Categoria | Politica-Economia

Progetti espansionistici ISIS in altri paesi islamici

Pubblicato il 08 dicembre 2014 da redazione

Mentre le nazioni dello schieramento anti-ISIS esitano a aumentare i propri sforzi, Kobane resta sotto assedio e nasce un califfato in Libia.

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Donne soldato curde alla difesa di Kobane.

Il fronte oggi, alla fine del 2014

In un Medio Oriente insanguinato e irriconoscibile rispetto alla sua mappa geopolitica di pochi anni fa, si combatte una guerra totale, una guerra che impone di schierarsi, di prendere una posizione. Perché chi l’ha lanciata, gli ultraintegralisti del Califfato Islamico non concepiscono accordi di alcun genere.

Puntano solo a una cosa: vincere e portare tutto l’Islam sotto le proprie bandiere.

La città siriana di Kobane, nella regione di confine con la Turchia, resiste ormai da questa estate agli assalti dei soldati dell’ISIS.

Tra le macerie, per la prima volta gli stremati guerriglieri Peshmerga curdi sembrano sul punto di respingere gli assalitori, che stanno tentando il tutto per tutto a colpi di kamikaze imbottiti di esplosivo, artiglieria e assalti corpo a corpo, casa per casa, bunker per bunker.

Se la città riesce a resistere ai radicali islamici è anche grazie al supporto di armi, materiali e informazioni che i paesi occidentali e arabi “moderati” hanno deciso di fare fluire in questa città simbolo della resistenza.

E dall’appoggio aereo che i jet militari stanno assicurando sul campo a suon di bombe al laser e missili teleguidati.

Anche i modernissimi droni teleguidati sarebbero impiegati nella caccia delle postazioni e dei comandi dell’esercito islamico, il che sembra probabile visto il loro esteso uso nella campagna in Afghanistan degli anni scorsi.

Kobane non ha un interesse particolare dal punto di vista strategico, ma è lo stesso fondamentale per tutti.

Se l’ISIS si facesse fermare qui sarebbe la prima sconfitta da quando ha lanciato la sua guerra di conquista.

Per le nazioni occidentali, in primis per gli Stati Uniti, la perdita di Kobane confermerebbe l’incertezza e la mancanza di unione nel combattere il Califfato.

Per i paesi arabi contrari all’ISIS sarebbe una sconfitta di fronte a rivali e nemici, interni soprattutto.

TOPSHOTS-TURKEY-SYRIA-CONFLICT-KURDS

I combattimenti senza quartiere a Kobane, la città che resiste, anche se oramai è quasi rasa al suolo.

Si dice che l’ISIS abbia perso più di mille soldati tra morti, feriti e catturati, secondo ammissione degli stessi fondamentalisti.

La Turchia stessa ha dovuto iniziare a rivedere le sue posizioni, permettendo alle forze curde di attraversare la frontiera.

Fino a oggi Ankara aveva usato la guerra nella vicina Siria per chiudere la lunga partita con i curdi, specie quelli di ispirazione comunista del PKK (inserito dagli U.S.A. nell’elenco dei movimenti terroristici, così come l’ISIS…), che rivendicano il diritto di creare un Kurdistan nei territori a cavallo fra Siria, Iraq e Turchia.

Per la prima volta dal cessate il fuoco del 2013, ha ripreso le operazioni militari contro il PKK nel Kurdistan siriano e iracheno, usando l’aviazione per colpire i comandi curdi nel villaggio di Daglica.

Sicuramente il momento non è stato scelto a caso…

Ma questa volta non ha potuto contare sul silenzio degli alleati della NATO.

Pesa molto l’ambiguità dimostrata dal premier Erdogan nel tenere aperta la frontiera ai volontari occidentali che vanno ad arruolarsi nell’esercito islamico e nel permettere il contrabbando di petrolio iracheno che arriva dalla regione di Mosul, occupata dal Califfato.

L’opinione pubblica mondiale già guarda con preoccupazione alle tentazioni autoritarie del suo governo e alla rinascente spinta religiosa interna… ma Erdogan si sente forte dal punto di vista politico, tanto da tenere una propria linea, diversa in parte da quella della stessa NATO, di cui il paese è storicamente parte.

Un gioco molto pericoloso, di cui qualcuno chiederà conto alla Turchia, prima o poi…

Delle 40 mila persone che abitavano a Kobane, ormai ne restano forse 4 mila, alla cui sopravvivenza provvedono i combattenti curdi, gli altri sono scappati o sono morti sotto gli attacchi dei filogovernativi siriani o delle orde dei miliziani fondamentalisti.

La recentissima notizia dell’arresto di Sajaa Al Duleimi, una delle mogli dell’autoproclamato emiro dell’ISIS Abu Bakr Al-Baghdadi, è un bel colpo, per quanto smentita da alcune fonti.

E’ stata fermata con la figlia dagli agenti del servizio segreto libanese vicino al confine siriano, molto probabilmente con la collaborazione con le forze filo iraniane di Hezbollah e di servizi di intelligence occidentale.

Anche un luogotenente del Califfo sarebbe stato convinto a “cambiare campo” e la sua defezione avrebbe portato vitali conoscenze sull’organizzazione interna dell’ISIS.

Ma dopo mesi di silenzio e le voci che lo davano gravemente ferito in un bombardamento, ha inviato un audio messaggio a tutti i combattenti della jihad islamica, chiara risposta per chi volesse cedere a facili ottimismi.

Se nella zona di Kobane i fondamentalisti sono stati costretti a fermarsi e in alcuni casi respinti, in Siria nelle zone a est di Damasco, così come nella regione della capitale irachena, Baghdad, le forze ISIS tengono ancora saldamente l’iniziativa militare.

Infatti, l’efficientissima propaganda del governo islamista di Raqqa, la capitale del Califfato, ha dato grande risalto alla cattura di tre jet dell’aviazione siriana nella base aerea di Tabaqa, di cui uno probabilmente ripreso in volo, ai comandi di piloti disertori iracheni.

Certo si tratta probabilmente di vecchi MiG 21 di costruzione russa, in cattivo stato manutentivo, ma comunque velivoli ad alte prestazioni e ottimi nell’assalto al suolo.

Con il fiume di danaro che le ricche elites sunnite, dei paesi della penisola araba, continuano a garantire non sarà difficile trovare sul mercato nero pezzi di ricambio per tenerli in efficienza.

L’incubo è che l’ISIS possa dotarsi di una sua forza aerea procurandosi altri velivoli, di più nuova generazione, si sta facendo più concreto.

E’ notizia fresca di questi giorni, ammessa dagli stessi Stati Uniti, che l’Iran ha fatto un passo ulteriore nella crisi: aerei da guerra di Tehran hanno iniziato a entrare nello spazio aereo dell’ex nemico iracheno per andare a bombardare avanguardie e retrovie dell’ISIS nella regione di Diyala, secondo un accordo tra i due stati.

Allo stesso tempo, aumenterà il numero di consiglieri militari e di rifornimenti alle traballanti truppe irachene.

In Iraq però ci sono anche già almeno 3 mila militari statunitensi che svolgono da tempo questo lavoro, il che rende la situazione quantomeno imbarazzante.

Il portavoce del pentagono, l’ammiraglio John Kirby, ha voluto sottolineare in conferenza stampa che le forze della coalizione, in primis quelle americane, non hanno alcuna forma di coordinamento con quelle iraniane, seppure perseguano lo stesso fine.

Tra le cause che hanno portato alla sconfitta del partito democratico nelle elezioni di medio termine in U.S.A. vi è stata anche la previsione sbagliata sullo sviluppo della crisi mediorientale e l’inerzia americana mentre le forze ISIS si organizzavano.

IRAQ-UNREST-PKK-WOMEN

Le donne curde si sono guadagnate negli anni la reputazione di combattenti coraggiose e determinate. A Kobane oggi il loro sacrificio quotidiano è quasi diventato una leggenda. Sanno che in caso di cattura, come donne e non credenti, le aspetta un destino terribile.

Il presidente Obama si trova in una posizione interna di debolezza e questo rischia di avere un peso anche nella leadership dello schieramento anti – ISIS.

Il presidente iraniano Hassan Rohani ha infatti dichiarato che l’Occidente sta facendo ancora troppo poco per sostenere l’Iraq e tutto il Medio Oriente in una lotta che è per la propria sopravvivenza.

L’Iran ha già inviato in Siria contingenti dei Quds, le forze di elite dell’esercito iraniano che si sono andate ad affiancare alle milizie filo iraniane Hezbollah (di stanza in Libano e in guerra costante con Israele) sin dall’inizio dell’anno.

Di fatto gli Stati uniti, così come gli altri paesi dello scacchiere occidentale, si trovano nella strana situazione di essere di fatto nello stesso schieramento senza ufficialmente parlarsi. La Siria del presidente Assad, contro cui Washington ha addirittura pensato di promuovere un intervento militare quando la repressione della primavera araba è diventata guerra civile, coi gas usati indiscriminatamente sui civili inermi.

E’ quell’Iran, con cui i rapporti sono difficilissimi sin dai tempi della rivoluzione islamica del 1979, con la violazione dell’ambasciata americana a Tehran e la presa in ostaggio della delegazione diplomatica.

Teheran è ancora nel mirino del governo americano per le preoccupazioni che dà il programma di sviluppo nucleare iraniano, ufficialmente solo per usi civili.

Del resto, l’Iran non può restare inerte mentre un’altra forza minaccia seriamente di sfilargli il primato di potenza islamica e di guida contro i “grandi Satana impuri” dell’occidente, in primis verso “ l’imperialismo degli U.S.A.”

Anche se si riuscisse a contenerne l’avanzata sul campo, l’ISIS, ha già raggiunto uno scopo importante: creare uno stato in cui applicare la sharia nel modo più intransigente e portare pericolosamente a contatto paesi con rapporti politici tesi o inesistenti, che hanno più volte sfiorato la crisi militare negli ultimi anni.

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Durante i combattimenti per l’aeroporto internazionale di Tripoli, numerosi jet di linea sono stati distrutti al suolo, secondo alcune fonti da parte di aerei degli Emirati Arabi in collaborazione col le forze armate egiziane. Tuttavia alcuni aerei risultano scomparsi e si teme siano caduti nelle mani della colonna libica dell’ISIS.

L’ISIS guarda all’esterno: esportare la crisi.

Tuttavia è sul campo strategico e politico che i vertici dell’ISIS stanno dimostrando proprio in questi ultimi giorni dell’anno di avere una marcia in più rispetto ai governi dei Paesi che lo stanno affrontando.

Molto più capace di reagire al mutare del contesto politico-bellico, la cui mano può arrivare anche a grande distanza dal proprio territorio fisico.

La nuova offensiva del Califfato islamico è quella di esportare la “guerra santa” fino alle porte dell’Europa.

Il successo dell’azione dell’ISIS si misura ora soprattutto con la capacità di affiliare i gruppi combattenti di ispirazione salafita che già operano nel quadrante afro – asiatico.

Un continuo e incessante lavoro degli uomini del CaliffoAbu Bakr al Baghdadi, i commessi viaggiatori della guerra che continuano a raccogliere adesioni con il fervore religioso e milioni di dollari alla mano… con l’aiuto delle centinaia di siti su internet e sui social network in arabo che li precedono, propagando il verbo rivoluzionario nel mondo.

A ottobre il gruppo Ansar Bayt al-Maqdis, che opera nella regione del Sinai e che operava in seno ad Al Qaeda, ha annunciato di aver stretto alleanza con l’ISIS.

Già altri gruppi avevano annunciato di cambiare schieramento, perché l’ISIS ha dimostrato di saper rilanciare e realizzare gli obbiettivi che già Al Qaeda si era data, con una capacità organizzativa e con mezzi tecnologici ben superiori.

Il gruppo Ansar Bayt al-Maqdis ha le sue basi clandestine in territorio egiziano e si è segnalato per una serie di attentati suicidi in stile Jiadhista contro il gasdotto che collega l’Egitto a Israele. Recentemente i suoi attacchi sono arrivati a colpire le posizioni militari israeliane con tattiche e mezzi decisamente più raffinati, segno della presenza dei consiglieri militari del califfato.

I Nigeria, i terroristi della famigerata organizzazione Boko Haram (che in lingua Hasa significa “l’educazione occidentale è peccato”) si sono alleati ufficialmente con l’ISIS a luglio.

Dal 2001 terrorizza i villaggi e le città Nigeriane con assalti, attentati suicidi e rapimenti (indirizzati in primis verso le comunità cristiane e le autorità governative), lasciando sul terreno centinaia di morti negli scontri con le forze armate nigeriane.

L’azione più eclatante a livello internazionale fu il rapimento ad aprile di 200 studentesse del liceo della città di Chibok, costrette con la violenza a convertirsi all’islam e poi vendute nei territori occupati da Boko Haram come schiave o date in sposa a combattenti del gruppo.

L’ultimo colpo, gli attentati suicidi nel mercato e nella moschea della città di Kano dello scorso 28 novembre, contro i leader islamici moderati, in primis l’emiro di Kano, nemici dichiarati di Boko Haram.

Azioni largamente propagandate con videomessaggi, il che fa pensare già a una riorganizzazione dei metodi del gruppo sotto l’egida del Califfato.

Questo vorrebbe dire, forse, un probabile passaggio all’ISIS dell’organizzazione sorella Al Shabab che opera in Somalia e che già controlla le attività dei pirati nei mari tra il corno d’Africa e l’Oceano Indiano,

Ma la situazione peggiore e più preoccupante riguarda la Libia, a pochi chilometri dalle nostre coste.

Nella guerra civile a sfondo tribale in cui è caduta lo stato dopo la morte del colonnello Gheddafi, l’ISIS si è infiltrata subito conquistando un vasto territorio della ex repubblica fino alle città di Bengasi e Tripoli.

Nella città di Derna, il gruppo Ansar Al Sharia ha fondato un Califfato islamico alleato con l’ISIS, che si contrappone al governo instaurato a Tobruk dai gruppi filoccidentali.

Arrivano le prime notizie dell’imposizione della sharia, con le punizioni in pubblico per chi fuma o beve alcool e le decapitazioni degli oppositori.

Ansar Al Sharia ha aperto in questa zona importantissima decine di campi di addestramento militare, dove i volontari provenienti dai paesi del Nord Africa e del Sahel vengono preparati militarmente e ideologicamente a raggiungere i territori siriani e iracheni per combattere nell’esercito dei fondamentalisti.

Gli stati vicini potrebbero da qui essere facilmente infiltrati da “quinte colonne” che fomenterebbero la rivolta e il caos.

Ma anche preparare agenti all’infiltrazione, magari approfittando del tragico traffico di migranti e profughi che attraversano il Mediterraneo verso le nostre coste.

E’ questo lo scenario più temuto dagli analisti internazionali: se l’azione della nuova colonna dell’ISIS dirigesse i propri sforzi verso l’Egitto, questo stato già provato dalle violenze interne e dal colpo di stato militare potrebbe cadere in un nuovo e devastante inferno.

A quel punto rimarrebbe solo il piccolo regno di Giordania, con una storia recente difficile e una composizione sociale complessa, tra le forze dell’ISIS e l’Arabia Saudita.

Sottovalutare ciò che sta accadendo in Libia potrebbe essere un grave errore.

di Davide Migliore

Linkografia

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http://www.lastampa.it/2014/10/17/esteri/lisis-si-impossessa-di-tre-caccia-addestrano-piloti-ad-aleppo-Zv5ncFNQcWkBtV1VFD17PP/pagina.html

http://www.corriere.it/inchieste/reportime/societa/i-curdi-denunciano-turchia-aiuta-isis/1fe8fc7c-4279-11e4-8cfb-eb1ef2f383c6.shtml

http://www.panorama.it/news/oltrefrontiera/perche-turchia-combatte-i-curdi-aiuta-islamico/

http://www.theatlantic.com/infocus/2014/10/the-battle-for-kobani/100828/

http://www.quotidiano.net/isis-strage-tribu-1.323732

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/mediooriente/2014/12/04/isisdonna-arrestata-ex-moglie-califfo_f40dd078-785b-4710-95f7-4002da6ffbc4.html

http://www.agi.it/estero/notizie/gli_007_beffano_l_isis_arrestata_moglie_del_califfo-201412021436-est-rt10121

http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2014/12/3/ISIS-Anche-Teheran-contro-lo-Stato-Islamico-Il-Pentagono-iniziati-raid-iraniani-oggi-3-dicembre-2014-/561244/

http://it.wikipedia.org/wiki/Rivoluzione_iraniana

http://www.theguardian.com/world/2014/nov/28/nigeria-multiple-bomb-blasts-kano-mosque

http://it.wikipedia.org/wiki/Boko_Haram

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Bringbackourgirls-boko-haram-nigeria-jihad-200-ragazze-ancora-disperse-723a13cf-1c29-4f35-b54a-8f7978a7d072.html

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/11/per-litalia-e-pericolo-e-la-libia-una-somalia-alle-porte-delleuropa/1117579/

http://www.huffingtonpost.it/2014/10/07/isis-libia_n_5946532.html 

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