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Cambiamos Europa

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Cambiamos Europa

Pubblicato il 19 dicembre 2012 by redazione

euAlle prese con una crisi che minaccia addirittura l’esistenza dell’euro, l’Unione Europea si appresta a prendere decisioni che avranno pesanti conseguenze per il suo futuro e per quello della sua economia. Le proposte attualmente avanzate nel « pacchetto di governo economico » rappresentano, secondo noi, una minaccia senza precedenti per i valori ed i principi fondamentali del nostro comune destino : solidarietà, giustizia sociale, eguaglianza di opportunità e sviluppo sostenibile. In nome della necessaria responsabilità di bilancio, queste scelte ideologiche mettono in pericolo la coesione sociale fra europei e la nostra comune capacità di assicurare la transizione ecologica delle nostre economie. In particolare, si rischia di sacrificare un’intera generazione di giovani in un gran numero di paesi, giovani già colpiti fortemente dalla disoccupazione, che si sentono sempre più esclusi e respinti invece di poter partecipare pienamente alla costruzione del loro futuro.

E’ ovvio per noi che assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche è un obiettivo politico essenziale : esse sono uno strumento chiave al servizio di beni comuni quali la coesione sociale o la protezione dell’ambiente. Ed è vero che la crisi che stiamo vivendo ha significativamente deteriorato le finanze pubbliche in Europa. Ma, pur avendo il settore pubblico la sua parte di responsabilità, le cause della crisi sono prima di tutto da ricercarsi nel settore privato: aumento delle disparità salariali, eccessivo indebitamento, e « bolle » speculative generate da una finanza irresponsabile.

Le misure annunciate non rispondono a queste difficoltà. Al contrario, sono ingiuste, inefficaci ed inappropriate. Privandoci di un futuro comune, ci riportebbero ad un passato che pensavamo sepolto per sempre – quello di esacerbati egoismi nazionali, di enormi ingiustizie sociali, e di estremismi di ogni sorta. Qui si rischia di trasformare la crisi economica attuale in crisi politica.

Gli Europei debbono svegliarsi finchè sono ancora in tempo, rinnovando la loro adesione ai valori dei Padri fondatori nella prospettiva di un futuro comune e condiviso. Le nostre società non sopravviveranno ad anni di declino economico e sociale, generati da una cieca austerita. Secondo tale logica, saranno principalmente i lavoratori a dover sopportare il peso della crisi attraverso riduzioni salariali. Tiriamo invece, e collettivamente, le vere lezioni dalla crisi che ci ha colpito. Gli speculatori di ogni specie si sono nutriti dell’assenza di regole e di appropriati meccanismi di sorveglianza. Imporre ai governi europei una cura brutale di austerità e colpire i salari non farà che peggiorare tali fragilità anziche porvi rimedio. In più, il rafforzamento del sistema di sanzioni su tali basi non farà che alimentare l’ostilità fra paesi. La zona euro deve difendere la sua moneta comune e sostenere imperativamente i suoi membri in difficoltà, perchè ciò è vitale per l’Europa nel suo insieme.

Occorre che le maggioranze conservatrici al Consiglio dei Ministri e nel Parlamento europeo che vogliono imporre tali inaccettabili misure prendano una volta per tutte coscienza dell’errore che stanno per commettere. In questi momenti difficili, bisogna al contrario far prova di audacia e di immaginazione, formulando una nuova, diversa risposta politica. E’ possibile risanare la finanze pubbliche senza annientare lo sviluppo economico e gli investimenti in materia di istruzione, ricerca, energie rinnovabili, e senza alimentare l’ingiustizia sociale e l’esclusione. E’ possibile ritrovare margini di bilancio essendo coraggiosi ed innovatori. Per farlo, occorre innanzi tutto che tutti gli Stati membri contribuiscano a questo sforzo insieme – sia quelli in surplus che quelli in deficit commerciale. In tutti i Paesi, bisogna poi proteggere gli investimenti pubblici produttivi dall’austerità finanziaria, e raccogliere sotto forma di Euro obbligazioni una parte del debito pubblico degli Stati membri per ridurne il costo globale, e creare le basi di una politica fiscale europea comune, garante di entrate giuste, efficaci e sostenibili. Occorre diminuire il carico fiscale sui redditi da lavoro ed aumentare quello sui redditi da capitale, combattere l’evasione fiscale, creare una vera fiscalità ecologica e introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie. I governi europei debbono vegliare affinchè i salari più elevati e i redditi da capitale contribuiscano equamente allo sforzo generale di risanamento, per evitare che siano i salari e redditi medio bassi a pagare per tutti.

Noi non auspichiamo soluzioni semplicistiche o irresponsabili, vogliamo un progetto di modernizzazione economica grazie a politiche responsabili, equilibrate, intelligenti e pienamente rispettose dei valori sui quali poggia il progetto europeo. Chiamiamo a raccolta tutti quelli che condividono le nostre convinzioni, affinchè firmino questo appello, per dare all’Europa un’altra politica di uscita dalla crisi, che rafforzi l’Europa stessa, invece di continuare ad indebolirla.

6 giugno 2011

La lista dei primi firmatari include :

Martin Schulz (President of the European Parliament)

Rebecca Harms (Co-President of the Greens/EFA Group in the European Parliament)

Daniel Cohn-Bendit (Co-President of the Greens/EFA Group in the European Parliament)

Poul Nyrup Rasmussen (President of the Party of European Socialists, former Prime Minister of Denmark)

Philippe Lamberts (Co-chair of the European Green Party)

Monica Frassoni (Co-chair of the European Green Party)

Jacques Delors (former President of the European Commission )

Bernadette Ségol (General Secretary of the European Trade Union Confederation)

Sigmar Gabriel (Leader of the SPD, Germany)

Martine Aubry (Leader of French Socialist Party)

Claudia Roth (Bundesvorsitzende Bündnis 90/Die Grünen, Germany)

Pierluigi Bersani (General Secretary of Partito Democratico, Italy)

Elio Di Rupo (President of Belgian Socialist Party)

Cécile Duflot (National Secretary, Europe écologie/les verts, France)

Caroline Gennez (President of sp.a, Belgium)

Sarah Turine (Co-Chair, Belgian Green Party Ecolo)

Wouter Van Besien (Chair, Belgian Green Party (Groen)

Massimo D’Alema (President of the FEPS and Former Italian Prime Minister)

Jürgen Trittin (Group leader of the Greens in the German Bundestag)

Mário Soares (former President and former Prime Minister of Portugal)

Stephen Hughes (Vice-chair of the Progressive Alliance of Socialists and Democrats in the European Parliament)

Rovana Plumb (Vice-chair of the Progressive Alliance of Socialists and Democrats in the European Parliament)

Udo Bullmann (Coordinator of Socialists and Democrats, Economic committee, European Parliament)

Sven Giegold (Coordinator of Greens, Economic committee, European Parliament)

Jürgen Klute (Coordinator of GUE, Economic committee, European Parliament)

Elisa Ferreira (Member of the European Parliament, S&D Group, Portugal)

Liem Hoang Ngoc (Member of the European Parliament, S&D Group, France)

Edward Scicluna (Member of the European Parliament, S&D Group, Malta)

Claus Matecki (Member of the Executive Board, DGB Germany)

Prof. Klaus Staeck (Graphist and lawyer, Germany)

Dr. Gustav Horn (Scientific Director, Macroeconomic Policy Institute, Hans-Böckler Foundation, Germany)

Albrecht Müller (Editor nachdenkseiten.de)

Nichi Vendola (President of Apulia Region and President of “Sinistra Ecologia e Libertà”)

Josep Borrell Fontelles (President of the European University Institute, Italy)

 

For a European Socialist Alternative

THE MANIFESTO

FOR A EUROPEAN SOCIALIST ALTERNATIVE

Europeans can now see for themselves the consequences of the right being in power in nearly all member states and calling the shots in Brussels. The right’s handling of the sovereign debt crisis over the last two years has been a sorry saga of political mismanagement and economic illiteracy. Europe’s citizens will now pay the price for the conservatives imposing failed economic nostrums from the 1920s with unemployment levels from the 1930s. The blueprint they are putting forward is for a European Austerity Union which will lower living standards for nearly everybody, will sharpen inequalities, chip away at the foundations of the welfare state- which is Europe’s distinctive contribution to the development of mankind- and slowly cede political arbitration to unelected authorities, all in a possibly vain attempt to appease the market.

We, the undersigned are long-time members of Socialist, social democratic and Labour parties who believe that Europe’s citizens deserve better than the dismal prospects which the ruling conservatives hold out and the dire results they have achieved. But that the renewal of the democratic left in Europe can only be achieved through a wide and vigorous democratic debate implicating not only office-holders in our parties but all our members and the wider public. To that end we put forward below some progressive ideas for socialist reform which could form the basis for a new appeal to Europe’s citizens.

History has accelerated in the last few years. Europe’s socialists are being left behind. Many incapable of articulating public anger with ‘high’ finance, unwilling to work with fellow socialists in government in other EU member states, often supine in international forums on trade and climate change, with some notable exceptions democratic socialist, social democratic and Labour parties in many countries have seen their support plummet to an all-time low.

To make matters worse, the discontent generated by the policies of today’s EU and its governments has been exploited politically, not by the Left, but by xenophobic populists, nationalists and the far right.

This crisis should be liberating the Left to castigate with vigour the failure of the right to manage the crisis and to give Europe any sense of direction. But this will only be credible if the Left is able to provide a coherent set of alternative proposals to respond the crisis.

To be credible the Left needs a clear narrative for the current crisis, a set of simple and shared principles for future action and a programme which goes to the heart of the crisis.

The analysis is straightforward. Europe’s economies like all others have been knocked off course by the near-criminal irresponsibility of the global financial sector. But Europe was already facing long-term decline. Part of this is a long overdue rebalancing of the shares of global wealth between the West and the emerging economies of East and South. But in the process, we have allowed globalisation to increase the imbalances in the shares of wealth within all countries. Never once questioning the rules of the game, we have permitted it to penalise all countries with developed welfare systems, driving down living standards, increasing inequalities, boosting the share of national income going to corporate profits at the expense of wages in advanced social market economies. Poverty is growing again. This was already happening in Europe, and is now accelerating. Europe’s voice in international forums like the G20, world trade negotiating rounds and climate change conferences is often faltering to the point of being inaudible because of internal divisions, and a lack of an alternative, clear strategy.

The principles of socialist action in Europe should also be clear. Collective action in Europe is quite simply indispensable. Anybody who believes that we can protect living standards and maintain welfare services by retreating to the model of eighteenth century nation states, by repatriating powers from Brussels to national capitals, by undermining community institutions is, unwittingly or not, promoting the subservience of our countries to superpowers, past and future, and to the dictatorship of the market. Europe’s response to the crisis has been vacillating and insufficient, but national solutions even if vigorously pursued would be irrelevant in the globalised world we live in now.

A socialist response to the crisis must therefore be European, not simply a ‘more Europe’ mantra but specifically to give Europe the means to protect the interests and well-being of European citizens. It has to be assertive to ensure that Europe’s independent voice is united, loud and clear in the G20, in the Doha round, in Climate Change negotiations and in the United Nations. The European Union now has its own voice in the UN System: it needs to show the courage and the will to use it to further our objective interests and values, making common cause with all governments and regional organisations across the world who share them.

Its economic approach should be coherent and based on three elements; shared responsibility, growth and equality.

There is nothing socialist about wasteful public spending and the accumulation of debt. Because we believe in public expenditure we have a duty to ensure that its use is efficient. Extravagant projects, the inflated style of life of some public institutions, the duplication inherent to the multiplicity of national and European programmes which have taken on a life of their own without any regard to efficacy should be pruned or eliminated.  But rigorous budgeting has to be achieved by balancing public spending restraint with fair taxation, based on the ‘ability to pay’ principle, with the corporate sector paying its share of the burden, and an all-out assault on tax avoidance and evasion so widespread throughout the Union, abandoning tax breaks for the top earners, eliminating the ‘bonus bonanza’ in the financial sector through specific punitive taxes, and tackling vigorously the tax havens.

Rigour without growth will condemn Europeans to a lost decade of decline and depression. Growth requires national and European action with the EU’s budget and financial instruments being exploited when they have catalytic value.

The Left in power at EU level made progress in tackling discrimination of many kinds. Defending and extending equalities- and stamping out discrimination of any kind in any part of the Union- must be at the heart of a European socialist programme. But economic equality is a concept which has almost disappeared from the socialist lexicon in the last decades even though it is central to any notion of social justice. It is now essential to Europe’s recovery. If citizens believe that the burdens of the crisis are falling on them unfairly; if they are facing real cuts in pay and witnessing a return to levels of poverty not seen since the 1980s as social protection and funding for state programmes is cut while the scandals of the bonus culture and the mushrooming of corporate pay and the vulgar displays of ostentatious expenditure by the super-rich continue unabated, any collective effort to redress our economic decline will be undermined, economic efficiency will be jeopardised and faith in democracy sapped.

On the basis of this common approach, and the reassertion of our traditional socialist convictions, the Left should now develop a common platform for the future. This should have the following ten components;

-1) An economic policy for the Union which places the economic and social objectives laid down in the Treaty (growth, full employment, social inclusion) at the heart of policy-making with just as much vigour and organisational firepower as that accorded to the objective of budgetary discipline; complemented by an updating of the Union’s social objectives, an urgency in the drive to eradicate poverty and strengthening social dialogue; to this aim, a set of fundamental social rights and goals should be firmly anchored in the Treaty, with the same firm monitoring and enforcement tools for these social rights as exist for economic freedoms.

-2)Sustainability for the single currency; the ECB mandate to be developed in recognising its right to buy government bonds when the currency is under attack, with effective shared responsibility for economic governance; if the European Central Bank is not allowed to take action to save the currency it is supposed to manage, what is it for?

-3) Budget reform; increases in the EU Budget primarily to promote cutting edge technologies, to  finance social, infrastructure and sustainable development investment; the Budget to work in harness with the EIB;

-4) Revenue reform; EU own resources to be supplemented by energy taxes; Member states to be given more leeway to reduce VAT to stimulate domestic consumption and shift away from regressive taxes;

-5) A financial transactions tax to stimulate employment incentives in manufacturing and in services for SMEs; to boost  research and development; and to finance global public goals, such as combating climate change and promoting development.

-6) European investment through Project Bonds issued by the Union, and backed by the ECB concentrating on realising the huge potential of the new green economy; new infrastructure plans to be ‘fast-tracked’ with more flexible planning rules to create jobs rapidly, and reduce excessive dependence on fossil fuels and nuclear energy, together with an Energy Community with guaranteed mutual support in case of threats to energy supplies from third countries;

-7) A fairer basis for international trade; EU negotiators to be given a new mandate to fight social and environmental dumping; levies on imports from third countries not meeting EU environmental standards;

-8) Stronger support for our neighbours, to address the unacceptable and unsustainable inequality between the EU and its southern and eastern neighbours, through real concessions in trade and mobility, and by rewarding those who have fought so courageously for their democratic freedom in the Arab World. Europe must never again be seen to be quiescent in propping up authoritarian, nepotistic, geriatric dictatorships in the name of some misguided realpolitik;

-9) A more robust and united presence on the international stage, using our collective political and economic power to promote our values and interests beyond our borders, not least by playing our part in bringing to an end the conflict in the Middle East;

-10) Strengthening European democracy; whatever new rules for economic governance be introduced, parliamentary accountability must be paramount; member states to respect fully the Treaty on nominating the Commission President according to the EP election result; parliamentary votes on individual Commissioners and on possible recall to be binding; Socialist parties to involve members and supporters in all aspects of EU policy decisions, the manifesto, and candidates for top EU offices; Europe-wide action to strengthen press freedom by busting media monopolies and limiting non-European press ownership

The long-term viability of the European integration is now at stake. This is much more than just propping up the currency. Only a new approach from democratic socialists, reasserting forcefully our values and having the courage to propose European solutions can infuse the European project with the energy to sustain what should be its hallmarks- solidarity, economic efficiency and democratic vitality.

First signatories:

Panagiotis Beglitis, Member of the Greek Parliament (PASOK, Greece);

Josep Borrell Fontelles, President of the European University Institute, Former President of the European Parliament (PSC/PSOE, Spain);

Victor Bostinaru, Member of the European Parliament (PSD, Romania);

Udo Bullmann, Member of the European Parliament (SPD, Germany);

Sergio Cofferati, Member of the European Parliament (PD, Italy);

Véronique de Keyser, Member of the European Parliament (PS, Belgium);

Proinsias de Rossa, former Social Affairs Minister (Labour, Ireland);

Harlem Désir, Member of the European Parliament, national secretary of the PS (PS, France);

Leonardo Domenici, Member of the European Parliament (PD, Italy);

Glyn Ford, former Member of the European Parliament (Labour, United Kingdom);

Evelyne Gebhardt, Member of the European Parliament (SPD, Germany);

Ana Gomes, Member of the European Parliament (PS, Portugal);

Enrique Guerrero Salom, Member of the European Parliament (PSOE, Spain);

Elisabeth Guigou, Member of the French Parliament (PS, France);

Zita Gurmai, Member of the European Parliament, President of PES Women (MSZP, Hungary);

Jo Leinen, Member of the European Parliament (SPD, Germany);

David Martin, Member of the European Parliament (Labour, United Kingdom);

Marianne Mikko, Member of the Estonian Parliament (SDE, Estonia);

John Monks, Member of the House of Lords, former Secretary General of ETUC (Labour, United Kingdom);

Leire Pajin Iraola, Member of the Spanish Congress (PSOE, Spain);

Gianni Pittella, Vice-President of the European Parliament (PD, Italy);

Sir Julian Priestley, former Secretary General of the European Parliament (Labour, United Kingdom);  

Libor Roucek, Member of the European Parliament (CSSD, Czech Republic);

Hannes Swoboda, Member of the European Parliament, President of the S&D Group of the European Parliament (SPÖ, Austria);

Kathleen Van Brempt, Member of the European Parliament (SPA, Belgium);

Kristian Vigenin, Member of the European Parliament (BSP, Bulgaria);

Henri Weber, Member of the European Parliament (PS, France).

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Biennale Italia Cina a Villa Reale a Monza: 120 artisti a confronto

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Biennale Italia Cina a Villa Reale a Monza: 120 artisti a confronto

Pubblicato il 13 dicembre 2012 by redazione

DSC_0436_lightProrogata fino al 6 Gennaio 2013 la Biennale Italia Cina in Mostra alla Villa Reale di Monza

Italia e Cina due nazioni agli antipodi, entrambe culle di civiltà millenarie e d’influenza mondiale. La prima cruciale nell’area euro, paese che, risolvendo la propria crisi, risolverebbe quella di un intero continente. La seconda sulla scia di una rapidissima trasformazione verso una società consumistica moderna, e opportunità di sviluppo economico senza precedenti per se stessa e per il resto del mondo.

”La natura è sempre stata fonte di ispirazione per gli artisti. L’artista deve mettere in evidenza, indipendentemente dal mezzo o dalla tecnica usata, le qualità intrinseche e il fondamentale ruolo che la natura svolge nel garantire l’esistenza dell’uomo. La sua può anche essere una denuncia nei confronti dello sfruttamento inconsiderato delle risorse naturali. Cultura e natura devono rappresentare il futuro per tutti.” Sandro Orlandi

Si tratta della prima più grande rassegna d’arte contemporanea realizzata tra i due paesi, Italia Cina: la prima volta nel mondo e nella storia in cui vengono portati così tanti artisti contemporanei cinesi ad esporre tutti assieme.

Durante tutta la manifestazione, che si terrà alla Villa Reale, di Monza, numerosi saranno gli eventi collaterali dedicati all’approfondimento della Cina moderna e che toccheranno tantissimi aspetti: l’economia, il mercato dell’arte, la finanza, la letteratura, la moda e la gastronomia.

L’ideatore e curatore della mostra è Sandro Orlandi, che si è occupato personalmente di ogni dettaglio, dalla selezione degli artisti, italiani e cinesi, alla direzione artistica, decidendo e predisponendo ogni singolo allestimento dell’intera Biennale, fino al costo economico dell’intera operazione, completamente a suo carico.

DSC_0637_lightSolo per la scelta degli artisti cinesi, Orlandi ha girato la Cina almeno sette volte, incontrando, insieme a Paolo Mozzo, comissario generale della Biennnale Italia Cina, oltre 200 artisti e visitando i loro atelier.

La chiave della mostra è la natura da cui ne prende il titolo: “Naturalmente”.

In Cina, in questo momento, il tema dell’inquinamento è molto caldo. La popolazione sta prendendo coscienza del fatto che, seppur in forte crescita, non può depauperare l’ambiente così come ha fatto negli ultimi decenni.

Un’opera molto bella che sintetizza mirabilmente questa profonda denuncia, non solo dell’inquinamento causato dai rifiuti, ma anche di quello culturale che ha inquinato la tradizione e la storia cinese, fino a intaccare i cuori stessi delle persone, riutilizza le confezioni dei prodotti commerciali trasformandoli in case e templi tradizionali.

DSC_0512_lightMa partiamo dall’esterno della Villa Reale di Monza con una scultura dedicata a Piazza Tienn Ammen. Questo soggetto è una struttura in ferro, posta su un’istabile gigantesca molla, proprio all’ingresso della capella della villa.

Wu Daxin con quest’opera ha voluto rappresentare la Cina moderna in tutte le sue contraddizioni. Quel che si vede è il profilo della piazza, realizzata con i tondini di ferro, elemento base degli edifici cinesi. Come in tutte le economie moderne, anche in Cina l’edilizia è l’elemento trainante di tutte le altre economie. La molla alla base della struttura è però il vero elemento chiave di lettura dell’opera. Questo geniale meccanismo permette a chiunque di imprimere alla struttura un movimento ondeggiante che evidenzia le contraddizioni e i delicati equilibri economico-politici che il governo cinese tiene in piedi tra l’antico comunismo e il più recente selvaggio capitalismo, come un ossimoro. Questo oscillare però indica anche la stabilità finale che questa struttura porta intrensicamente con sé e che si esprime alla fine del movimento, quando ritornerà al suo perfetto e iniziale equilibrio. La Cina infatti tornerà in tempi brevi ad essere la pìù grande potenza del mondo, come già per secoli lo era stata, e più precisamente fino al 1820, quando il suo pil era quello più alto del pianeta. Poi la rivoluzione industriale occidentale la lasciò al palo per un paio di secoli, ma il divario è ormai quasi recuperato completamente. Il loro mercato è oggi decisamente invidiabile e da solo ha la potenzialità di un quarto del mondo. Inoltre può contare su una gestione politico economica duratura e di lungo periodo che consente al paese lo sviluppo di grandi opere e una visione economica concreta e fattibile. La sua struttura sociale e politica è da sempre piramidale e l’accompagna da millenni. Una volta c’era l’imperatore al vertice e a scendere i mandarini, oggi c’è il consiglio dei sette (o dei nove) e a scendere i funzionari, ma in definitiva non è cambiato molto. Per il popolo cinese è normale convivere con un equilibrio instabile, mentre si stupisce di paesi come l’India, che pur con pari potenzialità resta invece rallentata dalla sua stessa struttura democratica. E davvero difficile l’esercizio democratico di un popolo quando questo è così vasto. Nasce così la necessità di delegare. Ed è da questa delega che origina l’oligarchia indiana, inizialmente vera, ma di breve durata, che nel suo essere continuamente modificata diviene alla fine fittizzia e incapace di realizzare progetti impegnativi e di lungo respiro, come quelli cinesi.

DSC_0559_lightUn’altra scultura all’aperto, posta all’ingresso della villa, è costituita da un prototipo, in scala 1: 50, di quella che sarà la scultura più grande del mondo: 27 metri di altezza e 150 metri di lunghezza e che verrà realizzata in acciaio specchiante in soli due anni. Servirà a collegare due quartieri cinesi di Pechino, attraverso complesse arterie stradali. L’artista ha dichiarato che questo prototipo è solo il primo dei tre che a breve dovrà presentare al governo cinese e che corrispondono ad altrettante strutture mastodontiche che verranno costruite in altre due città, una delle quali potrebbe essere Shangai.

Entrando in un’altra ala della villa, aperta proprio in occasione di questa mostra, si può ammirare l’opera di un artista italiano altoatesino. L’opera è costituita da due sculture di Adamo ed Eva, posti in posizione eretta, assorti nei loro pensieri e circondati da mele diaboliche accuminate, che giacciono ai loro piedi e ricordano le difficoltà della maturità.

DSC_0527_lightTra le sculture in mostra incontriamo un giovane a cavallo, dallo sguardo bucolico che ci ricorda la nostra infanzia, carica di sogni, aspettative e favole, quelle che tutti noi ci siamo ad un certo punto raccontati. Le stesse favole che hanno guidato i nostri progetti di vita di adulti, in cui abbiamo profondamente creduto e che spesso alla fine si sono infrante tra le difficoltà della vita.

Gli artisti cinesi normalmente sono molto discreti nei rapporti. Sono persone che spesso non dicono mai di no, per non essere spiacevoli. Le loro idee di protesta le esprimono quindi con pacatezza, in modo nascosto, in seconda, terza o quarta fila. Come nel quadro dei fiori verdi che, giocando sui chiari scuri, fa emerge un volto pop, i cui occhi sono strabici. Questo guardare in direzioni diverse è un modo pacato per dire che i giovani non guardano dove li vorrebbero far guardare, ma con un occhio guardano da una parte e con l’altro guardano dall’altra.

DSC_0427_lightTra le opere più importanti in mostra va sottolineata quella di Lan Zhenghui, un artista che lavora sull’opera con il gesto e che ci riporta ad alcuni artisti del passato come Vedova, Pollock o il gruppo Gutai, un’associazione di artisti fondata da Jiro Yoshihara in Giappone nel 1954. Zhenghui lavora solo in bianco e nero, con l’inchiostro di china e la carta di riso, la tecnica più antica della tradizione artistica cinese. Alcuni anni fà, in Cina, con questi materiali e la stessa tecnica, questo autore realizzò per BMW un’opera imponente, alta 4 metri e lunga 20, sempre in carta di riso. L’opera venne presentata con una istallazione movimentata da due ballerini, che ad ogni passo di danza facevano accedendere delle luci, che mano a mano illuminavano una parte dell’opera, fino a svelare, solo alla fine, il modello di punta della casa automobilistica.

Le opere esposte sono davvero molte. C’è anche una gigantesca impronta digitale realizzata con tante piccole impronte digitali.

Ci sono le pietre laviche, tre sculture vive che rappresentano il rimestio degli elementi della terra e della natura.

DSC_0613_lightDSC_0615_lightRen Hongwei ha portato invece due sculture, due barili di petrolio autentici. Il petrolio rappresenta l’energia propultrice dell’era moderna, il simbolo della forza con la quale l’uomo è stato in grado di controllare il pianeta, di colonizzarlo e di costruirvi un sistema circolatorio di strade e binari, su cui corrono treni, automobili e aerei. Il simbolo quindi dell’appropriazione del pianeta da parte dell’uomo. Hongwei ha fatto uscire dai barili due animali selvaggi, facendo immaginare che sia impossibile controllare, trattenere questa natura e che alla fine essa tornerà a riprendere il controllo di sé e di noi, che altro non siamo che piccole schegge di vita, in una storia cosmica che quasi non si accorge del nostro passaggio.

DSC_0428_lightTra i molti dipinti vi è anche una tela di Wu Wei, che ritrae le braccia di uomo che emergono dalla terra reggendo tra le mani un bambino. Quest’opera è molto importante perchè è tra quelle utilizzate nelle copertine dei libri del recente premio nobel per la letteratura: Mo Yan.

La tela che ritrae il Cristo in croce e il Budda cinese della Prosperità sono il perfetto confronto fra la spiritualità occidentale e quella cinese. Nel Cristo la redenzione è raggiunta attraverso il dolore e l’espiazione, mentre Budda ci indica un concetto di Dio sorridente, che rappresenta il tutto, di cui l’uomo stesso fa parte. Talmente incommensurabile che non vale la pena darsene pena. E ci invita a ricercare il senso della vita dentro di sé piuttosto che fuori da sé, per costruire il proprio equilibrio e la propria serenità interiori e raggiungere una dimensione più umana.

Sempre in chiave introspettiva ed esistenziale, la scultura di Maraniello, tra i più importanti artisti italiani che espongono in questa biennale, rappresenta l’allegoria dell’eterna lotta dell’individuo con sé stesso, che in quest’opera si concretizza con l’uomo che esce da sé per misurarsi con il sé, rappresentato dalla pianta carnivora, che si sviluppa dalla coda, e che al tempo stesso rappresenta appunto la Natura.

Vi è poi l’opera di un grande esperto di calligrafia kanji, riconosciuto dal popolo cinese come uno tra più grandi saggi viventi, che ricorda come questa antica arte cinese fosse in realtà l’arte della spada, e i segni lasciati dal pennello  dei veri e propri gesti di un’arte marziale. Questo grande calligrafo, nel realizzare le sue gigantesce opere, si muove danzando sulla tela con un grande pennello, con il quale traccia i segni del suo cammino interiore, indicando a chi cerca, la via per la consapevolezza.

DSC_0535_lightDSC_0540_lightInfine Xu Bing, vicedirettore della Central Accademy of Fine Arts di Pechino, l’accademia artistica più importante della Cina, considerato il fondatore dell’arte moderna cinese, ha allestito nel parco della Villa Reale di Monza una mastodontica opera, il cui valore supera il milione di euro, e che meglio rappresenta in chiave poetica il tema della mostra e il primo esperimento outdoor del suo genere. L’opera nel suo insieme sfrutta la tecnica del paesaggio tradizionale e delle ombre cinesi. Alla sera l’effetto scenografico è molto forte, ma anche di giorno, al variare dell’intensità e dell’inclinazione della luce del sole, l’opera continua a cambiare aspetto, forma e consistenza, pulsando quasi di vita propria. Si tratta di una struttura di 12 metri di lunghezza, per 3 metri di altezza, composta da decine di lastre di vetro, allestita personalmente dall’artista e dai suoi assistenti, direttamente sul posto e con la natura e le piante del posto.

di Adriana Paolini

Orari di apertura della mostra:
MARTEDI, GIOVEDI, DOMENICA e Festivi 10.00 – 19.00
MERCOLEDI 14.00 – 22.00
VENERDI e SABATO 10.00 – 22.00

Biglietti:
€ 9,00 Intero
€ 7,00 Ridotto: gruppi di adulti, minori dai 6 ai 18 anni, studenti fino ai 26 anni, adulti oltre i 65 anni, portatori di handicap.
€ 5,00 Ridotto speciale: gruppi di studenti delle scolaresche di ogni ordine e grado, convenzioni
Gratuito minori fino ai 6 anni, un accompagnatore per ogni gruppo, due accompagnatori per ogni gruppo scolastico, un accompagnatore per disabile che presenti necessità, giornalisti iscritti all’albo previo accredito, guide turistiche munite di tesserino di abilitazione.

http://www.biennaleitaliacina.com/

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Social network: io “posto” dunque “sono”…

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Social network: io “posto” dunque “sono”…

Pubblicato il 20 maggio 2012 by redazione

selfempowerment

I sentimenti collettivi nei confronti di questo recente ed esplosivo fenomeno sono molteplici e contrastanti. I social network sono idolatrati dal popolo teen, temuti dai genitori, demonizzati dagli irriducibili ideologicamente e perennemente offline, snobbati dagli anticonformisti e spesso ringraziati dai maturandi e universitari in assetto da esame. Ma questi fantomatici e per certi versi ancora misteriosi strumenti, dei quali più spesso (come già è stato in parte esposto nei precedenti articoli) si parla degli aspetti negativi e dei pericoli ai quali possono dare luogo, in realtà, quali sono poi le risorse che presentano? Sostanzialmente..perché mai dovremmo usarli?! Ci concentriamo quindi ora sugli aspetti positivi che possiedono e per una volta..li difendiamo! Persino i più scettici potrebbero trovare la “giustificazione” che fa al caso loro! Sicuramente i quattrocento milioni di persone, di età media 37 anni, che in tutto il mondo utilizzano Facebook (dei quali il 55% di essi effettua l’accesso almeno una volta al giorno) e che hanno deciso di condividere tre miliardi di foto e cinque miliardi di contenuti “vari” (link, note, video ecc..), una loro motivazione l’hanno trovata!

Il ”self empowerment”: io “posto” (quindi “posso”) … dunque “sono”

Facciamoci accompagnare in questo viaggio alla scoperta dei lati positivi del “sociale digitale” da un ipotetico utente medio, il soggetto protagonista delle relazioni virtuali, che potremmo chiamare Bill.

Il nostro amico, che giunge in questo magico mondo, si trova ad essere qui sprovvisto (come già sottolineato precedentemente) di una parte di sé molto importante, che da sempre lo ha accompagnato in qualsiasi ambiente egli sia stato nella sua vita, compagno amato, odiato, che forse vorrebbe diverso, non tutto, solo in parte, magari non sempre ma solo qualche volta, territorio di esperienze e grande comunicatore di messaggi, insomma un “accompagnatore” d’eccezione: il corpo.

Da sempre se lo porta con sé, ma non qui, nell’ambiente virtuale.

Il soggetto nei social network si trova a essere “disincarnato” (“disembodied”), privato del corpo e dei significati che esso porta con sé, ed ecco quindi che si trova di fronte a infinite possibilità date da processo di “self empowerment” (il termine “empowerment” significa “potenziamento”, “responsabilizzazione”, “aumento del proprio potere interno”). Questo fenomeno assume una cruciale importanza se stiamo poi di fasi di vita, quali ad esempio quella adolescenziale, dove il processo di costruzione della propria identità assume particolare salienza, attraverso la scoperta dei loro molteplici possibili sé, il miglioramento delle proprie abilità e capacità cognitive, fisiche e relazionali e la sperimentazione attraverso l’ esplorazione di una pluralità di esperienze, senza la presa in carico di impegni definitivi, ma sempre con la possibilità di tornare sui propri passi. L’ uso dei social network si affianca quindi allo svolgimento di questo compito dal momento che posso decidere “chi” voglio essere, sia nel caso io non dichiari esplicitamente la mia identità, sia nel caso io la riveli. Infatti, nel primo caso posso sperimentare più liberamente, forte del fatto che se fallissi non succederebbe nulla, posso quindi permettermi di essere anche il contrario di ciò che sono realmente nella vita di tutti i giorni (ad esempio se sono timido posso provare a essere aggressivo) e se poi sbaglio posso riparare; anche per quanto riguarda il secondo caso i social network permettono agli adolescenti di decidere come presentarsi agli altri decidendo in prima persona quali ruoli impersonare e a quali eventi partecipare.

Questo permette al nostro Bill di avere un ruolo più attivo e centrale nella definizione e nella condivisione della propria identità sociale e a detta della psicologa americana Katelyn Mc Kenna è inoltre più facile che gli individui siano più disposti a rivelare il proprio vero Sé nei social network, di quanto non lo siano nella vita reale, in quanto all’interno della rete di “amici” si possono condividere le proprie convinzioni e le proprie reazioni emotive più intime con minor rischio di disapprovazione e sanzione sociale. Secondo quest’ottica quindi un social network può essere considerato il perfetto ambiente di “empowerment” dove Bill può decidere di essere sé stesso o completamente diverso, ma pagando un costo limitato per le sperimentazioni non andate a buon fine.

La seduzione ai tempi di Zuckerberg

Un’ altra opportunità che Bill si trova offerta su un piatto d’argento è a proposito delle relazioni sentimentali. Essi si affiancano quindi alla possibilità di intraprendere questa esperienza, facilitandola per una serie di motivi quali: la possibilità di superare le barriere spaziali; la comunicazione iperpersonale (le persone sono più disposte nel social network a rivelare il proprio vero Sé, indi per cui l’ intimità è maggiormente stimolata e raggiunge alti livelli); la somiglianza (avere “amicizie” in comune o interessi comuni); elevato livello di idealizzazione dato dal minor numero di informazioni disponibili relative all’altra persona, ciò porta gli individui a riempire i vuoti informativi con le proprie aspettative, da qui maggior idealizzazione e quindi maggior interesse nei confronti dell’altro; il controllo del processo di presentazione (l’ opportunità di controllare la propria identità sociale e la propria immagine riduce i problemi legati alle impressioni negative o alla paura di essere giudicati, inoltre diminuisce l’ importanza ricoperta dall’aspetto fisico, dallo status sociale e socioeconomico).

La questione dell’aspetto fisico è un comunque un aspetto critico (per Bill e per chiunque) per la nascita e la costruzione di una relazione; nel social network però il corpo reale non è totalmente assente ma sostituito da un corpo virtuale, costituito da immagini parziali attraverso le quali posso decidere strategicamente come presentarmi e dare una precisa immagine di me. Infatti tutti i social network offrono ampio spazio alla presentazione di immagini e video degli utenti.

Dieci sono i comportamenti che generano attrazione nel partner e cinque di questi possono esser realizzati in un social network: essere simpatici, mostrare senso dell’umorismo, offrire supporto, avere buone maniere e dimostrare di voler passare del tempo con l’ altro.

Il processo di seduzione digitale nel terzo millennio, si articola in una sequenza di interazioni relativamente stabile, che ricopre fondamentalmente due fasi: la creazione di un’ impressione di sé nell’altro e la scelta della strategia seduttiva (e fin qui niente di nuovo sotto il sole). Per fare il primo passo, è necessario stabilire una forma di contatto, ovvero chiedere l’ “amicizia”, in seguito ci sarà un disvelamento progressivo (e tra le strategie attuabili in un social network la somiglianza, la prossimità e la frequenza di contatto, la complementarietà, l’ uso dell’ironia, mostrare attenzione e apprezzamento per l’ altro, aprirsi all’altro).

Un elemento importante, è che il nostro amico “in caccia” può utilizzare per la messa in atto del suo progetto, le altre relazioni che ha all’interno della rete, ad esempio cercando di ottenere informazioni su chi gli interessa passando attraverso la sua rete di “amici”, o quella dell’altro, sfruttando anche la possibilità che danno alcuni social network, di capire chi degli altri utenti è online, attraverso l’ utilizzo ad esempio della chat (vedi Facebook). Infine i social network danno la possibilità di ricontattare persone con le quali c’è stata in passato una relazione, anche se si sono persi i contatti da tempo, come dire “Un ex sicuramente su Facebook ci sarà!E..mano sul cuore e giuramento di verità…chi può dire di non averci mai ripensato, con la speranza che quello che è accaduto si riproponga o si possa ritrovare, trasformato??!”.

Il nostro caro utente medio può intraprendere questo processo con obiettivi e esiti diversi: il corteggiamento, ma con scopo finale, almeno da parte di uno dei due, l’ incontro faccia a faccia. Oppure il mantenimento di relazioni, anche a distanza, iniziate faccia a faccia (laddove la “Bacheca” viene utilizzata sia per dimostrare agli altri l’ esistenza della storia, sia può essa fare da sorta di “rotocalco” della storia, migliorando l’ immagine di sé nei confronti degli “amici”). O infine con l’unico obiettivo del “ciberflirts”, dove i soggetti decidono, almeno inizialmente, di non ritrovarsi faccia a faccia ma interagire solo sul social network (spessi si tratta di individui che hanno già una relazione stabile nel reale e che prendono la vita sui social network come una valvola di sfogo).

Può una folla essere intelligente? La “rete creativa” e le “smart mobs”
smart mobs

Un’ altra risorsa offerta dai social network, è riguardo al potenziamento della creatività di gruppo, che può quindi essere utilizzata anche per gestire e organizzare eventi e interessi, anche in relazione all’assunzione di impegni e allo sviluppo di opinioni, in più campi, quali quelli politico, religioso, culturale, filosofico, sociale. Lo sviluppo del Web 2.0 ha infatti permesso la nascita di una “rete creativa”, e delle cosiddette “smart mobs” (“folle intelligenti”, gruppi di soggetti che collaborano tra loro per trarre frutto dalle opportunità offerte dai nuovi media che permettono alle persone di agire insieme come mai prima d’ora e in situazioni in cui l’ azione collettiva non era mai stata possibile”. Ciò è particolarmente vero per i social network tra le cui funzioni vi è quella di facilitare la gestione dei gruppi virtuali. Le “smart mobs” sono gruppi virtuali temporanei legati alla possibilità di usare i nuovi media per un proprio vantaggio e diventano comunità quando il gruppo diventa l’ occasione per raggiungere uno scopo comune e assume quindi propria identità e porta all’incremento della conoscenza. Avviene così quella che viene definita l’ “esperienza ottimale di gruppo” (“Networked Flow”), col risultato della creazione di nuovi prodotti, nuovi concetti e nuove idee, che vengono però portati all’esterno e riescono a imporsi in gruppi sociali reali solo se vi sono relazioni significative tra i membri del gruppo e i membri esterni al gruppo, nella formazione di una sorta di coscienza collettiva progettuale. A questo proposito la scienza delle reti ha elaborato una legge, la Legge di Reed, che afferma che: “quando una rete ha lo scopo di diffondere qualcosa che ha un valore per le persone, il valore dei servizi è lineare; se la rete consente transazioni tra i nodi individuali, il valore aumenta al quadrato, se essa include la possibilità che gli individui formino gruppi, il valore è invece esponenziale”.

I social network e “il capitale sociale”

Infine tra le risorse insite nei social network ricordiamo il supporto che essi danno al mondo della pubblicità, nel caso di marchi che vogliono rivolgersi ad un pubblico giovane e l’ apporto ad un economia basata su “beni relazionali”.

I “beni relazionali”, si differenziano dai “beni potenziali” (ovvero i cosidetti “di consumo”), essi possono idetntificarsi ad esempio con l’ amicizia e l’ amore e derivano dai rapporti sociali nei quali l’ identità e le motivazioni dell’altro sono essenziali per la creazione e il valore del bene; sostanzialmente tutti quei tipi di relazione generative di “capitale sociale primario”. Il “capitale sociale” è un concetto multidisciplinare e proprio per questo dalla definizione ambigua; esso presenta infatti l’apporto di molteplici aree quali l’economia, la sociologia, le scienze umane e sociali e ognuna di esse lo interpreta con sfumature leggeremente differenti. Ad un livello generale sostanzialmente la differenza fondamentale è tra il “capitale sociale primario”, che riguarda le relazioni informali di fiducia, intimità e cooperazione, dove sono considerati beni non solo i risultati creati dall’instaurarsi di tali legami, ma anche e soprattutto la relazione e le persone in sé; invece il “capitale sociale secondario” è quello che riguarda la rete delle relazioni a livello più ampio, sia informali che formali, intese come mezzi per ottenere determinate finalità, strumentali

La caratteristica fondamentale dei beni relazionali è l’ aspetto della gratuità e della spontaneità, in quanto hanno la loro origine nel comportamento di dono dato dall’unione di tre componenti che sono il donare, il ricevere e il contraccambiare. L’ aspetto più importante del dono risiede quindi nella sua totale libertà, dal momento che io scelgo di farlo ma non ho la certezza di essere contraccambiato. Nella vita reale ciò avviene in relazioni personali caratterizzate da fiducia e conoscenza reciproca, ma nei social network questo può accadere anche nei confronti di legami deboli; spinti da un senso di responsabilità sociale nei confronti della comunità di utenti del social network che porta a mettere a disposizione proprie conoscenze, informazioni, contenuti. L’ obbiettivo degli individui in quest’ottica, è il mantenimento della comunità e l’ interesse individuale si realizza insieme a quello degli altri (intenzione collettiva).

Ad esempio la Vespa del nostro amico Bill ha smesso improvvisamente di funzionare e lui ha deciso di scrivere sulla sua “bacheca” Facebook se qualcuno sa come ripararla, sicuramente qualcuno fra tutti i suoi “amici” risponderà alla richiesta d’ aiuto, fornendogli consigli”.

Scettici cronici, offline convinti, preoccupati, spaventati o anticonformisti….siete ancora sicuri che proprio non vi interessi iscrivervi a Facebook?!


Stanley Milgram

Quante conoscenze “distiamo” da uno sconosciuto?! Ecco perché…il mondo è piccolo!

Se avete ancora qualche dubbio questo che sto per dirvi potrebbe essere ciò che vi convincerà definitivamente a cambiare idea, oppure a fuggire del tutto! Si perché è stata teorizzata un’ipotesi molto affascinante e molto inquietante insieme, dato che essa dimostra ulteriormente che la privacy nell’era digitale si assotiglia sempre più.

Nel 1967 il sociologo americano Stanley Milgram tentò di testare un’ipotesi formulata per la prima volta nel 1929 dallo scrittore ungherese Frigyes Karinthy  e poi ripresa negli anni cinquanta da Ithiel de Sola Pool (MIT) e Manfred Kochen (IBM) che cercarono di provare la teoria matematicamente. Essa è comunemente conosciuta come la “teoria dei sei gradi di separazione” e consiste in un’ipotesi secondo cui qualunque persona può essere collegata a qualunque altra persona attraverso una catena di conoscenze che comprende non più di 5 intermediari. Milgram ideò un nuovo sistema per testare la teoria, che egli chiamò “teoria del mondo piccolo“. Selezionò casualmente un gruppo di americani del Midwest e chiese loro di mandare un pacchetto a un estraneo che abitava nel Massachusetts, a diverse migliaia di chilometri di distanza. Ognuno di essi conosceva il nome del destinatario, la sua occupazione, e la zona in cui risiedeva, ma non l’indirizzo preciso. Fu quindi chiesto a ciascuno dei partecipanti all’esperimento di mandare il proprio pacchetto a una persona da loro conosciuta, che a loro giudizio avesse il maggior numero di possibilità di conoscere il destinatario finale. Quella persona avrebbe fatto lo stesso, e così via fino a che il pacchetto non venisse personalmente consegnato al destinatario finale. I promotori dello studio si aspettavano che la catena comprendesse perlomeno un centinaio di intermediari, mentre invece, per far arrivare il pacchetto, ci vollero in media solo tra i cinque e i sette passaggi. Per ora neanche l’ombra di ambienti virtuali e relazioni digitali. Fino a quando nel febbraio 2004 un diciannovenne studente dell’Università di Harvard crea il social network più popolare al mondo. Nel 2011 un gruppo di informatici dell’Università degli studi di Milano, in collaborazione con due informatici di Facebook decide di effettuare un esperimento su scala planetaria per calcolare il grado di separazione tra tutte le coppie di individui su Facebook. In media, i gradi di separazione sono risultati essere 3.74, molto meno di quanto l’esperimento di Milgram facesse pensare!

Insomma, le persone si sono avvicinate e il mondo si è “ristretto”!

Sarà un bene o un male?! Ai posteri, sempre più “connessi”, l’ardua sentenza!

di Arianna De Battè

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