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William Shakespeare era inglese o italiano?

Pubblicato il 18 aprile 2014 da redazione

Shakespeares_BirthPlaceNell’aprile 1564 a Stratford, una cittadina sul fiume Avon, nasceva uno degli autori di teatro e poeti più universalmente conosciuti e studiati. Almeno questo è quanto ci insegna la storiografia ufficiale. Perché la verità potrebbe avere un altro volto.   

Italiano, di nobili natali, addirittura il possibile alterego di carta di una testa coronata. Nei secoli sono circolate diverse teorie sulla vera (perché da taluni gruppi ritenuta simulata) identità di William Shakespeare, il drammaturgo di cui quest’anno ricorrono i 450 anni dalla nascita nella cittadina inglese di Stratford-upon-Avon. Contro l’attribuzione al Sig. Scuotilancia (così suona la traduzione del cognome) di circa una quarantina di opere teatrali, senza contare la corposa produzione poetica (solo i Sonetti sono 154, senza contare i due poemi epici Venere e Adone, e Lo Stupro di Lucrezia, scritti nel periodo tra il 1592 e il 1594, quando i teatri furono chiusi per peste), deporrebbero alcuni elementi: la mancata evidenza di una formazione culturale all’altezza di quella che traspare dai lavori; la prova che conoscesse le lingue classiche (latino e greco) e straniere; l’assenza di qualsiasi testimonianza scritta di un suo allontanamento dalla patria e di un viaggio nel nostro Paese, circostanza che giustificherebbe la scelta di alcune città dello Stivale come ambientazione per alcune delle sue storie più conosciute come Romeo e Giulietta e il Mercante di Venezia (per essere precisi, 15 delle 37 opere teatrali coinvolgono l’Italia).

Scartabellando negli archivi storici

First_Folio_Shakespeare“Gulielmus filius Johannes Shakspere”. Riporta esattamente queste parole l’annotazione, in lingua latina, comparsa sul registro della parrocchia di Stratford-upon-Avon in corrispondenza della data del 26 aprile 1564, ad indicare il battesimo del terzo degli otto figli di John Shakspere, un fabbricante di guanti. La data precisa di nascita non è invece riportata. Tradizionalmente, però, gli studiosi tendono ad indicare il 23 aprile, giorno dedicato a San Giorgio, patrono d’Inghilterra. Del futuro più famoso drammaturgo inglese si perdono poi le tracce scritte sino al 1582, quando, all’età di diciotto anni, sposa Anne Hathaway, forse già in dolce attesa (elemento che si ricava sottraendo i canonici nove mesi – qualora non si sia trattato di parto prematuro – alla nascita della primogenita Susannah). Seguono nel 1985 i gemelli dizigoti Hamnet e Judith.

Si apre allora un lungo intervallo, conclusosi nel 1592, designato come gli “anni perduti”. Non sappiamo come il Bardo (uno dei tanti soprannomi utilizzati) li abbia trascorsi a Londra, dove nel frattempo si è trasferito. Il giovane Will deve però aver iniziato a cimentarsi con la scrittura se le sue opere arrivano a valergli una popolarità immediata e l’invidia degli autori a lui contemporanei. In un suo opuscolo Robert Greene, che muore proprio quell’anno, definisce l’astro nascente della drammaturgia un “corvo abbellito di piume altrui”, colui che “essendo un autentico Johannes Factotum si ritiene l’unico Scuoti-Scene del Paese”, muovendo di fatto la prima accusa (anche se di plagio e non di identità camuffata) nei confronti dello scrittore venuto dalla campagna. Di tenore opposto è il giudizio espresso da Francis Meres nel 1598: “Se Plauto e Seneca sono considerati presso i Latini il vertice della Commedia e della Tragedia, così Shakespeare presso gli inglesi eccelle in entrambe le forme”.

D’ora in poi il cammino è in discesa, lastricato di grandi successi universalmente conosciuti. I soldi non sono più un problema, William compra case, terreni, investe denaro nella gestione della compagnia teatrale in cui nel frattempo, oltre a recitare, è diventato, diremmo oggi, un azionista, i Servi del Lord Ciambellano (The Lord Chamberlain’s Men, poi mutatisi in King’s Men con il passaggio dalla dinastia Tudor a quella Stuart), facendo la spola tra l’attuale capitale inglese e il borgo natio, dove fa definitivamente ritorno pochi anni prima di morire. Lascia questa terra il 23 aprile (!) 1616, vent’anni esatti dopo aver perso l’unico figlio maschio, il già citato Hamnet. È tumulato nella chiesa parrocchiale di Stratford (la tomba con l’incisione funebre è ancor oggi visibile).

Shakespeare Quartos ProjectGli anti-Stratfordiani

Mentre la maggior parte dei critici ancora oggi concorda con il percorso umano e artistico sinora tracciato, altri, a partire dall’Ottocento, hanno via via avanzato ipotesi su chi potesse essere in realtà l’autore passato alla storia come William Shakespeare (anche l’ortografia del cognome, si vedrà, gioca un ruolo importante). Per taluni sarebbe Christopher “Kit” Marlowe, l’autore del Tamerlano il Grande, e del Doctor Faustus, morto, si dice, nel corso di una rissa nel 1593: contemporaneo del Bardo, secondo i “Marloviani” (così sono chiamati i seguaci della teoria) non sarebbe affatto passato a miglior vita. Di diverso avviso gli “Oxfordiani”, dal titolo nobiliare di Edward de Vere, diciassettesimo in linea dinastica a ricevere i diritti sull’omonima contea. Nel 2011 la sua figura storica è finita al centro del romanzo di John Underwood, “Il libro segreto di Shakespeare”, da cui nello stesso anno è stato tratto il film “Anonymous” diretto da Roland Emmerich. Occorre considerare che, in epoca Elisabettiana, quella teatrale era l’unica forma d’arte veramente popolare. A differenza di quanto accadeva con i lavori in prosa e con la poesia, le opere si presentavano alla portata tanto di una platea colta quanto di un pubblico composto da analfabeti. Il costo dei biglietti di ingresso, poi, era relativamente basso. In un contesto siffatto poteva un esponente dell’alta aristocrazia uscire allo scoperto come scrittore? Di qui l’idea che Edward de Vere abbia pagato un altro autore affinché facesse conoscere, firmandoli con il proprio nome, i suoi lavori. Una considerazione valida anche per quanti vedono stagliarsi dietro a W.S. la figura della seconda sovrana più longeva della storia inglese, anche lei una Elisabetta, la figlia di Enrico VIII e di Anna Bolena, che resse per quarantacinque anni le sorti della nazione (l’attuale regina ha invece già tagliato il traguardo dei 62 anni).

Un terzo filone di pensiero, quello dei “Baconiani”, identifica il candidato ideale in Francis Bacon, saggista e filosofo dell’Empirismo, che scrisse i suoi capolavori nel periodo Giacobita (il riferimento è a Giacomo I, primo sovrano della dinastia Stuart). Un uomo di profonda cultura, in grado di redigere interi trattati, come il Novum Organum del 1620, in latino. Sull’educazione di Shakespeare si sa invece solo che quasi certamente frequentò la “grammar school” (una sorta di istituto superiore) a Stratford, ma che non perfezionò gli studi né a Oxford né a Cambridge. Si fa quindi fatica a comprendere dove abbia potuto acquisire le conoscenze e anche l’amplissimo lessico utilizzato nelle sue opere.

Esiste tuttavia un punto comune nella visione degli anti-Stratfordiani ed è la distinzione tra il William Shakspere (o Shaksper), battezzato, come detto, a Stratford-upon-Avon il 26 aprile 1564, da loro considerato come realmente esistito, e lo Shakspeare (o Shake-Speare), firma usata per contrassegnare le opere del più celebre autore inglese. Nel secondo caso si tratterebbe quindi di uno pseudonimo, alla maniera di quelli tanto in voga tra Cinquecento e Seicento, tanto che sempre Robert Green in un suo scritto parla di alcuni che “dovendo negare, a causa del loro nome e della loro importanza, che alcun pamphlet (termine traducibile con opuscolo) sia mai passato per le loro mani, si trovano un Batillo qualsiasi che dia il suo nome ai loro versi”.

NPG D20122; John Florio by William Hole (Holle)La strada italiana

Una quarta corrente relativa alla vera identità di William Shakespeare guarda al di fuori dei confini nazionali, più precisamente all’Italia, a John “Giovanni” Florio, linguista nato in Inghilterra al termine del breve regno di Edoardo VI (figlio di Enrico VIII e della terza moglie Jane Seymour), poi costretto ancora piccolo a fuggire con la famiglia a Soglio, nella Val Bregaglia, per motivi religiosi a causa della salita al trono di Maria detta “La Sanguinaria”. Il padre Michelangelo era a sua volta un esule dal nostro Paese, che aveva dovuto abbandonare perché convertitosi al credo protestante. Divenuto celebre, tra l’altro, per il vocabolario italiano-inglese World of Words (uscito in due edizioni), Giovanni Florio è anche conosciuto per aver introdotto in Inghilterra, dove fa ritorno all’età di ventidue anni, la forma dell’essay (saggio) grazie alla trasposizione nella lingua nazionale di quelli del Montaigne. Poliglotta (si dice sapesse molto bene, oltre all’italiano e all’inglese, francese, tedesco, spagnolo, latino, greco ed ebraico), amico intimo di Giordano Bruno dal quale è presumibile pensare attinge un vasto sapere filosofico, cura una collezione composta da seimila proverbi italiani che non trovavano un corrispondente nell’idioma d’oltremanica. Molti di questi faranno poi la loro comparsa proprio nelle opere di Shakespeare. Due anni prima di morire, nel 1623, Giovanni Florio appone la sua firma su due momenti importanti per la letteratura inglese: partecipa infatti non solo alla traduzione delle novelle del Boccaccio, ma anche alla realizzazione del First Folio, dove sono raccolte tutte i lavori del Bardo. Il suo testamento autografo mostra evidenti analogie con lo stile dell’autore venuto da Stratforf. Sembra anzi che i due abbiano lavorato costantemente a stretto contatto, rendendo così arduo separare l’eventuale contributo di uno da quello dell’altro.

C’è però una seconda pista italiana che porta al nome di Michelangelo Florio Crollalanza (evidente il gioco di parole), nato a Messina in Sicilia, e fuggito a Londra a causa della Santa Inquisizione. L’ipotesi è sostenuta da un docente di Ustica ormai in pensione, Martino Iuvara, che nel suo libro ha ricordato come il 1564, l’anno in cui nacque Shakespeare, fu anche quello in cui morì Giovanni Calvino. I genitori di Michelangelo, Giovanni Florio (un medico) e Guglielmina Crollalanza (una nobile), sentendosi in pericolo a causa delle loro inclinazioni verso le idee dell’umanista e teologo francese, fuggirono a Treviso e qui comprarono Casa Otello (!), costruita da un uomo che, secondo le leggende del posto, aveva ucciso la moglie ingiustamente sospettata di adulterio. Dopo gli studi a Venezia, Padova e Mantova, Michelangelo iniziò a viaggiare visitando Danimarca (!), Grecia, Spagna e Austria. Divenuto amico di Giordano Bruno, fu da questi introdotto presso i conti di Pembroke e di Southampton. Contando sulla loro protezione, all’età di ventiquattro anni, nel 1588, Florio Crollalanza si trasferì in Inghilterra presso un ramo della famiglia materna, una cugina che viveva a Stratford, e che aveva già inglesizzato il suo cognome. Michelangelo seppe del figlio di questa, morto prematuramente, di nome William e decise di adottarne il nome.

Chaplin, Freud, e gli altri

Potrà a primo avviso risultare inverosimile, ma nel tempo svariate figure, talune molto celebri, si sono interessate a quello che potremmo ribattezzare “affaire Shakespeare”. Tra queste, che appartengono alle più diverse categorie professionali, figura anche il padre della psicanalisi Sigmund Freud, che nel 1927 dichiarava: “non credo più che William Shakespeare, l’attore di Stratford, sia l’autore dei lavori che gli sono ascritti”. Lo scrittore americano Henry James commentava: “sono in qualche modo ossessionato dall’idea che quella del divino William sia la frode più grande e di maggior successo”. Il connazionale Mark Twain (pseudonimo di Samuel Langhorne Clemens) rilanciava: “per quanto qualcuno possa realmente sapere provare, Shakespeare di Stratford-upon-Avon non ha mai scritto un’opera in tutta la sua vita”. Numerosi altri esempi potrebbero aggiungersi. Sul sito a cura della “Shakespeare Autorship Coalition” (SAC) è possibile inoltre imbattersi nella “Dichiarazione di ragionevole dubbio sull’identità di William Shakespeare”, ad oggi sottoscritta da oltre 2900 persone.

Insomma, il mistero rimane fitto più che mai. Comunque, sia che si tratti del Joseph Fiennes che trova in Gwyneth Paltrow la sua musa ispiratrice (versione più o meno canonica della vicenda storica nel film “Shakespeare in Love”), piuttosto che di Rhys Ifans-Edward de Vere che intreccia una relazione con la regina Elisabetta I-Joely Richardson (poi, in età più matura, Vanessa Redgrave), le pagine del Bardo hanno lasciato un’impronta indelebile su generazioni di studenti e amanti dell’arte. Perciò, i nostri migliori auguri W.S.!

di Ottavia Eletta Molteni

 

Linkografia:

http://www.mymovies.it/film/2011/anonymous/news/shakespeareeunimpostore/

http://www.shakespeareandflorio.net/

http://www.editorialeagora.it/rw/allegati/1.pdf

https://doubtaboutwill.org/past_doubters

https://doubtaboutwill.org/declaration

http://www.mymovies.it/film/1998/shakespeareinlove/

 

 

 

 

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