Archivio Tag | "soia"

Organismi Geneticamente Modificati SI o NO?

Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Organismi Geneticamente Modificati SI o NO?

Pubblicato il 30 settembre 2012 by redazione

ogm-nellunione-europeaArgomento attuale e di grande interesse è l’utilizzo della manipolazione genetica per migliorare e accrescere la creazione e la diffusione di prodotti di consumo. Difficile dare un giudizio univoco su questo tema, sia per la preoccupazione che genera, sia per la conoscenza ancora limitata che se ne possiede. Un primo passo verso una valutazione obiettiva degli Organismi Geneticamente Modificati (Ogm) è la comprensione di cosa sono e di come funzionano.

Gli Ogm: cosa sono?

Un organismo si definisce “geneticamente modificato” quando parte del suo patrimonio genetico naturale viene cambiato artificialmente e sostituito con quello caratteristico di un’altra specie. Questo intervento è reso possibile grazie alle tecniche di ingegneria genetica che appartengono alla sfera delle biotecnologie. Per comprendere tali manipolazioni genetiche è utile risalire alla definizione di “patrimonio genetico”. Questo è l’insieme delle informazioni contenute nei geni dei genitori che vengono trasmesse ai figli, permettendo la comparsa in questi ultimi di caratteri ereditari. Esso contiene quindi tutte le caratteristiche tipiche di un organismo e ne sancisce l’unicità. Queste istruzioni, tese al funzionamento di ogni essere vivente, sono scomponibili e individuabili singolarmente all’interno di ogni gene; sono inoltre scritte in una sorta di linguaggio cifrato nelle molecole di DNA (acido desossiribonucleico), che formano i cromosomi delle cellule dell’organismo. I messaggi biochimici presenti nel DNA vengono decodificati per produrre le proteine, regolatrici del nostro corpo.

Ma qual’è il processo che modifica geneticamente alcuni organismi?

Le biotecnologie moderne utilizzano le tecniche di ingegneria genetica per trasferire specifici geni da alcune specie in altre, effettuando un processo che in natura non potrebbe avvenire. Questa tecnologia, permette di isolare i geni di un organismo, clonarli e trasferire queste copie all’interno di altri esseri viventi. Il gene che viene replicato contiene una caratteristica utile che può rinforzare e migliorare l’organismo che, naturalmente, ne sarebbe sprovvisto. L’idea alla base di questo procedimento non nasce sicuramente ai giorni nostri: già diversi anni fa, nel campo dell’agricoltura, le tecniche di biotecnologia tradizionale prevedevano l’incrocio tra specie di piante diverse, affinché le nuove generazioni presentassero dei geni, quindi delle caratteristiche, che non possedevano precedentemente. In questo modo venivano prodotti organismi più forti e resistenti, ma il processo richiedeva un tempo maggiore perché si dovevano esportare più geni e non solamente quello desiderato. Questa è la principale differenza tra biotecnologia tradizionale e moderna: quest’ultima permette di isolare un solo gene, caratteristico di una specie, e impiantarlo direttamente in un’altra, producendo risultati mirati in tempi più brevi.

OGM MondoOGM in agricoltura, farmacologia, ambiente e non solo..

La manipolazione del patrimonio genetico degli organismi è una tecnica già estesa a diverse aree. Per quanto concerne l’agricoltura, l’ ingegneria genetica è utilizzata per creare piante più forti e resistenti, ma non solo: è possibile accorciare i tempi di maturazione dei vegetali, aumentarne la resistenza a temperature più rigide e renderli invulnerabili ad alcuni tipi di malattie e parassiti. In particolare è stata scoperta una sostanza tossica per le larve di insetti dannosi, prodotta dal batterio Bacillusthurigiensis. Intervenendo sul materiale genetico di quest’ultimo si può isolarne il gene e trasferirlo nel genoma delle piante in modo da renderle a loro volta resistenti a tali parassiti.

I prodotti maggiormente interessati alle modifiche genetiche sono: mais, soia e cotone, ma anche barbabietola, papaya, erba medica, pioppo, patata ecc. Inoltre la ricerca si sta intensificando sul grano, il riso e il mais, resistenti alla siccità. Negli ultimi 10 anni la discussione sull’utilizzo di OGM si è particolarmente accesa, perché la maggior parte dei prodotti alimentari derivano da piante ingegnerizzate: nel 2009 più di 134 milioni di ettari della superficie mondiale sono stati coltivati con Organismi Geneticamente Modificati.

In ambito medico la biotecnologia permette di produrre un’ampia gamma di medicinali. I farmaci vengono ottenuti a partire dalla manipolazione di alcuni batteri nei quali viene inserito un gene clonato che contiene al suo interno l’informazione per la produzione del farmaco. Trattati in laboratorio questi specifici microrganismi permettono una realizzazione abbondante del principio richiesto; è questo il caso dell’insulina e degli antibiotici.

L’attenzione dell’ingegneria genetica si rivolge inoltre alla tutela dell’ambiente. Il problema a cui si cerca soluzione è relativo allo smaltimento dei rifiuti e alla decontaminazione di residui tossici. I microrganismi ambientali sono in grado di far fronte all’eliminazione di una dose elevata di rifiuti organici, ma alla lentezza di tale processo naturale, si contrappone la crescita della produzione industriale, con il conseguente aumento di rifiuti, anche sintetici. Attraverso la manipolazione genetica dei microrganismi con capacità degradative, è possibile potenziarne la funzionalità e permettere lo smaltimento di una maggiore quantità di sostanze di rifiuto.

Sars nel MondoInfine per quanto riguarda il mondo animale, l’attuale sperimentazione è in fase sperimentale. Non si è ancora trovato un modo per ottenere un’ampia produzione di animali geneticamente modificati a fronte di costi relativamente contenuti. In quest’ambito l’ingegneria genetica non costituisce ancora una valida alternativa all’allevamento industriale. Tuttavia la ricerca prosegue: è recente la notizia della creazione di una mucca geneticamente modificata, chiamata Daisy, che produce un latte privo dell’allergene Betalactoglobulina (Blg) e ricco di caseina, quindi molto nutriente. Insomma, se esistano e quali siano i confini dell’ingegneria genetica è ancora tutto da scoprire !

OGM: Pericoli vs benefici

Il dibattito rispetto alle qualità e ai rischi legati agli OGM è sicuramente ancora molto acceso.  Le opinioni in contrasto tra loro sono due: la prima è sostenuta da coloro che ritengono che le manipolazioni genetiche vadano considerate al pari di ogni innovazione tecnologica, nonché degli incroci effettuati tra specie, per potenziare le caratteristiche naturali degli organismi; la seconda è invece quella di chi ritiene che gli OGM possano essere potenzialmente dannosi per l’ambiente e per la salute umana, proprio perché creati in laboratorio. I rischi attribuibili agli OGM si possono dividere in ecologici e sanitari. Per quanto riguarda l’ambito ecologico se ne riscontrano tre in particolare: una trasmissione dei geni modificati alle specie non manipolate dall’uomo attraverso la dispersione dei pollini, una sorta di contaminazione; la specie che è stata modificata geneticamente, e resa più resistente, potrebbe invece espandersi eccessivamente, invadendo l’ambiente e divenendo difficile da eradicare, un pericolo per altri organismi e microrganismi, oltre che possibile causa, nel tempo, di squilibrio ambientale; infine, l’elevata resistenza di queste piante, potrebbe via via favorire lo  sviluppo di particolari specie di insetti virali e batteri più forti, maggiormente nocivi.

OGMI rischi sanitari sono legati ad eventuali trasmissioni nell’uomo di resistenze agli antibiotici (si è scoperto che un gene inserito nel mais sviluppa nella pianta una resistenza all’ampicillina) e agli effetti tossici che possono  essere provocati dagli OGM; infatti l’inserimento di genidiversi in alcuni organismi provoca la sintesi di proteine nuove, non precedentemente contenute in questi ultimi, generando possibili problemi di tipo nutrizionale, immunologico e tossicologico.

Chi sostiene l’ingegneria genetica ritiene che i rischi legati alle innovazioni tecnologiche non possano essere totalmente eliminati e che siano da supportare finché i benefici della tecnologia ne superino i pericoli. Infatti il miglioramento e l’evoluzione dei prodotti agricoli finora sono stati ottenuti attraverso incroci tra specie diverse: a un’analisi più attenta  questo processo non può essere considerato meno pericoloso della manipolazione genetica, dal momento che i geni sono mischiati in modo incontrollabile. Inoltre non vanno dimenticati i benefici che gli OGM possono apportare all’agricoltura e all’ambiente. Grazie alla loro resistenza è possibile eliminare l’utilizzo di pesticidi tossici sia per l’uomo che per l’ambiente e ottenere sempre un’elevata produzione anche in condizioni climatiche o ambientali sfavorevoli.

La ricerca dovrà indubbiamente prestare molta attenzione alle sue “creazioni” e verificare minuziosamente tutti gli effetti che queste potrebbero comportare all’organismo umano e al nostro ecosistema. Purtroppo ancora non esistono risposte certe e la diatriba tra sostenitori e oppositori rimane aperta.

di Alessandra Genta

http://www.organismigeneticamentemodificati.it/

http://salute24.ilsole24ore.com/articles/14713-daisy-la-mucca-ogm-che-fa-il-latte-anallergico?refresh_ce

http://www.cibo360.it/alimentazione/chimica/ogm/OGM_rischi_benefici.htm

http://scuolaworld.provincia.padova.it/guinizelli/ogm/contrari1.htm

http://www.vasonline.it/letture/geni/domanda4.htm

http://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=1270

Commenti (1)

Bio Oil: la salvezza del pianeta, del portafoglio, o l’ennesimo buco nell’acqua?

Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Bio Oil: la salvezza del pianeta, del portafoglio, o l’ennesimo buco nell’acqua?

Pubblicato il 20 maggio 2012 by redazione

olio-vegetale

In questi ultimi anni il prezzo della benzina ha continuato a salire e l’utilizzo delle autovetture sta diventando un vero e proprio bene di lusso. E se vi dicessi che esiste una soluzione che, oltre a farvi risparmiare (più del 50%), fa bene all’ambiente? Ebbene questo carburante alternativo è l’olio combustibile vegetale (Straight Vegetable Oil, S.V.O). Per la sua composizione chimica, può essere impiegato per molteplici scopi: dall’alimentazione di motori diesel di automobili, autobus, motori nautici, trattori agricoli, etc., alla produzione elettrica e termica.

Dal punto di vista dell’impatto ambientale, questo tipo di “carburante” ha diversi pregi: il livello di emissioni è più basso rispetto a un motore alimentato con gasolio convenzionale e persino rispetto al biodiesel, le cui emissioni di gas serra, durante il processo di produzione, sono comparabili a quelle del petrolio.

Il carbonio bruciato, infatti, deriva direttamente dall’anidride carbonica già presente nell’aria (per effetto della fotosintesi clorofilliana), perciò la quantità di gas presente nell’atmosfera resterà invariato, limitando il problema dei gas serra.

Non solo, l’SVO non si autoincendia molto facilmente, il che ne riduce la pericolosità durante le fasi del trasporto e dello stoccaggio.

Da ultima, ma non per importanza, la sua origine vegetale, ne assicura l’elevata biodegradabilità.

Tuttora si sta cercando sempre più di sviluppare tecnologie “verdi” compatibili, che vadano a rimpiazzare i tradizionali macchinari a carburante fossile. L’olio vegetale è una possibile soluzione.

Una microturbina a gas.

Recentemente (Novembre 2010), l’azienda della Green Economy, specializzata in sistemi di autoproduzione energetica e partner esclusivo di Capstone Turbine Corpotation, insieme a Spike Renewables, società di ingegneria e ricerca di Firenze, hanno realizzato un progetto di sperimentazione di una microturbina a gas, da 30 e 60 kW, a tecnologia cogenerativa alimentata a olio vegetale. Pensate che, per una turbina da 30 kW , il consumo di olio vegetale è di circa 11 lt/h con un rendimento elettrico del 27%. Sottolineiamo che questa turbina, oltre ad avere una tecnologia cogenerativa, è dotata di uno speciale brevetto con cuscinetti ad aria che non necessitano l’impiego di lubrificanti, offre quindi ulteriori vantaggi (maggiore risparmio energetico, emissioni ancora più basse e altissima efficienza). Questo singolo esperimento fa parte di un progetto più grande supportato dalla Regione Toscana (Progetto OVEST), a valle di un precedente progetto europeo (LIFE-VOICE).

A questo punto la domanda sorge spontanea: l’olio combustibile vegetale e il biodisel sono la stessa cosa?
transesterificazione

La risposta è No, sono due sostanze molto diverse tra loro. La produzione dell’olio vegetale puro è diretta (i semi delle piante oleaginose vengono pressate a freddo o eventualmente estratte con solventi), può quindi essere effettuata direttamente nell’azienda agricola, con l’impiego di semplici sistemi di pressatura, massimizzando così il profitto dell’imprenditore agricolo. Il biodisel, al contrario, necessita di numerosi passaggi di lavorazione intermedia: dopo l’estrazione dell’olio dai semi, avviene una reazione, detta transesterificazione, che sostituisce i componenti alcolici d’origine (glicerolo) con alcool metilico (metanolo).

In sintesi: Olio + metanolo + catalizzatore = biodiesel + glicerina.

Soffermiamoci un attimo su questa reazione e analizziamo gli elementi che ne permettono l’attuazione e che vengono prodotti a seguito di questa.

La glicerina è un sottoprodotto di questa reazione, ma è anche una sostanza di difficile smaltimento (per contro l’olio vegetale ha come unico prodotto di scarto delle farine ricche di oli, adatte anche all’alimentazione di animali).

Il metanolo, nonostante venga utilizzato per la produzione di un carburante ‘rinnovabile’, viene ricavato, quasi esclusivamente, da fonti energetiche fossili.

Ma affinchè il biodisel possa essere liberamente venduto, il suo processo di produzione non si conclude qui, segue una purificazione, una distillazione e la stabilizzazione chimica della sostanza (è facilmente intuibile che la purificazione, in quanto tale, necessiti dell’impiego di cospiqui quantittativi d’acqua).

Tuttavia, nonostante i notevoli vantaggi che presenta la produzione di olio vegetale rispetto al biodisel, bisogna anche considerare una caratteristica intrinseca dell’olio vegetale, che rischia di per sè di comprometterne l’impiego come carburante alternativo.

L’olio vetegetale ha una viscosità decisamente superiore a quella del biodisel, e in generale rispetto al gasolio, che si accentua con le basse temperature. Questo aspetto può portare al malfunzionamento del sistema di iniezione, a minore performance del motore, all’aumento delle emissioni e alla riduzione della vita del motore. In particolare, durante le stagioni fredde, la componente grassa dell’olio rischia di solidificarsi, rischiando così di intasare il sistema di alimentazione del combustibile. Ma fortunatamente la fisica ci viene in aiuto: se riscaldato, l’olio risulta meno viscoso e i problemi precedentemente segnalati vengono attenuati. Tuttavia, è anche possibile adattare il proprio motore diesel al funzionamento con olio vegetale, il costo può essere di 4-6000 euro in materiali e manodopera. Esistono già delle ditte specializzate, come Elsbett, Diesel Therm e Greasecar, che garantiscono l’affidabilità del sistema.

Ovviamente, i problemi non finiscono qui.

Al di là di qualsivoglia considerazione tecnica, l’olio vegetale, utilizzato come carburante, in molti Paesi (come l’Italia) è illegale. Questo perchè su qualsiasi carburante gravano tasse e accise, che verrebbero evase con l’utilizzo di questi carburanti “alternativi”. Ricordiamoci, poi, che viviamo in un mondo capitalista, quindi se la benzina aumenta e l’unica alternativa vera sembra essere l’olio vegetale, anche il prezzo dell’olio di colza, o di qualsiasi altro olio di semi, aumenterà.

Finisce che, economicamente parlando, non vi è alcun beneficio nell’utilizzo di caruranti ‘bio’.

Ma i soldi non sono tutto, giusto? E qualcuno potrebbe pensare che se il petrolio e l’olio vegetale raggiungono lo stesso prezzo, non ci si pensa due volte e si sceglie di salvare il pianeta con i carburanti rinnovabili.

C’è però un altro fattore molto importante a cui pensare: se anche tutto il mais e la soia coltivati in America dovessero essere destinati ai biofuel, si soddisferebbe solo il 12% della domanda di benzina e il 6% di quella di gasolio. E considerando che proprio il mais e la soia, per il loro elevato apporto energetico e proteico, sono tra le colture vegetali che meglio possono sfamare l’umanità, siamo davvero disposti a rinunciare a importanti sostante nutritive in cambio di carburante per le nostre vetture, industrie, elettrodomestici, etc.? Dobbiamo quindi pensare a un’altra soluzione.

di Sara Pavesi

http://environment.nationalgeographic.com/environment/global-warming/biofuel-profile/

http://cdn.blogosfere.it/ecoalfabeta/images/febbraio%202009/Biofuel.jpg

http://www.biowatt.org/prodotti-gasnaturale.htm

http://www.loccidentale.it/node/62541

http://www.teatronaturale.it/strettamente-tecnico/bio-e-natura/1353-la.htm

http://bpgulak.com/projects/

Commenti (0)

Advertise Here

Foto da Flickr

Guarda tutte le foto

Advertise Here

LINK