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No, non è la Bbc

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No, non è la Bbc

Pubblicato il 12 febbraio 2016 by redazione

la tv

 

Modelli di servizio pubblico televisivo in Italia, Usa e Regno Unito

Con la riforma approvata lo scorso dicembre, e che diverrà operativa a partire dal 2018, la Rai ha cambiato la propria struttura gestionale. E’ l’occasione per mettere a confronto i modelli di governance e di monitoraggio dell’informazione nel nostro e in altri Paesi. In questa sede abbiamo preso in considerazione il solo ambito della televisione, osservando gli esempi della Rai, della Bbc e della statunitense Pbs.

 

Italia: la Rai

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Governance e vigilanza

Secondo le nuove regole, la Rai sarà governata da un amministratore delegato e da un Consiglio di amministrazione formato da 7 membri.

Nell’organigramma, l’ad viene nominato dal Ministero dell’Economia su indicazione dell’assemblea dei soci (che sono lo stesso Ministero dell’Economia per il 99,56% e la Siae per lo 0,44%). L’ad non può essere scelto tra i dipendenti della Rai e il Cda ha il potere di licenziarlo, sentita l’assemblea dei soci.

L’amministratore delegato ha potere di nomina sui direttori delle reti televisive, dei canali e delle testate giornalistiche, con l’obbligo di sentire il parere del Cda. Il Cda può bocciare solo le scelte dell’ad relative ai candidati direttori delle testate, con la maggioranza qualificata dei due terzi dei voti (almeno 5 su 7 membri). L’ad dura in carica 3 anni e ha piena responsabilità sull’attuazione del piano industriale, sul bilancio e su eventuali ristrutturazioni. L’ad può firmare contratti sino al valore di 10 milioni: oltre tale soglia serve l’approvazione del Consiglio di amministrazione.

Nel nuovo Cda, che passa da 9 a 7 membri, due consiglieri vengono eletti dalla Camera e due dal Senato. Il governo nomina altri due consiglieri, mentre il settimo è eletto in seno all’assemblea dei dipendenti Rai. I sindacati o gli stessi lavoratori Rai, con la raccolta di almeno 150 firme, possono presentare propri candidati. Il presidente viene eletto dal Cda col parere favorevole di almeno i due terzi della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai. Esso ha poteri limitati alle relazioni esterne e alla supervisione delle attività di controllo. Ciascun membro del Cda può essere licenziato dall’assemblea dei soci, avuto l’avallo della Commissione di vigilanza Rai, la quale passa dagli attuali 40 a 60 componenti, tra deputati e senatori.

 

Finanziamento

Restano invariate le fonti di finanziamento della Rai: per il 67% dal canone (da ora in poi addebitato direttamente nella bolletta dell’energia elettrica); per il 25% dalla pubblicità; per l’8% da altre fonti (cessione di diritti, ecc.).

 

Diritto di accesso all’informazione

L’ambito dell’informazione politica è regolato dalla legge 28 del 22 febbraio 2000, ispirata al principio della “Par condicio”. Essa prevede che le emittenti radiotelevisive, sia quella pubblica, cioè la Rai, che quelle private, assicurino a tutti i soggetti politici l’accesso all’informazione e alla comunicazione politica con imparzialità ed equità. La Rai, in particolare, è tenuta a predisporre in forma gratuita contenitori per i dibattiti politici all’interno del proprio palinsesto.

Nei 15 giorni precedenti la data delle votazioni non possono essere resi pubblici i risultati di sondaggi di opinione ed è inoltre vietata la presenza di personaggi politici e candidati in programmi che non hanno carattere informativo o di comunicazione politica.

 

Regno Unito: Bbc

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La Bbc, fondata nel 1922, è la più antica società di produzione e distribuzione televisiva pubblica al mondo ed è riconosciuta tra le fonti di informazione più autorevoli e indipendenti a livello internazionale.

 

Governance

La direzione della Bbc è affidata al Bbc Trust, che ne definisce le strategie, e ad un Executive Board, responsabile della gestione operativa. Il Bbc Trust, cui spetta tutelare l’indipendenza dell’emittente e l’imparzialità e la qualità dei contenuti, è composto da 12 membri scelti dalla Corona, su indicazione del governo in carica, tra uomini d’affari e personalità del mondo della cultura e dell’informazione. Il Bbc Trust nomina il direttore generale.

Il ruolo e i poteri del Trust e dell’Executive Board e gli indirizzi generali dell’azienda sono stabiliti dal Royal Charter (Statuto Reale), rinnovato ogni 10 anni, e definiti nei dettagli da un Framework Agreement (Accordo quadro), siglato tra la Bbc e il Ministro per la Cultura, i Media e lo Sport.

 

Finanziamento

La Bbc non ospita pubblicità nelle emissioni nazionali: l’unica fonte di finanziamento è il canone, che ammonta a 145,50 sterline (circa 175 euro). La pubblicità è presente solo sui canali diffusi all’estero, per i quali non è possibile applicare il canone.

 

Diritto di accesso all’informazione

Quanto al trattamento dei temi politici, le emittenti, sia pubbliche che private, debbono assicurare un’attenzione equilibrata a ciascuna forza concorrente. Non necessariamente fornendo tempi uguali di accesso in ciascun notiziario, ma mantenendo l’equilibrio complessivo nell’arco di una settimana.

In periodo elettorale sono vietati i sondaggi d’opinione e viene limitata la divulgazione di dati quantitativi sul seguito dei partiti.

Secondo il Communications Act del 2003, durante le campagne elettorali la tv pubblica deve garantire tribune politiche in numero di almeno due a ciascun “partito maggiore” (storicamente Tories, Labour e Liberaldemocratici, cui di recente è stato aggiunto Ukip) e di almeno una a ciascun “partito minore”, laddove i partiti minori sono quelli che competono in almeno un sesto dei seggi elettorali. La partecipazione di candidati a trasmissioni diverse dai dibattiti politici deve essere autorizzata caso per caso.

 

Vigilanza

L’Ofcom (Office of Communications), di nomina governativa, è l’autorità di controllo sulle comunicazioni (radiotelevisione, telefonia, internet, poste), che ha il compito di monitorare il rispetto delle norme in tema di trasmissioni radiotelevisive.

 

 

Stati Uniti: Pbs

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Negli Stati Uniti l’operatore di servizio pubblico radiotelevisivo è Pbs (Public Broadcasting Service), fondata nel 1970 con la missione di fornire informazione e contenuti educativi in modo indipendente dai partiti politici e dagli interessi economici.

Diversamente da Rai e Bbc, Pbs non è un’impresa di proprietà statale ma un consorzio di oltre 350 emittenti locali distribuite sul territorio. La proprietà fa quindi capo a una pluralità di soggetti, in maggioranza istituzioni educative, fondazioni e anche governi dei singoli stati. Pbs funziona da distributore di programmi, prodotti dalla propria struttura nazionale o dalle emittenti affiliate (che pagano una quota per avere diffusione nazionale), o infine acquistati all’estero. Fatta salva la porzione di palinsesto comune, le singole emittenti hanno notevole autonomia nella propria programmazione locale.

Pbs conta un seguito mensile di 103 milioni di spettatori e di circa 33 milioni di utenti online. Il portale PBS.org è tra i principali siti gestiti da network televisivi, con un traffico superiore a quello dei maggiori network statunitensi Cbs, Nbc, Abc, mentre PBSKids.org è il maggior sito di contenuti per ragazzi negli Stati Uniti per volume di traffico.

Pbs, che si autodefinisce “la più grande aula scolastica d’America”, secondo le rilevazioni periodiche è da 12 anni consecutivi al primo posto tra le istituzioni pubbliche americane. Nel 2015 il gradimento è stato del 48%; al secondo posto le corti di giustizia col 24%.

 

Governance

Il Consiglio di amministrazione, che è responsabile del governo e dell’indirizzo dell’azienda, è composto da 27 membri: 14 direttori tecnici (eletti dalle emittenti affiliate tra i propri manager), 12 direttori generali (“membri laici” di provenienza esterna, eletti dai 14 direttori tecnici) e il presidente di PBS, che è nominato dal Cda. Anche l’amministratore delegato, che ha un ruolo tecnico, è nominato dal Cda. Per tutti, la carica dura tre anni e non è retribuita.

 

Finanziamento

Pbs non fruisce di alcun canone. Le entrate provengono tra il 53% e il 60% da libere donazioni, sottoscrizioni e fondi privati; tra il 16% e il 23% da fondi e organismi federali; per il 24% circa da tasse locali e statali. La pubblicità, disciplinata da norme assai restrittive, è limitata alle fondazioni e istituzioni che sostengono finanziariamente Pbs.

 

Diritto di accesso all’informazione

L’accesso all’informazione è disciplinato dalla cosiddetta “equal-time rule”, secondo la quale le emittenti radiotelevisive debbono fornire eguali opportunità a ciascun candidato politico ne faccia richiesta. In altri termini: se per esempio un canale ospita un candidato per un minuto in prima serata, deve garantire la stessa possibilità ad un candidato concorrente che la richieda. Si fa eccezione a tale regola nel caso in cui l’apparizione avvenga all’interno di un documentario, di un’intervista non concordata, di un notiziario o di eventi estemporanei.

 

Vigilanza

A vigilare sull’operato e la qualità dei servizio radiotelevisivo è la FCC, Federal Communications Commission (Commissione Federale per le Comunicazioni), composta da 5 membri nominati dal Presidente degli Stati Uniti e confermati dal Senato, in carica per 5 anni. Non più di tre di loro possono appartenere allo stesso partito, eventuali conflitti di interesse con l’ambito radiotelevisivo implicano la non eleggibilità.

di Fabrizio Pesoli

 

Linkografia:

http://www.rai.it/dl/rai/text/ContentItem-9e40fc26-6bca-4fc7-a682-50d48a0f19e0.html

http://www.bbc.co.uk/bbctrust/governance/governance_framework

http://www.pbs.org/about/about-pbs/

https://www.fcc.gov/

https://en.wikipedia.org/wiki/Equal-time_rule

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Vincere il 6 nazioni è davvero così importante per il rugby italiano?

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Vincere il 6 nazioni è davvero così importante per il rugby italiano?

Pubblicato il 23 giugno 2012 by redazione

Martin Castrogiovanni, pilone della Nazionale Rugby italiana 2012.

Martin Castrogiovanni, pilone della Nazionale Rugby italiana 2012.

Cosa succede alla Federazione Italiana Rugby, da sempre indicata come contraltare a quella calcistica per i suoi valori e sobrietà. Oggi la federazione è guidata dal settantasettenne Giancarlo Dondi, ex giocatore, dirigente della stessa dagli anni novanta e suo presidente dal 1996. E’ indiscutibile il fatto che Dondi abbia il merito di aver portato il rugby italiano nel panorama internazionale, primo tra tutti la partecipazione al Sei Nazioni, ma oggi il malumore cresce nella base del rugby italiano con una frattura netta tra il mondo dilettantistico-semi professionistico e quello professionistico legato soprattutto alla nazionale e alle franchigie che giocano nei campionati internazionali. Negli ultimi anni, per poter accedere al gotha del rugby mondiale, la federazione ha dovuto creare una nazionale credibile e competitiva e per rispettare gli alti standard sia fisici che tecnici imposti dalla federazione internazionale (IRB) è stato necessario rinforzare la nazionale di rugby di oriundi, principalmente argentini in fuga dalla crisi economica del loro paese, trasformando di fatto la nostra nazionale in una compagine professionistica che indossa la maglia azzurra. Il contraltare è stato l’impoverimento costante della qualità del nostro massimo campionato di serie A, opportunamente rinominato di Eccellenza e di tutto il movimento di base. Basti pensare che per la prossima stagione la federazione ha annunciato che il contributo al movimento rugbystico italiano sarà di poco più di circa 900.000 euro, a fronte di un bilancio federale di quasi 40 milioni di euro, di cui 10 provenienti dalla partecipazione al 6 Nazioni. Non a caso quasi tutte le squadre con grande tradizione rugbystica, come l’Aquila, Roma o il Petrarca Padova, i tutti-neri italiani, gia duramente colpiti dal passaggio dal dilettantismo al professionismo, in questo momento di crisi stentano a trovare risorse per fare un minimo di programmazione, non di qualche anno, ma anche solo di due anni.

Sempre per alimentare la nazionale, la federazione ha istituito l’Accademia nazionale di rugby a Tirrenia per i giovani talenti delle categoria Under 19, più altre tre a Parma, Mogliano e Roma per i più giovani, con i fondi milionari messi a disposizione dall’IRB (International Rugby Board) in cui riunisce i migliori giocatori prodotti dai vivai dei club, che dopo aver investito sulla formazione del giocatore sin dalla tenera età  se lo vedono portar via perché di interesse nazionale. Naturalmente l’Accademia di Tirrenia è gestita direttamente dalla federazione e nessun altro può discutere sui mezzi e sulle scelte operate, ne nessun club può crearne una propria. Ben diverso sarebbe stato fare istituire le Accademie ad ogni comitato regionale, in cui far rifinire i giovani giocatori provenienti dai club locali, che una volta tornati alla loro squadra avrebbero contribuito a far crescere tutto il movimento. Il paradosso è che in Italia abbiamo un grande movimento legato al minirugby e all’insegnamento nelle scuole, basato essenzialmente su volontari, che cresce numericamente ogni anno, ma al contempo abbiamo anche un’indice altissimo di abbandoni da parte di giovani sui ventanni che non trovano più stimoli nell’attività agonistica, specialmente perché i club sono ormai costretti a organizzare riffe e lotterie per arrivare a fine campionato e hanno ben pochi incentivi, non solo economici, e sfide da offrire ai propri giocatori.

Con l’ingresso di due compagini italiane, una con grandi tradizione rugbistica come il Treviso e una creata ad hoc quale quella degli Aironi, nella Celtic Legue (dal 2012 si chiama Pro 12), una sorta di coppa per club internazionali, se da una parte rappresenta una conquista per il rugby italiano dall’altra è stata un’ennesima batosta per la qualità del movimento rugbistico nostrano. Praticamente una ottantina dei migliori giocatori italiani sono stati tolti al massimo campionato italiano, l’Eccellenza appunto, impoverendolo ancora di più e abbassandone il livello tecnico, con il risultato che oggi ad una partita di Eccellenza ci sono mediamente non più di duecento spettatori. Per far partecipare le due compagini alla Celtic Legue è stato imposto dalle istituzioni internazionali alla FIR il compito di garante, in pratica deve controllare i conti, sia preventivi che consuntivi, delle due squadre e garantirne la solidità economica. E’ notizia recente lo scioglimento, dopo un lungo tira e molla con la federazione, degli Aironi perchè non avevano i requisiti economici per essere ammessi alla Celtic Legue. Una vicenda che ha coinvolto anche i giocatori che avanzavano diversi crediti dalla compagine, ma che alla fine si erano accordati per un rientro rateizzato arrivando a ridursi lo stipendio, al pari di qualsiasi lavoratore,  pur di continuare a esistere e ad avere un contratto. Una federazione lungimirante avrebbe dovuto controllare i bilanci dell’anno precedente intervenendo per tempo e non solo all’ultimo momento. Comunque, davanti al dato di fatto, la FIR avrebbe potuto porsi come reale garante, che è poi il suo ruolo, dando agli Aironi il respiro necessario per riprendersi, ma ciò non è avvenuto. Ora la federazione ha deciso di fare una propria compagine con sede a Parma, città da cui proviene anche il suo presidente Dondi che è stato anche presidente della squadra locale per tre mandati, che si affiancherà a quella del Treviso in Celtic Legue. Nel frattempo ha chiesto agli allievi dell’Accademia di Tirrenia di firmare un contratto, entro il 30 giugno, per cui di fatto la federazione diventa il “procuratore” degli stessi per due anni. Molti non vogliono accettare, e anche senza pressioni dirette, diventa difficile per questi ragazzi di 18-19 anni pensare di inimicarsi la federazione, rischiando magari la convocazione in nazionale. Non basta, secondo le nuove disposizioni, i ragazzi che finiscono il biennio di formazione presso l’Accademia di Tirrenia non potranno trasferirsi all’estero, salvo nulla-osta della Commissione Federale e anche se volessero giocare per un club d’Eccellenza o di Celtic Legue nei due anni successivi al biennio dovranno chiedere il nulla-aosta alla federazione.

Il conflitto di interesse che si crea è enorme, considerando anche che dall’Accademia di Tirrenia escono teoricamente i migliori giocatori italiani per le due compagini impegnate nella Celtic Legue. E’ come se nel mondo del calcio Inter e Milan disputassero la Supercoppa per Club e una delle due diventasse proprietà della Federazione Giuoco Calcio e questa decidesse a quale squadra destinare i giovani calciatori più promettenti, selezionati e preparati da lei stessa. Roba da Garante per la concorrenza.

Nel frattempo il movimento rugbistico cerca di sopravvivere come può affidandosi più alla buona volontà dei singoli che alla federazione che ha contribuito a creare. Sembra quasi che il modello che si voglia imitare, ovviamente corretto all’italiana, sia quello delle società di footbal americano, in cui esiste una realtà sportiva impegnata nello show-sport, ricca e potente, e una federazione di squadre dilettantistiche che vive della buona volontà delle università, da noi dei club e dei singoli, nel caso americano, e che pareggia i bilanci quando ha la fortuna che un suo giovane venga scelto dai professionisti. Travolto dalla vicenda Aironi e dall’annuncio della famiglia Benetton, sponsor del Treviso, che non avrebbe appoggiato la ricandidatura di Dondi alle prossime elezioni (2012/2013), è giunto a sorpresa la sua decisione di non ricandidarsi alle prossime elezioni, comunicata attraverso i microfoni della RAI e non attraverso il portale della FIR. Oggi iniziano a candidarsi i primi pretendenti, alcuni legati alla precedente gestione, senza enunciare ancora il proprio programma, tranne Gianni Amore, siciliano, il primo a lanciare la sua sfida, oltre un’anno fa, quando ancora il potere di Dondi sembrava inossidabile. Chiunque prenda il testimone della FIR dovrà ripensare il modello di sviluppo del rugby nostrano, rinunciando ad inseguire ad ogni costo la vittoria del Sei Nazioni entro il 2015, come qualcuno si è sbilanciato, perché continuando così per allora il rugby, come lo intendevamo ieri e oggi, non ci sarà più. Gia nel 2010 Stefano Bettarello, uomo simbolo prima del Rovigo e poi del Treviso, in un’intervista diceva. “In FIR c’è gente che non conosce il rugby, si annulla dicendo sempre sì al presidente Dondi e si accontenta di un posto in tribuna al 6 Nazioni per poter dire di essere stato due file dietro al principe William». Per ridare ossigeno al movimento rugbystico italiano non sarà sufficiente sostituire un nome a quello di Dondi, chi verrà eletto dovrà ripartire ascoltando la base, investendo e ridando dignità a tutti i campionati nazionali.

di Marco Pavesi

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