a 7- 10 chili, se si usa lo schema più efficiente a implosione, adottato nell’ordigno Fat Man.

In questo modello le sub masse fissili sono poste attorno al nocciolo vero e proprio, a costituire una sfera, venendo fatte collidere tutte con precisione nello stesso istante, mediante un sistema di cariche di esplosivo convenzionale, azionate da un complesso sistema elettronico.

Si tratta tipicamente dello schema degli ordigni detti di prima generazione, in cui al massimo si riesce a sfruttare solo il 15% del materiale fissile, il resto viene distrutto dalla reazione termica e meccanica dell’esplosione stessa. Tuttavia la presenza nella testata di tale quantità di materiale è necessaria perché si possa innescare la reazione a catena.

Inoltre se i neutroni sono troppo veloci e non vengono contenuti nell’ambito della massa critica, rischiano di rimbalzare, invece che penetrare gli altri atomi, disperdendosi inutilmente all’esterno.

La scissione dell’atomo di Uranio o Plutonio genera altri sub elementi, fortemente radioattivi come il Cesio 137, lo Stronzio 90 e lo Iodio 131, presenti nel fall out radioattivo provocato dall’enorme quantità di materiale che la bomba ha incenerito e risucchiato nel fungo atomico. Questi elementi, assieme alle radiazioni Alfa, Beta ma sopratutto Gamma, sono i principali responsabili dei danni gravissimi alle catene del DNA degli esseri viventi, che si vanno a sommare a quelli causati dalle temperature che raggiungono nell’epicentro della deflagrazione circa 500/700mila gradi centigradi e a quelli causati dal violentissimo spostamento d’aria, che può raggiungere i 300 chilometri all’ora nell’area più vicina all’epicentro.

Quindi, chi non viene subito vaporizzato, muore tra atroci sofferenze per le ustioni e i traumi gravissimi subiti. Oppure nei giorni successivi mostra i segni dell’avvelenamento acuto da radiazioni, che hanno minato il fisico dall’interno e provocano il decesso delle vittime, con una agonia terribile. Tumori e malformazioni genetiche continueranno per decenni a colpire i sopravvissuti e le generazioni successive, come conseguenza a lungo termine dell’irradiazione o dell’assorbimento nel corpo di elementi fortemente radioattivi.

E’ il calvario che hanno dovuto subire gli abitanti delle due città giapponesi annientate alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Immagine 2

Schema tipico di un ordigno atomico con innesco “a proiettile”, come quello adottato nella bomba Little Boy.

 

Immagine 3

Schema della fissione atomica e dell’innesco di una reazione a catena.

Per ovviare ai limiti di efficienza delle prime atomiche, venne sviluppato il progetto di una bomba che impiegasse il fenomeno fisico opposto alla fissione, cioè la fusione nucleare tra due nuclei atomici.

La bomba termonucleare all’Idrogeno o bomba H sfrutta questo fenomeno, che sta alla base del funzionamento delle stelle, come il nostro sole.

Lo schema di questa bomba, detta a fissione – fusione – fissione secondo il modello sviluppato dai fisici Edward Teller e Stanislaw Ulam, prevede una prima sezione costituita da una bomba atomica a fissione.

All’interno dell’arma è contenuta una certa quantità di un isotopo instabile dell’Idrogeno, il Deuterio (H2), allo stato solido, assieme a Litio 6. Al centro dell’ordigno, una canna vuota di Plutonio 239.

Innescata la reazione di fissione classica del primo stadio, la pressione e il calore generato dalla prima reazione di fissione surriscaldano il Deuterio e il Litio.

La seconda reazione di fissione avviene nella canna di Plutonio, generando neutroni veloci e altro calore, che provocano a loro volta la scissione del Litio6 in Trizio o H3, altro isotopo dell’Idrogeno.

A questo punto avviene la reazione di fusione fra Deuterio e Trizio, con la generazione di enorme quantità di energia, fino a 20 milioni di gradi centigradi, onde d’urto a centinaia di chilometri all’ora e potentissimi impulsi elettromagnetici, capaci di distruggere ogni apparecchio elettrico nel raggio di centinaia di chilometri.

Immagine 4

Schema della fusione nucleare, alla base del funzionamento della bomba termonucleare o bomba H.

L’arma termonucleare è divenuta il modello più diffuso per molti decenni negli arsenali, perché ha reso possibile raggiungere potenze teoricamente illimitate, misurabili in megatoni, ossia in milioni di tonnellate di tritolo. Successivamente, la ricerca applicata ha consentito di immagazzinare nella bomba direttamente una piccola quantità di Trizio per l’interazione col Deuterio, senza dipendere dalla fissione de Litio6.

Sono le armi definite di seconda generazione.

L’arma termonucleare sarebbe di per se più pulita dell’arma a fissione, in quanto produce molti meno isotopi radioattivi pericolosi, ma se fatta esplodere in vicinanza del suolo o della superficie marina, provoca una quantità di fall out mostruosamente più grande.

Testate termonucleari furono installate in quasi tutti i tipi di armi, dai missili intercontinentali balistici alle mine antisommergibili, dai missili antiaerei alle armi a caduta libera, in una sorta di febbre del tutto nucleare.

Già nel 1961, quando l’URSS fece esplodere la mostruosa bomba Tzar dalla potenza di 50 megatoni e dal peso ingestibile di 27 tonnellate, la corsa alla bomba più grande stava terminando.

La nuova sfida era rendere più leggere e maneggevoli le testate, specialmente quelle da installare sulle nuove e temibili generazioni di missili strategici intercontinentali a testate multiple indipendenti, i MIRV (Multiple Independently targetable Reentry Vehicles).

L’utilizzo delle testate multiple garantisce più vantaggi a livello tattico e strategico: si aumenta la capacità distruttiva dei propri sistemi, diminuendo la potenza delle testate, si ha la capacità di distruggere più obiettivi contemporaneamente, si mettono praticamente fuori gioco le difese antimissile degli avversari, che difficilmente sarebbero capaci di intercettarle tutte.

Figlie in linea diretta di queste armi furono le cosiddette armi al Neutrone, in cui gli effetti termici e cinetici venivano trascurati per concentrarsi sull’emissione di neutroni sotto forma di raggi Gamma.

Modello previsto per armi tattiche da usare sui campi di battaglia, consentiva di colpire tutte le forme di vita attorno all’esplosione, lasciando invece essenzialmente intatte le strutture e evitando in buona parte il fall out radioattivo successivo.

In questo modo le truppe sul campo di battaglia avrebbero potuto teoricamente muoversi, senza quasi temere contaminazioni da elementi radioattivi a lunga durata.

Le bombe di questa classe, definite armi di terza generazione, sono sempre state oggetto di un certo scetticismo sia da una parte degli scienziati, sia da parte dei militari stessi, non solo per i dubbi sulla loro reale efficienza, ma sopratutto per la scarsa flessibilità di impiego.

La forte reazione morale dell’opinione pubblica a fronte degli effetti potenzialmente devastanti di tale bomba, ha causato il suo ritiro da buona parte degli arsenali nucleari, seppure una certezza assoluta della loro eliminazione totale non vi possa essere, a causa del segreto militare imposto da vari Paesi.

 

Smart Nuke Bomb: la quarta generazione delle armi nucleari e l’adattamento delle armi di generazione precedente.

Nel nuovo scenario internazionale dunque possedere bombe di grande potenza, costose da costruire e da mantenere efficienti, poco o nulla flessibili nel loro impiego, non è più conveniente: si sta cercando di sostituirle in tutto o in parte con ordigni molto più leggeri, compatti e economici.

Le potenze atomiche hanno già fatto molti sforzi, aggiornando le armi già in servizio negli arsenali alle nuove filosofie di impiego e alle nuove necessità strategiche del mondo di oggi.

E’ il caso della bomba termonucleare statunitense B61: introdotta nel 1966 come arma a basso potenziale, dal 1993 è presente nell’arsenale atomico statunitense (ma non solo) nella sua ultima versione B61 – 11.

Definita NEP, ovvero Nuclear Earth Penetrator, è stata pensata come arma bunker buster, ovvero per colpire fortificazioni sotterranee o edifici corazzati. Essenzialmente è un’arma termonucleare tattica, con una carica regolabile che può variare in potenza da 1 a 10 kilotoni, ma può arrivare anche a 1 megatone.

In realtà è un ottimo esempio delle armi pensate per i conflitti a bassa intensità del dopo Guerra Fredda.

Presentata come arma in grado di evitare il fall out radioattivo e preservare la vita della popolazione civile, in realtà nei test ha evidenziato grosse difficoltà a restare efficiente, una volta entrata oltre i sei metri nel terreno.

E’ chiaro che se venisse utilizzata operativamente, secondo le nuove filosofie di impiego localizzato, in ambiente urbano darebbe comunque luogo a irradiazione da raggi Gamma e contaminazione da dispersioni radioattive importanti, con ricadute potenzialmente anche lontane dal luogo di impatto.

Dopo gli ultimi studi però l’arma è stata dichiarata perfettamente aderente alle specifiche e rimessa in stoccaggio nei depositi di munizionamento nucleare.

immagine 5

Bomba termonucleare tattica B61-11 su carrello da trasferimento.

Attualmente è stato previsto un ulteriore step di aggiornamento alla versione B61-12, che riguarderebbe la compatibilità con gli aviogetti di nuova generazione, come l’F35 Lightning II, in via di acquisizione da parte di molte nazioni della NATO. La spesa prevista per dotare le armi di nuovi sistemi di guida remota è di 178 milioni di dollari, al valore del 2012. Tuttavia l’opposizione di molti Paesi a ospitare tali ordigni, i dubbi circa l’opportunità di spendere tali cifre su armi a caduta di vecchia generazione, avevano messo in forse il programma, ma l’amministrazione del Presidente Barak Obama pare abbia riconfermato l’aggiornamento.

Circa una ventina di questi ordigni è conservata presso la base militare di Ghedi, secondo la politica NATO del nuclear sharing, la condivisione con le forze armate degli alleati di armamenti nucleari, formalmente di proprietà del Paese produttore, gli Stati Uniti, che continuano a gestirle e manutenerle con unità speciali di supporto logistico.

Altro esempio sono le testate da demolizione W45 SADM (Special Atomic Demolition Munition), trasportabili a spalla in uno zaino militare.

Pensata per operazioni locali, pesava però circa 45 chili, a causa dei sistemi di innesco e del materiale fissile prescelto, il Plutonio 239. Ne è stata anche prodotta una versione lanciabile attraverso un razzo terra – terra da 120 millimetri, la potenza per entrambi poteva variare tra una frazione di kilotone e i 6 kilotoni.

Dati i limiti tecnici e la facilità con cui si potevano danneggiare, questi dispositivi sono stati comunque ritirati dal servizio, così come sono stati ritirati i proietti all’Uranio 235 pensati per l’uso con l’obice da 155 millimetri modello M 109.

Tuttavia, molto probabilmente sia Israele che la ex Unione Sovietica hanno continuato lo sviluppo di ordigni da valigia, ulteriormente miniaturizzati e facilmente occultabili su aerei o altri mezzi di trasporto, per uso di sabotaggio.

Queste armi sarebbero ideali per i gruppi terroristici, quindi vengono considerate tra le più pericolose. Infatti resta il dubbio che dopo il crollo dell’Unione Sovietica, le forze armate e lo spionaggio russo abbiano perso le tracce di molti di questi ordigni, spesso dislocati all’estero.

Si tratta comunque di dispositivi che necessitano di manutenzione e cura particolare perché possano restare efficienti.

Resta chiaro che l’adattamento di armi di vecchia generazione non può essere una soluzione al problema delle strategie moderne.

immagine 6

Ordigno da demolizione portatile W 45 SADM.

Il loro uso causerebbe comunque un olocausto nucleare su vasta scala, per cui i vertici statunitensi (ma è molto probabile siano giunti alle stesse conclusioni anche quelli russi o cinesi) hanno incominciato a pensare a un concetto di arma completamente nuovo.

Vi è un’opinione diffusa secondo la quale la ricerca militare, in alcuni momenti storici abbia permesso successive applicazioni in campo civile.

E’ un giudizio però un pò superficiale e errato, specialmente per il momento attuale.

E’ indubbio che i progressi nel campo dei superconduttori, delle nanotecnologie (avvenuti specialmente negli Stati Uniti) una volta applicate al campo della ricerca militare, consentiranno lo sviluppo di una generazione di armi nucleari radicalmente nuova e diversa rispetto al passato.

Quindi siamo in presenza dell’esatto contrario, è la ricerca civile che sta trainando e rilanciando quella bellica, specie nel campo delle armi non convenzionali.

Se da un lato procurarsi Uranio arricchito o Plutonio resta non del tutto facile, dati i controlli dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), dall’altro è diventato molto più semplice procurarsi le tecnologie per farselo in casa.

Procurarsi centrifughe per l’arricchimento sul mercato internazionale è molto più semplice che in passato.

La vicenda del programma nucleare iraniano è emblematica in questo senso, dato che le centrifughe ufficialmente sono state acquistate per la produzione di energia a uso civile.

In realtà ciò che resta molto difficile per Paesi di medio sviluppo è procurarsi la tecnologia del Trizio.

Sappiamo che è un gas leggero, radioattivo, estremamente instabile, ottenuto dall’irraggiamento di atomi di Litio6 con neutroni veloci: ne bastano pochi grammi in un moderno ordigno termonucleare.

Costruire acceleratori di particelle per produrre il Trizio resta anche più difficile che procurarsi l’Uranio o le centrifughe di arricchimento.

E’ a questo punto che la ricerca civile è venuta, più o meno consapevolmente, in aiuto di quella militare contribuendo al suo rilancio.

La tecnologia del Trizio è fondamentale anche nelle ricerche civili sulla fusione nucleare controllata, applicata alla produzione di energia.

L’utilizzo di generatori laser super potenti dovrebbe consentire di comprimere e portare a fusione un pit

contenente pochi milligrammi di Deuterio e Trizio.

La fusione di un milligrammo di tali elementi consentirebbe di sprigionare un’energia di ben 340 milioni di Joule, quindi un reattore a fusione laser da un Megawatt consumerebbe solo 1,5 milligrammi di Deuterio e Trizio all’ora.

Un risultato fenomenale che potrebbe finalmente rendere la dipendenza dalle tradizionali fonti di energia non rinnovabili un ricordo del passato.

Grandi impianti come National Ignition Facility 192 americano, sviluppato dalle ricerche del Lawrence Livermore National Laboratory, o il francese Megajoule 240 realizzato nelle vicinanze di Bordeaux presto permetteranno di raggiungere questo know how.

Restano ancora da realizzare laser estremamente compatti e potenti, ma che riescano anche a limitare il consumo di energia. Anche in questo campo la ricerca sui superconduttori e le nanotecnologie sta facendo passi da gigante, per cui le ricadute in campo bellico non si faranno attendere.

Negli Stati Uniti in particolare, si lavora già con i super computers, in grado di gestire interventi di precisione su dimensioni dell’ordine di un miliardesimo di metro, quindi siamo nell’ambito di gruppi di poche decine di atomi.

Del resto, proprio il principio della libera ricerca, che metta a disposizione dell’umanità conoscenze e applicazioni, è il motore del progresso scientifico e dello sviluppo delle tecnologie: sarebbe ipocrita cercare di limitarlo ora per paura delle conseguenze nella ricerca militare.

A questo punto, una volta in possesso di laser compatti super efficienti per ottenere il Trizio e indurre la fusione Deuterio – Trizio, il passo successivo sarebbe la realizzazione di ordigni a fusione pura (eliminando il terzo stadio a fissione che abbiamo visto presente nello schema tradizionale Teller – Ulam), di potenza ridotta, fino a mille volte meno di una testata nucleare di media potenza della vecchia generazione. Un’arma di pochi chilogrammi, se non di pochi etti, sarebbe in grado di generare la potenza di alcune tonnellate di tritolo.

Tale limitazione di dimensioni e potenza potrebbe facilmente sottrarre questa nuova classe di armi nucleari al controllo delle convenzioni e dei trattati di non proliferazione attualmente in vigore, con il terrificante risultato che potrebbero essere legalmente inserite, per il diritto internazionale, tra le armi convenzionali.

Sarebbe difficile per i comandi politici e militari resistere alla tentazione di utilizzare le armi di nuova generazione nei complessi e difficili scenari del nuovo millennio: comunque queste nuove armi, sulle quali la censura militare è comprensibilmente molto stretta, sono e resteranno armi nucleari, con tutte le loro terrificanti potenzialità e conseguenze.

Per esempio, basterebbe variare la quantità di Deuterio e Trizio nella testata, regolando di conseguenza la potenza del laser di fusione, per aumentare indefinitamente la potenza di un ordigno.

In ogni caso, l’opinione pubblica internazionale dovrebbe essere attenta sulle armi nucleari di nuova generazione, perché stiamo ritornando, momenti in cui la proliferazione crescente e l’insicurezza internazionale potrebbero riavvicinare l’umanità al baratro del conflitto, prima di quanto si possa immaginare.

di Davide Migliore

 

Linkografia e bibliografia

https://en.wikipedia.org/wiki/Nuclear_weapon_design

https://en.wikipedia.org/wiki/Nuclear_weapon_yield

http://www.spiegel.de/international/world/us-modernizing-its-nuclear-arsenal-despite-criticism-over-weapons-a-932188.html

http://www.dmi.unipg.it/mamone/sci-dem/nuocontri/baracca.htm

http://www.juragentium.org/topics/wlgo/it/nuclear2.htm

http://www.difesaonline.it/mondo-militare/difesa-nato-gli-usa-inviano-20-nuove-bombe-nucleari-germania-italia-dalle-30-alle-50

http://www.nexusedizioni.it/it/CT/la-nuova-dottrina-del-pentagono-le-mini-atomiche-sono-sicure-per-i-civili-di-michael-chossudovsky-533b2bd08a385

https://it.wikipedia.org/wiki/Bomba_atomica_da_zaino

http://www.repubblica.it/esteri/2013/06/19/news/sulle_rampe_o_in_aerei_e_sottomarini_ecco_i_numeri_del_terrore_atomico-61398604/

https://it.wikipedia.org/wiki/Accordi_START

http://it.ibtimes.com/quali-sono-gli-stati-con-armi-nucleari-1361196#

http://www.unimondo.org/Guide/Guerra-e-Pace/Armi-Nucleari/%28desc%29/show

http://www.massacritica.eu/nel-2017-un-arco-da-32-000-tonnellate-ricoprira-il-reattore-di-chernobyl/7340/

http://www.massacritica.eu/sparse-sul-pianeta-ci-sono-20000-bombe-nucleari/10614/

http://www.massacritica.eu/una-guerra-nucleare-e-possibile/10798/

http://www.massacritica.eu/fukushima-tutto-il-non-detto-troppo-non-detto/33/

http://www.massacritica.eu/cernobyl-un-disastro-annunciato/6721/

Commenti (0)

missilenuclearearizona

Tags: , , , , , , ,

L’atomo militare: l’incubo mai finito dell’era nucleare

Pubblicato il 18 novembre 2011 by redazione

Cambiamenti climatici, crisi economico-finanziarie, disastri naturali e catastrofi ecologiche, destabilizzazioni politiche e guerre culturali e religiose. A pensarci un attimo chiunque ha l’imbarazzo della scelta nello scegliere dal mazzo appena illustrato la causa di pericolo più importante che incombe sul genere umano oggi, eppure ce ne siamo dimenticata una, che in fondo non è mai cambiata, silenziosamente presente. Sono gli arsenali di ordigni atomici. La fine della guerra fredda, i trattati di disarmo nucleare, in realtà non hanno cambiato nulla: l’arma atomica resta una delle minacce più serie ancora oggi alla sopravvivenza non solo del genere umano, ma della vita stessa come la conosciamo, sul pianeta terra. Facciamo un rapido ripasso: la storia pone come inizio ufficiale dell’era atomica le 5.30 del mattino del 16 agosto 1945 (1). Ad Alamogordo, nello stato del Nuovo Messico, in un deserto che per una di quelle strane coincidenze della storia si chiama ‘Jornada del Muerto’, il giorno del morto, la prima esplosione nucleare accende un’alba artificiale. Quel che venne dopo è la dolente conseguenza. Hiroshima (6 agosto) e Nagasaki (9 agosto), i due forni a novecentomila gradi in cui ardono gli abitanti delle due città, il Giappone si arrende il 2 settembre 1945, esattamente dopo sei anni di seconda guerra mondiale. Da lì la gara all’arma atomica fra gli alleati (presto nemici nella nuova fase della storia, la guerra fredda), la priorità nelle politiche militari. La nuova corsa agli armamenti cresce a una velocità mai vista per nessun’altra invenzione umana. Nel 1949 l’URSS annuncia il suo primo esperimento atomico, poi è la volta dell’Inghilterra nel 1952 ad annunciare di avere la bomba, seguita dalla Francia nel 1960 e dalla Cina nel 1964. Si apre il club dell’atomo e nasce la dottrina della reciproca totale distruzione assicurata (Mutual Assured Destruction) o l’equilibrio delle terrore: se avrò tanti ordigni da annientare il mio avversario (e lui lo stesso verso me) l’impossibilità che ci sia un vincitore funge da dissuasore, perché nessuno si azzarderà ad usarla per primo…non c’è vincitore in una guerra termonucleare globale. Per un altro degli strani scherzi del destino, l’acronimo M.A.D. che lo rappresenta, in inglese significa pazzo, folle…. Già nel 1956 proprio per regolare la ricerca e l’uso sull’atomo (sia civile che militare) viene fondata l’A.I.E.A., l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, ma questo non frenò la ricerca dell’industria militare. Solo negli Stati Uniti, tra il 1955 e il 1960 si produceva Uranio U 235 e Plutonio Pu 239 (che costituiscono l’esplosivo atomico), nonché il pits, i contenitori speciali per materiale fissile, sufficienti a costruire 7000 testate.(2)

Nel 1986 gli ordigni nucleari nel mondo erano già 69440

Tra il 1967 e il 1972 i colloqui SALT I e II portano ad un primo generico impegno delle più grandi potenze nucleari, USA e URSS, a limitare la crescita di tutti i tipi di armi. Nel 1970 sono stimate in totale più di 38.000 gli ordigni attivi, ad uso tattico o strategico, lanciabili da artiglieria, a caduta libera da aerei o contenuta in testate di missili, “da crociera” o intercontinentali, lanciabili da navi, sottomarini o da terra. Nel 1970 si arriva al primo vero Trattato di non proliferazione nucleare (T.N.P.Treaty of Non Proliferation), che limita il ritmo di crescita degli arsenali e impegna gli stati possessori di tecnologia militare nucleare a non trasferire ad altri stati tali conoscenze, ma di favorire lo sviluppo degli usi civili e pacifici dell’energia atomica. Inizialmente firmato da USA, Gran Bretagna e URSS, oggi unisce 189 paesi. Ma il picco si avrà durante gli anni della presidenza Reagan in America: nel 1986 gli ordigni nel mondo sono circa 69440:  non ha giovato il fatto che già gli USA dal 1959 abbiano in media disattivato 2000 testate e vettori (per lo più per vecchiaia o perché sostituiti da modelli più recenti) all’anno, mentre dal 1986 l’URSS ha proceduto a smantellare circa 3000 testate l’anno. Non è facile trovare per il passato dati più certi, visto il segreto militare più assoluto che ha circondato da sempre i programmi atomici. (3)

Shunk works le città invisibili produttrici di morte

I calcoli totali dal 1945 ci dicono che siano (il condizionale è sempre d’obbligo) state prodotte circa 250/300 tonnellate di Plutonio 239 e oltre 2200 tonnellate di Uranio 235 altamente arricchiti, con conseguenze ecologiche ancora da calcolare pienamente, sia per le devastazioni che richiede l’estrazione dei metalli pesanti, estremamente rari e diffusi, sia per la loro raffinazione e concentrazione, che avviene attraverso processi chimici (reagenti, solventi, aggreganti) che lasciano residui tossici ed altamente radioattivi al contempo. Gli shunk works, le città invisibili, agglomerati urbani dove scienziati e tecnici producevano il combustibile nucleare del tutto indipendenti e circondati dal più assoluto segreto, hanno contaminato migliaia di chilometri quadrati di terreno e minato la vita di migliaia di persone ignare, come Mayak – Chelyabinsk 65 nell’attuale Russia, divenuta tristemente celebre per le conseguenze terribili anche per le migliaia di persone che vi hanno lavorato e vissuto(4).

2031 esperimenti nucleari solo dal ‘45 al ’93, di cui più di 500 solo nell’atmosfera

La corsa al test atomico ha avuto anche risvolti di tipo propagandistico, ovvero quanto più procediamo nella progettazione e costruzione di ordigni sempre più potenti e precisi, tanto più dovremo ritenerci temuti e quindi protetti da ogni minaccia esterna…dal Trinity test del 1945 al 1993 le esplosioni nucleari ufficialmente ammesse dagli stati appartenenti al club atomico sono state 2031. Ben 511 furono svolti in atmosfera, senza alcuna seria previsione della ricaduta dei contaminanti sparati nella alta atmosfera. All’opinione pubblica fu fatto sempre credere che il solo fatto di svolgere test in luoghi desertici (Nevada, deserto del Gobi) o in pieno oceano (atolli di Bikini ed Eniwetok,  Mururoa) tenesse sostanzialmente indenni le popolazioni da ogni rischio di fall out radioattivo, ma se pensiamo che le esplosioni delle prime armi all’idrogeno furono effettuate su isole (atomizzate e cancellate per sempre dalla carta geografica) in aree tropicali a ridosso dell’equatore, ovvero sotto alcune delle correnti di alta quota più forti dell’intera atmosfera… come mettere la farina in un grande ventilatore. E’ stato calcolato che per gli esperimenti degli anni ‘50 nel deserto del Nevada, mediamente ogni cittadino statunitense subì l’irradiazione di circa 2 Rad (Radiation Absorbed Dose – unità di misura delle radiazioni assorbite da un essere vivente) per ogni test, contro gli 0,24 Rad medi annuali che avrebbe dovuto subire dalla radioattività di fondo naturale. Si è calcolato che la quantità di Cesio 137, Iodio 131, Carbonio 14 e Stronzio 90 (quest’ultimo isotopo nemmeno presente sulla Terra prima dell’inizio dell’era atomica) di quei 90 esperimenti nel Nevada sia stato circa diecimila volte maggiore di quello emesso dall’incidente Chernobyl. Le ricerche e le denunce degli scienziati più sensibili alla problematica portarono al Limited Test Ban Treaty del 1963, con la proibizione di effettuare test in atmosfera e nello spazio esterno. Ovviamente tutti d’accordo e con molta enfasi: infatti il trattato permetteva gli esperimenti sotterranei o sottomarini, in condizioni di non dispersione delle scorie radioattive. La conseguenza è stata la centuplicazione dei test militari, ma solo oggi si sta incominciando a diffondere la ricerca su quanti e quali danni hanno effettivamente causato. (si può vedere su Youtube la cartina animata delle esplosioni fino ad oggi http://www.youtube.com/watch?v=-dpaw0OBmB4 ). Tra il 1963 e il 1983 nei soli USA gli esperimenti seguirono una media di una deflagrazione a settimana, praticamente una guerra atomica effettiva.

560 milioni di dollari, i soldi spesi fino ad oggi solo dagli USA per demolire mezzi, strutture e testate e per stoccare Uranio e Plutonio

Dopo il 1989 il break down dell’economia russa (in buona parte provocato dal folle dissanguamento per le spese militari) e del blocco orientale portarono finalmente alla firma di due trattati antiarma, efficaci sul versante dei controlli reciproci: lo St.A.R.T. (Strategic Arms Reduction Teatry) I del 1991 e St.A.R.T. II del 1993, che oltre a porre limiti ben precisi agli armamenti operativi per ogni classe d’arma,  hanno vietato l’uso e lo sviluppo dei MIRV (Multi IndipendentlyTargetable Vehicle, veicolo di rientro a bersagli multipli indipendenti),  ovvero i missili intercontinentali strategici portartori di più ordigni indipendenti nella testata, campo in cui erano in vantaggio i russi. Anche le armi ABM (Anti Balistic Missile), ovvero le armi difensive destinate ad intercettare i missili vettori (compresi i progetti americani sulle cosiddette Star Wars, Scudo Spaziale e altre forme di militarizzazione dello spazio esterno all’atmosfera) hanno ricevuto, forme di limitazione e restano uno dei motivi di maggior frizione fra Stati Uniti e Russia. Questo ha portato a una diminuzione delle armi strategiche più potenti attualmente presenti negli stockpile aderenti al trattato valutate intorno l’80%, compresa la limitazione del numero dei missili, sottomarini e bombardieri strategici pesanti. Le Repubbliche di Bielorussia, Ucraina e Kazakhistan, eredi di arsenali atomici strategici dopo la dissoluzione dell’URSS, hanno aderito al trattato e hanno consentito allo smantellamento del loro potenziale nucleare, seppure dietro a generose sovvenzioni. Solo gli Stati Uniti ad oggi hanno versato alle ex repubbliche sovietiche circa 560 milioni di dollari per provvedere alla demolizione di mezzi, strutture e testate, nonché per lo stoccaggio di Uranio e Plutonio. Nel 2010 I Presidenti statunitense Obama e russo Mevdedev hanno firmato a Praga il trattato New St.A.R.T. introducendo una formula diversa dal passato: più che prevedere nuove riduzioni dell’arsenale strategico (peraltro non ratificato dalla Duma di Mosca, sospettosa circa gli allargamenti della NATO ad Est e per la presenza di militari americani molto più vicini ai confini russi, Kosovo compreso) contiene forme di limitazione alla sostituzione con ordigni di nuova generazione, mirando più che alla parità numerica di potenziale atomico e di vettori di lancio, a quella sostanziale dell’effettivo potere offensivo. Eppure sono pubblici i dati di previsione per nuovi investimenti che porteranno nei prossimi dieci anni alla costruzione di nuovi sistemi d’arma per Russia, Stati Uniti , Cina, quindi la tentazione della corsa all’armamento nucleare è tutt’altro che scongiurata (5)(6).  Attualmente, al netto delle reticenze, dei segreti di stato e dei limiti al controllo da parte di organi internazionali, la situazione nel 2011 è quella riportata nella tabella con le proiezioni del Natural Resources Defense Council e pubblicate sul Bullettin  of Atomic Scientists. Questa tabella induce però un’osservazione spontanea: il club atomico nei fatti si è allargato, perché ai 5 ‘soci fondatori’ si sono affiancati altri 5 stati possessori di armi atomiche: le cosiddette potenze atomiche ‘non dichiarate’, perché hanno sempre negato apertamente di essersi dotate di armamenti nucleari.

Nazione

Testate
operative
strategiche

Testate
operative
non strategiche

Testate
in riserva

Military
Stockpile

TOTALE

 Russia 2,430 0 5,500 8,000 11,000
 Stati Uniti 1,950 200 2,850 5,000 8,500
 Francia 290 n.a.  ? ~300 ~300
 Cina 0  ? ~180 240 240
 Regno Unito 160 n.a. 65 225 225
 Israele 0 n.a. 80 80 80
 Pakistan 0 n.a. 90-110 90-110 90-110
 India 0 n.a. 80-100 80-100 80-100
 Corea del Nord 0 n.a. <10 <10 <10
TOTALE ~4,830 ~200 ~8,650 ~14,000 ~20,500
2011 Dati stimati dal Natural Resources Defense Council e pubblicati sul Bulletin of the Atomic Scientists

 

Israele

Nega ufficialmente di possedere armamenti nucleari, ma si sospetta che abbia una dotazione strategica sin dalla guerra dello Yom Kippur nel 1973 e che sia stato vicino ad usarla già in quel conflitto. Il 22 settembre 1979 il satellite americano Vela 6911, parte di una serie di macchine create per controllare il rispetto del divieto di esperimenti nucleari in atmosfera, registrò un lampo intenso seguito da uno più debole nel settore Sud Atlantico africano: il tipico segno di un’esplosione atomica in atmosfera. Già all’epoca i servizi di spionaggio di mezzo mondo sapevano che Israele e Sudafrica (quest’ultimo paese sempre più isolato per il suo regime di segregazione razziale) collaboravano nello sviluppo di armamenti e tecnologie, ma questo evento fù un salto di qualità.  Il satellite, lanciato nel 1969 e all’epoca già da due anni oltre la sua vita massima operativa, aveva subito delle avarie ai sistemi di registrazione, per cui ufficialmente, per motivi di diplomazia internazionale, il governo statunitense sostenne che il dato non fosse attendibile, generato dall’urto di un micrometeorite con il satellite. In realtà in carriera aveva rilevato ben 41 esplosioni nucleari, alcune delle quali sotterranee, tutte confermate. Per di più , in Australia venne segnalato il contemporaneo aumento di Iodio 131 (tipico sottoprodotto delle reazioni di fissione atomica) negli animali da allevamento. Ma se l’ incidente Vela diede solo forti sospetti, oggi ci sono prove (le fotografie scattate dallo scienziato dissidente Mordechai Vanunu e passate al giornale inglese Sunday Times) che da almeno 20/25 anni sulla base di tecnologie francesi, nel centro ricerche di Dimona, nel deserto del Negev, sia stato creato un complesso che è in grado di produrre Plutonio 239 per circa dieci testate all’anno, e che abbia sviluppato tecnologie che rendono gli ordigni , di tipo tattico (Israele è forse lo stato più assediato al mondo oggi, con distanze dagli obbiettivi sensibili estremamente ridotte rispetto ad altre situazioni geopolitiche) più leggeri, compatti ed affidabili. C’è anche il sospetto  che sia iniziata anche la produzione di armi termonucleari strategiche di grande potenza. Attualmente le valutazioni contrastanti danno presenti nell’arsenale israeliano dalle 80 alle 200 testate. In ogni caso, Israele risulta dopo U.S.A., Russia, Cina ed Inghilterra la potenza nucleare più forte sul pianeta. Il nervosismo circa le dichiarazioni del bellicoso vicino Iran e le preoccupazioni forti circa il programma clandestino atomico di quest’ultimo sono notizie all’ordine del giorno….

Pakistan

Dal 1972, nonostante i grandi problemi di povertà e instabilità politica interna, ha sviluppato la tecnologia e le capacità nucleari, principalmente per contrastare il suo vicino-nemico indiano, col quale permane uno stato di guerra latente sul fronte himalayano. Le testate, lanciabili da aviogetti o attraverso missili sono valutate fra le 60 e le 100. Le penetrazioni dell’islamismo radicale anche ad alto livello nella classe dirigente del paese da alcuni anni a questa parte, sta facendo venire i sudori freddi ai servizi di intelligence di molti paesi, per quanto il Pakistan risulti saldamente inserito fra gli stati amici degli U.S.A. e di molti altri occidentali. Non ha firmato i trattati internazionali di non proliferazione.

India

Lo stato-subcontinente ha sviluppato una piccola (per quanto possano esser considerate poche 100/150 testate) ma efficiente forza di reazione nucleare di media potenza, ma montata su missili balistici a medio raggio di produzione nazionale, frutto della collaborazione con la ex U.R.S.S. durante i molti anni di confronto con il Pakistan. Ufficialmente l’India nega di avere armi nucleari e non ha firmato i trattati  internazionali  di non proliferazione.

Corea del Nord

Uno degli ultimi baluardi del comunismo stalinista (è retto da Kim Il Yong, presidente-dittatore a vita ed erede del padre Kim Il Sung) in stato di guerra latente col Sud Corea dal 1953 (fine della guerra di Corea e pace di Panmunjon), con una situazione economica sempre più tragica, fino a poco tempo fa ha potuto contare sull’aiuto generoso del vicino alleato cinese. Il programma nucleare nordcoreano risale agli anni 70, iniziato con la modifica ai reattori ottenuti da russi e cinesi per sopperire alla cronica mancanza di fonti energetiche di un paese del tutto isolato dagli altri, paranoico e armato fino ai denti. Negli ultimi anni ha ricominciato a sperimentare tecnologie missilistiche (inquietanti il lancio di un vettore a lungo raggio nel Mar Giallo che hanno allarmato il Giappone) vendute anche ad altri stati. Ha aderito al trattato di non proliferazione, salvo poi denunciarlo, togliere i sigilli della A.I.E.A. ai propri reattori e ricominciare l’arricchimento del Plutonio (in Nord Corea  vi è un giacimento di plutonio, per quanto poco consistente), per poi tornare nel 2005 ad accettare il controllo internazionale, in cambio di aiuti economici. Ma nel 2006 sorprende tutti effettuando il primo esperimento atomico sotterraneo, seguito dal secondo nel 2009, per quanto Washington nel 2008 avesse già escluso il paese dalla lista nera degli stati che usano il terrorismo. Numerosi scontri si sono verificati (tra gli ultimi l’affondamento di una corvetta sudcoreana con molti morti, atto negato dai nordcoreani) e nel novembre 2010 cannoneggiamento delle due isole Jeopeong, a 12 km dalla costa nordcoreana, tutti atti di minaccia destinati a  ottenere dagli stati ricchi aiuti in materie prime e alimenti per una dittatura ferrea e sull’orlo della carestia più nera. E’ un paese guardato con estrema preoccupazione dalla comunità internazionale, attualmente la sua capacità offensiva si calcola attorno a dieci – venti testate, di potenza limitata. Il futuro della  Corea del Nord è uno dei dilemmi più difficili con cui la comunità internazionale è chiamata a confrontarsi. (8)

Sudafrica

Secondo molte indiscrezioni, lo stato Sudafricano straricco, ma circondato da nazioni ostili, negli anni ‘70 sviluppò un programma parallelo con Israele, il quale già nel 1975 avrebbe offerto armi atomiche in acquisto al Sudafrica. Le armi, di tecnologia e potenza paragonabili a quelle di Hiroshima e Nagasaky, sono state sei. Isralele avrebbe fornito la tecnica ed il personale, il Sudafrica l’Uranio, che è abbondante nelle sue miniere. Dopo il 1989 ufficialmente il governo di Pretoria smantellò le sue testate  ed aderì al trattato di non proliferazione. L’ incidente Vela, spiegato più sopra nella parte dedicata ad Israele, pare sia stato frutto di una collaborazione tra Israele e Sudafrica. Il numero di armi strategiche ad alto potenziale certo è diminuito rispetto agli anni della folle corsa alla bomba, tuttavia resta statisticamente possibile l’errore che possa far scatenare una reazione, la guerra totale per errore. Inoltre, il numero di incidenti nucleari, con perdita di ordigni, vettori e di materiale fissile è impressionante, seppure concentrato negli anni in cui le forze di intervento rapido mantenevano costantemente 24 ore su 24 aerei, sottomarini, navi in movimento, carichi di armamenti attivabili in tempo brevissimo. Ma questo è già un altro discorso.

di Davide Migliore

 

(1)http://nuclearweaponarchive.org/Usa/Tests/Trinity.html ;

http://www.progettohumus.it/nucleare.php?name=specialtrinity

(2) http://www.fas.org/programs/ssp/nukes/nuclearweapons/nukestatus.html  Site of Federation of American Scientists (FAS)

(3) http://it.wikipedia.org/wiki/Trattato_di_non_proliferazione_nucleare

(4) Paolo Cotta  Ramusino, Università degli Studi di Milano, Unione Scienziati per il Disarmo, atti del seminario ENEA sull’impegno italiano per il controllo internazionale degli armamenti nucleari, Bologna 29 Novembre 2010.

(5) Test Nucleari : giocare col Plutonio, di Paolo Cortesi

http://www.minerva.unito.it/Chimica&Industria/MonitoraggioAmbientale/A2/TestNucleari.htm

http://www.archiviodisarmo.it/template.php?pag=51699  “Archivio Disarmo”

(6) http://it.wikipedia.org/wiki/Accordi_START : gli accordi START I e II , l’inizio del vero contenimento e riduzione degli arsenali atomici.

(7) http://www.peacelink.it/pace/a/4536.html  i segreti nucleari di Israele.

(8) http://it.wikipedia.org/wiki/Corea_del_Nord  il programma nucleare nordocoreano.

http://www.lapaco.org/scheda-paese-corea-del-nord.html

(9)    http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/05/25/quando-israele-offri-atomica-al-sudafrica.html

 Fonte generale:  Giuseppe Longo – Vittorio Silvestrini , L’atomo Militare, Editori Riuniti 1987

Commenti (0)

Advertise Here

Foto da Flickr

Guarda tutte le foto

Advertise Here

LINK