Se le api muoiono arrivano i droni

Pubblicato il 24 febbraio 2014 da redazione

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Quando mangiamo una mandorla, una barbabietola, un’anguria o anche quando beviamo un caffè, stiamo degustando il frutto di un complesso lavoro tra fiori e impollinatori, le api. Ma cosa succederebbe se le api scomparissero dalla faccia della terra?

«Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra all’umanità non resterebbero che quattro anni di vita!» questa la frase capitale che alcuni sostengono sia stata pronunciata da Albert Einstein. Ma anche se il famoso fisico della relatività non l’avesse mai pronunciata, resta il fatto che questo triste giorno pare, alla fine, sia arrivato.

A giugno del 2013, nel Rhode Island, un negozio del gruppo Whole Foods, per sottolineare l’importanza del lavoro di impollinazione delle api domestiche occidentali (Apis mellifera), tolse temporaneamente dagli scaffali delle corsie tutti i prodotti che, in un modo o nell’altro, dipendevano dal lavoro delle piccole instancabili operaie. Risultato, 237 prodotti su 453 non vennero esposti.

Questa singolare, quanto efficace operazione di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, servì a sottolineare un inquietante e misterioso fenomeno: la scomparsa improvvisa di un terzo delle colonie di api americane, classificato in seguito dagli studiosi come “sindrome dello spopolamento degli alveari”.

Nelle torbiere del Maine, dove proliferano rigogliose le coltivazioni di mirtilli, il contributo economico stimato per il solo lavoro di impollinazione svolto dalle api, tra l’altro a titolo assolutamente gratuito, si aggira intorno ai 15 miliardi di dollari l’anno.

Questo fenomeno, iniziato nel 2006, venne notato dagli apicoltori che rimarcarono l’improvvisa e completa assenza dei piccoli insetti da molti dei loro alveari: miele e cera erano presenti, ma delle api nemmeno l’ombra.

Da allora sono passati almeno sei anni, ma le api continuano a morire al ritmo impressionante del 40% all’anno, e la loro assenza sta mettendo in crisi le molte coltivazioni che dipendono completamente dal loro importante contributo, oltre a tutto il sistema agricolo e alimentare.

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Neonicotinoidi e l’acaro parassita Varroa destructor.

Sembra che la causa della scomparsa delle api sia da addebitare ad alcuni pesticidi, chiamati neonicotinoidi, mortali per le api, anche a bassissimi dosaggi , oltre ad altri agenti tra i quali un acaro parassita il Varroa destructor che imperversa tra gli alverari fin dagli anni ‘80.

Secondi gli studiosi, i neonicotinoidi usati su oltre un centinaio di diversi tipi di raccolti sono molti e tutti diversi. Introdotti a metà degli anni ’90, i neonicotinoidi contaminano i semi prima ancora che gli stessi vengano piantati, raggiungendo ogni parte matura della pianta ed entrando in contatto con gli insetti attraverso il polline  e il nettare. La loro persistenza è di molto superiore ai comuni pesticidi e il loro uso è divenuto comune perché, paradossalmente, meno nocivi per l’uomo, quotidianamente esposto a questi agenti.

Per le api invece gli effetti sono devastanti. I neonicotinoidi aggrediscono il sistema nervoso delle piccole operaie, mentre percorrono in lungo e in largo grandissimi territori, percorrendo fino a 8km al giorno, invalidando il loro sistema di volo e di orientamento, senza ucciderle subito, ma di fatto indebolendole anno dopo anno, fino alla disfatta completa, improvvisa e definitiva.

Sebbene non vi siano prove certe sulla totale responsabilità dei neonicotinoidi, è pur vero che lo spopolamento dei gli alveari coincide con la loro introduzione, ormai onnipresente in quasi tutte le coltivazioni.

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Alcuni esempi di piante e frutti che dipendono dall’impollinazione delle api.

La Commissione Europea ha deciso che a partire dal 2013,  per due anni consecutivi, i neonicotinoidi saranno proibiti. L’EPA invece  non intende vietarli, almeno fino a quando non verrà dimostrata con certezza la completa responsabilità dei neonicotinoidi nella morte delle api.

Altri studi addebitano, invece, la moria delle api e l’abbandono degli alveari a un acaro parassita, il Varroa destructor, che scava tra le celle delle larve e con la sua lunga lingua bifida buca l’esoscheletro e lì succhia l’emolinfa e contamina le larve con altre malattie, provocandone la morte in breve tempo.

A partire dal 1987, si conta che quest’acaro abbia già sterminato diversi miliardi di api.

Altri studiosi addebitano la morte dei piccoli insetti a malattie batteriche e virali e anche alla mancanza di spazi incontaminati che permettano loro di procurarsi il cibo che gli necessita. In particolare non giovano le grandi monocolture di mais e soia, completamente prive di nettare e polline: un vero deserto dei Tartari!

La sempre maggiore diffusione di monoculture OGM, create nei laboratori di aziende biotech come la Monsanto ha determinato, infatti, la perdita di biodiversità genetica che sta contribuendo, non poco alla moria delle api.

Sia come sia, sembra che nessuno sappia che pesci prendere e intanto un importante anello della catena alimentare, presente sulla terra da diversi milioni di anni, rischia di scomparire per sempre lasciando dietro di sé un buco di lavoro biologico che avrà come unica conseguenza una quota importante di cibo in meno per tutti.

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Salvare le api o l’impollinazione? Che domande l’impollinazione!

Come al solito l’uomo non cambia strada né registro e, come sempre, sceglie la strada più breve e il minimo sforzo.

La soluzione arriva dall’Università di Harvard e Northeastern, dove un team di scienziati ha pensato di impollinare i fiori con delle api robot. Sostanzialmente si tratta di piccoli eserciti di droni impollinatori.

Il progetto, denominato Micro Air Vehicles, iniziato nel 2009, per sopperire alla scomparsa graduale delle api, prevedeva di imitare in tutto e per tutto il loro complesso sistema di lavoro di squadra, sia nell’alveare sia nell’impollinazione e soprattutto di riprodurne dei piccoli esemplari artificiali, le Robobee, piccoli robot, costruiti in titanio e plastica, capaci di impollinare le ciclopiche distese di colture OGM.

Il laboratorio di microrobotica di Harvard ha lavorato sul progetto di veicoli Micro Air attingendo alle conoscenze sviluppate in ambito biomeccanico e studiando l’organizzazione sociale delle api.

Il team di ricercatori sta costruendo piccoli robot alati, adatti a volare di fiore in fiore, immuni alle tossine di neonicotinoidi, gocciolanti dai petali dei fiori, per diffondere il polline. Gli scienziati credono anche di riuscire molto presto a programmare le piccole api-robot a vivere in un alveare artificiale, coordinandole attraverso differenti algoritmi, su diversi metodi di impollinazione, in modo da dirigerle su colture differenti.

Naturalmente, i rapporti pubblicati dal laboratorio di microrobotica di Harvard,  descrivono anche i potenziali usi militari che si potrebbero ricavare, come quelli di sorveglianza e mappatura o di protezione civile per localizzare persone intrappolate a seguito di disastri e catastrofi.

Per fortuna o per sfortuna, a secondo dei punti di vista, le piccole api robot non sono ancora state dotate di pungiglioni retrattili, provvisti di neurotossine.

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Il Progetto Micro Air Vehicle
L’obiettivo principale del progetto è quello di progettare dell’hardware e del software capaci di funzionare come “un cervello vero” in grado di controllare il volo e di intuire la natura degli oggetti incontrati sulla propria traiettoria e di coordinare i diversi processi decisionali impliciti alle diverse attività svolte e infine di simulare il sofisticato comportamento di una vera e propria colonia di insetti.

Occorrerà sviluppare degli algoritmi che presiedano a metodi di comunicazione tra le api-robot (come per esempio la possibilità per queste piccole macchine di parlare tra loro, a livello individuale e nell’alveare ), e degli strumenti di programmazione global to local per simulare le modalità attraverso le quali i gruppi di api dipendono le une dalle altre e si coordinano tra loro per esplorare i territori e procurarsi il cibo.

Una realtà surreale e affascinante, ma al contempo inquietante, che lascia un senso di vuoto, di impotenza e di tristezza, perché sembra sempre più inevitabile l’irreversibilità dei grandi cambiamenti naturali in atto.

di Adriana Paolini

 

Linkografia:

http://www.mieliditalia.it/varroa.htm

http://it.wikipedia.org/wiki/Varroa_destructor

http://www.ilfattoalimentare.it/commissione-europea-stop-neonicotinoidi-salva-api.html

http://www.efsa.europa.eu/it/press/news/130116.htm

http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/image/2013/rapporti/Api_in_declino.pdf

http://pesticidinograzie.wordpress.com/2013/03/03/uccidere-la-api-e-gli-impollinatori-selvatici-ci-portera-alla-fame/

http://www.youtube.com/watch?v=VxSs1kGZQqc

http://www.youtube.com/watch?v=b9FDkJZCMuE

http://www.wyss.harvard.edu/

http://micro.seas.harvard.edu/

http://micro.seas.harvard.edu/research.html

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