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Città del Messico: aspra ed attraente

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Città del Messico: aspra ed attraente

Pubblicato il 29 aprile 2018 by redazione

Teotihuacán 3

Teotihuacan, il più grande sito archeologico precolombiano.

Nancy Hartwell, scrittrice statunitense, nel suo libro “Intermezzo   Messicano” scrive due frasi in qualche modo paradossali, ma significative: “Santo cielo! Se questo è il Messico non mi piacerà.” E ancora:“Se è questo il Messico, sono contenta di essere venuta, sono contenta di fermarmi”.

Città del Messico presenta diversi punti deboli, ma è anche custode di affascinanti opere culturali e tradizioni uniche. Ai primi posti tra le sue pecche risiede senza dubbio l’inquinamento. La città è la quinta tra le più inquinate del mondo, in primo luogo a causa del suo sviluppo industriale. Sorgono all’interno dell’area urbana più di 40.000 aziende manifatturiere le quali consumano la metà dell’energia elettrica dell’intera nazione e rappresentano il 50% della produzione industriale. A tali emissioni di industrie si aggiungono inoltre quelle delle automobili legate al traffico intenso della città.

Un altro problema consistente è il tasso di criminalità. Questa è legata soprattutto al traffico di droga che avviene con gli Stati Uniti. La violenza è padrona nel mercato di sostanze stupefacenti sostenuto dai cartelli della droga. Questi ultimi sono organizzazioni di narcotrafficanti che importano ed esportano soprattutto eroina, cocaina e marijuana. Il guadagno legato allo spaccio è elevatissimo dal momento che il valore della stessa dose di cocaina in America Latina, può essere fino a cinquanta volte maggiore negli USA. Non mancano inoltre all’appello altre forme di criminalità come sequestri di persona, truffe e rapine. I numerosi furti e rapimenti che coinvolgono in particolare professionisti come medici e avvocati e famiglie abbienti autoctone, spesso non vengono puniti dalla giustizia e spingono i diretti interessati a ricorrere a provvedimenti diversi. Recente e in continua espansione è, ad esempio, la diffusione di macchine blindate, dai vetri anti-proiettili, che garantiscano maggiore sicurezza sulle strade.

Teotihuacan_la Piramide del Sole

Teotihuacan, Piramide del Sole.

Come in ogni cosa però, esiste anche il rovescio della medaglia. La Città del Messico infatti riserva ai suoi turisti attrazioni uniche ed una cultura attraente ed autentica. Sono tante le sue caratteristiche preziose da citare e tra queste risiedono sicuramente l’ interessantissimo museo antropologico ed il sito archeologico di Teotihuacan. Il museo ospita  la maggiore collezione del mondo di arte precolombiana delle popolazioni Maya, Azteca, Olmeca, Teotihuacana, Tolteca, Zapoteca e Mixteca mentre quello di Teotihuacan è il più grande sito archeologico precolombiano. E’ situato su un altopiano vicino alla capitale e rappresenta la più grande città del continente americano dell’epoca. La sua posizione apparentemente isolata era invece strategica, poiché luogo di incontro di molte strade importanti e favorevoli allo sviluppo e alla diffusione del commercio. Contiene costruzioni talmente imponenti da rappresentare se non un mistero, sicuramente una grande domanda rispetto alla loro realizzazione con i mezzi disponibili in quegli anni. Un esempio è quello della Piramide del Sole, la cui larghezza per ogni lato si aggira intorno ai 225 metri e la cui altezza è di circa 73 metri. Insomma: indubbiamente un luogo suggestivo ed estremamente affascinante!

Le curiosità legate alla città messicana però, non finiscono sicuramente qui. Entrando nel centro storico non passano certo inosservati i caratteristici mariachi:  gruppi musicali composti da circa 7/10 musicisti che suonano i loro strumenti intonando melodie di vari stili come la canzone ranchera , il bolero, il corrido e il valzer messicano. In Piazza Garibaldi si sentono trombe, chitarre spagnole, violini e guitarron ma si possono anche notare mariti che, dispiaciuti a causa di un litigio con le loro mogli, ingaggiano i mariachi per suonare loro una bella serenata ed ottenerne così il perdono!

citta-del-messico-01Non si possono inoltre tralasciare altre peculiarità messicane. Innanzitutto ogni turista deve sapere che, affinché il suo organismo possa resistere al cibo caratteristico, dovrà specificare in modo chiaro e deciso (ma pur sempre cortese), di gradire la portata non piccante. Per i messicani questo concetto sembra infatti non corrispondere a quello italiano e il piatto conterrà ugualmente una dose di peperoncino tale da poter uccidere alcuni germi; inutile specificare l’effetto che sortirà nella nostra bocca! In secondo luogo, un’informazione utile al viaggiatore, riguarda il servizio taxi. I conducenti infatti possono rivelarsi persone molto aperte al dialogo e disponibili a fornire informazioni ma non altrettanto rispettose del codice stradale. Non risulta utile affermare di non avere fretta o vincoli di orario poiché i taxisti sembrano essere molto appagati dal lasciare il turista stupito e a bocca aperta. Probabilmente quindi, non sarà difficile effettuare inversioni a U su una strada a doppia corsia, sorpassi pericolosi e passare sul marciapiedi per evitare il traffico stradale.

Tornando però alle attrazioni della città, risulta impossibile non parlare della Torre Latino americana. Questo edificio si trova nel centro storico e misura 183 metri di altezza per 45 piani. Dalla cima del grattacielo è possibile osservare l’intera città che, col buio, si compone di milioni di puntini luminosi disseminati lungo una distesa chilometrica: un’altra esperienza indimenticabile riservata ai visitatori del luogo.

La capitale riserva ancora parecchie sorprese ai suoi appassionati e le curiosità che cela sono talmente varie e numerose da non poter essere soddisfatte in una semplice descrizione. Insomma, si tenga pronto un biglietto nel cassetto: la città attende ogni suo turista.

di Alessandra Genta

http://it.wikipedia.org/wiki/Criminalit%C3%A0_in_Messico

http://it.wikipedia.org/wiki/Museo_nazionale_di_antropologia

http://it.wikipedia.org/wiki/Mariachi

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Dal 23 al 26 maggio, Junk Space Pavia: Osservatorio suburbano

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Dal 23 al 26 maggio, Junk Space Pavia: Osservatorio suburbano

Pubblicato il 23 maggio 2012 by redazione

Junk Space Pavia

Siamo stati abituati a percepire le nostre città come centro e periferia, zona ordinata, pulita rispetto a zona caotica e trasandata, individuando il periferico come qualcosa da evitare, orribile in quanto frutto di cementificazione e speculazione. I luoghi marginali sono da sempre guardati con indifferenza anche da chi li abita e con disgusto da coloro che li attraversano; credevamo non avessero nulla da insegnarci, né tantomeno che potessero essere ammirati, quegli spazi così diversi dal centro storico, privi di facciate dall’elevato pregio artistico, chiese romaniche e vie pedonali piene di negozi.

Completamente assuefatti da queste convinzioni, senza nemmeno rendercene conto, abbiamo sempre usufruito delle zone periferiche: lì abbiamo fatto shopping comodamente e godendoci pure il parcheggio, lì ci siamo diretti quando avevamo fretta,  lì abbiamo frequentato l’università; è evidente che siamo cresciuti più nella caotica periferia in evoluzione, che non nel lento e statico centro cittadino. La periferia è lo spazio generato dalla modernità e al contempo la scenografia delle nostre vite; si tratta di spazi enormi, rarefatti, ripetitivi, privi di identità. Essi sono autoritari, ostili e pensati per il trionfo dell’automobile sull’uomo; hanno natura complessa e spesso contraddittoria.

Queste aree possono essere definite “junk spaces”, ovvero spazi spazzatura, così nominate dall’archistar olandese Rem Koolhaas nel suo libro “Junkspace”, ove vengono per la prima volta descritte e teorizzate, spiegandone ricchezza, fertilità e attualità. Il Junk Space è oggi ovunque, non è un errore perché nel frattempo è diventato la regola; non è sempre e banalmente uno spazio sporco o degradato, ha una sua regola ma essa varia ogni volta. E’ difficile comprendere cosa è e cosa ancora non è junk space dato che, negli ultimi decenni, i limiti degli spazi periferici si sono dilatati a dismisura inglobando praticamente tutto il mondo costruito. Esso è il paesaggio contemporaneo, quello che era il foro per i Romani è il junk space per noi. Esso è spesso liquidato con la parola “brutto”, eppure è dove andiamo a comprare, passeggiare, studiare, vivere; è uno spazio senza autore né architetto ma occupa più della metà delle nostre città.

Da qui è nata la sfida di investigare, attraverso l’occhio della fotocamera, in modo scientifico (ma anche delirante) la natura complessa e spesso contraddittoria degli spazi periferici della città contemporanea attraverso il caso particolare pavese (che così tanto assomigliano a quelli di molte altre città del mondo non solo occidentale), ponendo particolare attenzione ai suoi aspetti architettonici, sociali e simbolici. Il progetto Junk Space Pavia è stato un indagine aperta a tutti gli studenti e laureati dell’Università di Pavia, inteso a studiare gli spazi, i luoghi e le architetture della Pavia moderna e contemporanea.

Principale strumento di condivisione e confronto è il blog ‘Junk Space Pavia – Osservatorio Suburbano’ (http://junkspacepavia.tumblr.com/)  il cui layout, a primo acchito caotico, cerca di riprodurre un’esperienza simile a quella che siamo quotidianamente costretti a subire durante l’attraversamento degli spazi nelle nostre città: un bombardamento costante di immagini e luoghi poco coerenti tra loro che ci disorienta,  domina e attrae nello stesso tempo.  Per ogni contenuto, una descrizione tra il delirante, il filosofico e l’ironico svela possibili riflessioni e sensazioni, cercando un attivo coinvolgimento da parte dell’osservatore.

Nostro principale partner è l’associazione MoreThanArch (sito web: http://www.morethanarch.it/  pagina Fb: http://www.facebook.com/morethanarch); grazie ai fondi A.C.E.R.S.A.T. dell’Università di Pavia, l’indagine sta avendo come risultato finale l’organizzazione di una mostra fotografica  (http://junkspacepavia.tumblr.com/post/23430716730/mostra-fotografica-e-ciclo-di-incontri-junk), con relativa pubblicazione cartacea.

L’evento (completamente gratuito e arricchito da conferenze) si svolgerà dal 23 al 26 maggio presso Motoperpetuo, in Viale Campari 72 (cortile interno), Pavia (programma: http://junkspacepavia.tumblr.com/post/23369475011/mostra-fotografica-e-ciclo-di-incontri-junk-space).

 

Chi partecipa alla Mostra fotografica e il ciclo di incontri Junk Space

Ci saranno più di 80 fotografie di giovani fotografi pavesi che tenteranno di descrivere la città in cui viviamo, dalle zone residenziali a quelle commerciali, dalle vecchie aree industriali in degrado alle nuove villette di periferia, dai bruschi confini che Pavia ha con la sua campagna agli spazi pubblici irrisolti nel cuore della città.

Tra i fotografi che espongono: Caterina Maria Carla Bona, Riccardo Bruno, Giacomo Carena, Pablo Colturi,
Annamaria Franco, Simone Ludovico, Alessandra Manini, Maila Pellegrino, Giovanni Pancotti, Ruggero Pedrini, Massimo Toesca, Giovanni Zanaboni

Quattro ospiti gli ospiti esterni invitati a parlare, durante le diverse serate, e a discutere le loro personali esperienze di ricerca maturate intorno al tema della città contemporanea.

La prima serata, 23 maggio, Marco Introini fotografo, e architetto di formazione, pubblicato su riviste internazionali, presenterà alcuni lavori sul tema del paesaggio urbano tra cui quello recente sul downtown della città di Detroit. Nella stessa serata sarà presente anche Marco Morandotti, professore associato dell’Università di Pavia, specializzato tra le altre cose in gestione, manutenzione e recupero del patrimonio edilizio, e grande appassionato di fotografia.

Nella seconda serata, 24 maggio, Chiara Merlini, professore associato in urbanistica al Politecnico di Milano, discuterà dei diversi tipi di città dispersa in cui oggi viviamo, con relativi problemi come consumo del suolo, consumo energetico e mobilità, e approfondirà il tema del paesaggio della casa su lotto, tipologia edilizia oggi in grande crisi e all’origine dell’attuale crisi mondiale proveniente dagli Stati Uniti.

Nella terza serata, 25 maggio, Filippo Romano, fotografo di fama internazionale e pubblicato in numerose riviste extra nazionali, presenterà il suo lavoro, con un occhio attento alle inquietudini e ai fenomeni della vita contemporanea permeanti con quelli della città e della vita urbana.

 
[Riflessi, Pablo Colturi]

 «Inevitabilmente, la morte di Dio (e dell’autore) ha generato uno spazio orfano; il Junkspace è senza autore, e tuttavia sorprendentemente autoritario. Il teatro preferito della megalomania – il dittatoriale – non è politica, ma spettacolo. Tramite il Junkspace, lo spettacolo organizza regimi ermetici di totale esclusione e concentramento: giochi d’azzardo di concentramento, campi da golf di concentramento, film di concentramento, vacanza di concentramento. Talvolta non è uno spazio sovraccarico ma il suo opposto, un’assoluta assenza di dettagli, genera ilJunkspace. Una condizione svuotata di dispersione che fa spavento, prova scioccante che così tanto può essere organizzato e costruito da così poco. L’iconografia del Junkspace è per il 13% romana, per l’8% Bauhaus, per il 7% Disney (testa a testa), per il 3% Art Nouveau, seguito a poca distanza dai Maya».  [Junkspace, Rem Koolhaas]


[Parassiti metallici, Massimo Toesca]

 «Abbiamo costruito più di tutte le precedenti generazioni messe insieme, ma per qualche ragione non possiamo essere misurati alla stessa scala. Non lasciamo piramidi. Il Junkspace è ciò che resta dopo che la modernizzazione ha fatto il suo corso, o più precisamente ciò che si coagula mentre la modernizzazione è in corso».  [Junkspace, Rem Koolhaas]

 
[Benzinaio #01, Simone Ludovico]

 «Il Junkspace è post-esistenziale; ti rende incerto su dove sei, rende poco chiaro dove stai andando, distrugge il luogo dove eri. Chi pensi di essere? Chi vorresti essere? (Nota per gli architetti: pensavate di poter ignorare il Junkspace […] ma ora che la vostra architettura è infetta, è diventata anch’essa levigata, onnicomprensiva, continua, contorta, infestata di atri…) Il Junkspace non aspira a creare perfezione, solo interesse. Il Junkspace sembra un’aberrazione, ma è l’essenza, è ciò che conta».  [Junkspace, Rem Koolhaas]

 di Massimo Toesca

 

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