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Viaggio alla scoperta del Cern

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Viaggio alla scoperta del Cern

Pubblicato il 29 dicembre 2012 by redazione

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Cern di Ginevra.

Oggigiorno sono in molti a vedere il nucleare come esclusiva fonte di energia, con i suoi pericoli e vantaggi, ma in pochi riescono a intravedere il suo potenziale a livello scientifico. Tra quei pochi spicca il CERN, Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire (Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare), un organo provvisorio istituito nel 1952 con lo scopo di creare in Europa un’organizzazione a livello mondiale per la ricerca nel campo della fisica fondamentale.

La storia
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, le conoscenze europee sulle particelle erano già state ampiamente superate dagli studi degli scienziati americani. Un gruppo di studiosi e politici concepirono allora un laboratorio europeo di fisica atomica. Tra questi pionieri vi erano: Raoul Dautry, Pierre Auger, Lew Kowarsk (dalla Francia), Edoardo Amaldi (dall’Italia) e Niels Bohr (dalla Danimarca). Un laboratorio del genere avrebbe unito gli scienziati europei e avrebbe fatto fronte ai crescenti costi degli impianti di fisica nucleare. La prima proposta formale per la creazione di un laboratorio europeo fu pronunciata dal Premio Nobel per la fisica Louis de Broglie nel 1949, durante la Conferenza europea della Cultura di Losanna, ma passarono due anni (Dicembre 1951) prima che si decidesse di istituire un consiglio europeo per la ricerca. Undici Paesi firmarono un accordo che dava vita al Consiglio Provvisorio e con esso nasceva il CERN (la scelta di installare a Ginevra il laboratorio venne presa successivamente a seguito di un referendum tenutosi nel cantone di Ginevra nel Giugno del 1953). Il 29 settembre del ’54, dopo la rettifica di Francia e Germania, viene ufficialmente istituita l’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare (sebbene venga conservato l’acronimo CERN). Con la Convenzione istitutiva del 1954 vennero fissati gli obiettivi principali dell’Organizzazione: gli Stati europei aderenti si impegnavano a collaborare tra di loro nella ricerca nucleare, stabilendo espressamente che i frutti del loro lavoro fossero interamente accessibili a tutti e senza scopi militari (“The Organization shall provide for collaboration among European States in nuclear research of a pure scientific and fundamental character (…). The Organization shall have no concern with work for military requirements and the results of its experimental and theoretical work shall be published or otherwise made generally available”). Il documento, inoltre, promuoveva programmi di formazione avanzata, scambi di informazioni e di ricercatori tra i laboratori, nonché una cooperazione nella ricerca tecnologica”).

Gli Stati membri
I Paesi membri, nonché fondatori del CERN, sono: Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia e Svizzera. Ai quali si sono aggiunti: Austria, Spagna, Portogallo, Finlandia, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria e Romania.

E42B9484-07AC-814E-C533C4A562F15A21_1Cosa fa il CERN?
I fisici del Cern studiano la materia utilizzando degli acceleratori di particelle, ossia macchine che accelerano i fasci di particelle fino a farli collidere l’uno contro l’altro. L’energia che scaturisce da questa collisione è molto grande e vuole cercare di riprodurre le condizioni esistenti pochi istanti dopo il Big Bang.
Gli acceleratori furono inventati per studiare la struttura del nucleo dell’atomo. Possono essere di due tipi: circolari, a forma di anello, all’interno dei quali le particelle sono guidate da campi magnetici e incrementano la loro energia ad ogni giro (sono anche gli acceleratori più grandi!); lineari, dove le particelle viaggiano da un capo all’altro.

Cos’è l’LHC?
Per raggiungere velocità sempre più elevate, il CERN ha creato un complesso di acceleratori. Tra questi, il Grande Collisore di Adroni, o LHC (Large Hadron Collider), è la macchina più potente mai realizzata finora e tuttora in fase di messa a punto, installata in un tunnel di 27 km di circonferenza, scavato tra 50 e 150m sotto terra tra le montagne del Giura francese e il lago di Ginevra, e progettata per sostituirsi al LEP (Large Electron Positron Collider).

CERN_Accelerator_ComplexIl LEP, nonché “antenato” dell’LHC era un acceleratore in grado di accelerare gli elettroni e i positroni fino a 100 GeV, velocità prossima a quella della luce, il cui scopo era verificare l’esistenza del bosone Higgs (possibile causa dell’esistenza stessa della materia, vedi http://www.massacritica.eu/studiare-linvisibile-il-bosone/1927/ ).

Il funzionamento dell’LHC? Questo acceleratore produrrà collisioni frontali tra due particelle dello stesso tipo, protoni o ioni di piombo. In un primo momento, la catena di acceleratori del CERN creerà i fasci di particelle, che verranno successivamente iniettati nell’LHC, quindi guidati nel circuito da magneti superconduttori (1800 in tutto!) a temperature estremamente basse, in modo da ricreare le condizioni dello spazio intergalattico. Lo scopo degli esperimenti è quello di studiare i milioni di particelle liberate durante la collisione. Tutto il processo di collisione verrà rilevato attraverso quattro enormi rilevatori di particelle distribuiti lungo l’LHC: ALICE, ATLAS, CMS e LHCb.

Cos’è l’ATLAS?
Reso operativo tra il 2009 e il 2010, l’ATLAS è il rilevatore più grande e complesso mai realizzato prima.  Un rilevatore di particelle è un dispositivo usato per rilevare il passaggio di una particella e consente agli scienziati di ricostruire un evento. I vari strati del rilevatore tracciano le traiettorie delle particelle cariche, misurando l’energia di quelle più cariche e di quelle neutrali. La curvatura delle tracce delle particelle nel campo magnetico permette di determinarne il moto e le cariche elettriche. Di tutte le milioni di collisioni al secondo, solo alcune sono utili ai fini di nuove scoperte ed è proprio il sistema di rilevamento, detto Sistema Trigger, a fare una scrematura delle informazioni superflue. Per questo, l’ATLAS registra solo l’equivalente di 27 CD di dati al minuto, invece dei reali 100000 CD al secondo! I backup di tutti i dati rilevati vengono fatti da 12 centri di raccolta dati, distribuiti nelle varie università e istituti di ricerca, collegati tra loro attraverso un sistema di fibre ottiche, mentre per tutti gli altri computer è possibile richiedere questi dati via Internet. I centri di raccolta si trovano: presso la sede del CERN, due negli Stati Uniti, Taiwan, Vancouver, Bologna, Barcellona, Lione, Amsterdam, Copenaghen, Oxford e Karlsruhe. Questa grandissima quantità di informazioni viene inviata da un centro di analisi all’altro attraverso un sistema chiamato Data Grid.

magnetic

Sistema di magneti.

muon

Spettrometri muonici.

calorimeters

Calorimetri.

 

inner-detector

Rilevatore interno.

 

Come è fatto l’ATLAS?
Il rilevatore ATLAS è costituito da una serie di cilindri concentrici attorno al punto di interazione, ossia il punto dove avviene la collisione tra i fasci di protoni dell’LHC.
I quattro componenti principali dell’ATLAS sono:
– rilevatore interno: misura il moto di ogni particella carica;
– calorimetri: misurano l’energia accumulata dalle particelle;
– spettrometri muonici: identificano e misurano il moto dei muoni, particelle fondamentali con carica elettrica negativa;
– sistema di magneti: deflette le particelle cariche nel rilevatore interno e nello spettrometro muonico, per misurarne il moto.
L’LHC e l’ATLAS sono fondamentali nella ricerca dell’antimateria, poiché permettono di ricreare le condizioni dell’universo pochi istanti dopo il Big Bang, quando la quantità di materia era pari a quella di antimateria.
L’obiettivo è quello di capire perchè nella creazione del sistema solare, del nostro pianeta e delle galassie sia stata utilizzata soltanto una parte della materia. La soluzione di questo mistero consentirebbe anche di scoprire come le particelle acquistano massa e qual è il rapporto tra massa ed energia.
Ai posteri, vedere se l’LHC riuscirà a colmare questo vero e proprio buco nero!

di Sara Pavesi

Fonti:
http://www.atlas.ch/
http://home.web.cern.ch/
http://public.web.cern.ch/public/

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Keith Haring: fumetti e lotta contro l’AIDS

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Keith Haring: fumetti e lotta contro l’AIDS

Pubblicato il 12 luglio 2012 by redazione

Keith Haring

“La tela come materiale in sé è meravigliosa. È robusta, può essere venduta e in un certo senso è duratura. Ma mi inibisce. Spendo 8 dollari per una tela di 75 centimetri per 100 e per la pittura a olio; poi vado in paranoia per come riuscirà perché ho speso 12 dollari per quel quadro e penso che debba valere qualcosa. Invece, quando dipingo su un pezzo di carta che ho trovato oppure ho comprato a poco prezzo, e uso l’inchiostro ad acqua, faccio un intero quadro di 120 centimetri per 270 senza aver speso praticamente nulla”. Così, il 14 ottobre del 1978, appuntava sui suoi diari uno dei capi della corrente neo-pop, il padre indiscusso del graffitismo di frontiera, il lungimirante sperimentatore dell’arte pubblica nello spazio urbano: Keith Haring.

Nato il 4 maggio 1958 in Pennsylvania, mostra una precoce predilezione per la grafica di fumetti e di cartoni animati; incoraggiato in questa sua passione dal padre, Allen Haring, dopo il liceo si iscrive all’Ivy School of Professional Art di Pittsburgh, un istituto d’arte commerciale, che frequenta per quattro anni al termine dei quali si iscrive all’università. Ma nel frattempo, sull’onda della nuova contestazione giovanile e della culture hippie datata 1976, abbandona gli studi per girare gli Stati Uniti in autostop, facendo tappa nelle varie città del paese allo scopo di osservare più da vicino i lavori degli artisti della scena americana e soggiornando per diverso tempo a San Francisco, dove inizia a manifestare il proprio orientamento omosessuale.

Forte di questa esperienza di vita, nel 1978 sceglie di recarsi alla School of Visual Art (SVA) di New York: qui trova una prosperosa e alternativa comunità d’artisti che stanno sviluppando il proprio lavoro al di fuori dei circuiti commerciali d’arte costituiti da musei e gallerie, preferendo le strade, le metropolitane, i club e le dance-hall. Dopo aver fatto conoscenza con alcuni degli esponenti della nuova cultura underground, Andy Warhol e Jean-Michel Basquiat per fare dei nomi, decide così di aderire a questa nuova corrente culturale, esponendo le sue opere fra locali di vario genere (il Club 57 su tutti) e vernissage più o meno improvvisati; ma il suo cavallo di battaglia rimane la grafica, che egli decide di condividere con i suoi concittadini adottivi sui muri della metropolitana newyorkese: qui, nel 1980, nota la presenza di un pannello pubblicitario abbandonato ricoperto di carta nera opaca che cerca di abbellire con disegni a fumetto realizzati a gesso bianco.

Dal 1980 al 1985 omini stilizzati bianchi invadono la metropolitana della Grande Mela, rendendola non solo un “laboratorio” per promuovere idee e sperimentare linee grafiche, ma anche un vero e proprio museo a cielo aperto, dove Haring si fa conoscere e addirittura arrestare. Inizia così una (breve) vita di successo, che esplode nel 1982 alla Tony Shafrazi Gallery della frizzante SoHo, grazie alla quale approderà alla Documenta 7 di Kassel, alla Biennale di San Paolo e alla Withney Biennal.
Nell’aprile del 1986, poi, apre a New York il primo Pop Shop (il secondo, datato 1988, si trova a Tokyo), dove è possibile acquistare t-shirts, giocattoli, posters, magneti e accessori recanti le sue opere più famose: il negozio vuole così permettere la fruizione dell’arte di Haring al grande pubblico, che può a sua volta acquistare prodotti di qualità a basso prezzo, e dà inoltre la possibilità di vedere l’artista lavorare live.

Keith Haring AIDS

Ma nel 1988 la sua carriera viene stroncata dall’AIDS: “Nella mia vita ho fatto un sacco di cose, ho guadagnato un sacco di soldi e mi sono divertito molto. Ma ho anche vissuto a New York negli anni del culmine della promiscuità sessuale. Se non prenderò l’AIDS io, non lo prenderà nessuno”, aveva da poco dichiarato alla rivista “Rolling Stone”. Nel 1989, un anno prima di morire, fonda la Keith Harin Foundation, che si propone tutt’oggi di continuare la sua opera di supporto alle organizzazione no-profit a favore dei bambini e della lotta contro l’AIDS. Muore il 16 febbraio 1990, all’età di 31 anni.

Durante la sua breve ma intensa carriera, Haring ha fortemente influenzato la morale pubblica realizzando opere di intenso significato sociale con le quali ha invaso gli spazi pubblici delle città: la lotta contro la malattia, la pace, la dignità umana, sono messaggi che l’artista ha lasciato ai cittadini di più di 100 città nel mondo, tra le quali New York, Londra, Tokyo, Amsterdam, Pisa e San Francisco. Il suo successo ha inoltre contribuito alla formazione di una vera sensibilità artistica nei confronti della nuova forma d’arte urbana: immediate, semplici e dirette, le sue composizioni attirano l’attenzione di chi guarda a più livelli, da un piano più superficiale e divertito a uno graffiante e allucinato.

di Clara Amodeo

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