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Incidenti nucleari militari: 1987-1988

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Incidenti nucleari militari: 1987-1988

Pubblicato il 18 dicembre 2012 by redazione

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1987

Uno dei camion speciali costruiti per il trasporto di armi atomiche procede su un’autostrada inglese in direzione nord, verso le basi dei sottomarini nucleari in Scozia. I convogli, composti da numerosi mezzi tecnici e di scorta che viaggiano a poca distanza gli uni dagli altri, usano abitualmente strade di grande scorrimento, vicino a grandi centri abitati, come testimonia il cartello inquadrato nella foto. Probabilmente a bordo del mezzo inquadrato è custodito un missile nucleare balistico D5 Trident II, che costituisce attualmente l’arma di deterrenza strategica nucleare principale in dotazione alla Royal Navy. Le foto sono state scattate dall’attivista pacifista Margaret Downs il 13 novembre 2006. Gli attivisti seguono e fotografano i convogli per sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi corsi nel movimentare le armi di distruzione di massa. Dal sito http://oxford.indymedia.org.uk/2006/11/356129.html

1Gennaio 1987 (nota1) durante il trasporto di alcune bombe termonucleari a caduta libera WE177 in un convoglio stradale nella contea dello Wiltshire, uno dei camion corazzati che trasportavano gli ordigni slittò sulla strada ghiacciata e finì fuori strada nella scarpata sottostante, rovesciandosi su un fianco. L’autista dell’automezzo che seguiva, benché il convoglio stesse procedendo secondo il protocollo a bassa velocità e a distanza di sicurezza, non riuscì ad evitare il ghiaccio e perse il controllo del mezzo, ma evitò rocambolescamente che cadesse dalla sede stradale sull’altro mezzo. L’incidente fu causato da un’auto privata parcheggiata male sulla carreggiata. La commissione d’inchiesta militare concluse le indagini affermando che non vi fu mai alcun pericolo per le armi, custodite nei loro shelter speciali da trasporto WE165, specialmente di esplosioni accidentali, essendo prive di innesco. Il comportamento del personale del convoglio fu corretto e aderente alla procedura tecnica stabilita. Un convoglio stradale, ancora oggi, è il metodo considerato più sicuro ed economico per trasportare le testate tra gli stabilimenti in cui vengono costruite (e periodicamente sottoposte a revisione) e le basi militari in cui vengono custodite. Oltre a dare la possibilità di percorsi di trasporto alternativi a quelli su rotaia, per quanto anch’essi continuino a essere ampiamente usati. Ogni convoglio è molto complesso, consta di camion speciali e mezzi di scorta della polizia e delle squadre speciali antiterrorismo dei Royal Marines, assieme a personale specializzato nelle emergenze in campo NBC (Nucleare, Batteriologico e Chimico) con equipaggiamenti di primo intervento di contenimento e decontaminazione. I convogli spesso utilizzano autostrade oppure attraversano paesi e zone abitate (come le aree di città quali Londra, Birmingham, Leeds, Manchester, Newcastle, Edimburgo) per quanto strettamente seguiti e scortati, gli incidenti succedutisi negli anni testimoniano come non sia del tutto evitabile che qualche imprevisto accada, fosse anche una semplice “pannes” a uno dei mezzi del convoglio. Per raggiungere le basi della RAF (Royal Air Force, l’aeronautica militare), del Royal Army (l’esercito reale di Sua Maestà) e della Royal navy (la marina da guerra) i convogli spesso devono attraversare l’intera isola da Sud, ove si trovano le AWE (Atomic Estabilishment Weapon) di Aldermaston e Burghfield, in Berkshire, fino alle basi dei sottomarini nucleari di Coulport (base di stoccaggio e carico dei missili nucleari sui sottomarini) e Faslane, nel Nord della Scozia, le più lontane. Questi viaggi sono frequenti perché il materiale fissile delle testate (masse critiche in Plutonio 239 e Uranio 235, “bottiglie di gas di Trizio per l’innesco della fusione nucleare) decade con una certa velocità perdendo la propria piena capacità fissile. Per cui è necessario sostituire l’esplosivo nucleare con altro “ricaricato” e quindi più radioattivo, ma paradossalmente anche più stabile nella struttura chimico-fisica.  Inoltre le strumentazioni complesse e il corpo della bomba o del missile vanno costantemente controllati perché sono sottoposti all’usura continua delle radiazioni di Uranio e/o Plutonio contenuti nei “pit” delle armi.

In un’intervista rilasciata al giornalista Rob Evans del The Guardian, il fisico Frank Barnaby, che lavorò agli impianti di Aldermaston negli anni ’50, ha dichiarato che il rischio di esplosioni accidentali corso in incidenti con armi nucleari delle prime generazioni, dotate di sistemi di sicurezza più primitivi, è stato molto alto. Shaun Gregory, studioso dell’Università  di Bedford esperto in materia, ha anche sottolineato, secondo quanto riportato dal giornalista del Guardian, che l’elenco rilasciato dal ministero della Difesa nel 2003 sugli incidenti nelle basi militari e nel corso dei trasporti suona abbastanza “addolcito” in molti punti per non irritare l’opinione pubblica. In effetti, nel rapporto ufficiale non si fa menzione di alcun tipo di incidente prima del 1960, il che può essere certamente possibile, ma suona statisticamente improbabile, visti anche gli incidenti gravissimi subiti dalle forze Statunitensi proprio sul territorio metropolitano inglese, come quello accaduto a Lakenheat, che ha coinvolto un B47 dell’USAF ed un deposito di armi nucleari, nel 1956. E in ogni caso, secondo studi statistici, anche i moderni sistemi si sicurezza per quanto complessi possano essere, non riescono ad essere al 100% immuni da malfunzionamenti indotti da combinazioni di eventi non previsti, né prevedibili al momento della loro progettazione.

1 gennaio (nota 2) Se la data dell’incidente descritto prima non è certa, lo è invece quella che vide coinvolto l’HMS Splendid (codice S 106), sottomarino da attacco della Royal Navy a propulsione nucleare, nelle acque dell’Oceano Artico. In quei giorni il sottomarino, appartenente alla classe Swiftsure, stava pattugliando le acque del mare di Barents davanti al porto di Murmansk, usate da sottomarini e navi militari sovietiche appartenenti alla flotta russa del Nord per raggiungere le zone di operazione dell’Atlantico e del Baltico. Sottomarini della NATO, specie americani ed inglesi, abitualmente seguivano da vicino le attività di addestramento in mare della marina sovietica e i russi erano particolarmente nervosi riguardo all’essere controllati, spiati sin dentro ai propri “santuari”, specie per quel che riguardava la flotta strategica subacquea. Secondo una ricostruzione plausibile, avallata anche da fonti russe alcuni anni dopo, lo Splendid, nel compiere manovre evasive per raggiungere le acque profonde, entrò in collisione col sottomarino russo che stava seguendo, identificato come il TK 12, un lanciamissili nucleare (SSBN) appartenente alla classe Typhoon. Vero colosso dei mari, il più imponente tipo di sottomarino nucleare mai entrato in servizio con la sua lunghezza di 175 metri e le sue 48.000 tonnellate di stazza in immersione, armato con ben 20 missili intercontinentali RSM 52 (SS-N-20 nel codice NATO) a testata multipla (MIRV). Nella manovra di sganciamento reciproco, i sottomarini passarono pericolosamente vicini, tanto che il Typhoon russo finì per investire e agganciare il bulbo – sonar che l’HMS Splendid stava usando trainato con un cavo d’acciaio. Il cavo si spezzò e lo Splendid sfuggì all’abbraccio mortale del gigante russo rifugiandosi finalmente in acque più profonde. Probabilmente per i sovietici non fu un evento del tutto negativo, poiché in ambiente  NATO si è sempre sospettato che il bulbo trainato dall’HMS Splendid, contenente sistemi sonar e di rilevamento di ultima generazione, non andò disperso, ma rimase avvolto col cavo di traino al corpo del TK 12, permettendo così ai russi di entrare in possesso di apparecchiature di ultima generazione… Pare che lo Splendid riuscì a raggiungere la base inglese di Devonport, per le riparazioni, solo il 31 gennaio successivo.

Per giusta osservazione, alcune fonti riportano l’incidente accaduto alcuni giorni prima, tra il 24 e il 28 dicembre 1986 e identificano il battello come l’HMS Sceptre.

18 febbraio mentre stava effettuando una battuta di pesca a largo della costa irlandese, il peschereccio d’altura nord irlandese Summer Morn venne trainato per due ore e mezzo e percorrendo oltre 20 miglia, da un sottomarino in immersione che era entrato nelle sue reti (nota 3). Il peschereccio dovette tagliare parte delle proprie preziose attrezzature per non rischiare il naufragio. Una volta recuperate a bordo quelle restanti, i pescatori irlandesi vi trovarono incastrati da una boa di comunicazioni, del tipo utilizzato dai sottomarini statunitensi. Il Dipartimento della Difesa americano dovette confermare l’incidente, ma rifiutò di rivelare l’identità del sottomarino coinvolto. E’ l’ennesimo scontro fra mezzi civili e militari nell’area del mare d’Irlanda ricompresa fra la costa nord est della Scozia, l’Irlanda e l’isola di Man. Tra gli anni ‘70 e ‘90 dello scorso secolo questo braccio di mare vide crescere esponenzialmente gli incidenti tra imbarcazioni da pesca e sottomarini, il cui traffico attorno alle basi navali in Scozia era notevolmente aumentato (erano gli anni tesi della “Guerra Fredda”), costando la perdita di oltre cinquanta vite umane e di alcuni battelli. Sottomarini con armamento e propulsione nucleare appartenenti alle marine inglesi, americane, russe, ma anche mezzi convenzionali olandesi, francesi e tedesco occidentali incrociavano spesso le acque internazionali della regione, notoriamente molto frequentate anche dai pescatori d’altura di molti paesi nordeuropei  per la loro ricchezza di pesce e crostacei. Senza contare la presenza  sulla costa inglese del famoso impianto di riprocessamento per combustibile nucleare civile e militare di Sellafield, protagonista nel corso degli anni di malfunzionamenti con inquinamento ambientale più volte duramente contestati dalle associazioni locali e da mass media internazionali. Le autorità politiche dell’EIRE, delle comunità locali Scozzesi e Gallesi, delle isole del Canale d’Irlanda promossero un’azione di fronte alla International Maritime Organization per cercare di costringere il Governo Inglese e i suoi alleati (americani in primis) ad affrontare la situazione ed evitare disastri potenzialmente irreparabili in una zona biologicamente tra le più importanti dell’ecosistema dell’intero Atlantico.

25 aprile l’USS Daniel Boone, sottomarino nucleare lanciamissili appartenente alla classe James Madison, mentre stava rientrando da prove in mare nella sua base a Newport News, in Virginia, si arenò sul fondale del fiume St. James, il cui letto serve da canale per raggiungere le banchine del cantiere navale (nota 4). Il sottomarino era allora al termine di grandi lavori di aggiornamento a cui era stato sottoposto per 2 anni e mezzo e costati ben 115 milioni di dollari USA. L’incidente ritardò il calendario dei collaudi in mare e costrinse la Marina a stanziare altri fondi urgentemente per le riparazioni. La Marina americana sostenne che l’evento non causò alcun pericolo per  l’integrità del reattore S5W e quindi di contaminazione per l’equipaggio e per la popolazione delle zone circostanti la base, oltre che naturalmente per tutto l’ecosistema del fiume. (nota 5) Quando, nel 1985, il Daniel Boone entrò nel bacino per i lavori di potenziamento, la marina americana, con in linea 594 unità,  aveva quasi ultimato il programma “the 600 warships Navy”, fortemente sostenuto dall’amministrazione Reagan per portare a 600 le unità da guerra effettive, il più possibile moderne negli equipaggiamenti. Su 139 sottomarini, ben 136 erano a propulsione nucleare, secondo la tendenza “all nuclear” perseguita dalle maggiori potenze per le prestazioni militari dei battelli. Il budget riservato alla Marina aveva raggiunto i 274 miliardi di dollari, dimostrando l’importanza primaria del potere marittimo per gli strateghi militari del Pentagono.

30 giugno mentre si trova in navigazione nell’Oceano Pacifico, il sottomarino lanciamissili nucleari USS Nevada (SSBN 733) subì un guasto grave agli ingranaggi di riduzione dell’albero di trasmissione,  permettendo di controllare il regime di rotazione e la spinta dell’elica (nota 6). L’USS Nevada in quel momento era uno dei più moderni mezzi da attacco strategico nucleare in servizio nella US Navy. Appartenente alla classe Ohio, era armato con 24 missili Trident I ed in seguito anche Trident II (ciascuno capace di portare fino a 8 testate nucleari indipendenti), era stato accettato in servizio nel 1986 e la Marina lo aveva destinato al servizio nella flotta del Pacifico, inviandolo alla base sottomarini di Bangor, nello stato di Washington, al confine con la British Columbia canadese. In realtà, secondo quanto riportato dal quotidiano “The Day” di New London, già tra febbraio e aprile si erano manifestati dei problemi ai grandi ingranaggi di riduzione della turbina e dell’albero motore, tanto che furono sottoposti a smontaggio e controllo presso i cantieri navali di Newport News, in Virginia. Nei mesi successivi ad alcuni regimi di rotazione dell’albero di trasmissione, l’intero apparato aveva manifestato rumori anormali, che però non erano stati sottovalutati. Fino a quando la trasmissione cedette lasciando il sottomarino praticamente quasi privo di propulsione. La commissione di inchiesta, congiunta a livello politico-militare, accertò tra l’imbarazzo generale una situazione che ha dell’incredibile: le ispezioni fatte presso i cantieri di Newport News erano state affidate dalla Newport News Shipbuilding Company a una ditta in subappalto. Inoltre tale compagnia era già costruttrice di sottomarini per la Marina americana, montando tra l’altro le turbine ed i reattori nucleari costruiti dalla General Electric Boat Company, di Groton nel Connecticut, società sua diretta competitrice in questi appalti e, incidentalmente, ditta costruttrice proprio dell’USS Nevada. Per questioni di fretta (magari anche di costi) nelle riparazioni, nonché per valutare la capacità della Newport News Shipbuilding di misurarsi con sommergibili di grande complessità (gli Ohio erano i più grandi, nuovi e costosi battelli nell’arsenale subacqueo americano, con un valore di circa 1 miliardo di dollari dell’epoca per esemplare), la Marina affidò direttamente, senza gare d’appalto, i lavori sul Nevada. La General Electric Boat Company fu molto irritata dal comportamento della Marina militare e della Newport News Shipbuilding, che cercò di allontanare da sé il sospetto di aver condotto con negligenza i lavori, sostenendo velatamente la possibilità di difetti costruttivi di origine, ma evitò commenti fino alla conclusione delle indagini. In ogni caso l’incidente costrinse in porto per altri mesi un’unità nuova di zecca e comportò un costo aggiuntivo per i contribuenti, stimato (ma mai pubblicamente ammesso) di parecchi milioni di dollari. La US Navy affermò che nessun pericolo era stato corso dall’equipaggio o dal battello, che comunque era sempre rimasto in grado di manovrare e portare a termine i propri compiti. Restano comunque aperti alcuni dubbi: cosa sarebbe successo se l’avaria fosse incorsa in immersione mentre il battello era in pattugliamento vicino alle coste sovietiche della Kamchatka o della Siberia Orientale? Magari mentre era impegnato in manovre per eludere le attenzioni dei sottomarini da attacco russi, come di frequente abbiamo visto poteva accadere. Poteva potenzialmente essere investito da un inseguitore? E con quali conseguenze?

26 agosto  mentre è ormeggiato alla base alla base di Devonport, il sottomarino da attacco HMS Conqueror (S48) è vittima di un incendio che danneggia la sala macchine (nota 7). Benché sia citato nel report al parlamento del Sottosegretario di Stato alla Difesa del 2009 come incidente di media entità e le autorità della marina abbiano sostenuto che le fiamme erano state tenute lontane dal comparto del reattore, il rischio che venisse coinvolto l’Uranio con una conseguente catastrofe ambientale non può essere negato. Il Conqueror, appartenente alla classe Winston Churchill, è diventato famoso come l’unico sottomarino nucleare ad avere usato siluri in combattimento: infatti durante la guerra delle Falkland/Malvinas, nel 1982, aveva affondato l’incrociatore argentino General Beglrano. Il Conqueror, coinvolto in molte altre temerarie azioni segrete durante la guerra fredda, era fermo a Devonport per una revisione approfondita destinata a durare almeno 4 mesi.

Secondo il report presentato il 16 settembre 2009 dal Sottosegretario alla Difesa alle camere del Parlamento inglese, ufficialmente dal 1984 al 2006 sono scoppiati 266 incendi su mezzi a propulsione nucleare o che trasportavano armamento nucleare: 3 di entità tale da richiedere l’intervento di squadre speciali, 22 di medie dimensioni comunque affrontati dagli equipaggi senza superare i parametri di sicurezza e senza bisogno dell’intervento di personale specializzato, il resto di minima entità.

1 ottobre durante lavori di rimessaggio presso la base di Rosyth in Scozia, il sottomarino lanciamissili balistici HMS Renown (S 26) perse acqua radioattiva dal circuito secondario di raffreddamento, mentre parti del reattore venivano sottoposte a stress – test di funzionamento. Fonti della marina hanno minimizzato la quantità di liquido perso dall’impianto, (nota otto) dichiarando che il rischio di contaminazione esterna è stato minimo.

9 novembre un altro incidente nel mare di Irlanda: il peschereccio d’altura Angary, basato nella Contea di Down, mentre si trovava a 17 miglia nautiche a nord dell’isola di Man venne trainato per alcuni lunghi secondi, rischiando di affondare, finché l’attrezzatura da pesca fu strappata via all’altezza del ponte, staccando gli anelli di una catena capace di resistere alla trazione di 32 tonnellate, per poi sparire in mare. Chiaramente visti i precedenti e le modalità dell’incidente la causa più probabile fu considerata subito quella di aver intrappolato nelle reti un sottomarino, ma il Ministero della Difesa inglese negò la presenza di propri battelli nell’area al momento dell’incidente. Questo non vuol dire però che battelli di altre nazioni non stessero incrociando in quelle acque, a ridosso di alcune delle più importanti basi per sottomarini della NATO.

3 dicembre (nota 9) a causa di un errore umano aggravato da un difetto tecnico, non rilevato nella gru, nella base scozzese di Coulport, durante manovre di carico, un missile intercontinentale per sottomarini (probabilmente un Trident II) colpì il carrello di carico, danneggiando il contenitore dello stesso. Dato che l’incidente non portò alcuna conseguenza e la divulgazione di notizie avrebbe solo aiutato azioni terroristiche o spionistiche, sull’incidente non vennero fornite altre notizie. Già nei due decenni precedenti la delicata manovra di carico e scarico dai sottomarini di armi nucleari era stata causa di pericolosi incidenti e di forti proteste da parte delle comunità  locali circostanti alle basi.

1988

Un esemplare del missile a testata multipla termonucleare Lockheed Martin UGM 27 Polaris, che in varie versioni equipaggiò tra gli anni 60 e gli anni 90 molti tipi di sottomarini nucleari strategici americani e britannici. I mezzi in dotazione alla Royal Navy avevano elettronica e ordigni costruiti in Inghilterra. L’esemplare fotografato è esposto all’Imperial War Museum a Londra.

226 gennaio (nota 10) L’HMS Resolution (codice di individuazione S22) è stato il sottomarino capostipite della classe di lanciatori di missili nucleari balistici strategici che ne porta il nome. Costituita da 4 battelli, armati ciascuno con 16 missili di costruzione statunitense Lockheed Martin UGM 27 Polaris SLBM (Sea Launched Ballistic Missile, missile balistico lanciato dal mare), ciascuno equipaggiato da una testata multipla a 3 ordigni termonucleari. Consegnato nel 1967 con una cerimonia solenne nei cantieri Vickers Armstrong alla presenza della regina Madre Elisabetta, rappresentava la punta di lancia della forza di reazione rapida nucleare inglese. Quel mattino di gennaio il battello, veterano di molte crociere svolte attorno a tutto il globo, stava per uscire in mare per un pattugliamento di alcune settimane. Il reattore nucleare Vickers – Rolls Royce PWR 1 da 20.500 Kilowattore era già stato portato alla temperatura di servizio e gradualmente stava aumentando il livello di potenza erogata alla turbina. L’equipaggio nella sala motori staccò la linea che da terra forniva energia elettrica agli equipaggiamenti del reattore per passare all’alimentazione autonoma da parte dei generatori a bordo. Ma la linea interna non  si collegò e istantaneamente le pompe, che facevano circolare l’acqua per il raffreddamento delle barre di Uranio, cessarono di funzionare. Come nel peggiore degli incubi, man mano che gli addetti facevano scattare gli interruttori delle pompe di emergenza e il collegamento con le batterie di servizio, nessuno degli apparati rispondeva, mentre in pochi secondi la temperatura del reattore superava ogni record di risalita. Nemmeno il tentativo di tornare all’alimentazione esterna da terra riuscì…. Mentre la tensione saliva assieme alla temperatura nel nucleo, febbrilmente gli addetti alle macchine cercarono di far partire la procedura manuale per inserire le barre di controllo nel nocciolo del reattore, prima che fosse troppo tardi. Finalmente due marinai riuscirono a far partire un generatore ausiliario a motore Diesel e l’energia tornò a scorrere nell’impianto elettrico del sottomarino.

Secondo le indagini di alcuni giornalisti del quotidiano Observer, nei lunghi e terrificanti minuti in cui si rischiò la fusione del nucleo, i livelli di calore furono tali da danneggiare l’impianto primario di raffreddamento determinando una perdita, nell’ambiente, di acqua fortemente radioattiva, e di cui non si seppe mai l’entità. Inoltre le enormi emissioni di energia superarono le capacità di contenimento della schermatura del reattore, tanto che un marinaio venne sottoposto a procedure di decontaminazione e tenuto in osservazione per 24 ore per il pericolo di un avvelenamento acuto da radiazioni. Le fonti della Royal Navy sull’incidente hanno sempre sostenuto si sia trattato di un’avaria di minore entità e che quelli che hanno gridato al disastro, letteralmente “non sapevano di che cosa stessero parlando”… sinceramente una reazione un po’ insolita per un incidente definito di lieve entità e poco in linea col tipico ‘aplomb’ britannico.

29 aprile L’USS Sam Houston (SSN 609)finisce per arenarsi nel Carr Inlet, un’insenatura all’estremità Sud – Est della Fox Island, nel Puget Sound, mentre sta effettuando prove di rumorosità in acque basse (nota 11). Il Sam Houston è un veterano della guerra fredda, essendo entrato in servizio nel 1962 come SSBN, ovvero sottomarino capace di lanciare in immersione missili intercontinentali balistici. Nel 1980, dopo 18 anni di servizio di prima linea, a seguito del trattato internazionale di riduzione di armamenti e vettori SALT 1, venne privato delle attrezzature di lancio e furono installati degli anelli di cemento nei silos dei missili, per renderne impossibile il trasporto ed il lancio. Venne trasformato così in SSN, un sottomarino da attacco antinave a propulsione nucleare. Fu anche adattato al ruolo di supporto per le forze speciali, come i Navy Seals, creando degli alloggiamenti per i soldati al posto di alcuni silos ed attrezzature per trasporto mezzi anfibi. Dopo l’incidente l’equipaggio immediatamente mise in moto la procedura per accertare gli eventuali danni, specialmente al sistema di propulsione, quindi cercò di liberare autonomamente il battello dal fondale, ma vista l’impossibilità attese l’arrivo il giorno dopo della nave appoggio e soccorso USS Florikan e di rimorchiatori dal Puget Sound Naval Shipyard di Bremerton. Una volta rientrati in porto vennero constatati danni alle strutture esterne. Ormai però lo Houston era un mezzo obsoleto, a fine carriera, con strutture logorate dall’uso, per cui il battello venne riparato, ma si preferì comunque ritirarlo dal servizio nel settembre 1991 ed avviarlo allo smantellamento attraverso il Submarine Recycle Program, concluso il 3 febbraio 1992.

18 maggio (nota12) L’HMS Conqueror (S48) ancora una volta fu abbastanza sfortunato protagonista di incidenti. Mentre era ormeggiato al porto di Gibilterra subì un principio di incendio immediatamente spento dal personale di servizio.

1 giugno il periodo negativo dell’HMS Conqueror continuò pochi giorni dopo. Rientrato dalla crociera nel Mediterraneo, mentre  prendeva parte ad una esercitazione sulla costa occidentale scozzese, venne colpito per errore da un siluro inerte da esercitazione sganciato da un elicottero ASW (Anti Submarine Warfare, ovvero con ruolo antisommergibile). La copertura del ponte del sottomarino rimase danneggiata, per cui il Conqueror dovette interrompere la navigazione e rientrare a Faslane per  le necessarie riparazioni.

2 luglio (nota 13) il traffico civile e militare navale nel Ireland North Channel fece un’altra vittima quando lo yacht Dalriada, appartenente alla Army Sail Training Association, venne investito sulla fiancata destra dal solito HMS Conqueror (per quanto alcune fonti parlino dell’HMS Corageous) in fase di emersione, a circa 11 miglia sud – ovest dal Mull of Kintyre, la punta estrema dell’omonima penisola sulla costa scozzese. L’equipaggio dello yacht lanciò immediatamente l’SOS, perchè  si rese conto che la barca sarebbe rapidamente affondata. Le chiamate del Dalriada e del Conqueror vennero raccolte dalla fregata HMS Battleaxle, che circa 35 minuti dopo il naufragio soccorse i dispersi nell’oscurità della sera e riportò a bordo i 4 membri dello yacht. Il Conqueror, per fortuna, non riportò danni degni di nota. Nel Canale d’Irlanda, d’altronde, la questione della convivenza fra il traffico militare e quello civile resta un problema irrisolto. Da un lato le bellissime coste di Irlanda, Scozia e Galles, e il loro mare ricco di risorse ittiche, richiama molto turismo marittimo; dall’altro in Scozia si concentra su sottomarini la forza di deterrenza nucleare britannica, nonché quella statunitense in forza alla NATO. Ovviamente si tratta di navigazioni ben diverse: in superficie piccole navi da turismo e da pesca, che solitamente procedono isolate, e in profondità grandi sottomarini, pressoché ciechi che per procedere utilizzano solo attrezzature elettroniche. Spesso, per ispezionare l’area circostante utilizzano sonar attivi (è il gioco del gatto col topo che le marine dei blocchi NATO e del Patto di Varsavia facevano attorno ad una delle coste più militarizzate), perché i sonar e gli idrofoni passivi non sempre sono attendibili. Per chi guarda la superficie attraverso un periscopio pochi centimetri sopra il pelo dell’acqua, la presenza all’orizzonte di un’imbarcazione relativamente piccola può restare nascosta dal gioco delle onde, fino a che non ci si trova ormai che a pochi metri di distanza. Inoltre tutte le politiche di riservatezza frapposte negli anni dalle autorità militari e politiche sono state percepite dalle comunità locali come un atteggiamento di arroganza. Il punto della questione è che pur ammettendo che una forza nucleare strategica sia ancora necessaria, in un mondo imperfetto in cui i rapporti fra gli stati erano (e sono) una questione di posizioni di forza, occorre migliorare i modi in cui viene gestita. In gioco ci sono le vite degli equipaggi e delle popolazioni residenti.

29 agosto mentre rientra nel porto di Norfolk in Virginia da una crociera nel Mediterraneo e nel Mare Arabico, iniziata a febbraio, la USS Dwight D. Eisenhover (CVN 69), portaerei nucleare della classe Nimitz, urta contro la nave carboniera spagnola Urdulitz, attraccata in banchina (nota 14). L’enorme portaerei che stazza oltre 110.000 tonnellate ed è lunga 340 metri faticava a manovrare negli spazi per lei relativamente stretti del Reach Channel, in una giornata di vento e correnti particolarmente forti. Proprio i venti che premevano sull’enorme struttura spinsero la portaerei lateralmente, senza che alcuna correzione posta in essere avesse effetto sull’inerzia dell’enorme massa metallica. La Eisenhower colpì la nave da carico spagnola, ancorata al molo in attesa di caricare, senza alcuna conseguenza per gli equipaggi. I danni alla Eisenhower furono valutati in 2 milioni di dollari, mentre quelli alla Urdulitz ammontarono a circa 300.000 dollari. L’impianto propulsivo costituito da 2 reattori nucleari Westinghouse A4W non fu messo in pericolo dalla collisione, avvenuta a bassa velocità, ma molto probabilmente nelle santabarbare a bordo erano custoditi armamenti nucleari in dotazione agli aerei da attacco della nave, potenzialmente più esposte  nel caso di incendio provocato dall’impatto.

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L’operaia Wanda Hood chiude con cura uno dei fusti contenenti rifiuti contaminati dal Plutonio e fortemente radioattivi durante la demolizione della fabbrica per componenti di bombe nucleari a Rocky Flats, nel Colorado. Foto di Mark Leffingwell.

ottobre al Rocky Flats Nuclear Weapons Factory in Colorado un ispettore del D.O.E. (Department of Energy, il dipartimento governativo per l’energia) e due lavoratori restano contaminati per aver inalato micro polveri di Plutonio 238 (nota 15). Per l’impianto, posto a sole 15 miglia a nord ovest della città di Denver e ai piedi della catena delle Rocky Mountains, è l’ultimo di una lunga serie di incidenti e violazioni. Aperto nel 1952 come impianto per la produzzione di inneschi al Plutonio, le “bottiglie” di trizio e i “pit” corazzati per le bombe H, nel 1969 fù vittima di un grave incendio che fece temere una forte contaminazione esterna. Nel 1970 le polveri radioattive rilevate nell’area di Denver avevano portato a scoprire sistematiche violazioni nelle norme di sicurezza, smaltimento di residui di Uranio e Plutonio che andavano avanti da decenni e avevano irrimediabilmente compromesso vari strati del terreno attorno ai Rocky Flats e la falda acquifera superficiale. Al deposito 903 vennero misurati livelli di Plutonio e radionuclidi di elementi transuranici estremamente elevati. Dopo le denunce all’FBI da parte dei dipendenti, i poliziotti federali svolsero delle indagini riservate da cui risultò che l’inceneritore dell’impianto funzionava fino a tarda ora della notte. Scoprirono che fusti di scorie della lavorazione venivano seppelliti attorno all’impianto senza alcuna precauzione, mentre molti altri lasciati all’aperto, alle intemperie, risultavano gravemente danneggiati: all’interno era contenuto un letale mix di acidi, reagenti e polveri radioattive di Uranio. Già in passato le azioni legali promosse contro l’impianto avevano rivelato una grave spregiudicatezza nella gestione, tanto da provocare la cancellazione dell’appalto alla Dow Chemicals Company per la conduzione dell’impianto e il subentro della Rockwell International, ma nonostante le attività di decontaminazione svolte inizialmente dal nuovo gestore, nella sostanza non cambiò nulla. L’impianto era strategico per l’arsenale nucleare e gli standard produttivi richiesti andavano mantenuti, a qualsiasi costo. Il Department of Energy, organo anch’esso governativo, negli anni ‘80 aveva posto sotto stretta osservazione i laboratori. Ma le pressioni dall’alto per limitare lo scandalo furono enormi, tanto che uno degli agenti dell’FBI, Jon Lipsky, decise di rivelare i risultati delle indagini a cui aveva partecipato, pur prevedendone le conseguenze….Nel 1990 la EG & G, subentrata alla Rockwell International, inizia finalmente un serio programma di contenimento dell’inquinamento radioattivo. Nel 1992, a seguito dei trattati internazionali di disarmo e del mutato atteggiamento nell’opinione pubblica, l’impianto viene definitivamente fermato. Nel 1995 parte la più costosa e gigantesca opera di decontaminazione della storia statunitense (immagine 3): l’equivalente di 2000 autocarri di terreno e macerie contaminate vengono inviate ai siti di stoccaggio in Utah, Idaho e New Mexico, nonché al Nevada Test Range, dove si effettuano le esplosioni atomiche sperimentali. Oltre 1900 fusti di residui di Plutonio furono inviati al deposito militare specializzato di Savannah River e altre 21 tonnellate di materiali, a un grado di radioattività pari a quello del materiale fissile militare, vengono mandati alla decontaminazione. Solo nell’impianto di circolazione dell’aria viene recuperata l’incredibile quantità di 28 chili di polvere di Plutonio (per avvelenare un essere vivente, o provocargli il cancro al polmonne, basta una particella di un decimo di micron di diametro). L’operazione si conclude nel 2006 con un costo astronomico finale di 7 miliardi di dollari. Una class action promossa da associazioni di cittadini e ambientalisti, come “the Sierra Club”, forse la più antica e influente negli States, portarono alla condanna della Dow e della Rockwell al pagamento ciascuna di 117 milioni di dollari come risarcimento danni e rispettivamente di altri 110 per la Dow e 89 milioni per la Rockwell come sanzione per le violazioni delle leggi sulla protezione ambientale. Alcuni chilometri quadrati attorno a dove si trovavano i laboratori  resteranno troppo radioattivi per risiedervi per decine di migliaia di anni. L’area è stata dichiarata nel 2007 riserva per la fauna e la flora selvatica, che ha ripreso pieno possesso delle Rocky Flats, come successe a Chernobyl. La riserva da quest’anno è visitabile al pubblico, sebbene l’ombra del Plutonio continui ad aleggiare su tutta la regione, dove Uranio e Plutonio hanno lentamente continuato a depositarsi per 50 anni. Circa 4 chilometri quadrati, corrispondenti al centro degli impianti di lavorazione restano infatti sotto lo stretto controllo del DoE. Per tutti coloro che lavorarono o che vissero nelle vicinanze degli impianti, probabilmente resterà sempre il dubbio di essere stati fortemente esposti e dovranno convivere con la paura delle possibili conseguenze sulla loro salute. E il Plutonio ha un tempo di dimezzamento radioattivo di 24 mila anni…..

di Davide Migliore

 

NOTE E RIFERIMENTI

(1)  http://www.publications.parliament.uk/pa/cm199798/cmhansrd/vo980629/text/80629w03.htm

sito ufficiale del parlamento Britannico, Camera dei Comuni, interrogazioni parlamentari n. 46824 e 47804 al Segretario di Stato al Ministero della Difesa sulle armi termonucleari WE177 a caduta libera, produzione, stato di servizio, eliminazione, giugno 1998.

http://www.guardian.co.uk/environment/2003/oct/13/energy.nuclearindustry

articolo di Rob Evans sul quotidiano “The Guardian”, 23 ottobre 2003, lista degli incidenti di servizio ad armi nucleari di Sua Maestà rilasciata dal Ministry of Defence britannico.

http://www.nukewatch.org.uk/accidents.php

sito sugli incidenti incorsi a convogli di trasporto armi nucleari sul suolo inglese ed attività delle associazioni anti nucleari inglesi.

http://peacedevelopmentfund.wordpress.com/2011/04/02/nuclear-repercussions/

attivisti antinucleari contro gli spostamenti di armi e materiali minitari atomici negli U.S.A.

http://vimeo.com/20872194

video girato dal gruppo Camcorder Guerrillas sull’uso intensivo di convogli nucleari su strada in                 Inghilterra e delle attività dei volontari per protestare ed informare.

(2)  http://en.wikipedia.org/wiki/HMS_Splendid_(S106)

http://everything2.com/title/Submarine+Collisions

http://www.skeptictank.org/treasure/GP5/UKNUC5.TXT

collisione tra l’HMS Splendid ed un sottomarino sovietico nel mare di Barents

 (3) http://historical-debates.oireachtas.ie/D/0387/D.0387.198903070132.html

Estratto dei dibattimenti del  7 maggio 1987 e del 7 marzo 1989 al Parlamento Irlandese sui frequenti  incidenti tra pescherecci d’altura irlandesi e sottomarini in immersione nel nord Atlantico

http://www.imo.org/Pages/home.aspx

sito dell’International Maritime Organisation, agenzia delle Nazioni Unite che promuove la navigazione  internazionale sicura e combatte le forme di inquinamento da parte di natanti

(4)  http://navysite.de/ssbn/ssbn629.htm

http://www.mesotheliomaweb.org/mesothelioma/veterans/submarines/uss-daniel-boone

http://en.wikipedia.org/wiki/USS_Daniel_Boone_(SSBN-629)#Operational_history

incidente all’USS Daniel Boone (SSBN 629)

(5)  http://www.navy.mil/navydata/cno/n87/history/chrono.html

Cronologia dello sviluppo dell’Arma sottomarina USA

 (6)  http://www.apnewsarchive.com/1987/Sub-Damage-Worse-Than-Previous-Report-Caused-By-Faulty-

Maintenance/id-7a2e648c72d1cf6fd05053bc69a69866

Associated Press Archive, july 14, 1987 – article on USS Nevada (SSBN 733) main transmission gear  failure

http://navysite.de/ssbn/ssbn733.htm

http://www.uscarriers.net/ssbn733history.htm

guasto nel Pacifico all’USS Nevada

(7)  http://en.wikipedia.org/wiki/HMS_Conqueror_(S48)

http://www.robedwards.com/2009/09/exposed-22-serious-fires-on-nuclear-submarines.html

Sito news di Rob Edwards, giornalista indipendente in campo scientifico ambientale

http://www.publications.parliament.uk/pa/cm200809/cmhansrd/cm090916/text/90916w0009.htm

Acts of UK Parliament, House of Commons, answer to deputies interrogation, 16 september 2009, Column 2223W: lista degli incendi scoppiati sui sottomarini a propulsione nucleare inglesi tra il 1984 e il 2009

(8) http://www.skeptictank.org/treasure/GP5/UKNUC5.TXT

HMS Renown leak reactor coolant

(9) http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=web&cd=1&sqi=2&ved=0CDMQFjAA&url=http%3A%2F%2Fwww.mod.uk%2FNR%2Frdonlyres%2FCD66C835-C933-4F6E-8005D3301971E809%2F0%2Fnuclear_weapons_various_incidents_letter.pdf&ei=_2XGUPClHsTBswbXvoCgCQ&usg=AFQjCNEQ95OotIjHgESrUstoJ-yYCf1PTQ&sig2=OiaW7fxWL-VdZpXNeAuoRQ

Ministry of Defence, Directorate of Safety and Claims, letter 16 august 2007, Code File DSC_02_01_09 MoD FOI Ref: 08-05-2007-174033-010 : incidenti nucleari potenziali 1985/1987, dichiarazioni ufficiali al Parlamento inglese da parte del Governo

(10) http://en.wikipedia.org/wiki/HMS_Resolution_(S22)

http://www.hmsresolution.org.uk/index.php

http://hansard.millbanksystems.com/written_answers/1988/feb/19/hms-resolution#S6CV0127P0_19880219_CWA_73

http://www.banthebomb.org/archives/magazine/cracking.htm

The Scottish Campaign for Nuclear Disarmament and Faslane Peace Camp, “cracking under pressure” difetti e guasti dei sottomarini nucleari britannici Incidente in porto all’HMS Resolution , Sez. 6.2

http://www.bbc.co.uk/news/uk-scotland-15801357

BBC news, 18th November  2011, video “dismantling a nuclear submarine”

http://www.thecourier.co.uk/News/Fife/article/2995/damage-found-to-submarine-hms-resolution-

at-rosyth-dockyard.html

pericoli oggi per l’HMS Resolution e altri sottomarini dismessi.

(11)  http://navysite.de/ssbn/ssbn609.htm

Incidente all’USS Sam Houston

(12)  http://en.wikipedia.org/wiki/HMS_Conqueror_(S48)

HMS Conqueror incendio a Gibilterra.

http://www.plymouth.unisonplus.net/dig/dig.htm

 (13)  http://www.publications.parliament.uk/pa/cm200809/cmhansrd/cm090402/text/90402w0024.htm

HMS Conqueror, collisione con lo yacht Dalriada, Parliament query, answer n° HC 2 apr. 2009, Column 1396W                    

http://www.telegraph.co.uk/news/uknews/defence/8112935/Cuts-warning-as-nuclear-

submarine-crash-rate-nears-one-a-year.html

The Telegraph, “cuts warning as nuclear submarine crash rate nears one a year”, by John Bingham, 6 november 2010, lista degli incidenti che hanno coinvolto sottomarini nucleari Britannici tra il 1988 e il 2010, con commenti ufficiali del Ministry of Defence.

http://www.robedwards.com/2010/04/is-scotland-safe-from-nuclear-submarine-crashes-in-the-clyde.html

Sito news di Rob Edwards, giornalista indipendente in campo scientifico ambientale, citazione del Sunday Herald del 4 aprile 2010

 (14)  http://en.wikipedia.org/wiki/USS_Dwight_D._Eisenhower_(CVN-69)

http://www.uscarriers.net/cvn69history.htm

collisione nel porto di Norfolk per la USS Dwight D. Eisenhower (CVN69)

 (15) https://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache:ASmnq3_IrRMJ:www.unm.edu/~bgreen/ME360/Rocky%2520Flats%2520Colorado.pdf+pdf+rocky+flats+colorado&hl=it&pid=bl&srcid=ADGEESgGL6z-Svq157YdEJsvV3eQhxoTvNLe34SLE0Vsrlc-jaFVmdhuWn6w8jgiR9hQxyrEHR6g48VB_8iVkFJpr1HHhr0nLHKI6E47AdK7R9E6fEyT0sO-3KHtPyhFuMPN1pqxnWYx&sig=AHIEtbTPRthTBJTWpAqE3NRWE3G6M3FAwQ

State University of Colorado: Rocky Flats Colorado Nuclear Weapons Production Facility 1952 – 1988

http://en.wikipedia.org/wiki/Rocky_Flats_Plant“Full body burden: growing up in the shadow of Rocky Flats”, Kristen Iversen, 2011 Random House Inc.

http://www.ens-newswire.com/ens/aug2010/2010-08-05-01.html

“Rocky Flats Nuclear Site Too Hot for Public Access, Citizens Warning”, from the “Environment News Service”,

Denver, Colorado, 5 august 2010.

http://prisonphotography.org/tag/the-rocky-flats-nuclear-weapons-plant/

“Incendiary iconography”, by A.W. Thompson – photographing the Rocky Flats Nuclear Facilities

 

Fonti generali

“L’Atomo Militare, tecniche, strategie, storia e prospettive”, Giuseppe Longo, Vittorio Silvestrini, Editori Riuniti 1987

“storia segreta degli incidenti nucleari”, Nico Sgarlato, AEREI – rivista aeronautica, n. 2, febbraio1991

“A Handbook of Nuclear Weapons Accidents”, Shaun Gregory – Alistair Edwards , University of Bradford, Bradford 1986

“SOMMERGIBILI NUCLEARI : PROBLEMI DI SICUREZZA ED IMPATTO AMBIENTALE” ,  F. Iannuzzelli, V.F. Polcaro, M. Zucchetti, Politecnico di Torino, 2004

“La Marina Sovietica”, Michele Cosentino – Ruggero Stanglini, ED.A.I., 1991

“ Lost Subs: From the Hunley to the Kursk, the greatest submarines ever lost  and found” Dunmore – Spencer, 1st ed. , Madison Press,  Toronto 2002

“Spy Sub”, Roger C. Dunham, 10th ed. New York: Penguin Books, 1997

“Big Red – three months on board a Trident missile submarine”, Waller, Douglas C. “1st ed. Harper Collins, New York 2001

 “The Hidden Cost of Deterrente:  Nuclear Weapons Accidents”, Shaun Gregory, Brassey’s UK, London, 1990

P.L. Olgaard , “Nuclear ship Accidents – Description and Analysis”, Technical University of Denmark,  Lyngby, May 1993

“the limits of safety”, Scott. D. Sagan, Princeton University Press, 1995.

http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?topic=428.0;wap2

incidenti nucleari o potenzialmente nucleari dal 1971 ad oggi

http://www.nuclear-weapons.info/vw.htm

interessante sito creato da Brian Burnell in cui ricostruisce la storia delle armi nucleari inglesi con lo sviluppo di ogni singola arma

http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=web&cd=40&ved=0CG8QFjAJOB4&url=http%3A%2F%2Fwww.peaceheroes.com%2Fimages%2Fpdf%2Ftridentsubs_plrc_020799.pdf&ei=2_DFUJTNEojgtQap9YCoCw&usg=AFQjCNFuUj8TM3n8ECU0SNpi7jT2tK-QaQ&sig2=gx1MyyAayUu10MMByuIqdA

sottomarini americani ed inglesi operativi con missili Trident I e II, sviluppo e servizio.

http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=web&cd=6&sqi=2&ved=0CFgQFjAF&url=http%3A%2F%2Fwww.rtna.ac.th%2Farticle%2FUS%2520Trident%2520Submarine%2520%26%2520Missile%2520Sytem.pdf&ei=GhfGUM3LJ8Xesgbe-oHoDQ&usg=AFQjCNGhCXRr5rFYlhXBxCgNEuj7XX0Pcg&sig2=3y1SaOR3QLC-9A54XCDF1A

documento PDF, Pacific Life Research Center, bollettino del 16 novembre 2002,  studi sui missili Trident I e II e operatività sui sottomarini classe Ohio

http://lists.peacelink.it/armamenti/msg00252.html

http://www.at1ce.org/themenreihe.p?c=United%20States%20submarine%20accidents

lista di incidenti a sottomarini e vascelli militari angloamericani dal 1945

http://www.cddc.vt.edu/host/atomic/accident/critical.html

Trinity Atomic Website, history, nuclear weapons and conseguences

http://spb.org.ru/bellona/ehome/russia/nfl/nfl8.htm#O17b

lista incidenti a sottomarini sovietici con cause

https://www.cia.gov/library/center-for-the-study-of-intelligence/csi-publications/books-and-monographs/a-cold-war-conundrum/source.htm sito ufficiale della C.I.A.

siti ufficiali della C.I.A. , Central intellige Agency

http://nuclearweaponarchive.org/Nwfaq/Nfaq0.html

the nuclear weapons archive

http://books.google.it/books?id=3wUAAAAAMBAJ&pg=PA23&lpg=PA23&dq=us+nuclear+submarine+accidents+1985&source=bl&ots=QvKSE3wTuu&sig=y6tbBUeneIb4ZiRAi6BYv-2tHOc&hl=it&sa=X&ei=3-mjUIuqFsfEsgbL-4DoAw&ved=0CCYQ6AEwATgK#v=onepage&q=us%20nuclear%20submarine%20accidents%201985&f=false

Bulletin of the Atomic Scientists, july /august 1989 issue

https://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache:ASmnq3_IrRMJ:www.unm.edu/~bgreen/ME360/Rocky%2520Flats%2520Colorado.pdf+pdf+rocky+flats+colorado&hl=it&pid=bl&srcid=ADGEESgGL6z-Svq157YdEJsvV3eQhxoTvNLe34SLE0Vsrlc-jaFVmdhuWn6w8jgiR9hQxyrEHR6g48VB_8iVkFJpr1HHhr0nLHKI6E47AdK7R9E6fEyT0sO-3KHtPyhFuMPN1pqxnWYx&sig=AHIEtbTPRthTBJTWpAqE3NRWE3G6M3FAwQ

State University of Colorado: Rocky Flats Colorado Nuclear Weapons Production Facility 1952 – 1988 (PDF)

http://www.nukewatchinfo.org/nuclearweapons/index.html

informazioni aggiornate sulla produzione di armamenti, sulle conseguenze mediche e ambientali della produzione di armi, iniziative pacifiste e di eliminazione degli armamenti nucleari.

http://bispensiero.blogspot.it/2007_05_01_archive.html

blog con liste dei principali pericoli e situazione attuale della strategia atomica

http://archive.greenpeace.org/comms/nukes/chernob/rep02.html

http://www.rmiembassyus.org/Nuclear%20Issues.htm

http://www.web.net/~cnanw/a7.htm

10 mishaps that might have started an accidental nuclear war.

http://forum1.aimoo.com/American_Cold_War_Veterans/Cold-War-Casualties/Naval-Accidents-During-Cold-War-1-1579633.html

incidenti navali con vittime durante la Guerra Fredda

http://www.navsource.org

informations on naval accidents on duty and conseguences

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Incidenti nucleari militari  1985 – 1986

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Incidenti nucleari militari 1985 – 1986

Pubblicato il 29 ottobre 2012 by redazione

Incidenti nucleari militari  1985 – 1986

Nella seconda metà degli anni 80 si preparano eventi che segneranno la fine degli equilibri di potere così come il mondo li aveva conosciuti da più di quarant’anni, che sembravano non modificabili a breve, se non addirittura intoccabili: la divisione in blocchi militari fra est e ovest del mondo, i sistemi economici capitalisti e socialisti, con le relative teorizzazioni e divisioni ideologiche. Il 1989 segnerà la fine sì dell’unione Sovietica, travolta da processi a cui non è riuscita a prepararsi, ma anche il blocco occidentale si troverà impreparato ai cambiamenti del nuovo millennio… tuttavia, prima di quei giorni che chiusero un’era, vi sono stati ancora anni in cui i toni del confronto tra gli schieramenti della guerra fredda tornarono più aspri che mai, tanto da far temere che si fosse vicini alla guerra aperta, quindi all’apocalisse nucleare. Un decennio pieno di controsensi, retorica, sospetti, con un rifiuto sempre più marcato nelle opinioni pubbliche di ideologie, modelli che sapevano di un passato sbagliato. Una voglia di disimpegno, di dimenticare la paura, l’angoscia dell’annientamento nucleare e semplicemente, finalmente, vivere. Sia ad est che a ovest, seppure con toni diversi le sensazioni furono inaspettatamente comuni. Perché la seconda guerra mondiale era finita ormai da cinquant’anni, ma in realtà il mondo era piombato nella terza, che non si era combattuta in campo aperto, ma in singoli teatri di guerre e crisi locali. Senza scontri diretti fra le superpotenze, almeno fino a quel momento. Gordon Matthew Thomas Sumner, musicista inglese molto noto al pubblico internazionale con il nome d’arte Sting, chiuse tutte queste sensazioni nel testo di una canzone per altro molto intensa, “Russians” (nota1), che scrisse nel 1985  e pubblicò l’anno successivo. E’ una canzone pacifista che, come talvolta accade agli artisti, ha avuto la capacità di esprimere e concentrare tutte le obiezioni, le paure che vivevano milioni di persone, schiacciate  in un gioco più grande di loro… nel testo Sting cita il leader sovietico Nikita Kruscev, che in un discorso promise agli occidentali “vi seppelliremo tutti”, così come il presidente statunitense prometteva ai suoi alleati “noi vi proteggeremo”: garbatamente Sting rispondeva a entrambi che la gente non era d’accordo con quei punti di vista. E soprattutto, diceva che non esiste una guerra (nucleare ovviamente) che si può vincere, è una bugia retorica a cui non crede più nessuno. Che condividiamo tutti la stessa biologia, nonostante le differenti ideologie. E che l’unica cosa che potesse salvare tutti è che anche i Russi amassero i loro bambini… e l’insistente ticchettio ricordava (ma lo fa ancora oggi) che l’orologio  della catastrofe segna pochi minuti alla mezzanotte nucleare…e continua ad andare avanti.

Mentre il mondo restava attanagliato da queste paure, ciò che le causava, l’arsenale nucleare, continuava ad esser ben presente e ad espandersi. Ai militari di entrambi gli schieramenti i rispettivi governi chiedevano di esserne sempre pronti all’uso, di continuare  nella sfida reciproca all’efficienza. Quindi le armi nucleari continuavano ad essere portate in giro per il mondo, in un clima di tensione continua. E gli incidenti di conseguenza continuarono ad accadere, nonostante tutte le rassicuranti parole dei leaders politici. Come nella canzone di Sting…..

1985

11 febbraio  La temperatura era piuttosto rigida quel giorno a Fort Redleg, una base della U.S. Army nell’allora Repubblica Federale Tedesca a pochi chilometri dalla città di Heilbronn (nota 2) . Una squadra  di artiglieri della 56° Brigata di artiglieria da campo (56th Field artillery Brigade) stava procedendo all’estrazione del missile nucleare a medio raggio autotrasportabile, quando questo inspiegabilmente prese fuoco ed esplose causando la morte di tre militari, il ferimento di altri sette e notevoli distruzioni nel perimetro della base. L’arma era uno dei 108 lanciatori che dal 1983 erano in corso di rischiaramento in Germania, per fronteggiare di missili di pari classe da parte dei Sovietici nei paesi del Patto di Varsavia, Germania Democratica compresa. In realtà l’arrivo di quei missili in dotazione all’esercito americano aveva già creato molte polemiche in Europa, poiché da alcuni era sostenuto apertamente che lo schieramento di armi da parte dei Russi fosse avvenuto per l’intransigenza crescente da parte dell’amministrazione Reagan sugli equilibri degli schieramenti nucleari e sulla diffidenza verso le dichiarazioni ufficiali  di Mosca in materia. Il missile Pershing II era stato tutta la notte all’aperto, nel contenitore con cui era arrivato dagli States. Ora la squadra di militari, con una temperatura di circa -7 gradi, nonostante fossero già le 14 del pomeriggio, stava smontandolo per posizionarlo sul carrello – lanciatore mobile. L’esercito americano stava amaramente per comprendere che anche i missili a propellente solido potevano essere soggetti a incidenti, non solo quelli liquidi. Secondo quanto fu appurato dall’inchiesta tecnica, mentre il personale della batteria C del 3° battaglione procedeva ai lavori, il motore del missile, la cui struttura esterna era costituita da kevlar, strisciò contro la gomma siliconica che costituiva la protezione interna del container. La bassa temperatura e il freddo secco favorirono l’accumularsi di una forte carica elettrostatica che incendiò il carburante Thyokol TX 174 del primo stadio. In meno di un secondo la pressione e la temperatura furono tali che l’intero missile si sbriciolò, lanciando rottami fino a  quasi 300 metri di distanza ed investendo con fiamme altissime tutto ciò che lo circondava. Per fortuna la testata da 400 kilotoni  era come da procedure, custodita in un “pit” corazzato separato. A seguito dell’esplosione la movimentazione di tali armi nucleari fu bloccata fino al 1986, quando venne profondamente modificato il manuale sulle procedure di manutenzione e messa in sicurezza dei missili a propellente solido.

10 giugno nelle prime ore del mattino, il sottomarino lanciamissili a propulsione nucleare HMS Resolution (nota 3), in servizio con la Marina di Sua maestà Britannica, venne speronato a largo di Cape Canaveral in Florida da uno yacht privato, il Proud Mary, che dovette essere trainato in porto per le riparazioni. Il Resolution invece non ebbe danni di grande rilievo. Il sottomarino stava raggiungendo il poligono di tiro della U.S. Navy Atlantic Test Range, per procedere ad un lancio addestrativo di un missile intercontinentale Polaris. Il Resolution era il primo dell’omonima classe di sottomarini, costruiti per portare ciascuno 16 lanciatori del missile americano. Furono costruiti 4 esemplari, oggi tutti ritirati dal servizio.

Immagine 1 il relitto del sottomarino K 431 attende a Petropavlovsk  l’inizio dei lavori di smantellamento

Immagine 1 : il relitto del sottomarino K 431 attende a Petropavlovsk l’inizio dei lavori di smantellamento. Il 10 agosto 1985 un incidente durante il cambio della barre di Uranio dei reattori causò una delle peggiori catastrofi nella storia dell’atomo militare.

10 agosto nella baia di Chazhma, a pochi chilometri dalla popolosa Vladivostock, la Marina Russa ha da sempre  la sua base di appoggio per la flotta del Pacifico, dove viene anche effettuata la manutenzione per i sottomarini a propulsione nucleare. Il K 431 (nota 4 e immagine 1), un sottomarino  della classe Echo II potenziato da due reattori a acqua pressurizzata da 70 Megawatt, quel giorno veniva sottoposto alla sostituzione delle barre di combustibile, costituite da una lega a base di uranio arricchito. L’operazione, per quanto complessa, era abbastanza comune sia per gli equipaggi che per il personale civile della base. Ma quel carico fu causa di uno dei più terribili incidenti militari di cui si abbia conoscenza. Verso la sera, mentre gli uomini stavano ultimando il carico, venne notato un disallineamento tra il  coperchio del reattore e la camera delle barre: a causarlo un elettrodo da fusione, dimenticato da un operaio. Si dovette nuovamente sollevare con l’argano sia le barre di Uranio che la griglia del sistema di contenimento. Nell’esatto momento in cui il reattore veniva estratto, il passaggio di una silurante nella baia causò un’onda tale lo scafo del sottomarino si spostò, le barre e la grata di contenimento si allontanarono tra loro ben oltre la distanza massima consigliabile. Alle 10.55, pochi attimi dopo, il combustibile del reattore di destra entrò in una reazione a catena spontanea incontrollabile. Un’enorme esplosione distrusse il comparto motore, uccidendo sul colpo le dieci persone, tra marinai e lavoratori, in quel momento attorno al battello, scagliò il pesante coperchio del reattore nell’acqua a 70 metri di distanza, squartò lo scafo e il ponte a poppa del battello e lanciò le barre di Uranio estremamente cariche (o quel che ne rimaneva) nella base e nella foresta attorno alla stessa. Un incendio violentissimo fu domato con fatica dopo quattro ore, mentre il sottomarino giaceva affondato di poppa nel bacino. Buona parte dei detriti cadde entro un raggio di 100 metri, ma una nube di ceneri e gas radioattivi venne spinta verso la penisola di Dunay, di fronte alle banchine della base, sfiorando la città militare di Shkotovo 22, a circa 1 chilometro e mezzo. Nelle 24 ore successive, iniziò il calcolo dei danni della contaminazione nucleare. Al momento dell’esplosione il livello di contaminazione era di 90.000 Roentegents/ora, circa tre volte quello attorno alla centrale di Chernobyl dopo l’esplosione del reattore. Alcune ore dopo era sceso, ma si attestava a 600 Roentgents/ora, comunque ben 30 volte superiore alla dose mortale per un essere umano che vi sia esposto per soli cinque minuti…una energia pari a sei milioni di Curie venne liberata nell’aria. I corpi, o quel che ne restava, dei dieci morti, letteralmente schiacciati, carbonizzati sulle pareti del sottomarino o della banchina, vennero seppelliti a notevole profondità, in quanto fortemente radioattivi. Il 30% del territorio della base e due chilometri quadrati della foresta risultarono contaminati oltre ogni possibilità di bonifica. Immediatamente iniziò l’opera di contenimento, che impegnò 2.209 persone, esposte a dosi massicce di radiazioni lavorando prive di protezioni. Già nei giorni successivi 49 tra pompieri e marinai svilupparono avvelenamenti acuti da radiazioni. In gran velocità vennero rimossi e seppelliti in 4 grandi trincee scavate nella foresta ben 1.200 metri di asfalto, 4.585 metri cubi di terra e pietrisco, 760 tonnellate di metallo e cemento. Delle persone impiegate nella bonifica 290 operarono nell’area maggiormente contaminata. Quanti morirono o subirono, fino ad oggi, le conseguenze durature dell’esposizione non sarà forse mai possibile saperlo, il risvolto forse più amaro di questo incidente. Le autorità  sovietiche, con la ben nota mania per la riservatezza, distrussero tutte le prove (cartellini di ingresso ai cantieri, ordini di servizio, registri..) per cui a nessuno dei lavoratori fu possibile vedersi riconosciuto il servizio reso in quei giorni. Così come ad ufficiali e marinai fu dato ordine tassativo di mantenere il silenzio: un segreto che rimase tale fino al 1993.  Ancora oggi giornalisti coraggiosi e associazioni indagano sulle tragedie ecologiche ed umane di quegli anni, in una battaglia legale con il governo russo a colpi di processi e ingiunzioni contro la censura, che prosegue da oltre vent’anni. Intanto i materiali radioattivi continuano a inquinare mortalmente le acque e il terreno attorno alla baia di Chazhma…

Nel corso del 1985 a bordo di sottomarini sovietici in servizio si sarebbero verificati altri incidenti, ma sulle effettive dimensioni degli stessi, danni a persone o all’ambiente non vi sono ad oggi notizie certe: il K 447, il K 208 e il K 367 sarebbero stati vittime di perdite al sistema primario di raffreddamento, di cui non si conoscono però i particolari, tranne che per l’ultimo battello, per il quale si sospetta sia andato in avaria il sistema di controllo automatico dell’attività del reattore. Il K 38, il K 255 (questi primi due a quanto pare nel corso del mese di marzo), il K 369, il K 298 e il K 192 subirono incendi.

24 ottobre il sottomarino nucleare da attacco USS Swordfish (SSN 579) (nota 5), durante la navigazione nell’Oceano Pacifico subì un’avaria al sistema di propulsione. Non se ne conosce la portata.

24 novembre  la portaerei americana a propulsione nucleare USS Enterprise (CVN 65) si arena sulla Bishop’s Rock a circa 100 miglia dalla base navale di San Diego in California. La portaerei riceve una falla di quasi venti metri sullo scafo e un danneggiamento ad un’elica, ma è in grado di partecipare alle manovre. Dopo il 27 novembre, la portaerei raggiunse il porto per le riparazioni in bacino di carenaggio. Durante le ispezioni venne constatato che un’elica si era deformata e dovette esser sostituita. Ma in ogni caso, la portaerei fu in grado di partecipare all’esercitazione preventivata, né furono rilevate anomalie ai reattori.

31 dicembre mentre è attraccato al porto di Palma di Maiorca, nelle isole Baleari, l’USS Narwhal (SSN 671), sottomarino d’attacco classe Sturgeon, rompe i cavi di ormeggio e resta alla deriva per alcune ore nella baia, prima che si riesca a rimorchiare il battello di nuovo al molo (nota 6). Il Narwhal era in realtà un classe Sturgeon “anomalo”, in quanto servì a testare i reattori S5G con sistema di raffreddamento del reattore “a circolazione naturale dell’acqua”, così come altri accorgimenti strutturali adottati poi su altre classi di sottomarini. Questo rendeva il Narwhal all’epoca il sottomarino più silenzioso nell’arsenale americano, quindi meno individuabile. Per questo fu probabilmente coinvolto in missioni di sorveglianza e spionaggio, di cui oggi ancora nulla ufficialmente si conosce.

1986

Immagine 2 la torretta dell'USS Nathanael Greene (SSBN 636) posta all'ingresso della rada di Cape Canaveral

Immagine 2: la torre di comando dell’USS Nathanael Greene (SSBN 636) accoglie le navi all’ingresso del porto di Cape Canaveral, in Florida. La base, nota per le installazioni spaziali della NASA, in realtà è anche inserita in un poligono marino di tiro in cui i sottomarini (statunitensi e di Paesi alleati) sono autorizzati a effettuare lanci di addestramento dei missili normalmente dotati di testate nucleari. Dopo la demolizione, la torre è stata adottata come ‘gate guardian’, la ‘guardia del cancello’.

13 marzo  il sottomarino lanciamissili balistici USS Nathanael Greene (SSBN 636), nonostante il ruolino di servizio di tutto rispetto, è un battello abbastanza bersagliato dalla sfortuna: dopo due incidenti, uno nel 1970 e ben due nel 1984, durante un’esercitazione di immersione profonda nel mare d’Irlanda, urtò il fondale per motivi non del tutto chiariti, danneggiando gravemente le superfici di controllo a poppa e le casse di zavorra principali (nota 7). Ricevute le prime riparazioni di emergenza presso la base scozzese di Holy Loch, il sottomarino attraversò l’Atlantico in immersione,  raggiungendo la base di Charleston, in South Carolina. I danni ingenti subiti dal battello, la sua non più giovane età (i sottomarini classe James Madison erano entrati in servizio lungo gli anni 60) e le restrizioni sul numero di sottomarini dotati di armi nucleari strategiche stabilite nel trattato di disarmo SALT II ne segnarono il destino.

Immagine 3 lancio da sottomarino di un missile UGM 73 Poseidon

Immagine 3: lancio in immersione di un missile balistico intercontinentale ad uso marino Locheed Martin UGM 73 Poseidon. Il missile è un esemplare da esercitazione, come indica il colore vivace della pannellatura.

Radiato dal servizio attivo e inserito nel programma Submarine Recycling Program (immagine 2), restò assieme a molti altri battelli ormeggiato nel Puget Sound Naval Shipyard di Bremerton fino al 2000, quando lo smantellamento e lo smaltimento del battello fu terminato. Sulla sfortuna o meno di un mezzo si può discutere, anche fare delle battute di spirito, se non fosse per il rischio  che riguarda in primis l’equipaggio (sul Greene erano imbarcati 143 uomini). Ed anche molte altre migliaia di persone, visto che oltre alle barre di Uranio del suo reattore ad acqua pressurizzata S5W, l’armamento di lancio del sottomarino prevedeva 16 silos contenenti altrettanti missili balistici intercontinentali Lockheed UGM 73 Poseidon (immagine 3), ciascuno capace di portare in media 10 testate W68 da 40/50 chilotoni di potenza ciascuna (Fat Man, l’atomica sganciata su Nagasaky aveva una potenza di 22 chilotoni, ovvero 22mila tonnellate di TNT). Senza contare la possibilità di imbarcare anche siluri a testata nucleare modello Mk 45…. Lasciamo fare a voi due conti rapidi sul potenziale distruttivo contenuto nel, Nathanael Greene. La Marina Statunitense ha ammesso che questo incidente è tra il più gravi che siano occorso alla sua flotta sottomarina nucleare, dopo quelli che hanno portato alla perdita dell’intero battello (immagine 2).

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Immagine 4 : un cane nato con gravi malformazioni causate dalle radiazioni emanate dal reattore della centrale di Chernobyl e esposto al museo dell’incidente a Kiev, in Ucraina. Immagine concessa in uso da Vincent de Groot

26 aprile Chernobyl. Pochi nomi come questo sono capaci di evocare angoscia, di incarnare l’immagine della tragedia, fino a diventarne un sinonimo (nota 8, immagini 4, 5 e 6). Non è un incidente nucleare militare, ma dopo Hiroshima e Nagasaky è di gran lunga il più grave, 7° grado della scala INES che misura la gravità di questi eventi. E’ 1.24 di notte: il reattore viene sottoposto in quei giorni a prove di funzionamento sotto stress, in particolare si stava provando per quanto tempo turbina e generatore riuscissero a produrre energia, anche dopo che  l’impianto di raffreddamento avesse cessato di produrre vapore. Per questo erano stati disabilitati alcuni sistemi di sicurezza. Nella sala di controllo non si percepisce, nei minuti precedenti, ciò che sta accadendo, perché la crescita del calore nel reattore è talmente rapida da superare la capacità di rilevamento degli strumenti. Il progetto del reattore RBMK 1000, raffreddato ad acqua pressurizzata e moderato con barre di grafite, come molti altri  reattori sovietici, non è nato per produrre energia, ma per arricchire il Plutonio a uso militare. Non ha sistemi secondari di contenimento, perché deve essere facile la sostituzione delle barre di combustibile, come in tutti i reattori di questo tipo.

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Immagine 5 : attorno alla centrale, immensi cimiteri di mezzi di ogni tipo restano abbandonati alla ruggine. Troppa la radioattività assorbita nei durante il lavoro attorno al reattore n. 4 scoperchiato. Nessuno conosce con certezza il destino di chi li ha utilizzati in quei terribili giorni….

Quando il personale nella sala di controllo comprende che qualcosa sta andando storto, è troppo tardi. Anzi, la decisione di rimettere nel nucleo le barre di assorbimento in grafite (che costituiva la fase finale del test)  non fece nient’altro che dare altro combustibile al rogo nucleare, perché le barre scesero solo parzialmente, bloccate nei condotti deformati dal calore. A quel punto tutto si fonde, dalle tubature spezzate l’acqua di raffreddamento raggiunge le barre in fusione nel basamento e evapora istantaneamente. L’idrogeno generato esplode scagliando attraverso il tetto dell’edificio i blocchi di cemento di contenimento, assieme ad almeno il 25% delle barre di Uranio e di quelle di grafite, come un vulcano in piena eruzione. Pulviscolo e vapore altamente radioattivi sono scagliati nell’atmosfera. Nella vicina città di Pripyat l’esplosione sveglia buona parte dei cittadini. Nell’impianto 3 persone sono morte istantaneamente, altre 28 entro poche ore moriranno per l’immensa quantità di radiazioni emesse: secondo i calcoli degli scienziati, fino a 400 volte le emissioni della bomba di Hiroshima. Dopo il solito tentativo di minimizzare o negare l’accaduto, durato peraltro alcuni cruciali giorni, di fronte alla nube radioattiva che attraversava l’Europa portando con se Iodio 131 e Cesio 137, il governo dell’URSS dovette ammettere  con gli altri Paesi la portata dell’incidente e chiedere aiuto alla comunità internazionale. L’ultimo dei 42 vigili del fuoco ed operai che intervengono immediatamente sul tetto e attorno al cuore del reattore, muore 96 giorni dopo la tragedia. I sovietici inviano migliaia di soldati a spostare freneticamente i detriti in fiamme dal tetto degli altri 3 reattori del complesso, a evacuare  città e villaggi per migliaia di chilometri quadrati attorno all’impianto. Le prime immagini concesse alle tv occidentali li mostrano lavorare davanti al mostro senza altro addosso che tute da protezione antincendio o maschere antigas. Come entrare nudi in un altoforno. Attorno al reattore sventrato si misurano coi contatori Geiger 20.000 Roentgen. Per capirsi, l’esposizione a soli 500 Roentgen in un’ora,  porta un essere umano alla morte entro le 5 ore successive. L’emissione del vapore ionizzato, fonte della più intensa contaminazione, cessa il 10 maggio. Quanti siano stati esposti alla fine dell’emergenza, cioè una volta rinchiuso il reattore in un immenso sarcofago di cemento e acciaio, non è dato sapere. Fino a tutto il 1987 erano stati contati 2.900 lavoratori civili e oltre 16.000 soldati nel cantiere. Anche se c’è chi parla di oltre 600mila “liquidatori”, certificati con attestato dello Stato,  che si avvicendarono a Chernobyl, spesso gettando direttamente nella fornace nucleare detriti e grafite, a mani nude. Circa 240.000 lavorarono all’interno dei 30 chilometri dal reattore, assorbendo dosi elevate di energia per più lungo tempo. A 26 anni di distanza, l’area per sempre inabitabile, le città fantasma, abbandonate in pochi giorni, le suppellettili lasciate parlano di vite spezzate in un momento. Gli oltre 1350 tra camion, cingolati, betoniere, gli elicotteri utilizzati per sganciare sul reattore scoperchiato boro, sabbia e dolomia,  abbandonati, completamente resi radioattivi; sono queste le parole mute che restano. Come le fotografie di tanti che si sono sacrificati in quelle ore. Le possiamo vedere a Kiev, al museo del disastro. O sulle tombe nei villaggi, da dove venivano quei soldati e quegli operai. Parlano i  casi di leucemia e  cancro alla tiroide, che molto spesso colpiscono i bambini: tra il 1987 e il 2005 ne sono stati conteggiati 6000 casi, nella popolazione giovanile esposta  direttamente alla contaminazione in Ucraina e Bielorussia, per cui statisticamente c’è da attendersi un incremento del trend, dovuto all’azione prolungata nel tempo di alcuni elementi radioattivi persistenti, oltre che dai danni immediati. Alcune fonti, come Greenpeace, hanno calcolato potranno raggiungere i 90.000. Anche se l’UNSCEAR (United Nations Scientific Committee on the Effects of Atomic Radiation, Comitato Scientifico delle Nazioni Unite per lo studio degli effetti delle radiazioni ionizzanti) ha condotto 20 anni di dettagliata ricerca scientifica ed epidemiologica sugli effetti del disastro. A parte i 57 decessi direttamente ascrivibili all’incidente in sé, l’UNSCEAR ha originariamente predetto fino a 4,000 casi di tumori da attribuire all’incidente.  Al di là di questo, il sarcofago costruito allora sta rapidamente arrivando a fine vita, numerose crepe stanno creandosi, dopo 25 anni di radiazioni e una temperatura interna che in alcuni punti raggiunge ancora i 1000 gradi…. Il nocciolo e la struttura del reattore, ormai fusi assieme, sono sprofondati di altri 4 metri, seppur le fondamenta non siano state superate in nessun punto. Lì giace il “piede di elefante”, un ammasso di Uranio, Grafite e altri materiali colato dalla sala del reattore e solidificatosi in questa strana forma. Un robot lo ha fotografato durante una delle ispezioni sullo stato interno del sarcofago. Ma solo un robot poteva avvicinare quel mostro che  emette un’energia di 10.000 Roentgen all’ora, sufficiente a mandare in pezzi un corpo umano nel giro di pochi minuti. Ma quel che è peggio, la centrale si trova nel bacino naturale dei fiumi Pripyat e Dnepr, quest’ultimo sfocia nel Mar nero, lungo le sue rive vivono più di 30 milioni di persone. L’avvelenamento delle falde ed il rilascio nei fiumi di radionuclidi potrebbe avere conseguenze incalcolabili…29 aprile l’USS Atlanta, sottomarino da attacco appartenente alla classe Los Angeles, collide violentemente contro il fondale durante la navigazione attraverso lo stretto di Gibilterra, mentre sta entrando nel Mediterraneo (nota 9). Immediatamente il sistema di emergenza (Emergency Ballast Tank Blow System, sistema di espulsione di emergenza dalla cassa di zavorra) entrò immediatamente in azione spingendo tonnellate di acqua fuori dalla cassa ed il sottomarino riemerse rapidamente.

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Immagine 6: sul pavimento di un edificio a Pripyat migliaia di maschere antigas, con cui migliaia di lavoratori operarono nell’area di interdizione attorno alla centrale. Totalmente inutili contro le radiazioni, sono un simbolo dell’impotenza di fronte al mostro.

Una prima ispezione dei sommozzatori di bordo confermò che l’impatto è stato tanto violento da riuscire a staccare la cassa di zavorra di prua dallo scafo in alcuni punti, mentre la fibra di vetro che costituisce l’isolante interno pendeva ridotta a brandelli…anche l’’impianto sonar fu danneggiato, lasciando il sottomarino privo di un apparato fondamentale per la navigazione subacquea. Dopo  aver raggiunto il porto di Gibilterra ed avere meglio considerato i danni escludendo ogni coinvolgimento del propulsore nucleare, il comando della 6° Flotta della US Navy  ritenne di far tornare l’Atlanta per le riparazioni alla base di Norfolk, in Virginia. La ricostruzione dei fatti compiuta dalla commissione d’inchiesta non riuscì del tutto a chiarire i motivi della collisione. I sottomarini oceanici moderni sono dotati di un sofisticato sistema di navigazione inerziale capace di calcolare, secondo la rotta seguita, la velocità del battello e le carte sottomarine, ogni correzione di rotta per evitare ogni ostacolo sommerso conosciuto. Tuttavia anche navigando alla bassa velocità di sei/sette nodi, cioè attorno agli 11 – 13 chilometri all’ora,  una nave che stazza 6.900 tonnellate e scivola in un liquido ha un notevole grado di inerzia alle correzioni. Per cui anche il sistema inerziale ha bisogno di essere periodicamente azzerato e riprogrammato prendendo dei punti di riferimento a livello periscopico, sia geografici  che basati sulle trasmissioni di radiofari o satelliti. La missione dell’Atlanta avveniva in un momento di grande tensione con il regime del rais libico Muhammar Gheddafi, schierato col blocco sovietico, che non riconosceva il limite di 21 miglia delle acque internazionali nel Golfo della Sirte ed era apertamente avversario degli Stati Uniti, appoggiando anche attività terroristiche (basti ricordare l’assalto allo scalo all’aeroporto di Roma della Hel Hal, la compagnia di bandiera Israeliana, costato 19 morti). Il 19 aprile aerei dell’USAF provenienti dall’Inghilterra e della US Navy lanciati da portaerei nel Mediterraneo avevano bombardato basi militari e la residenza di Gheddafi. Quindi si sospettava che il canale di Gibilterra fosse sorvegliato da spie libiche e il passaggio di un sottomarino da attacco armato di missili Cruise non passasse inosservato. Il primo ufficiale (in quel momento il capitano non era sul ponte comando ) durante il passaggio dello stretto probabilmente fu troppo condizionato da questo rischio e ritardò il rilevamento della posizione, causando l’errore nel sistema di navigazione inerziale e l’impatto con i rilievi sottomarini. In ogni caso, l’Atlanta tornò negli Stati Uniti con una lenta navigazione in superficie durata tre settimane….e con un nuovo comandante.

31 luglio il 1986 non è un anno fortunato per le forze subacquee americane: l’USS Guitarro (SSN 665) (nota 10), sottomarino a propulsione nucleare classe Sturgeon, subì un problema a una valvola mentre si trovava in navigazione. Le fonti della marina non hanno concesso altro all’informazione, sottolineando peraltro che nessun  apparato a bordo, men che meno nucleare, è rimasto danneggiato o ne ha corso il rischio….

3/6 ottobre nemmeno sul lato opposto della cortina d ferro il 1986 è un anno da ricordare…mentre a Chernobyl si combatte ancora la battaglia col reattore esploso, nell’Oceano Atlantico si sta preparando un’altra tragedia. Partito dal porto militare di Gadhzievo, vicino a Murmansk, il sottomarino K 219, un lanciamissili nucleari balistici classe Yankee I, sta pattugliando le acque a un migliaio di chilometri dalle isole Bermuda, posizione ottimale per un eventuale lancio diretto alla Est  Coast degli Stati Uniti (nota 11). Alle 5, 14 del mattino, durante un controllo al comparto n. 4 viene scoperta un’infiltrazione di acqua nel silo n. 6 (il terzo sulla fila di sinistra), contenente un missile balistico a doppia testata nucleare SS-N-6. Mentre l’ufficiale agli armamenti e un tecnico cercano di capire da dove arriva l’acqua, che sembra filtrare dal lato dei collegamenti elettrici all’arma, improvvisamente la perdita diventa una falla vera e propria. Immediatamente il comandante Igor Britanov ordinò alle 5.25 di risalire alla quota di 46 metri per sicurezza, mentre le pompe cercano di svuotare il comparto del missile. Alle 5.32 da sotto il missile si sprigionano dense nubi di fumo marrone: l’acqua marina aveva raggiunto il carburante liquido del missile e stava producendo vapori di acido nitrico. A questo punto l’ufficiale armiere dichiarò incidente in corso, i compartimenti stagni vengono chiusi, ma 9 uomini restano nel comparto n. IV interessato dall’avaria. L’equipaggio è esperto e in meno di un minuto sta mettendo in pratica le procedure di emergenza, ma alle 5.38 una forte esplosione avviene nel silo n. 6. La situazione precipita:  tre uomini sono stati uccisi dall’esplosione, altri sei sono in pericolo nel comparto missili, Britanov ordinò l’emersione rapida per disattivare i due reattori a acqua pressurizzata che potenziano il battello, ma  raggiunta la superficie il K 219 resta senza energia elettrica. Le barre di controllo vanno inserite secondo procedura manuale, ma nel comparto del reattore la temperatura stava salendo vertiginosamente. L’ufficiale alle macchine Belikov è riuscito a calare tre delle quattro barre, ma non ce l’ha fatta con la quarta. Un marinaio di leva, il ventenne Sergei Preminin, entrò nella camera di controllo, dove la temperatura ha raggiunto i 70 gradi e riuscì a far scendere l’ultima barra. Cercò a quel punto di riaprire il comparto, ma cadde esausto a terra. Nemmeno i compagni riuscirono più ad aprire dall’esterno la porta blindata della camera assistendo impotenti alla morte del marinaio. A questo punto il comando della Marina informato della situazione ordinò a Britanov di attendere una nave appoggio che trainasse il battello alla base di partenza. Una volta raggiunti da una nave da carico russa, si tentò il traino che però fu impossibile. A quel punto l’incendio ed i gas del propellente liquido resero impossibile restare sul sottomarino, così Britanov mandò il suo equipaggio sulla nave da carico, mentre lui rimase a bordo. Mosca, irritata da quello che pensa essere un atto di insubordinazione, solleva Britanov dal comando e ordinò all’ufficiale politico di far tornare Ma è ormai tardi : appesantito dall’acqua imbarcata e privo di controllo, prima dell’alba del 6 ottobre il K 219 affondò, trascinando con se i corpi di sei valorosi uomini, due reattori nucleari e sedici missili, con trentadue testate operative. Il K 219 si adagiò sulla piana abissale di Hatteras, a  circa 6000 metri di profondità, sotto una pressione titanica. Due anni dopo la nave oceanografica sovietica Keldysh fotografò il relitto ed eseguì campionature dell’acqua. Dal momento che il comandante Britanov nelle ultime ore disperate del K 219 aveva fatto aprire i portelli dei missili raggiunti dall’acqua per fare evacuare i vapori ed evitare altre esplosioni, numerosi missili sono usciti dai silo e risultano dispersi sul fondo oceanico. Il sottomarino si è spezzato in due giusto davanti alla torre e attorno al relitto fu riscontrata una lieve traccia di radioattività, il che non fa sperare bene per il futuro…Preminin e gli altri caduti furono insigniti di onorificenze alla memoria, di onorificenze, mentre il comandante Britanov fu posto sotto accusa per negligenza e sospetto sabotaggio, come nella peggior tradizione sovietica, confinato a Sverdlovsk in attesa di processo. Con le dimissioni del ministro della difesa Sergey Sokolov, dopo il caso Mathias Rust (il giovane tedesco che atterrò sulla Piazza Rossa con un piccolo aereo Cessna da turismo, in barba a tutta la difesa aerea russa) il comandante Britanov venne scagionato dalle accuse e il caso archiviato. Anche a livello internazionale l’incidente ebbe conseguenze: i militari sovietici reclamarono apertamente con il governo americano per la presenza di un sottomarino da attacco, l’USS Augusta (SSN 710), che tallonando troppo da vicino il k 219 lo avrebbe speronato, provocandola la falla che ha portato alla perdita del battello e a una grave minaccia per l’integrità dell’ambiente oceanico. I vertici della US Navy, di solito piuttosto parchi di commenti sulle attività subacquee, questa volta risposero seccamente (forse sorpresi dalla “Glasnost” sovietica) che non era avvenuto alcun inseguimento né alcuna collisione fra il K 219 e l’USS Augusta. Ma di là a pochi giorni, l’11 e il 12 ottobre a Reykjavik, in Islanda, il presidente statunitense Reagan e quello sovietico Gorbaciov si sarebbero incontrati per uno storico colloquio su progetti di guerre stellari americani e sullo spiegamento di missili nucleari russi a medio raggio in Europa. Per cui ci fu un tacito accordo a trattenere ciascuno i propri “mastini della guerra” e a glissare sulle polemiche reciproche.

20 ottobre  in realtà, che le marine americana e sovietica giocassero una pericolosa partita a rimpiattino a distanza ravvicinata era del resto dimostrato da numerosi casi di collisione accaduti nei decenni precedenti (nota 12). Anche nel caso dell’USS Augusta, impegnato a sorvegliare i sottomarini lanciamissili che incrociavano a largo degli Stati Uniti, se non con il K 219 è probabile abbia avuto un “contatto ravvicinato del terzo tipo” con un altro battello. Infatti, pochi giorni dopo, ritornato in pattuglia l’Augusta ebbe una collisione in immersione con un oggetto non identificato. Il battello dovette rientrare a Groton per gli accertamenti del caso sui danni subiti, quantificati in circa 3 milioni di dollari. La US Navy fu rapida nel dichiarare che l’impianto propulsivo nucleare era perfettamente integro e non aveva corso alcun rischio…fotografie prese pochi giorni dopo mostrano un sottomarino lanciamissili classe Delta I (identificato da alcune fonti russe come il K 279) con una evidente ammaccatura sulla parte destra della prua. E’ plausibile che l’Augusta stesse inseguendo questo sottomarino, e non il K 219…che a sua volta lo stesse portando a farsi agganciare da un sottomarino da attacco classe Victor, nell’eterna lotta tra preda e cacciatore…

di Davide Migliore


Note

(1) http://www.youtube.com/watch?v=wHylQRVN2Qs

http://lyricskeeper.it/it/sting/russians.html

Sting, “Russians”

(2) http://articles.latimes.com/1985-01-12/news/mn-9508_1_unarmed-missile

http://www.fbjs.facebook.com/note.php?note_id=217420051617134&comments

 Incidente del 11.02.1985 a un missile Pershing II  

http://en.wikipedia.org/wiki/MGM-31_Pershing

Missile Martin Marietta MGM 31Pershing II  

http://miamisburg.org/pershing_missile_56th_field_artillery_command.htm   

organigramma e storia della 56th Field Artillery Brigade della U.S. Army

http://www.fbjs.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.dtic.mil%2Fcgi-    

bin%2FGetTRDoc%3FAD%3DADP005343%26Location%3DU2%26doc%3DGetTRDoc.pdf&h

     =xAQHQiQ7Q&s=1

Relazione tecnica sull’incidente al missile Pershing II ad Heilbronn del 11.02.1985

(3) http://www.britishpathe.com/video/polaris-fired-from-h-m-s-resolution

Video British Pate del lancio  in immersione di un misslie Polaris dall’HMS Resolution (1968)

(4) http://robertamsterdam.com/2008/08/grigory_pasko_prelude_to_chernobyl/

Grigory Pasko, “Prelude to Chernobyl”, articolo sull’incidente di Chazhma Bay

http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=web&cd=16&ved=0CEgQFjAFOAo&url=http%3A%2F%2Fwww.ippnw-students.org%2FJapan%2FChazhmaBay.pdf&ei=_4qiUKbhOYuTswa3hoGgBw&usg=AFQjCNG2t1DPaq0lNboha4YqOKO5jw_x-Q&sig2=aUdZIpFDAbr7tsEDe9R5rA

Documento PDF,  International Physicians for the Prevention of Nuclear War, l’inquinamento nucleare a Chazhma Bay

http://spb.org.ru/bellona/ehome/russia/nfl/nfl8.htm#O17b

Bellona Report nr. 2:96. Written by: Thomas Nilsen, Igor Kudrik and Alexandr Nikitin, rapporto pubblicato dalla Bellona Foundation sugli incidenti che hanno colpito la flotta sottomarina nucleare sovietica fino agli anni ‘90.

(5) http://navysite.de/ssn/ssn579.htm

Incidente allo USS Swordfish

(6) http://navysite.de/ssn/ssn671.htm

http://www.mesotheliomaweb.org/mesothelioma/veterans/submarines/uss-narwhal

USS Narwhal SSN 671, incidente a sottomarino nucleare

(7) http://navysite.de/ssbn/ssbn636.htm

http://en.wikipedia.org/wiki/USS_Nathanael_Greene_(SSBN-636)

L’incidente all’USS Nathanael Greene

(8) http://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_di_%C4%8Cernobyl

Centrale nucleare di Cherbnobyl ,  disastro nucleare

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=8088 

“In diretta da Chernobyl” di Charles Choi,

www.scientificamerican.com

(9) http://en.wikipedia.org/wiki/USS_Atlanta_(SSN-712)             

http://navysite.de/ssn/ssn712.htm

Incidente all’USS Atlanta (SSN 712)

http://www.oocities.org/uss_atlanta_ssn/seastories.html

La collisione dell’USS Atlanta col fondo dello stretto di Gibilterra nella testimonianza del marinaio Glenn Damato

(10) http://navysite.de/ssn/ssn665.htm

 Incidente all’USS Guitarro

(11) http://english.pravda.ru/russia/politics/09-10-2012/122396-submarine_reagan_gorbachev-0/

http://en.wikipedia.org/wiki/Soviet_submarine_K-219

Hostile Waters (ISBN 0312966121) by Peter Huchthausen, Igor Kurdin and R. Alan White

L’affondamento del K 219 a largo delle Bermuda.

(12) http://en.wikipedia.org/wiki/USS_Augusta_(SSN-710)

http://navysite.de/ssn/ssn710.htm

L’Uss Augusta e la presenza di sottomarini russi a largo delle coste americane, probabili casi di collisione.


Fonti generali

http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?topic=428.0;wap2

Incidenti nucleari o potenzialmente nucleari dal 1971 ad oggi

http://lists.peacelink.it/armamenti/msg00252.html

Lista di incidenti a sottomarini e vascelli militari angloamericani dal 1945 

http://www.at1ce.org/themenreihe.p?c=United%20States%20submarine%20accidents

http://spb.org.ru/bellona/ehome/russia/nfl/nfl8.htm#O17b

Lista incidenti a sottomarini sovietici con cause

https://www.cia.gov/library/center-for-the-study-of-intelligence/csi-publications/books-and-monographs/a-cold-war-conundrum/source.htm sito ufficiale della C.I.A.

http://nuclearweaponarchive.org/index.html

The nuclear weapons archive

http://books.google.it/books?id=3wUAAAAAMBAJ&pg=PA23&lpg=PA23&dq=us+nuclear+submarine+accidents+1985&source=bl&ots=QvKSE3wTuu&sig=y6tbBUeneIb4ZiRAi6BYv-2tHOc&hl=it&sa=X&ei=3-mjUIuqFsfEsgbL-4DoAw&ved=0CCYQ6AEwATgK#v=onepage&q=us%20nuclear%20submarine%20accidents%201985&f=false

Bulletin of the Atomic Scientists, july/august 1989 issue

http://www.nukewatchinfo.org/nuclearweapons/index.html

Informazioni aggiornate sulla produziione di armamenti, sulle conseguenze mediche e ambientali della produzione di armi, iniziative pacifiste e di eliminazione degli armamenti nucleari.

http://bispensiero.blogspot.it/2007_05_01_archive.html

Blog con liste dei principali pericoli e situazione attuale della strategia atomica

http://archive.greenpeace.org/comms/nukes/chernob/rep02.html

http://www.rmiembassyus.org/Nuclear%20Issues.htm

http://www.web.net/~cnanw/a7.htm

10 mishaps that might have started an accidental nuclear war.

http://forum1.aimoo.com/American_Cold_War_Veterans/Cold-War-Casualties/Naval-Accidents-During-Cold-War-1-1579633.html

Incidenti navali con vittime durante la Guerra Fredda

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