Categoria | Scienza e Tecnologia

Burt Rutan: Scaled Composite prende il volo

Pubblicato il 11 marzo 2013 da redazione

Immagine 2 (alternativa). courtesy of Scaled Composites

Courtesy of Scaled Composites.

Quando le ruote del Voyager toccarono la pista della base aerea di Edwards la mattina del 23 dicembre 1986, nella vita di Elbert Leander “Burt” Rutan  qualcosa era definitivamente cambiato. Il successo del volo record attorno al globo, senza scalo e senza alcun rifornimento, aveva  portato il suo geniale progettista, da eclettico pioniere di un nuovo modo di immaginare gli aerei, alla reputazione di grande padre dell’ingegneria aereonautica. Aveva anche dimostrato senza dubbio il successo del suo metodo di lavoro, applicato sin da quando da ragazzo provava a relizzare le proprie idee nel garage di casa: piccoli gruppi lavoro fortemente integrati, con competenze diversificate in più campi e con una forte propensione al rischio di impresa. Ma allo stesso tempo persone con una grande capacità di ottimizzare l’utilizzo delle risorse economiche, per definizione sempre scarse. Pensare in grande e arrangiarsi con poco insomma, mica facile… ma Rutan aveva ragione da vendere: le ricerche sui materiali compositi, cioè carbonio, grafite, resine epossidiche, microfibre di vetro, che lui stesso aveva portato avanti nelle applicazioni aereonautiche stavano divenendo la nuova frontiera nello sviluppo dei materiali alternativi, i suoi successi fecero da volano per moltissime altre aziende coinvolte nel campo, così come per la ricerca a livello universitario.

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Il catamarano Stars & Stripes con le sue innovative soluzioni tecnologiche, alla cui progettazione e realizzazione Burt Rutan partecipò attivamente. La barca, al comando di Dennis Conner, nel 1997 e nel 1998 ottenne due memorabili vittorie nelle regate della Coppa America.

I progetti su commissione  e le richieste di collaborazione  arrivavano alla Scaled Composites quasi da ogni settore. Infatti, nel 1987 Rutan  venne coinvolto nella progettazione del catamarano Stars & Stripes con cui lo skipper statunitense Dennis Conner andò a gareggiare e vincere una memorabile edizione della celebre America’s Cup, forse tra le regate più famose nel mondo. Parte dei disegni degli scafi, la costruzione delle derive e dell’albero della barca, il cui profilo richiamava l’ala di un velivolo, furono opera di Burt Rutan e della sua azienda.  E il progetto venne completato in sole 10 settimane… Verso la fine degli anni ‘80 Rutan si sentì pronto per iniziare a progettare anche aerei  di classe superiore rispetto ai velivoli da turismo leggeri che avevano fatto il suo successo fino a quel momento.

Starship

Il Beechcraft Starship 2000 in volo. Straordinariamente avanzato ed innovativo, il primo aereo executive completamente realizzato in materiali compositi, fu protagonista di un immeritato flop commerciale, dovuto a cause diverse che ne hanno appannato il valore. I pochi esemplari rimasti efficienti sono oggetto quasi di una venerazione da parte degli appassionati e la loro quotazione oggi è in costante crescita…

Ne è un esempio Beechcraft Starship 2000: dal 1982 la compagnia Beechcraft, nota per i suoi aerei bimotori executive, aveva preso contatto con Rutan. Il risultato della joint venture fra le due società fu il Model 115, un dimostratore che portò nel 1988 alla costruzione dello Starship 2000. Velivolo caratterizzato da grande ala a delta, con winglets stabilizzatrici e di controllo direzionale alle sue estremità, superfici di controllo Canard anteriori e due motori ad elica in configurazione spingente sulla parte posteriore: la formula progettuale cara a Rutan, lo abbiamo già visto, che per la prima volta veniva proposta nel segmento dei velivoli “d’affari”, capaci di coniugare prestazioni e comfort di prim’ordine. Inoltre, fu il primo aereo di quella categoria ad essere prodotto in serie e costruito interamente in materiali compositi, per  lo più pannelli di grafite e carbonio. La cabina poteva ospitare fino a 8 persone, più due piloti ed aveva una struttura integrale realizzata completamente in vetro speciale dalla Raytheon. Ma la Beechcraft insistette per installare tutta una serie di accessori e attrezzature all’avanguardia, che aumentarono il peso dell’aereo, mantenendo la motorizzazione con due Pratt & Witney PT6A da 860 cavalli massimi ciascuno, prevista nel progetto originale. Inoltre, i tecnici della Federal Aviation Administration (l’ente di federale americano di controllo in campo areonautico), ci misero del loro poiché per certificare al volo lo Starship chiesero forti irrobustimenti della cellula in più punti, preoccupati dalla mancanza di esperienza con i compositi. Questo rese in parte vani i vantaggi acquisiti con l’impiego dei materiali superleggeri: eppure l’aereo restava superiore al Beechcraft King Air, che doveva sostituire,  a riprova della bontà delle formule sviluppate da Burt Rutan.

Secondo la testimonianza di alcuni piloti la disponibilità al decollo senza problemi si attestò oltre il 97% : quindi l’aereo di Rutan era estremamente efficiente e sicuro.

La necessità di creare una procedura industriale per la produzione di un aereo così innovativo, di studiare i comportamenti del velivolo e creare i sistemi di sicurezza più appropriati prolungarono però la fase di sviluppo fino al 1989, quando fu lanciato sul mercato ad un costo tutt’altro che economico di 5 milioni di dollari ad esemplare, durante una crisi economica che restrinse il mercato dei velivoli d’affari.

A quel punto erano già disponibili gli aerei a reazione della concorrenza, i Cessna Citation  V e Learjet 31, al costo di circa 3 milioni e mezzo di dollari. Nemmeno la decisione della Raytheon Aviation Services – Beechcraft di farsi carico delle manutenzioni e dell’assistenza in prima persona riuscirono a rilanciare l’aereo, anzi fu vista come un segno negativo dal mercato. Quando nel 1995 l’economia internazionale finalmente diede segni di ripresa, la Beechcraft ormai aveva deciso di tornare alla progettazione di modelli più convenzionali. Del rivoluzionario Starship furono costruiti solo 11 esemplari, di cui ad oggi ne risultano in condizioni di volo solo 5. Gli altri furono ricomprati dalla Beechcraft e demoliti, in quanto la gestione fu giudicata antieconomica.

Verso lo spazio

Certamente a Burt Rutan non sfuggirono i motivi di questo fallimento, non dovuti certo al velivolo, e seppe farne tesoro. Perché Burt Rutan (Mojave’s Magician, il mago di Mojave, come incominciava ad esser conosciuto in giro per il mondo), e i “ragazzi terribili” della Scaled Composites, guardavano già avanti: nel 1995 un gruppo di scienziati e di imprenditori aveva creato la fondazione X Prize, il cui scopo era di promuovere gli investimenti privati nel campo della  navigazione aerospaziale e dimostrare che anche gruppi imprenditoriali o compagnie private potevano creare mezzi capaci di volare oltre l’atmosfera, nello spazio esterno, con progetti economicamente sostenibili.

Durante la cosiddetta “corsa allo spazio” dagli anni 60 fino a quel momento la navigazione esterna all’atmosfera e l’esplorazione spaziale erano stati appannaggio di enti e organi statali, i soli a poter contare sugli enormi finanziamenti necessari a sviluppare le tecnologie per costruire vettori e navicelle spaziali.

La fondazione pensò ad una gara, con un premio di 10 milioni di dollari americani per chi avesse per primo costruito un velivolo pilotato capace di portare tre persone a 100 chilometri di altitudine, il limite convenzionale tra atmosfera terrestre e spazio, in due voli consecutivi alla distanza di soli  14 giorni l’uno dall’altro. Il premio è stato chiaramente ispirato all’Orteig Prize, che nel 1927 mise in palio 25.000 dollari per il primo pilota capace di volare da New York a Parigi senza scalo.

La storia ci dice che il premio fu vinto da Charles Lindbergh, che così poté costruire lo Spirit of St. Louis e realizzare l’impresa: come la traversata dell’Oceano Atlantico fece da volano all’industria aeronautica e all’aviazione civile (una realtà planetaria che si stima oggi abbia un valore di oltre 200 miliardi di Euro), così un volo orbitale potrebbe aprire le porte dello spazio esterno ai viaggi interspaziali e alla colonizzazione umana del sistema solare.

Anouseh ed Amir Ansari, giovani ingegneri aerospaziali di origine iraniana e imprenditori di successo, aderirono entusiasticamente al progetto della fondazione donando alcuni milioni di dollari, per cui in onore della famiglia Ansari, il premio prese il nome di Ansari X Prize. Burt Rutan non poteva non essere attirato da una sfida del genere: se fosse stato in grado di costruire un mezzo riutilizzabile, capace di uscire dall’atmosfera e raggiungere quote suborbitali, a un costo ragionevole, si sarebbero potute coprire distanze enormi in tempi brevissimi. Perché non pensare ad un futuro prossimo in cui prendere un aerospazioplano sia come adesso salire su un jet di linea?  Rutan e la Scaled Composites si misero immediatamente al lavoro, mettendo a punto il progetto “Tier One”. Rutan seguendo le specifiche stabilite nel concorso, disegnò una navicella a tre posti, con una forma che ricordava un sigaro, in cui l’abitacolo costituiva una forma unica, a struttura portante, senza interruzioni, come l’esoscheletro di un insetto. Nella parte posteriore venne alloggiato il motore a razzo e i serbatoi dei propellenti, con l’ugello di scarico esterno. La struttura/fusoliera era realizzata in un composto di grafite (un minerale costituito da carbonio in una particolare forma di aggregazione chimica) e resine epossidiche depositate a più strati l’una sull’altra, per garantire la tenuta alla cabina pressurizzata. Sulle superfici inferiori o comunque maggiormente esposte all’attrito con i gas atmosferici era stesa una copertura ulteriore di materiale termo riflettente. La velocità di rientro del mezzo non era certo paragonabile a quella di uno Shuttle o di un satellite, tuttavia il rischio di un danneggiamento del corpo della navetta avrebbe esposto l’equipaggio a un pericolo letale. All’interno, per tutto il volo veniva garantita pressione e composizione dell’aria come al livello del mare, con ossigeno contenuto in una bombola e assorbitori dell’anidride carbonica prodotta dalla respirazione, identici a quelli portati sulle stazioni spaziali. Il diametro medio del corpo navicella era di 1,52 metri. Dalla parte superiore della navicella si espandevano due corte ali, per 5 metri di apertura alare e 3 metri di larghezza, alle cui estremità due corte strutture portavano a stabilizzatori e comandi aerodinamici indipendenti, dalla caratteristica forma a ‘piuma di uccello’.

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Burt Rutan posa soddisfatto sulla fusoliera della prima navetta privata capace di uscire dall’atmosfera terrestre, lo SpaceShip One, durante una conferenza stampa sulla pista del Mojave Airport. Il velivolo mostra chiaramente la geometria variabile delle superfici di controllo che diventano anche degli aereofreni per controllare la velocità di rientro in atmosfera e di atterraggio.

Le superfici di controllo avevano un design particolare per poter essere efficaci a velocità sia inferiori, che superiori a quella del suono : trovare una configurazione di compromesso idonea impegnò molto Rutan ed i suoi tecnici, perché i due regimi di velocità, subsonico e supersonico, differiscono moltissimo e richiedono soluzioni aerodinamiche ben diverse. L’atterraggio era garantito da due carrelli a gambe di forza  indipendenti tra loro e un pattino anteriore. Curiosamente, per poter risparmiare peso, i carrelli venivano estratti dal corpo del velivolo per forza di gravità, aprendo i portelli e togliendo semplicemente le sicure. Non ci si poteva permettere sistemi di retrazione per cui una volta aperti, non si poteva più tornare indietro… ma l’aspetto più importante il meccanismo di rotazione delle estremità alari sul proprio asse longitudinale.

Tale soluzione serve a variare l’assetto aerodinamico e rallentare il velivolo. Nella fase di rientro in atmosfera avrebbe planato fino all’atterraggio esattamente come un aliante, del resto come faceva già lo Space Shuttle. Ma le somiglianze col mezzo della NASA finivano lì. Secondo i calcoli, la navetta doveva avere un peso a pieno carico di 3.600 chili, di cui 2.700 erano costituiti dai propellenti del razzo. Quindi l’intera struttura del velivolo, motore compreso, sarebbe pesata soli 1.200 chili! Il che lasciava parecchio margine di manovra per impianti, strumenti e comandi.

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La cabina della SpaceShip One al termine di un volo di prova, dal punto di vista del pilota. Si noti la razionalità e la modernità della avionica con cui è equipaggiata.

La strumentazione venne sviluppata in collaborazione con la Fundamental Technology  Systems, con dati del sistema controllo di volo proiettati su uno schermo a cristalli liquidi (LCD)  di modo che il pilota non debba mai distrarsi dal pilotaggio per controllare un dato da uno strumento. L’unità GPS adottata provvedeva allo stesso tempo a trasmettere via radio le comunicazioni  con il centro di controllo volo e anche i biodati per il controllo delle condizioni di salute dell’equipaggio.

Ma un ulteriore capolavoro venne compito da Rutan sul razzo propulsore. Constatato che spazio e peso non erano assolutamente sufficienti per un razzo convenzionale a propellente solido o liquido, scelse di installare un razzo cosiddetto “ibrido”, la cui costruzione venne commissionata alla società specializzata  SpaceDev. Il combustibile solido è Ossidrile Polibutadiene, ovvero la comune gomma sintetica poliuretanica, utilizzata in moltissimi oggetti di uso quotidiano. L’ossidante o comburente invece è costituito dal N20, della classe degli ossidi di azoto, a temperatura ambiente è un gas incolore dal vago odore dolciastro, noto anche come “gas esilarante” perché assunto in alta concentrazione ha un effetto euforizzante. In meccanica, sin dagli albori della motorizzazione è stata sfruttata una sua caratteristica peculiare: a pressione e temperatura elevate diventa estremamente aggressivo, l’ossigeno contenuto nelle sue molecole fornisce un apporto notevole alla combustione, rendendo massima la combustione e la resa dinamica per ogni grammo di carburante bruciato. Infatti è stato usato nei sistemi di sovralimentazione dei motori a scoppio, per esempio nei “dragster” che si sfidano nelle gare di accelerazione su pista. Dal serbatoio sotto pressione l’ossidante passa attraverso un innesco termico e entra nel contenitore del carburante solido che si incendia e brucia rapidamente ed efficacemente. Uscendo dall’ugello di scarico i gasi incandescenti  per reazione spingono la navicella in avanti imprimendole un’accelerazione decisa e continua. Ed anche l’impatto ambientale della combustione è relativamente contenuto: il motore emette essenzialmente vapore acqueo, biossido di carbonio e nitrogeno. Unico problema: una volta innescata la reazione, il motore non può essere spento o l’erogazione della spinta può esser controllata. Rutan disegna il corpo del motore come un tutt’uno dal contenitore del propellente solido, il condotto di scarico e l’ugello esterno. Chiamato CNT (Case, Throat, Nozzle), per questo disegno Rutan ha depositato un brevetto. Anch’esso costruito con materiali compositi in buona parte, tranne che l’ugello in metallo speciale, è l’unico componente monouso che deve essere sostituito dopo ogni volo.

Praticamente Rutan aveva creato la prima navetta spaziale privata,  che avrebbe dovuto volare più in alto di un aereo spia U2 e più veloce del velivolo sperimentale X 15, dovendo raggiungere e superare Mach 3,5, equivalenti a 3500 chilometri orari,  per sfuggire alla forza gravitazionale terrestre e infine raggiungere una quota superiore a quella del ricognitore ipersonico Lockheed SR 71.

Quanto alle emissioni del razzo, se fosse un’automobile inquinerebbe quanto una utilitaria di piccola cilindrata. Nel momento in cui il  razzo venne testato al banco di prova assieme al corpo della navicella, i risultati per vibrazioni e surriscaldamento furono sorprendentemente favorevoli. Piccola considerazione: il sistema di ancoraggio del motore alla cellula era stato realizzato con la tecnica detta a ‘cantilever’, ampiamente utilizata nell’architettura di grandi strutture per sospendere grandi masse anche molto lontano dal punto di fissaggio, come per le campate dei ponti sospesi. Questo ingegnoso sistema aveva permesso di avere un vano motore ‘a geometria variabile’, di modo che avrebbero potuto esser montati motori di disegno e dimensioni diversi. Il tutto era stato progettato come sempre in casa Rutan, secondo calcoli sulla dinamica dei fluidi e modelli matematici, con ampio uso di programmi informatici di simulazione.

Perché, altra delle sue convinzioni, Burt Rutan non usava le gallerie del vento per i suoi progetti: troppo costoso produrre molti modelli in scala e troppo lunghe le prove, roba da compagnie con grandi disponibilità di tempo e soldi…. Molti dei software tra l’altro sono stati messi a punto all’interno Scaled Composite stessa o adattando programmi comunemente in commercio.

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La SpaceShip One durante la costruzione negli hangar della Scaled Composite. Il progetto, per quanto geniale, aveva rischiato di arenarsi per la mancanza di fondi.

Ma tutta questa meraviglia rischia di restare un sogno sulla carta: realizzare il prototipo, svilupparne le tecnologie richiede un impegno finanziario immediato che la Scaled Composite non poteva affrontare.

E nemmeno la grande reputazione che Rutan si era creato nel campo imprenditoriale questa volta fu sufficiente a convincere banche e investitori. Ma il destino talvolta aiuta gli audaci… o meglio, semplicemente li fa incontrare.

Nel 1996 Burt Rutan incontra ad un convegno Paul Allen, fondatore con Bill Gates di Microsoft e, incidentalmente, uno degli uomini più ricchi del pianeta. Nel 1974, a soli 22 anni, assieme a Bill Gates avevano fondato la Microsoft e messo a punto il primo vero personal computer per la compagnia Altair, mentre Burt Rutan fondava la sua prima impresa aereonautica, la Rutan  Aircraft Factory.

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La navetta in atterraggio, alla velocità di 145 chilometri all’ora, al termine di un test di volo. Sulla parte posteriore della fusoliera si nota il numero di matricola N328KF, assegnato al velivolo dal registro della Federal Aviation Agency. Burt Rutan ha chiesto espressamente di avere questo numero di matricola: mentre la N rappresenta ogni velivolo civile che viene immatricolato negli Stati Uniti, il numero 328KF rappresenta i 328mila piedi (Kilo – Feet), ovvero i circa 100 chilometri di altitudine che lo SpaceShip doveva raggiungere, considerato il confine tra l’atmosfera terrestre e lo spazio esterno.

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Lo SpaceShip One in volo. Questa ripresa dal basso ci permette di apprezzarne il disegno non convenzionale, segno distintivo di ogni progetto di Rutan.

Nel 1982 Allen e Gates avevano sottoscritto il primo contratto con il colosso IBM per la fornitura di un’applicazione software da loro creata,  il vero trampolino di lancio per loro idee che avrebbero portato in pochi anni alla rivoluzione informatica del mondo, mentre nello stesso anno Burt Rutan fondava la Scaled Composites. Erano stati entrambi innovatori nei propri campi professionali e condividevano un’entusiastica (e molto americana) fede nella realizzabilità dei  propri sogni. Allen sin da ragazzo aveva nutrito una forte attrazione per il volo aerospaziale, tanto da andare ad assistere più volte ai decolli dello Shuttle da Cape Canaveral. Una volta mostratogli il suo progetto, Allen non ebbe alcuna esitazione ad affiancare Burt Rutan nell’impresa. Fondò con lui la Mojave Aerospace Ventures, staccando un assegno da 20 milioni di dollari dell’epoca per finanziarla. Adesso tutto era pronto, Rutan poteva finalmente dedicarsi pienamente a quello che meglio sa (e che più gli piace) fare:  realizzare le sue più ambiziose e visionarie idee.

Ed all’inizio del 2002 il sogno si era materializzato: dopo mesi di lavoro senza tregua lo SpaceShip One era una realtà ed era pronto per affrontare il volo.

di Davide Migliore
Fonti

Pagina dedicata alla biografia e alle realizzazioni dell’Ing. Rutan

http://it.wikipedia.org/wiki/Burt_Rutan

Focus, 2011, intervista a Burt Rutan

http://www.focus.it/Allegati/2011/3/145_gliaereipiupazzi_48017.pdf

Sito internet personale di Burt Rutan

http://burtrutan.com/burtrutan/BurtRutan.php

Biografia e eventi salienti nella vita professionale di Burt Rutan

http://www.space.com/19404-burt-rutan.html

Sito ufficiale della Scaled Composites, l’azienda costruttrice aeronautica fondata da Rutan

http://www.scaled.com/

Divertente video dal sito personale di Burt Rutan, carrellata dei progetti più importanti di Rutan e della Scaled Composite

http://vimeo.com/37318941

Il contributo di Burt Rutan all’America’s Cup

http://chevaliertaglang.blogspot.it/2012/06/americas-cup-1988-stars-stripes.html

http://www.scoop.it/t/wing-sail-technology/p/1957850865/dennis-conner-s-1988-catamaran-stars-stripes-us-1?tag=%231988AC

Storia del Beechcraft Starship 2000 / Model 115

http://www.pilotfriend.com/aircraft%20performance/Beech/starship.htm

Speciale della rivista Focus con intervista a Burt Rutan

http://www.focus.it/Allegati/2011/3/145_gliaereipiupazzi_48017.pdf

 “The Dew Line”, interview with Burt Rutan on Scaled Composite’s future, by Sthepen Trimble, 9 november 2011

http://www.flightglobal.com/blogs/the-dewline/2011/11/what-happens-to-scaled-composi.html

Paul Allen, co-fondatore assieme a Bill Gates della Microsoft e il suo appoggio al progetto SpaceShip One

http://www.space.com/19333-paul-allen.html

Tier One : Burt Rutan ed il primo progetto per l’Ansari X Prize

http://en.wikipedia.org/wiki/Tier_One

Pagine dedicate all’impresa aerospaziale dello SpaceShip One

http://www.infozine.com/news/stories/op/storiesView/sid/2573/

http://air-attack.com/page/34/SpaceShipOne.html

http://en.wikipedia.org/wiki/SpaceShipOne

Esperienza del progetto Tier One /SpaceShip One e cronologia dei voli

http://www.astronautix.com/lvs/tierone.htm

Rapida spiegazione su cosa siano le resine epossidiche

http://en.wikipedia.org/wiki/Epoxy

Teoria e pratica dei motori a razzo ibridi, a mix propellenti solido/liquido

http://en.wikipedia.org/wiki/Hybrid_rocket

Pagine del sito ufficiale dell’Ansari X Prize

http://space.xprize.org/ansari-x-prize

http://space.xprize.org/ansari-x-prize/scaled-composites

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