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Dario Fo, regista, blogger, attore, pittore e Premio Nobel 1997.

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Dario Fo, regista, blogger, attore, pittore e Premio Nobel 1997.

Pubblicato il 23 giugno 2012 by redazione

 

Dario-Fo

I più lo conoscono per le celeberrime pièce “Mistero buffo”, “Morte accidentale di un anarchico” o “Sottopaga! Non si paga!” e per la ancora più famosa sede in cui queste vennero proposte al grande pubblico, la Palazzina Liberty dell’antico Verziere di Milano: ma lui, Dario Fo, è anche letterato (insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1997), regista, blogger e soprattutto pittore.

“Dico sempre che mi sento attore dilettante e pittore professionista”Nato nel 1926 a San Giano, un paesino presso il Lago Maggiore in provincia di Varese, da piccolo trascorre i primi periodi di vacanza in Lomellina: qui vive il nonno materno, agricoltore, che per invogliare i clienti ad acquistare la verdura prodotta in proprio inventa e racconta favole grottesche popolareggianti, servendosi della cronaca dei fatti avvenuti nel paese e nelle zone limitrofe per realizzare un vero giornale satirico del tutto improvvisato. Figlio di un ferroviere, inoltre, segue il padre nei trasferimenti che la Direzione delle Ferrovie gli impone: di paese in paese ascolta la narrazione non ufficiale dei maestri soffiatori di vetro, dei pescatori di lago che in osterie, piazze e porti raccontano favole paradossali e grottesche tipiche della tradizione dei “fabulatori” nelle quali affiora una pungente satira politica.

Il giovane Dario decide così di sviluppare le capacità apprese per strada presso l’Accademia di Brera di Milano, affinando ulteriormente la tecnica della fabulazione ascoltando, presso il neonato Teatro Stabile Piccolo di Milano, le prime traduzioni di Brecht, Majakovskij e Lorca: il suo talento è tale che nell’estate del 1950 riesce a fare colpo sull’attore Franco Parenti grazie a un suo testo autografo, “Poer nano”, satira che racconta la storia di un imbranato Caino in perenne competizione con lo splendido fratello Abele. L’ingaggio è immediato.

Da qui in poi la storia di Dario Fo è un crescendo di collaborazioni con la radio, la televisione e il teatro che lo porteranno, su una strada che non gli risparmierà difficoltà e censura, alla fama mondiale (Argentina, Australia, Bangladesh, Cina, Germania, India, Giappone, Russia, Uzbekistan e Yemen sono solo alcune delle nazioni in cui diverse compagnie straniere hanno portato in scena le opere di Dario Fo e Franca Rame). Ma nonostante le tournèe, il successo e la visibilità, Fo non dimentica mai le attitudini goliardiche e giullaresche del popolo da cui è nato e tra cui è cresciuto: capacità che egli registra in disegni e dipinti, schizzi presi “dal vivo” di una realtà un po’ folle dai quali trarrà ispirazione per la realizzazione dei suoi canovacci meglio riusciti.

“Dico sempre che mi sento attore dilettante e pittore professionista”, dichiara Fo: non per nulla nel corso della sua (non ancora finita) carriera di maestro poliedrico ha realizzato una personalissima “Bottega d’artista”, un vero e proprio laboratorio creativo di sapore rinascimentale in cui sono custoditi più di 18 mila schizzi, frutto di un lavoro che dura ininterrottamente ormai da 60 anni.

Il Comune di Milano, in collaborazione con la Compagnia teatrale Fo – Rame, ha deciso di aprire le porte di tale preziosissimo fondaco in una mostra dal titolo “Lazzi sberleffi dipinti” che, durata dal 24 marzo al 3 giugno, ha proposto al grande pubblico 400 opere tra pitture, collages, bozetti, acquerelli, fondali e stampe, ma anche arazzi, maschere, marionette e burattini. Lavori, questi, che ripercorrono un lungo viaggio attraverso la storia dell’arte: dai lavori ispirati alle incisioni rupestri preistoriche al linguaggio pop dei giorni nostri, percorrendo le esperienze dell’arte greca e romana, dell’arte bizantina e ravennate.

Grande interesse, poi, è quello dimostrato da Dario Fo per l’arte medievale e rinascimentale, testimoniato dai lavori che celebrano i rilievi scultorei del Duomo di Modena e di Parma, ma anche i remake di Giotto, Mantegna, Michelangelo, Leonardo, Raffaello e Caravaggio e dei contemporanei Funi, Carrà e Carpi.

Ma il mondo di Fo è il teatro che egli magistralmente rappresenta negli acrilici che raffigurano scene tratte da “Il barbiere di Siviglia”, “L’italiana in Algeri”, “La Gazzetta”, “Il viaggio a Reims”, ma anche della stagione creativa alla Palazzina Liberty e del suo incontro d’amore con Franca Rame, sua compagna e collega.

Una vita di passioni realizzata per immagini, che ha portato Fo a dichiarare (a ragione) che “se non possedessi questa facilità naturale del raccontare attraverso le immagini, sarei un mediocre scrittore di testi teatrali, ma anche di favole e di grotteschi satirici!”.

di Clara Amodeo

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L’ascesa vertiginosa di Twitter

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L’ascesa vertiginosa di Twitter

Pubblicato il 09 giugno 2012 by redazione

Effetti dei social network sui rapporti interpersonali.

Parlare di social network e dei loro effetti sui rapporti interpersonali, sulla comunicazione, sulle modalità percettive, sulla memoria e sulla società in generale, significa avere presenti i possibili rischi (molti dei quali non possiamo ancora definire), derivanti soprattutto da un “cattivo” o eccessivo uso (che si potrebbe trasformare in una dipendenza).

L’età media degli utenti dei social network è 37 anni, la presenza degli adulti su queste piattaforme è un fenomeno recente in quanto sono stati utilizzati in primis dai più giovani. Il più popolare è appunto Facebook, anche se ogni utente è iscritto in media a 1,8 social network; si differenzia Twitter che ha una popolazione più colta e con una maggiore capacità economica. In Italia il 66,7 % dei ragazzi dai 13 ai 17 anni utilizza un social network, con una prevalenza delle ragazze (59%) sui ragazzi (48%); il 78% vi si iscrive per stare in contatto con gli amici, il 20% per conoscerne di nuovi tanto che  il 47% dei giovani utenti dichiara di aver allacciato nuove amicizie, grazie a Internet. Facebook è indubbiamente, almeno per ora, il social network principale a livello mondiale, con più di 400 milioni di utenti attivi, il 55% degli iscritti effettua l’accesso almeno una volta al giorno e più di 35 milioni di utenti aggiornano il loro status ogni giorno; tre miliardi di foto vengono postate ogni mese, cinque miliardi di contenuti “vari” (link, note, album…) vengono postati ogni settimana, venti milioni di persone si iscrivono ad almeno una fan page ogni giorno, ogni utente invia circa otto richieste di amicizia al mese,  passa su Facebook almeno 55 minuti al giorno ed è membro di almeno 13 gruppi; commenta 25 volte, diventa fan di 4 pagine e riceve almeno 3 inviti ad eventi ogni mese. In Italia il 96% degli utenti dei social network utilizza Facebook (oltre 10 milioni), tra questi quasi un terzo vi trascorre almeno un’ora al giorno, seguito dal 21% di utenti per My Space e il 17% relativamente a Twitter. Rispetto alla media europea è il paese con numero di amici più elevato per persona (88 in media), l’utente standard non ha mai incontrato il 7% dei propri amici e ha interagito nella vita reale, con il 3% dei medesimi, una volta sola, infine il 76% degli utilizzatori dei social network vi accede una o più volte al giorno. In particolare Gli adolescenti passano su Internet 31 ore alla settimana, in media 4,4 al giorno delle quali la maggior parte sono trascorse sui social network.


Come si declinano i social network, e in particolare Facebook, quello che riscuote maggior successo tra i giovani, con le esigenze e i bisogni della fascia adolescenziale?

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Sostanzialmente perché l’utente tipico del principale social network è portato ad utilizzarlo? L’adolescenza può essere definita come una nuova “nascita sociale” dell’individuo, qui l’opera di socializzazione iniziata nell’infanzia e la separazione dalle figure genitoriali, arrivano a compimento e danno vita a quella che si affinerà poi meglio successivamente come la definitiva identità adulta della persona; ma come porta a compimento l’adolescente questo suo compito di sviluppo? Assumendo, mai come in questa età, come centrali nella propria vita, le relazioni con i propri pari e cercando all’esterno dalla famiglia nuove figure di riferimento e modelli ai quali tendere.

Ecco allora che i social network si affiancano come validi strumenti all’adolescente per aiutarlo in quest’opera di “coltura” delle proprie relazioni sociali, supportandolo nel mantenerle vive e arricchirle di giorno in giorno. A questo proposito, scongiurando gli spauracchi di una possibile sostituzione del reale col virtuale e la paura che questi strumenti possano semmai chiudere ancora di più l’adolescente nel suo mondo interno (che in questo periodo diventa quanto mai importante) servendosi di una insana dipendenza, sottolineiamo come la stragrande maggioranza degli adolescenti li utilizza in verità per relazionarsi con le medesime persone con le quali entra in contatto anche nella vita reale e, sebbene nella cerchia estesa di “amici” online possano essere incluse persone che sono solo conoscenti o anche persone che non conoscono affatto, in realtà poi sulla piattaforma i ragazzi finiscono per contattare sempre e dialogare con le stesse persone che sono presenti poi nella vita offline nell’area più intima e ristretta o comunque nelle frequentazioni quotidiane.

Infine il concetto di digital divide del quale si è già parlato, si presta alla sentita esigenza e preservazione di un’area di frequentazioni intima, privata e gelosamente difesa dai tentativi di esplorazione da parte dei genitori, che è fondamentale ci sia in questa fascia d’età, i quali appunto spesso si trovano a non saper bene utilizzare gli stessi strumenti digitali dei figli, che hanno così tutto un campo d’azione che sfugge al controllo parentale e spesso ciò fa sì che essi si espongano a pericolosi rischi.

Global_Digital_Divide

(digital divide, o divario digitale, è il divario esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell’informazione, in particolare personal computer e internet e chi ne è escluso, in modo parziale o totale. I motivi di esclusione comprendono diverse variabili: condizioni economiche, livello d’istruzione, qualità delle infrastrutture, differenze di età o di sesso, appartenenza a diversi gruppi etnici, provenienza geografica. Oltre a indicare il divario nell’accesso reale alle tecnologie, la definizione include anche disparità nell’acquisizione di risorse o capacità necessarie a partecipare alla società dell’informazione. Il divario può essere inteso sia rispetto a un singolo paese sia a livello globale. da Wikipedia)

Twitter

Dalla data della sua creazione, il 21 Marzo2006, Twitter ha subito un’evoluzione rispetto alla propria ragion d’essere, infatti, se in quell’anno la homepage recitava: “Una comunità globale di amici e stranieri che vuole rispondere a una sola e semplice domanda -Che cosa stai facendo?- “, oggi il focus è maggiormente sulle news: “Il modo migliore per scoprire le novità del momento nel tuo mondo”, sull’aspetto professionale e l’informazione in tempo reale: “Scopri cosa sta succedendo, proprio ora, con le persone e le organizzazioni che ti interessano”. Sebbene esista appunto dal 2006, esso sta vivendo da poco tempo il suo boom e per quanto riguarda l’Italia il suo uso ha subito un forte incremento solo molto recentemente. Sono 460 000 in media gli account creati al giorno, più di 200 milioni i tweets inviati ogni giorno, 100 milioni gli utenti che si collegano una volta al mese e i dati ufficiali sino al 2011 rilevavano che erano 1,5 milioni gli italiani che si collegano a Twitter almeno una volta al mese, mentre dati non ufficiali riscontrano che oggi gli italiani su Twitter sono raddoppiati e sono arrivati a quota 2,4 milioni, con una crescita di questa piattaforma solo da inizio 2012 dell’80%. Esso è popolarissimo oltreoceano dove è molto utilizzato dalle celebrities, è fondamentale per la gestione in tempo reale di fatti di cronaca di particolare impatto (come ad esempio l’evento del terremoto in Giappone), inoltre è un prezioso alleato delle aziende come strumento di comunicazione e marketing e infine ha avuto un ruolo centrale nella Primavera Araba: fu infatti usato dai ribelli per far circolare le informazioni e condividere opinioni ed emozioni eludendo i controllo dell’informazione operato dai regimi. Ecco che l’uso delle tecnologie moderne può rappresenta la salvezza e la liberazione dalla tirannia di regimi opprimenti come quelli presenti da decenni in Stati del Nord Africa e del Medio Oriente; Tunisia, Egitto, Libia, Siria, Baharain, Algeria, Marocco, i paesi travolti dal profumo dei tweets e dei post trasportati in Rete dai giovani rivoluzionari. Un dato interessante è che il 50% dei tweet proviene dallo 0,5 degli utenti, questo significa che chi poi utilizza realmente questa piattaforma è un popolo digitalmente “colto”, spesso del settore, blogger, organizzazioni, social media manager, giornalisti del settore, che sono attivissimi, mentre la maggior parte di chi si iscrive è un utente passivo che svolge il ruolo di semplice spettatore, forse colto e sicuramente informato, ma poco attivo e disposto allo sharing. Sicuramente per quanto riguarda il nostro Paese possiamo riscontrare un’influenza da parte dello show di Fiorello “Il più grande spettacolo dopo il weekend”, andato in onda lo scorso Autunno, inoltre i giornalisti si sono resi conto che in un certo senso su Twitter hanno praticamente “il lavoro fatto”, senza dover passare da uffici stampa e manager che non rispondono. Infine i programmi Tv e spesso i Tg hanno iniziato a citare i “tweet” dei VIPS e dei personaggi politici (almeno quelli che hanno capito quanto possa essere di estrema importanza, di particolare efficacia e grande impatto, l’uso di questi nuovi media ai fini di creazione del consenso, formazione delle opinioni e circolazione delle informazioni, soprattutto se si mira ad un certo target d’elettorato, una tipologia che non si informa unicamente attraverso la televisione), infine il passaparola, che come ben sanno i professionisti del marketing è fondamentale per la promozione e la fruizione di un prodotto, ha fatto il resto.

Appunto perché è usato quindi da una popolazione digitale diversa o da un utente che qui ricerca uno scopo particolare, è bene specificare che innanzitutto più che un social network esso è un “informationnetwork”, qui le persone in un certo senso “si mettono in vetrina” più che connettersi, esso è quindi un servizio di microblogging, nel quale “dire chi siamo” in 140 caratteri.

Dal momento che qui l’amicizia non è lo scopo principale, (anche se comunque è ovviamente presente la volontà di comunicare con amici e familiari), ma è quello di condividere un certo tipo di informazioni (che è bene non siano superficiali o su banali aspetti del quotidiano, cosa invece più tollerata dal “galateo” di Facebook, ma siano sulla professione o gli interessi e gli hobby della persona in questione o a proposito di eventi importanti che riguardano la persona e i suoi followers), non è quindi scontato che “l’amicizia” sia reciproca, ma l’utente verrà “seguito” solo se ne vale la pena e i suoi tweet sono degni di nota per i suoi followers, così come lui stesso “seguirà” solo chi per lui è a sua volta, in un certo senso, “meritevole d’attenzione” (non è quindi da intendersi come segno di scortesia o inimicizia, come invece può avvenire su altre piattaforme, se una persona realmente conosciuta nella vita offline decide qui di non seguirci o smette di farlo, inoltre qui il follow non si chiede).

Il principale punto di forza di Twitter è la possibilità di condividere le notizie in tempo reale, in mobilità e in modo veloce, ha meno strumenti per connettere tra di loro gli utenti, ma i due principali sono la tag@, come su Facebook, con la quale richiami direttamente un altro utente e la hashtag#, di solito utilizzata alla fine del messaggio condiviso, che specifica l’argomento del quale si sta trattando e raggruppa i tweet sotto una parola chiave, permettendo così il prender vita delle conversazioni attorno ad un argomento specifico ricercato dall’utente (gli argomenti più popolari in un determinato momento si chiamano trend topic), si può anche retweetare (ovvero la condivisione del messaggio di un utente sul profilo di un altro utente) un tweet che riteniamo degno di interesse di un nostro following ai nostri followers. Trasportare alcune modalità di impostare gli status di Facebook su Twitter quindi può essere efficace, ma sino ad un certo punto, dal momento che a ogni social network corrisponde un’ottica di senso diversa, ad esso sottesa e nella quale sono inscritti i suoi utenti e le relazioni tra di loro; per cui è opportuno non scrivere frasi prive di contenuto su Twitter e non utilizzarla come una chat privata per parlare con i propri amici, ma è necessario approcciarsi diversamente di volta in volta al differente frame simbolico latente della piattaforma che sto utilizzando. Insomma, come a dire, dimmi che social network usi e ti dirò chi sei.

di  Arianna De Batte

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Ben Casnocha: Think different

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Ben Casnocha: Think different

Pubblicato il 18 maggio 2012 by redazione

Ben Casnocha, originario di San Francisco, è uno dei più importanti giovani imprenditori del mondo, infatti ha solo 24 anni, ed è anche autore e blogger.

Ha scoperto la sua vocazione a 12 anni, grazie al suo maestro che aveva fatto imparare a memoria una poesia a tutta la classe: questi non era altro che lo slogan della Apple “Think different”.

“Here’s to the crazy ones. The misfits. The rebels. The troublemakers. The round pegs in the square holes.

The ones who see things differently. They’re not fond of rules. And they have no respect for the status quo. You can quote them, disagree with them, glorify or vilify them.

About the only thing you can’t do is ignore them. Because they change things. They invent. They imagine. They heal. They explore. They create. They inspire. They push the human race forward.

Maybe they have to be crazy.

How else can you stare at an empty canvas and see a work of art? Or sit in silence and hear a song that’s never been written? Or gaze at a red planet and see a laboratory on wheels?

We make tools for these kinds of people.

While some see them as the crazy ones, we see genius. Because the people who are crazy enough to think they can change the world, are the ones who do.”

Al giorno d’oggi c’è bisogno di nuovi imprenditori, e il punto di forza sono le nuove tecnologie e i social media, che non sono solamente rete di contatti e relazioni, ma anche fonte di informazioni e opportunità. In ogni caso, secondo Ben, non è indispensabile diventare un imprenditore, ognuno di noi è sempre a capo di un’importante “Start Up”: la propria carriera.

Cè spesso l’abitudine a celebrare il singolo (ad esempio il grande genio inventore), ma a volte le idee geniali possono scaturire dalla cooperazione di team, dando vita a fantastici networks. E’ questo che dev’essere il punto di partenza per il nostro start up: come possiamo creare il team attorno a noi, sia che esso sia virtuale o meno, mentre procediamo con la nostra carriera? Per aiutarci dobbiamo pensare alle nostre relazioni nella vita di tutti i giorni: famiglia, relazioni, buoni amici a scuola, eventi pubblici (come ad esempio anche Meet The Media Guru), insomma, ogni tipo di relazione può fare al caso nostro.

Secondo Ben le più importanti relazioni sono due: le alleanze e le conoscenze.

Le prime collaborano per il tuo progetto e ti suggeriscono: non è necessario che facciano parte della tua stessa compagnia, basta che abbiano qualcosa in comune. Sono sempre pronte a difenderti se qualcuno ti attacca, ti proteggono alle spalle.

Le seconde invece sono molto utili nella vostra rete di amicizie, hanno interessi diversi da voi, e la maggior parte delle volte lavorano per altre associazioni o addirittura in altre città, per cui possono darti informazioni diverse da quelle che conosci.

Quando, a volte, viene chiesto alle persone dove hanno trovato lavoro, molte rispondono di averlo trovato tramite la loro rete di informazione, e quando viene chiesto come conoscono chi ha dato loro il lavoro, molti rispondono dicendo che si tratta di persone con cui erano rimaste in contatto, o informandosi su libri, ecc. e non tramite familiari e amici. Ciò dimostra che se sei simile ad una persona, o troppo legata a lei, hai lo stesso scambio di informazioni, perciò non potrai avere più di ciò che hai già, è stando in contatto con queste persone lontane che possiamo avere più opportunità di lavoro.

Altra considerazione è che il mondo cambia velocemente, e che quindi è sempre più difficile restare al passo coi tempi: se ci sono sempre cambiamenti come facciamo a restare al passo? Spesso quando cerchiamo un’informazione essa è già cambiata, dobbiamo cercare quindi di tenerci sempre aggiornati, in modo da non perderci nulla. Come dice lo stesso Casnocha “Non c’è niente di sicuro, non c’è niente di stabile, dobbiamo continuare ad imparare”.
teniamoci in contatto

Ben ha recentemente scritto un libro in collaborazione con Reid Hoffman che si intitola “Teniamoci in contatto – la vita come impresa” (titolo originale “The Start Up of you”).

In questo libro viene citato il Beta Mood, ovvero “Il momento in cui diamo il successo per scontato è il momento in cui rischiamo di fallire”.

Nel suo libro Ben Casnocha ci suggerisce di trovare una singola idea brillante e di svilupparla, solo così si può arrivare al successo (esempi lampanti sono stati Paypal e Flickr, il quale tra l’altro nacque come gioco online, nel quale lo scambio di foto era solo una piccola funzionalità, che poi però, viste le sue potenzialità, venne sviluppata).

Ognuno deve trovare la propria passione, realizzare un piano d’azione e andare avanti a realizzarlo per tutta la sua vita. Occorre però avere anche un piano B, nel caso il piano A non funzioni, o anche solo se il piano B sembri avere maggiori opportunità.

Ben parla anche di piano Z, ovvero un piano di riserva nel caso tutto vada male (ad esempio il tuo migliore amico si trasferisce in una città lontanissima dalla tua). Se una persona pensa molto chiaramente alla peggiore delle ipotesi possibili e trova una soluzione, semmai questa situazione dovesse capitare realmente, sa già come risolverla al meglio.


Ben Casnosha

Una breve intervista.

Qual è il miglior imprenditore della storia? Cosa bisogna fare per raggiungere la perfezione e realizzare le proprie passioni?

Ben: Non sono sicuro su chi sia il migliore. Penso che ognuno abbia la sua storia, e concentrarsi su alcune ricerche, avendo sempre in testa un piano di riserva in caso di avversità, il piano B. Non devi per forza essere nato per far business, puoi anche imparare i segreti del mestiere nel tempo. Le delusioni inoltre servono a fortificarti per le grandi battaglie.

Sei rimasto in contatto con i compagni di classe di quando avevi 12 anni? Loro cosa fanno adesso?

Ben: Con qualcuno sì, penso che comunque il nostro insegnante sia stato d’impatto, a volte parliamo ancora di lui, ma non è che intraprendi una grande carriera solo per una persona, quando cambi lo fai per varie cose, varie esperienze, non solamente perchè una persona ti ha colpito in un dato momento.

E’ più difficile creare o far crescere delle relazioni professionali?

Ben: Non appena si ha qualche punto di riferimento diventa più facile relazionarsi con gli altri, la cosa più difficile è sempre l’approccio iniziale, perchè non conosci ancora la persona e quindi non sai come prenderla.

Il sistema dello Start Up va bene per le compagnie digitali e web. Per quanto riguarda invece le compagnie tradizionali senza troppa tecnologia? Come possono migliorare?

Ben: Sono i giovani ad insegnare la tecnologia alle aziende più arretrate, anche se per la vecchia scuola ormai non c’è più molta opportunità. (es. delle immagini digitali restano sempre più comode e pratiche di fogli cartacei da scansionare uno per uno).

La Timeline è stata messa su Linkedin e ora si sta mettendo anche su Facebook, è un modo per crescere?

Ben: Ci sono sempre più opportunità, sempre più persone partecipano ai social e per questo tutto diventa più prezioso e utile per tutti.

Abbiamo parlato di qualità interiori. Quali sono invece tre consigli che potremmo fare per svilupparci? Ad esempio nelle pubbliche amministrazioni?

Ben: Bisogna prendersi cura e assicurarsi che tutto vada per il meglio. Gli immigrati devono essere i benvenuti, dobbiamo accoglierli come possiamo da tutto il mondo, poiché stimolano la crescita della cultura e dello sviluppo, senza contare che possono portare nuove idee.

 Al ritorno dalla sua conferenza in Italia Ben ha scritto un post nel suo forum, che potete trovare qui:

http://casnocha.com/2012/05/quick-impressions-of-italy-2012-edition.html

 

di Francesca Pich

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