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L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLO SPAZIO AEREO

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L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLO SPAZIO AEREO

Pubblicato il 27 aprile 2018 by redazione

RQ-170 Stealth DroneInternation Civil Aviation Organization

Sono passati parecchi anni da quando, per la prima volta, l’uomo ha spiccato il volo grazie al Flyer 1, il primo velivolo con motore a bordo dei fratelli Wright (17 Dicembre 1903). Da allora, gli aeromobili hanno assunto diverse funzioni: dall’impiego agonistico a quello militare, fino al trasporto di civili. In particolare, durante la Seconda Guerra Mondiale vennero adoperati in maniera massiccia e lo sviluppo tecnologico fu inarrestabile. A seguito di ciò, nel dopoguerra, il traffico aereo aumentò e crebbe il bisogno di una figura in grado di “controllare” tutto questo. Nacque così il 4 Aprile 1947, a seguito della Convenzione di Chicago del 1944, l’Internation Civil Aviation Organization (ICAO), l’agenzia dell’O.N.U specializzata nell’Aviazione Civile, che conta ad oggi 190 Stati membri. L’ICAO, attraverso la formulazione di norme specifiche, cerca di garantire una sicurezza (Safety) dal punto di vista della progettazione, della costruzione, della manutenzione e dell’esercizio degli aeromobili. Inoltre, previene l’insorgere di atti illeciti (Security) e fa fronte alle eventuali discriminazioni fra gli Stati. A tal proposito, ogni Stato membro deve disporre di due enti: uno che garantisca l’attuazione delle norme emesse dall’ICAO (il Regulator) e un secondo che fornisca i servizi del traffico aereo (l’Air Navigation Service Provider, ANSP). Quest’ultimo, l’ANSP, ha lo scopo di dare la massima assistenza possibile sia al singolo aeromobile che a tutto il traffico aereo. Grazie al loro impiego, si riesce a prevenire la collisione tra aeromobili, accelerare e mantenere ordinato il flusso del traffico aereo e fornire informazioni utili per una condotta del volo sicura ed efficiente, o per l’assistenza e il soccorso di un velivolo in difficoltà.

In italia il Regulator è l‘Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC), su delega del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, che nasce dall’unione della Direzione Generale dell’Aviazione Civile, del Registro Aeronautico Italiano e dall’Ente Nazionale Gente dell’Aria. Si occupa dei molteplici aspetti della regolazione, certificazione e vigilanza dell’aviazione civile sull’applicazione delle norme adottate dal sistema del trasporto aereo. Mentre i due ANSP sono rispettivamente l’ENAV, una società per azioni controllata dal Ministro dell’Economia e delle Finanze e sorvegliata dall’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, e l’Aeronautica Militare Italiana, la forza armata italiana destinata alle operazioni aeree. Questi enti lavorano in stretta collaborazione, gestendo i servizi del traffico aereo negli spazi aerei di propria competenza. A tal proposito, lo spazio aereo di ogni Stato dell’ICAO è stato suddiviso, sia in senso orizzontale che in senso verticale, per garantire un flusso aereo sicuro, ordinato e spedito. Partendo dallo spazio più piccolo al più grande individuiamo le seguenti zone: ATZ, CTR, TMA, AWY, FIR, UIR.

Per quanto riguarda la sicurezza dello spazio, vista la complessità nella gestione del traffico aereo e la sua rilevanza, in termini di sicurezza, l’Aeronautica Militare ha sentito il bisogno di disporre di una struttura dedicata alla sicurezza del volo. Il 12 Ottobre 1964 è stato quindi istituito l’Ufficio dell’Ispettorato per la Sicurezza del Volo (ISV). Quest’ultimo si divide in tre uffici: Prevenzione, che si occupa di come prevenire gli eventi e le circostanze che portano a un incidente o a situazioni pericolose, Investigazione, che definisce i criteri di investigazione sugli incidenti aerei militari e di Stato, e Giuridico, che tratta dei problemi giuridici e amministrativi collegati agli incidenti aerei

Oltre all’ISV è presente sul territorio nazionale anche l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo (ANSV), che ha funzioni simili alla precedente: svolge inchieste tecniche relative agli incidenti e inconvenienti su aerei civili, emanando se necessario opportune raccomandazioni di sicurezza, e svolge attività di studio e di indagine per migliorare la sicurezza del volo.

spazio aereo

Suddivisione dello spazio aereo

Aerodrome Traffic Zone (ATZ), Zona di Traffico Aeroportuale: spazio aereo di definite dimensioni nelle vicinanze di un aerodromo, posto a protezione del traffico d’aerodromo. Solitamente la forma è quella di un cilindro che ha per base una circonferenza, di raggio 1000ft e centro corrispondente al  baricentro aeroportuale (Aerodrome Reference Point, ARP). Questa zona può anche non essere controllata, ma se controllata riesce a fornire un Air Traffic Control Service (ATC), servizio di controllo del traffico aereo, un Flight Information Service (FIS), servizio informazioni volo, e un Alert Service (ALS), servizio d’allarme. Tutto questo, grazie all’ausilio di una torre di controllo, Aerodrome Control Tower (TWR). Se incontrollata dà i soli servizi FIS e ALS, tramite l’ente Aerodrome Flight Information Service (AFIS), servizio informazioni  volo dell’aerodromo.

 Control Zone (CTR), Zona di Controllo: spazio aereo controllato che si estende verso l’alto della superficie terreste fino a un determinato livello superiore. Si tratta di uno spazio aereo costantemente controllato, fornisce i servizi ATC, FIS e ALS grazie a un Approach Control (APP), controllo di avvicinamento, che utilizza o meno Radar. Viene posto nelle vicinanze di uno o più aeroporti soggetti a un intenso flusso di traffico, che necessitano quindi di un ente in grado di gestire con sicurezza e rapidità tale flusso, sia in arrivo che in partenza. Questa zona viene solitamente controllata dall’ ENAV, salvo eccezioni.  

 Terminal Control Area (TMA), Area Terminale di Controllo: spazio controllato che si estende verso l’alto da un livello posto al di sopra della superficie terrestre, fino a un determinato livello superiore, normalmente istituito alla confluenza di più rotte ATS ed in prossimità di uno o più aerodromi importanti. Si trova anch’esso nei pressi di uno o più aeroporti importanti con alta densità di traffico aereo, per questo si avvale spesso di Radar affidabili in grado di gestire con  velocità tale flusso. Viene suddiviso ulteriormente in più settori per ridurre il pericolo di sovraccarico di lavoro del personale addetto al controllo e all’assistenza dei voli. Fornisce i servizi ATC, FIS e ALS grazie all’ente Area Control Centre (ACC), centro di controllo d’area.  

 Airway (AWY), Aerovia: spazio aereo controllato, o parte di esso, che si estende verso l’alto da un livello al di sopra della superficie terrestre fino a un determinato livello superiore, a forma di corridoio. Può anch’esso essere controllato o meno. Se controllato, è in grado di darci l’ATC, il FIS e l’ASL tramite un ACC. Ogni aerovia è identificata da una lettera e un numero di massimo tre cifre; a questa codifica si possono aggiungere suffissi e prefissi, che ne specificano più nel dettaglio le caratteristiche. Si tratta di una ‘autostrada’ del cielo, perché può collegare tra loro le radioassistenze di navigazioni più importanti.

 Flight Information Region (FIR), Regione Informazioni Volo: spazio aereo di definite dimensioni, entro il quale vengono forniti il FIS e l’ALS. E’ uno spazio aereo non controllato, dentro al quale vengono forniti i servizi FIS e ALS, tramite un apposito Flight Information Centre (FIC), centro informazioni volo. I suoi confini coincidono con quelli geografici dello stato, ma le sue dimensioni possono variare a seconda delle necessità ATC e geografiche. 

 Upper Flight Information Region (UIR), Regione Superiore Informazioni Volo. Si tratta della parte di FIR che si estende da 19500ft fino alla fine dell’atmosfera terrestre. Al suo interno vengono dati i servizi ATC, FIS e ALS tramite un Upper Area Control Centre (UAC), centro superiore di controllo d’area; si avvalgono sempre di Radar.

Violazione dello spazio aereo

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Un altro aspetto importante nella gestione dello spazio aereo è la salvaguardia della sovranità. Ogni Stato è sovrano dello spazio aereo sovrastante il proprio territorio e il proprio mare; restando sempre entro le quote nelle quali è consentito il solo volo subsonico, lo spazio extra-atmosferico viene considerato spazio libero. Qualsiasi aereo può attraversare lo spazio di un altro Stato solo con il suo consenso. Purtroppo la violazione di questa sovranità ha portato a diverse dispute tra i vari Stati. La più recente è avvenuta il 4 Dicembre 2011, quando un aereo spia americano (modello RQ-170, velivolo stealth senza pilota, progettato e sviluppato dalla società Lockheed Martin) ha violato lo spazio aereo iraniano; stava volando sopra la città di Kashmar nell’Iran nord-orientale, a circa 225 km di distanza dal confine afghano. Ovviamente, il velivolo in questione è stato prontamente portato a terra dall’unità di guerra elettronica dell’esercito iraniano. Pochi giorni dopo l’accaduto il Segretario del Supremo Consiglio iraniano di sicurezza nazionale, Saeed Jalili si è recato a Mosca per discutere con i russi la questione circa la violazione dello spazio aereo ad opera del drone americano da ricognizione. Si pensa, infatti, che questa infrazione non sia stata casuale, ma avesse l’intento di raccogliere informazioni dall’interno dell’Iran. A pochi giorni dall’accaduto, l’ambasciatore iraniano ha denunciato alle Nazione Unite la violazione della sovranità dello spazio aereo, inviando una lettera al segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, al Presidente dell’Assemblea Generale, Nassir Abdulaziz Nasser, e  a Vitaly Churkin, ambasciatore delle Nazioni Unite della Russia e attuale presidente del Consiglio di sicurezza. A difesa degli Stati Uniti è stato convocato l’ambasciatore svizzero, che ha ribadito il ruolo dei droni statunitensi nell’Oceano Indiano. Ufficialmente, dal 2009, questi aerei spia combattono la pirateria lungo le coste dell’Africa Orientale, ricercando uomini somali armati. Per ora il velivolo rimane in possesso degli iraniani, che si rifiutano di restituire il drone, senza aver prima ottenuto delle scuse ufficiali da parte degli Stati Uniti.

L’organizzazione dello spazio aereo mondiale diventa quindi una tematica sempre più complessa. La produzione di aeromobili civili e militare aumenta di anno in anno e con essa il rischio che le misure di sicurezza non siano sufficienti ad ovviare il rischio di incidenti. Progettare, prevedere e monitorare tutte quelle situazioni dove un metro di troppo può evolvere nella classica “goccia che fa scoppiare un vero e proprio conflitto”, è quindi, tra le sfide imminenti più importanti, se non la più importante…

di Sara Pavesi

 

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Vincere il 6 nazioni è davvero così importante per il rugby italiano?

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Vincere il 6 nazioni è davvero così importante per il rugby italiano?

Pubblicato il 23 giugno 2012 by redazione

Martin Castrogiovanni, pilone della Nazionale Rugby italiana 2012.

Martin Castrogiovanni, pilone della Nazionale Rugby italiana 2012.

Cosa succede alla Federazione Italiana Rugby, da sempre indicata come contraltare a quella calcistica per i suoi valori e sobrietà. Oggi la federazione è guidata dal settantasettenne Giancarlo Dondi, ex giocatore, dirigente della stessa dagli anni novanta e suo presidente dal 1996. E’ indiscutibile il fatto che Dondi abbia il merito di aver portato il rugby italiano nel panorama internazionale, primo tra tutti la partecipazione al Sei Nazioni, ma oggi il malumore cresce nella base del rugby italiano con una frattura netta tra il mondo dilettantistico-semi professionistico e quello professionistico legato soprattutto alla nazionale e alle franchigie che giocano nei campionati internazionali. Negli ultimi anni, per poter accedere al gotha del rugby mondiale, la federazione ha dovuto creare una nazionale credibile e competitiva e per rispettare gli alti standard sia fisici che tecnici imposti dalla federazione internazionale (IRB) è stato necessario rinforzare la nazionale di rugby di oriundi, principalmente argentini in fuga dalla crisi economica del loro paese, trasformando di fatto la nostra nazionale in una compagine professionistica che indossa la maglia azzurra. Il contraltare è stato l’impoverimento costante della qualità del nostro massimo campionato di serie A, opportunamente rinominato di Eccellenza e di tutto il movimento di base. Basti pensare che per la prossima stagione la federazione ha annunciato che il contributo al movimento rugbystico italiano sarà di poco più di circa 900.000 euro, a fronte di un bilancio federale di quasi 40 milioni di euro, di cui 10 provenienti dalla partecipazione al 6 Nazioni. Non a caso quasi tutte le squadre con grande tradizione rugbystica, come l’Aquila, Roma o il Petrarca Padova, i tutti-neri italiani, gia duramente colpiti dal passaggio dal dilettantismo al professionismo, in questo momento di crisi stentano a trovare risorse per fare un minimo di programmazione, non di qualche anno, ma anche solo di due anni.

Sempre per alimentare la nazionale, la federazione ha istituito l’Accademia nazionale di rugby a Tirrenia per i giovani talenti delle categoria Under 19, più altre tre a Parma, Mogliano e Roma per i più giovani, con i fondi milionari messi a disposizione dall’IRB (International Rugby Board) in cui riunisce i migliori giocatori prodotti dai vivai dei club, che dopo aver investito sulla formazione del giocatore sin dalla tenera età  se lo vedono portar via perché di interesse nazionale. Naturalmente l’Accademia di Tirrenia è gestita direttamente dalla federazione e nessun altro può discutere sui mezzi e sulle scelte operate, ne nessun club può crearne una propria. Ben diverso sarebbe stato fare istituire le Accademie ad ogni comitato regionale, in cui far rifinire i giovani giocatori provenienti dai club locali, che una volta tornati alla loro squadra avrebbero contribuito a far crescere tutto il movimento. Il paradosso è che in Italia abbiamo un grande movimento legato al minirugby e all’insegnamento nelle scuole, basato essenzialmente su volontari, che cresce numericamente ogni anno, ma al contempo abbiamo anche un’indice altissimo di abbandoni da parte di giovani sui ventanni che non trovano più stimoli nell’attività agonistica, specialmente perché i club sono ormai costretti a organizzare riffe e lotterie per arrivare a fine campionato e hanno ben pochi incentivi, non solo economici, e sfide da offrire ai propri giocatori.

Con l’ingresso di due compagini italiane, una con grandi tradizione rugbistica come il Treviso e una creata ad hoc quale quella degli Aironi, nella Celtic Legue (dal 2012 si chiama Pro 12), una sorta di coppa per club internazionali, se da una parte rappresenta una conquista per il rugby italiano dall’altra è stata un’ennesima batosta per la qualità del movimento rugbistico nostrano. Praticamente una ottantina dei migliori giocatori italiani sono stati tolti al massimo campionato italiano, l’Eccellenza appunto, impoverendolo ancora di più e abbassandone il livello tecnico, con il risultato che oggi ad una partita di Eccellenza ci sono mediamente non più di duecento spettatori. Per far partecipare le due compagini alla Celtic Legue è stato imposto dalle istituzioni internazionali alla FIR il compito di garante, in pratica deve controllare i conti, sia preventivi che consuntivi, delle due squadre e garantirne la solidità economica. E’ notizia recente lo scioglimento, dopo un lungo tira e molla con la federazione, degli Aironi perchè non avevano i requisiti economici per essere ammessi alla Celtic Legue. Una vicenda che ha coinvolto anche i giocatori che avanzavano diversi crediti dalla compagine, ma che alla fine si erano accordati per un rientro rateizzato arrivando a ridursi lo stipendio, al pari di qualsiasi lavoratore,  pur di continuare a esistere e ad avere un contratto. Una federazione lungimirante avrebbe dovuto controllare i bilanci dell’anno precedente intervenendo per tempo e non solo all’ultimo momento. Comunque, davanti al dato di fatto, la FIR avrebbe potuto porsi come reale garante, che è poi il suo ruolo, dando agli Aironi il respiro necessario per riprendersi, ma ciò non è avvenuto. Ora la federazione ha deciso di fare una propria compagine con sede a Parma, città da cui proviene anche il suo presidente Dondi che è stato anche presidente della squadra locale per tre mandati, che si affiancherà a quella del Treviso in Celtic Legue. Nel frattempo ha chiesto agli allievi dell’Accademia di Tirrenia di firmare un contratto, entro il 30 giugno, per cui di fatto la federazione diventa il “procuratore” degli stessi per due anni. Molti non vogliono accettare, e anche senza pressioni dirette, diventa difficile per questi ragazzi di 18-19 anni pensare di inimicarsi la federazione, rischiando magari la convocazione in nazionale. Non basta, secondo le nuove disposizioni, i ragazzi che finiscono il biennio di formazione presso l’Accademia di Tirrenia non potranno trasferirsi all’estero, salvo nulla-osta della Commissione Federale e anche se volessero giocare per un club d’Eccellenza o di Celtic Legue nei due anni successivi al biennio dovranno chiedere il nulla-aosta alla federazione.

Il conflitto di interesse che si crea è enorme, considerando anche che dall’Accademia di Tirrenia escono teoricamente i migliori giocatori italiani per le due compagini impegnate nella Celtic Legue. E’ come se nel mondo del calcio Inter e Milan disputassero la Supercoppa per Club e una delle due diventasse proprietà della Federazione Giuoco Calcio e questa decidesse a quale squadra destinare i giovani calciatori più promettenti, selezionati e preparati da lei stessa. Roba da Garante per la concorrenza.

Nel frattempo il movimento rugbistico cerca di sopravvivere come può affidandosi più alla buona volontà dei singoli che alla federazione che ha contribuito a creare. Sembra quasi che il modello che si voglia imitare, ovviamente corretto all’italiana, sia quello delle società di footbal americano, in cui esiste una realtà sportiva impegnata nello show-sport, ricca e potente, e una federazione di squadre dilettantistiche che vive della buona volontà delle università, da noi dei club e dei singoli, nel caso americano, e che pareggia i bilanci quando ha la fortuna che un suo giovane venga scelto dai professionisti. Travolto dalla vicenda Aironi e dall’annuncio della famiglia Benetton, sponsor del Treviso, che non avrebbe appoggiato la ricandidatura di Dondi alle prossime elezioni (2012/2013), è giunto a sorpresa la sua decisione di non ricandidarsi alle prossime elezioni, comunicata attraverso i microfoni della RAI e non attraverso il portale della FIR. Oggi iniziano a candidarsi i primi pretendenti, alcuni legati alla precedente gestione, senza enunciare ancora il proprio programma, tranne Gianni Amore, siciliano, il primo a lanciare la sua sfida, oltre un’anno fa, quando ancora il potere di Dondi sembrava inossidabile. Chiunque prenda il testimone della FIR dovrà ripensare il modello di sviluppo del rugby nostrano, rinunciando ad inseguire ad ogni costo la vittoria del Sei Nazioni entro il 2015, come qualcuno si è sbilanciato, perché continuando così per allora il rugby, come lo intendevamo ieri e oggi, non ci sarà più. Gia nel 2010 Stefano Bettarello, uomo simbolo prima del Rovigo e poi del Treviso, in un’intervista diceva. “In FIR c’è gente che non conosce il rugby, si annulla dicendo sempre sì al presidente Dondi e si accontenta di un posto in tribuna al 6 Nazioni per poter dire di essere stato due file dietro al principe William». Per ridare ossigeno al movimento rugbystico italiano non sarà sufficiente sostituire un nome a quello di Dondi, chi verrà eletto dovrà ripartire ascoltando la base, investendo e ridando dignità a tutti i campionati nazionali.

di Marco Pavesi

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