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Gli effetti del vuoto dello spazio sugli astronauti

Pubblicato il 12 marzo 2015 by redazione

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Spazio: un magnifico e pericoloso sogno

Sono ormai anni che l’uomo cerca di sviluppare tecnologie in grado di rendere la conquista dell’universo una realtà e non più un lontano sogno. Tuttavia vi siete mai chiesti se gli esseri umani sono davvero in grado di vivere nello spazio a prescindere dalla tecnologia a disposizione? Il nostro corpo riuscirebbe veramente a a sopportare un viaggio interstellare? Purtroppo a causa della limitata conoscenza che abbiamo dell’universo nessuno a tutt’oggi è in grado di rispondere con certezza a questa domanda. Tuttavia grazie a numerosi studi su questo delicato argomento e soprattutto grazie all’esperienza diretta degli astronauti che hanno avuto la possibilità di vivere nello spazio per alcuni mesi, siamo a conoscenza di numerose disturbi  e malattie più frequenti che colpiscono un uomo quando si ritrova a vivere nello spazio. Inoltre l’analisi del vuoto e delle sue caratteristiche ci permette di equipaggiare gli astronauti in modo che un possibile ‘tuffo’ nello spazio non ne causi la morte.

 

Gli effetti del vuoto                                                                                                                              

L’ambiente che caratterizza lo spazio è letale per l’uomo a meno che questo non indossi appropriate protezioni. Infatti  nel vuoto non vi è ossigeno e pressione sufficienti a garantire la nostra sopravvivenza, senza contare i pericoli che corriamo a causa della temperatura e delle radiazioni.

Il corpo umano si è adattato a vivere all’interno dell’atmosfera terrestre, infatti per respirare abbiamo bisogno di una concentrazione minima (o pressione parziale) di ossigeno pari a 16 Kpa (0.16 Bar). Al di sotto di questo valore il rischio di perdere conoscenza e morire per ipossia aumenta considerevolmente.

Infatti nel vuoto lo scambio di gas nei polmoni avviene regolarmente ma nessun gas, compreso l’ossigeno, entra nel sistema sanguigno. Perciò dopo circa 9-12 secondi nel vuoto, il sangue deossigenato raggiunge il cervello provocando la perdita di coscienza. Infine dopo circa due minuti (il limite assoluto rimane ancora incerto) sopraggiunge gradualmente la morte.

Durante questo processo il sangue e gli altri fluidi corporei cominciano a bollire a seguito dell’abbassamento della pressione sotto i  6.3 KPa (pressione di vapore dell’acqua a temperatura corporea). Questo fenomeno è chiamato ‘Ebullismo’ e consiste nella formazione di bolle di gas all’interno dei fluidi corporei a causa della riduzione di pressione. Il vapore è in grado di gonfiare il corpo fino a due volte le sue normali dimensioni, tuttavia i tessuti sono abbastanza elastici e porosi da impedirne la lacerazione. L’Ebullismo viene rallentato dai vasi sanguigni che contengono la pressione  in modo che parte del sangue rimanga liquido. Il gonfiore e l’Ebullismo si possono ridurre drasticamente indossando una tuta spaziale (Crew Altitude Protection Suit CAPS), indispensabili sopra i 19 Km. La maggior parte delle tute vengono pressurizzate a 20 kPa (150 Torr) di puro ossigeno, con una tale pressione si evitano perdite di conoscenza e si previene l’Ebullismo, ma se mal gestita  l’evaporazione del sangue o altri gas dissolti in esso possono ancora causare la malattia da decompressione ed embolie.

A seguito  di esperimenti condotti su animali, si è arrivati ad affermare che anche una breve esposizione al vuoto, fino a 30 secondi, causa danni fisici permanenti e oltre questo valore l’esposizione risulta addirittura fatale; se la respirazione non viene compromessa gli arti hanno un tempo di esposizione ammissibile superiore .

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Tuttavia l’esposizione al vuoto è sicuramente meno pericolosa di una rapida decompressione. Anche se la vittima in questione cercasse di respirare, la ventilazione attraverso la trachea risulterebbe troppo lenta con la conseguente rottura  degli alveoli polmonari. Inoltre i timpani e la cavità nasale si romperebbero, i tessuti molli verrebbero compromessi e potrebbero andare in circolo e l’aumento della richiesta di ossigeno a seguito del forte stress porterebbe a un’ipossia. Questo tipo di lesioni causate da una rapida decompressione vengono chiamati barotraumi; per chi di voi fosse appassionato di immersioni subacquee, questo tipo di lesioni caratterizza la maggior parte degli incidenti in questo ambito. Un abbassamento di pressione di circa 13 Kpa non comporterebbe alcun sintomo se effettuato gradualmente, ma risulterebbe fatale se fosse improvviso.

Purtroppo la maggior parte delle informazioni riguardanti la decompressione e il suo effetto sul corpo umano sono state raccolte a seguito di incidenti durante progetti sperimentali per il volo spaziale. Uno di questi viene descritto nel report della NASA Rapid (Explosive) Decompression Emergencies in Pressure-Suited Subjects:

“Nel 1965 presso il NASA’s Manned Spacecraft Center (oggi rinominato Johnson Space Center), durante un test all’interno di una camera a vuoto, un soggetto è stato accidentalmente esposto a un ‘quasi vuoto’ (meno di 1 psi, 7 kPa ) a causa di una tuta spaziale difettosa. E’ riuscito a rimanere cosciente per circa 14 secondi, ossia il tempo necessario al sangue, privato di O2, per passare dai polmoni al cervello. Probabilmente la tuta non ha raggiunto completamente i valori del vuoto e abbiamo repressurizzato la stanza in 15 secondi. Il soggetto è riuscito a riacquistare conoscenza alla quota equivalente di circa 15000 piedi (4600 m). In seguito il soggetto a riferito di aver sentito e udito l’aria fuoriuscire e il suo ultimo ricordo era quello dell’acqua sulla sua lingua che cominciava a bollire”.

Purtroppo si sono verificati anche incidenti fatali, come la decompressione del Soyuz 11 nel 1971 che ha causato la morte dei tre astronauti che erano a bordo.

 

Temperature Estreme

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Nel vuoto è impossibile ridurre il calore di un corpo attraverso la conduzione o la convezione, infatti la dispersione di calore avviene unicamente per irraggiamento. Il passaggio da 310 K (temperatura di una persona) a 3 K (temperatura dello spazio) è molto lento, specialmente se l’individuo è vestito, quindi non si corre il pericolo di un immediato congelamento; tuttavia è possibile che in zone come la bocca si formi del ghiaccio.

L’esposizione a intense radiazioni non filtrate e dirette come la luce solare può causare un riscaldamento locale, anche se il calore verrebbe ridistribuito grazie alla conducibilità del corpo e alla circolazione. Tuttavia altre radiazioni, come i raggi ultravioletti, possono causare gravi scottature in pochi secondi.

 

Radiazioni

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Senza la protezione dell’atmosfera e magnetosfera, gli astronauti in un anno vengono sottoposti a livelli di radiazioni anche 10 volte più grandi di quelle che normalmente subiscono sulla Terra. Un così alto livello di radiazioni può danneggiare i linfociti, cellule coinvolte nel mantenimento del sistema immunitario, provocando un abbassamento delle difese immunitarie degli astronauti. Questo comporta una maggiore vulnerabilità a nuove esposizioni e a virus già presenti nel nostro corpo che diverranno attivi. Purtroppo nello spazio le cellule T (un tipo di linfociti) non riescono a riprodursi correttamente e di conseguenza non sono più in grado di combattere le infezioni; in poco tempo i fenomeni di immunodeficienza aumenterebbero insieme con il numero di infezioni che colpirà l’equipaggio.

Recentemente si è anche scoperto che l’esposizione alle radiazioni aumenta il rischio di cataratta. Ne è un esempio l’astronauta Soviet Valentin Lebedev che nel 1982, dopo aver trascorso 221 giorni in orbita (un record assoluto), ha completamente perso la vista a seguito di progressive cataratte.

I raggi cosmici, invece, rappresentano un grande pericolo in quanto aumentano significamente le probabilità di ammalarsi di cancro per il decennio successivo all’esposizione. I brillamenti solari raramente possono anche essere fatali in pochi minuti. Tuttavia si pensa che sia possibile ridurre gli effetti di queste radiazioni  fino a livelli accettabili tramite l’utilizzo di schermature e farmaci.

Sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) l’equipaggio è parzialmente protetto dall’ambiente circostante grazie al campo magnetico terrestre che deflette il vento solare intorno alla Terra e all’ISS. Tuttavia i brillamenti rimangono un grave pericolo per l’equipaggio in quanto sono talmente potenti da deformare e penetrare il campo magnetico terrestre. Per questo motivo, future missioni interplanetarie con equipaggio saranno molto più rischiose vista l’assenza della parziale protezione data dalla  magnetosfera.

Recentemente la nuova conquista dell’uomo nello spazio sembra viaggiare dalla Terra a Marte con una navicella dotata di equipaggio. Allora mi domando siamo davvero pronti per un viaggio simile? Anche nell’ipotesi che riuscissimo ad arrivare su Marte, l’equipaggio sarà sopravvissuto alle elevate radiazioni? Lo spazio è un luogo estremamente pericoloso per l’uomo quindi l’unico modo per farne parte è confidare nello sviluppo sempre crescente di nuove tecnologie, le uniche in grado di abbattere queste barriere!

di Sara Pavesi

 

Bibliografia

http://en.wikipedia.org/wiki/Effect_of_spaceflight_on_the_human_body

http://www.nytimes.com/2014/01/28/science/bodies-not-made-for-space.html?_r=0&module=ArrowsNav&contentCollection=Science&action=keypress&region=FixedLeft&pgtype=article

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Inquinamento urbano o del pianeta?

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Inquinamento urbano o del pianeta?

Pubblicato il 29 dicembre 2012 by redazione

il-polmone-verde-della-terraTutti gli ecosistemi che compongono la biosfera sono in uno stato di equilibrio fra loro e al loro interno.

Questo stato di equilibrio è una condizione fondamentale. Ogni volta che intervengono variazioni, la biosfera tende a riportarsi nel suo stato naturale.

Se il fattore di disturbo esterno persiste (per esempio a causa di fenomeni di inquinamento), si ha la rottura della condizione di equilibrio.

Qualsiasi modifica, anche se piccola, all’ambiente può alterare l’ecosistema naturale e costituisce… un fattore inquinante.

Purtroppo si sa l’inquinamento oggi è forse una delle peggiori disgrazie che colpiscono il nostro amato pianeta. Sappiamo tutti che c’è e ne conosciamo vagamente i rischi. Quello che veramente però non sappiamo è cos’è, dove colpisce prevalentemente, perché e cosa si sta facendo per rimediare.

Si ritiene che saranno le grandi megalopoli a sviluppare in futuro le più grandi quantità di inquinamento e saranno quindi loro a dover trovare la strada per delle pratiche sostenibili.

Ma cos’è l’inquinamento?

Come tutti sappiamo, la vita sulla Terra è regolata da leggi naturali precise. La prima, fondamentale, è quella per cui niente si crea o si distrugge, ma tutto si trasforma. Per questo ogni essere vivente nasce, cresce, si riproduce e muore. Ma il ciclo della sua vita non si estingue con la sua morte. I suoi resti vengono sempre riassorbiti direttamente o indirettamente dalla Terra, arricchendola di sostanze così che possano contribuire alla formazione e al mantenimento di nuovi organismi. Possiamo considerare questo circolo infinito come un primo cerchio della vita.

Un secondo movimento circolare lo ritroviamo, in un ottica più ampia, nella biosfera, quel complesso meccanismo-sistema che comprende tutti gli esseri viventi.

Abbiamo una fonte di energia il Sole che con i suoi raggi irradia una biomassa, che a sua volta genera forme di vita contigue, che attraverso le diverse fasi naturali di nascita, crescita, riproduzione e morte, si inanellano tutte tra loro, a formare le diverse catene alimentari.

Grazie quindi all’energia solare, sulla Terra c’è la vita. Le radiazioni provenienti dal Sole hanno reso, infatti, possibile il processo di fotosintesi del mondo vegetale, grazie al quale si libera l’ossigeno che respiriamo e che è presente nella nostra atmosfera e senza il quale le catene alimentari andrebbero drammaticamente in crisi.

Si tratta quindi di un sistema di vita aperto per quanto riguarda l’energia solare, ma chiuso per quanto riguarda le sue sostanze. Queste devono perciò essere sempre presenti nell’ecosistema generale e per questo costantemente riciclate, attraverso la decomposizione dei suoi prodotti, per tornare a essere disponibili. Si potrebbe quindi abbozzare l’ipotesi che l’inquinamento non sia altro che una forma di riciclo non naturale e quindi non compatibile con il nostro ecosistema. Questo riciclo “fuori dagli schemi” finisce con l’essere dannoso e, interferendo con quello naturale già presente, causare gravi squilibri, difficili da ripristinare.

All’inizio, l’intervento dell’uomo sulla Biosfera era pari a quello di ogni altro essere vivente. Fino al momento in cui non ha più tenuto conto delle necessità degli altri esseri viventi e così facendo ha fatto saltare i delicati equilibri dell’intero sistema, di cui lui stesso è parte.

L’inquinamento ambientale ha accompagnato le civiltà umane fin dal principio. Secondo un articolo del 1983 pubblicato sulla rivista Science:“la fuliggine trovata sul soffitto delle caverne preistoriche fornisce ampie prove dei livelli elevati di inquinamento associati alla ventilazione inadeguata di fiamme libere”. Inoltre la forgiatura dei metalli sembra essere stata un punto di svolta nella creazione di livelli significativi di inquinamento atmosferico.

In epoca più recente è nata la necessità sempre più impellente di ottenere nuove terre necessarie a creare ampi spazi per le colture e per gli allevamenti. Questo ha portato ad un’opera di disboscamento forzato che ha causato i primi sbalzi climatici, che nel corso dei secoli, sono cresciuti di pari passo all’aumento della popolazione umana.

Durante la rivoluzione industriale si è poi passati a un uso massiccio delle fonti di energia: prima tra tutte la combustione, anch’essa fattore inquinante. E, sempre in quest’epoca, si è sviluppato un altro fenomeno invasivo, l’urbanizzazione che con la nascita delle prime vere e proprie grandi città, in grado di ospitare un numero sempre maggiore di persone, ha dato il via all’inquinamento demografico. Tanto per fare un esempio: nel 1960 si calcolava un incremento della popolazione pari a 0,3% (su un totale di 150 milioni di individui). Ma già nel 1970 la popolazione raggiungeva 3.600 milioni di individui, con un tasso di incremento del 2,1%. E’ vero che negli anni successivi il tasso d’incremento della popolazione subì un calo, ciononostante, nel 2012, la popolazione stimata, sul nostro pianeta, è pari a 7 miliardi di persone.

Un altro fattore su cui riflette è il rapporto nascite-morti. Nel XVII° secolo la natalità eccedeva di poco la mortalità. Oggi, invece, la vita media si è allungata di molto e questo, per quanto egoisticamente auspicabile, rompe non pochi equilibri.

Secondo alcuni esperti “l’esplosione demografica mondiale costituisce la causa principale dell’inquinamento e della crisi dell’ambiente nonché delle crisi sociali (contrapposizione e incremento del divario fra paesi ricchi e poveri, aumento dell’immigrazione, ecc.). E’ stato calcolato che se tutti gli attuali abitanti della terra potessero adottare il sistema economico e il modo di vita degli europei (o dei nordamericani), il tasso di inquinamento totale sarebbe 10 volte superiore e con un “effetto serra” tale da mettere in pericolo la vita sul pianeta.”

inquinamento-pm10-roma-record-decessiIl nostro veleno quotidiano

L’inquinamento è quindi un fenomeno strettamente legato alle aree urbane ed industriali. Si tratta di zone dove si registra un’alta concentrazione di emissioni; le principali sono provocate dagli impianti di riscaldamento, dalle attività industriali e dal traffico.

E’ importante tuttavia specificare che la quantità di emissioni varia a seconda del periodo dell’anno in cui vengono emesse. Nella stagione invernale l’ inquinamento dipende dalle attività produttive, dal traffico, e dagli impianti di riscaldamento, che si amplificano se le i fattori meteo-climatici non lo disperdono ma, invece, contribuiscono al suo eventuale ristagno. Gli agenti inquinanti tipici delle città, tendenzialmente concentrati al livello del suolo, si disperdono infatti facilmente grazie al vento. In estate si inserisce poi un altro fattore, l’aria calda, che tendendo a risalire, trasporta con sé i particolati inquinanti, di cui l’ inverno ne favorirà il ristagno, negli strati più bassi dell’atmosfera. Gli scienziati spiegano che questo avviene per via del fenomeno dell’inversione termica: “il normale gradiente delle temperature, cioè aria più calda vicino al suolo che progressivamente si raffredda salendo di quota, si inverte, producendo uno strato di aria fredda e densa vicino al suolo e uno strato di aria più calda e leggera in quota, in cui si ripristina il normale gradiente delle temperature. I due strati di aria non si rimescolano e gli inquinanti vengono trattenuti a lungo vicino al suolo, intrappolati nella cappa di aria fredda e pesante.

Altri fattori meteo-climatici che possono influenzare la concentrazione degli agenti inquinanti nell’atmosfera sono: la pioggia (che ripulisce l’atmosfera e che rende impossibile l’inversione termica), la nebbia (che assorbe alcuni inquinanti, ma con l’umidità causa delle reazioni chimiche che provocano la nascita di altre sostanze nocive) e in estate il forte irraggiamento solare, che causa la formazione delle sostanze organiche volatili (le sostanze emesse dagli autoveicoli e dalle industrie) e gli ossidi di azoto, colpiti dall’intensa radiazione luminosa, reagiscono tra loro per formare ozono e una gran varietà di altri composti, spesso dannosi.

I principali agenti inquinanti

Anidride carbonica (CO2) – Dovuta ai processi di combustione per produrre energia e per il riscaldamento domestico. Fa aumentare la temperatura della superficie terrestre.

Ossido di carbonio (CO) – E’ prodotto dalle industrie, dalle raffinerie del petrolio e dalle macchine. Inalato può essere mortale.

Anidride solforosa (SO2) – Dal fumo delle centrali elettriche, dalle fabbriche, automobili. Provoca lesioni a carico dell’apparato respiratorio.

Ossidi di azoto (NOx) – Prodotti da aerei, dai forni, dagli inceneritori, dai fertilizzanti. Formano lo smog fotochimico; provocano bronchiti a neonati e anziani.

Particolato – Particelle solide (PM 2.5 e PM 10) prodotte dalle industrie, costruzioni, trasporti (motori Diesel) che si depositano negli agglomerati urbani. Causano gravi disturbi all’apparato respiratorio.

COV – Sono i “composti organici volatili”, tossici e cancerogeni.

Fosfati – Dalle acque di scarico, provengono dai fertilizzanti chimici usati in quantità eccessive. Inquinano laghi e fiumi (eutrofizzazione).

Mercurio – Prodotto dall’utilizzazione di combustibili fossili, dalle centrali d’energia elettrica, dai colorifici, dalle raffinerie, dalla preparazione di carta. E’ molto velenoso e può contaminare gli alimenti provenienti dal mare.

Piombo – Prodotto dalle industrie chimiche. Attacca gli enzimi ed altera il metabolismo cellulare.

Petrolio – Dall’estrazione di fronte alle coste, dalla sua raffinazione, da incidenti delle navi petroliere. Causa gravissimi danni all’ambiente. Distrugge plancton, uccelli marini, vegetazione.

D.D.T. e insetticidi – Contribuiscono a far sparire molti insetti, crostacei, possono passare tramite le acque di scolo al mare, contaminandolo, causando così moria di pesci.

Radiazioni – Dalla produzione d’energia atomica, da scoppio di bombe, dalle navi a propulsione nucleare. Possono provocare tumori e modificazioni genetiche (mutazioni).

MASCHERINE PER LO SMOGInquinamento atmosferico

L’aria è un elemento fondamentale per tutti gli esseri viventi. Ogni giorno infatti, i nostri polmoni filtrano 15 Kg d’aria atmosferica (2,5 Kg d’acqua e 1,5 di alimenti).

Definizione del Consiglio d’Europa per aria inquinata: “L’aria è inquinata, quando la presenza di una sostanza estranea, o una variazione nella proporzione dei suoi componenti, sono tali per cui possono derivarne effetti e disturbi riconosciuti pregiudizievoli alla luce delle attuali conoscenze atmosferiche scientifiche”.

Le potenziali fonti di origine delle sostanze che provocano l’inquinamento atmosferico possono essere riassunte in tre semplici punti:

– processi industriali
– combustioni domestiche ed industriali
– veicoli a motore.

Da qui le maggiori sostanze inquinanti dell’atmosfera:
Anidride solforosa, biossido di carbonio, monossido di carbonio, ossidi di azoto, idrocarburi gassosi liberati dopo una combustione, particolato, etc.

Anidride solforosa. Molto comune nell’aria, deriva dalla combustione di carboni ed oli minerali che sono utilizzati nella produzione di energia, nell’industria e nel riscaldamento domestico; questa può reagire e trasformarsi in anidride solforica qualcosa si vengano a creare determinate condizioni, coadiuvando a provocare lo smog grazie anche a successive reazioni.

Anidride carbonica. Proviene dalla combustione di composti organici, inoltre è in costante aumento nell’atmosfera a causa delle combustioni (traffico veicolare, impianti di riscaldamento, industrie…) e può portare a squilibri notevoli in tutta la biosfera (surriscaldamento dell’atmosfera terrestre).

Monossido di carbonio, idrocarburi e gli ossidi di azoto. Hanno come principale fonte i gas di scarico.

Ozono. Composto triatomico dell’ossigeno che a livello della superficie provoca disturbi come nausea, cefalee, difficoltà respiratorie specialmente negli anziani; mentre nell’alta atmosfera funge da barriera protettiva per i raggi ultravioletti.

Particolato. Si tratta delle polveri sottili in sospensione che comprendono i metalli pesanti, gli idrocarburi e i composti carboniosi.

Malattie da inquinamento

Le più frequenti sono le lesioni broncopolmonari: bronchite, asma, enfisema (il 35% delle assenze dal lavoro è dovuto proprio alle malattie respiratorie). I maggiori responsabili sono: anidride solforosa, ossidi d’azoto, ozono cattivo, piombo, monossido di carbonio, quote non trascurabili di benzene oltre alle polveri fini e finissime. A causa di queste particelle le vie respiratorie subiscono attacchi strutturali e funzionali a partire dalla semplice irritazione con tosse, alla maggiore suscettibilità all’influenza, con episodi di bronchite acuta fino ad attacchi d’asma.

Secondo gli esperti uno dei principali responsabili è il pulviscolo, chiamato un tempo “particelle fastidiose”. Infatti nelle grandi città come Roma, Milano, Torino, Siviglia e Tel Aviv, la media annua del “particolato” supera i 50 microgrammi/m3. Queste particelle derivano principalmente dall’asfalto, dai copertoni, dalle marmitte catalitiche, dalle benzine verdi, dal deserto e da tutti i processi della combustione in generale.

Anche il cuore e vasi sanguigni non si salvano. Infatti lo stress a cui viene sottoposta la pompa cardiaca in carenza d’ossigeno costringe il muscolo cardiaco ad un continuo superlavoro. Una manifestazione che può comparire dopo anni d’esposizione, nei casi più gravi, è proprio la leucemia. La Commissione tossicologica nazionale ha stimato di recente, che ogni mille leucemie da 3 a 50 possono essere attribuite al benzene. Mentre scendono i livelli dell’anidride solforosa e del benzene cancerogeno (che invece sono in crescita nei paesi dell’Est) ciò che preoccupa è il trend delle polveri respirabili e inalabili e dell’ozono nocivo.

Il rimedio più immediato e semplice sarebbe uno stile di vita più attivo come l’andare a piedi o usare la bici. Quando si deve per forza usare l’auto la cosa migliore sarebbe quella di condividerla con altre persone così da inquinare meno e magari utilizzare auto a basso impatto ambientale come quelle elettriche.

Un altro fattore da tenere sotto controllo e che spesso viene ignorato è la temperatura media domestica. I medici consigliano di non superare mai i 18°, infatti quando si raggiungono i 20-25 gradi si ha un consumo eccessivo e l’aria diventa secca. Il risultato più immediato sono infezioni alle vie respiratorie o l’influenza quando si esce di casa. Altro aspetto importante, e tutt’oggi sottovalutato è lo sport nel traffico, sarebbe utile usare almeno una mascherina! Vi è poi l’inquinamento domestico, di cui si parla poco, ma anch’esso decisamente nocivo: le stanze di casa vanno arieggiate tutti i giorni, più volte al giorno, almeno per cinque minuti; inoltre sarebbe consigliabile posizionare dei contenitori con un po’ d’acqua per umidificare l’ambiente.

Altro consiglio è quello di seguire una dieta equilibrata, ricca di verdura, frutta e soprattutto antiossidanti.

Consiglio semplice, ma di fondamentale importanza, attenzione ai bambini! Bassi e sempre esposti alle emissioni dei gas di scarico delle macchine sono i soggetti maggiormente a rischio anche a causa della loro maggiore frequenza respiratoria e del metabolismo rapido. Sembra incredibile, ma in soli vent’anni, a partire dagli anni 70, la presenza dei sintomi asmatici nei bambini a livello nazionale è aumentata del 200%. I suggerimenti per i genitori possono essere di insegnare ai bambini a respirare dal naso (in quanto è un organo che funge da filtro naturale per il nostro corpo); se l’aria è troppo pesante è inutile stare a lungo ai giardinetti, inoltre il fumo di sigaretta va tenuto assolutamente lontano.

Anche gli animali domestici o selvatici non sfuggono agli effetti dell’inquinamento atmosferico. L’azione nociva di certi agenti inquinanti si è manifestata nei bovini, nei cavalli, nelle pecore ed anche nelle api e nei bachi da seta. Gli effetti dell’inquinamento sui vegetali sono abbastanza conosciuti. Alcune piante sono state utilizzate come indicatori permanenti del grado di inquinamento per gli effetti di questo sulle loro funzioni vitali. I licheni sopravvivono solo in nuclei urbani non inquinati. L’anidride solforosa attacca il pino ed altre conifere causando anche la distruzione nei boschi. L’inquinamento ha un grave effetto distruttivo anche sul patrimonio artistico di un paese, intaccando costruzioni storiche, annerendo pareti (Duomo di Milano ecc.). A Parigi la pulizia ed il mantenimento degli edifici costano annualmente circa 300 € per abitante.

Inquinamento, ma quanto ci costi?

Oltre ai danni causati alla salute e alle spese annesse per le cure, bisogna ricordare che la produttività per persona è ridotta del 15%. Ma non finisce qui, altri costi extra e danni causati dall’inquinamento sono per:

– l’agricoltura e l’allevamento di bestiame;

– le perdite dovute alla corrosione;

– le spese per il restauro del patrimonio artistico danneggiato (corrosione delle statue, edifici storici, chiese ecc.);

– spese per la manutenzione delle case, auto, ecc;

– aumento del costo dell’energia elettrica, consumata per eliminare la polvere e per trattamenti antinquinanti, per anticipare l’accensione delle lampade a causa della bassa visibilità, ecc.

A livello ecologico le principali vittime sono gli esseri viventi. Molte specie sono a rischio estinzione: 280 specie di mammiferi, 350 specie di uccelli e circa 20.000 specie di vegetali. Molti ecosistemi sono quindi minacciati e corrono il rischio, in tempi brevi, di essere totalmente distrutti in maniera irreversibile… tra quelli ci siamo anche noi

di Mariacristina Carboni

(Per un calcolo del numero di persone presenti sulla Terra, aspettativa di vita, dati sulle nascite, morti etc. consiglio di utilizzare questo simpatico programma messo a disposizione dalla BBC: http://www.bbc.co.uk/news/world-15391515)

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