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Gli ftalati minacciano di trasformare le Balenottere del Mediterraneo in ermafroditi

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Gli ftalati minacciano di trasformare le Balenottere del Mediterraneo in ermafroditi

Pubblicato il 05 novembre 2012 by redazione

balenottera comune_mediterraneoUn gruppo di ricerca dell’Università di Siena, guidato dalla professoressa Maria Cristina Fossi, nel corso di uno studio sulla concentrazione di microplastiche nel mar Mediterraneo, ha rilevato che nell’area protetta del Santuario dei Cetacei il valore medio è 0,62 particelle di microplastica per metro cubo, simile a quello riscontrato nelle isole di spazzatura che galleggiano nell’Oceano Pacifico. I livelli maggiori sono stati riscontrati nel mar Ligure: una presenza 7 volte superiore rispetto a quella del Mar di Sardegna.

Questa ricerca, finanziata dal ministero dell’Ambiente, della tutela del territorio e del mare, è stata appena pubblicata sulla rivista scientifica Marine Pollution Bulletin. Le microplastiche sono particelle di meno di 5 millimetri, che originano dalla degradazione di rifiuti plastici. Nello studio vengono forniti tre dati, i primi a livello internazionale su questo tema: ”il 56% dei campioni di plancton superficiale nell’area del Santuario Pelagos contiene particelle di microplastica, con un valore elevato; nel plancton è molto alto il livello degli ftalati, composti additivi della plastica, nocivi per la salute dei mammiferi e classificati come distruttori endocrini, sostanze che interferiscono con la riproduzione; è stato provato che gli ftalati presenti nel plancton vengono metabolizzati e possono avere effetti tossici sui cetacei, con alte concentrazioni rilevate nell’adipe sottocutaneo di 4 balenottere comuni, su 5 ritrovate spiaggiate lungo le coste italiane. Il dato di 60 nanogrammi per grammo di MEPH, il metabolita derivato dagli ftalati utilizzato come tracciante, è il primo dato scientifico prodotto al mondo riguardante la contaminazione da plastiche delle balene”.

Gli ftalati sono esteri dell’acido ftalico, solitamente scarsamente solubili in acqua e molto invece negli oli. Sono liquidi incolori. Nel 2004 si è stimata una produzione a livello mondiale di 400.000 tonnellate di ftalati. Vengono ampiamente impiegati nelle industrie di materie plastiche come agenti plastificanti, principalmente del PVC, per migliorarne la flessibilità e la modellabilità, anche a basse temperature. I ftalati di alcoli leggeri trovano impiego anche come solventi nei profumi e nei pesticidi o nella preparazione di smalti per unghie, adesivi, vernici e cibi.

ftalatiAlcuni studi scientifici del 2003, sui loro effetti sulla salute, mettevano in evidenza l’influenza sul sistema ormonale, e la paragonavano a quella degli ormoni estrogeni che, in alta concentrazione, possono causare una femminilizzazione dei neonati maschi.

L’impatto sul plancton è decisamente pesante e, a cascata, quello sugli organismi marini come, appunto, sulla balenottera comune, uno dei più grande filtratori al mondo di acqua marina, che di plancton si nutre. Questa specie, già a rischio di estinzione, è risultata estremamente contaminata dagli ftalati. E ora si teme sulle possibili interferenze nelle sue capacità riproduttive.

I dati stimati ottenuti sono il frutto di un’analisi tossicologica effettuata nei laboratori del dipartimento di Scienze ambientali dell’Università di Siena, su campioni di adipe sottocutaneo di 18 balenottere vive, recentemente campionate. Si tratta di una buona percentuale di quelle presenti in estate nelle acque del Santuario Pelagos, stimate in un numero complessivo attorno a 150 esemplari.
planctonAttraverso un dardo modificato, i ricercatori hanno asportato, una piccola porzione di pelle e grasso sottocutaneo, che hanno poi analizzato per quantificare il livello di concentrazione di inquinanti presenti nei tessuti e per valutare gli effetti tossicologici conseguenti, come le potenziali variazioni genetiche che si potrebbero sviluppare. I dati sono poi stati confrontati con quelli di un’area di riferimento ”incontaminata”, quella del Mare di Cortez, in Messico.

Questo studio è il primo al mondo ad aver verificato la presenza di microplastiche nel plancton e nelle balenottere comuni.

“Adesso vogliamo analizzare meglio gli effetti tossicologici dell’inquinamento da plastiche – dice la professoressa Fossi – non solo sulla balenottera comune, ma anche su altri organismi, come le tartarughe, lo squalo elefante e i pesci che vivono sul fondale marino come la sogliola.
Su questo aspetto il nostro gruppo ha vinto un assegno di ricerca cofinanziato dalla Regione Toscana, che dà la possibilità ad un giovane ricercatore di indagare su queste innovative tematiche ambientali. Inoltre, grazie al sostegno del ministero dell’Ambiente abbiamo proposto all’Unione europea di adottare i cetacei e la tartaruga Caretta come indicatori delle stato di salute del Mediterraneo, con l’obiettivo, che l’Europa si propone di realizzare entro il 2020, di riportare il Mare Nostrum ad un buono stato ambientale.”

di Adriana Paolini

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