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Siamo noi gli unici animali che capiscono l’ignoranza?

Pubblicato il 31 ottobre 2016 da redazione

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Due psicologi sostengono che, mentre le scimmie possono pensare alle menti altrui, non hanno una capacità fondamentale che solo gli esseri umani hanno: non pensano al futuro.

Questa capacità di capire che a qualcun altro possano mancare alcune informazioni riguardo al mondo, per noi è così naturale che ci sembra quasi banale.

Eppure, secondo i due psicologi, è una capacità che solo gli esseri umani hanno. “Pensiamo che le scimmie non possono farlo”, dice Alia Martin della Victoria University di Wellington.

Questa affermazione è l’ultima tappa di un lungo dibattito su come i nostri compagni primati capiscono. Di particolare interesse è la domanda: Hanno una “teoria della mente”, una comprensione, propri stati mentali, credenze e desideri, propri modi di vedere il mondo?

“Sì”, dice Alia Martin e Laurie Santos dell’Università di Yale, ma è diversa dalla nostra in un aspetto cruciale. Entrambi sostengono che gli altri primati “non hanno il concetto di informazione falsa, o diversa da quella che sanno”. Questo significa, per prima cosa, che non possono concepire gli stati del mondo, che non sono sincronizzati sulla loro realtà presente. E così, non possono immaginare altri individui che pensano al mondo in un modo diverso. Possono pensare alle menti degli altri, ma solo quando quelle menti hanno gli stessi contenuti della loro mente.

 
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Mettiamola così: se uno scimpanzé vede altri scimpanzé che fissano una mela su una sporgenza, si capisce che sono consapevoli della mela e potrebbero giungere attraverso l’atto di mangiare, a una teoria di base della mente. Ma non possono “immaginare” cosa accadrebbe se la mela fosse sul pavimento, o se la mela fosse una banana, o se dei coetanei scambiassero la mela per qualcosa d’altro.

“Potremmo essere l’unica specie in grado di pensare a cose che non sono fatti propri del mondo, come altri possibili mondi, stati del passato o del futuro, non fattuali”, spiega Santos. “Siamo in grado di simulare un intero mondo immaginario. E se sei una specie che può pensare al di fuori della tua testa, è possibile applicarlo anche ad altre persone. “Uno scimpanzé non chiedo se domani avrà fame. Si preoccupa solo se ha fame ora. Un orango tango non ha intenzione di scrivere un romanzo, perché questa è l’unica realtà che conosce.

Martin e Santos non fanno queste affermazioni alla leggera. Nel 1990, molti scienziati sostenevano che gli altri primati non hanno una teoria della mente. Negli anni 2000, testando gli animali su compiti più semplici che riflettano meglio le sfide che devono affrontare in natura, i ricercatori hanno dimostrato che gli scimpanzé sanno che cosa i loro coetanei sanno, e possono apprezzare i loro obiettivi e le loro intenzioni.

 
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Ma gli studi più recenti hanno messo in evidenza quali sono le differenze tra la loro teoria della mente e la nostra. Immaginate che una madre lasci un biscotto sotto un piatto, e suo figlio maliziosamente lo nasconda sotto il tavolo. Quando la madre torna, se la ridacchia tra sé e sé. Si aspetta che la mamma cerchi il biscotto nel posto sbagliato. Se non lo fa, e guarda sotto il tavolo, invece, si sorprende. Si potrebbe tirare una doppia conclusione. In effetti, questo è esattamente ciò che i neonati umani fanno in questa situazione, a partire da un’età molto precoce.

Ma non è quello che fanno gli altri primati. Scimpanzé e scimmie non riescono, entrambe, a svolgere questi “compiti  di falsa credenza.” Per esempio, nel 2011, la squadra di Santos sperimentò una versione del biscotto (ma usando un limone) davanti a un macachi rhesus. Lo sperimentatore sapeva dov’era il limone, ma non che fosse nel posto sbagliato, le scimmie fissarono la scena a lungo, segno che avevano assistito a qualcosa di inaspettato. Ma quando lo sperimentatore, avute le informazioni sbagliate sulla posizione del limone, guardò ancora nel posto che sapeva essere giusto, le scimmie ne rimasero perplesse. “Anche alle scimmie adulte mancano queste competenze, che i bambini di 12 mesi di età hanno già”, spiega Santos.

Sulla base di questo lavoro, Santos inizialmente disse che mentre i primati non umani non capiscono false credenze, possono invece ragionare sulla conoscenza e l’ignoranza di un altro individuo. Questo è un punto di vista condiviso da altri scienziati che hanno fatto studi simili. Ma Santos ora pensa che sia sbagliato. Martin e Santos sostengono che i nostri parenti più stretti non hanno il concetto di ignoranza. Loro possono riflettere su ciò che sanno, possono monitorare se gli altri sanno le loro stesse cose, ma se gli altri non condividono la stessa conoscenza, sono più incapaci. “Non hanno alcuna previsione su quello che sta succedendo”, dice Santos. “Non possono simulare un mondo che non è il mondo che sono in questo momento.”

Questo è un concetto strano e profondamente contro intuitivo. Per Santos, è diventato più chiaro dopo aver letto di uno studio sugli scimpanzé, pubblicato lo scorso anno di Katja Karg e colleghi: ogni scimpanzé aveva visto una scatola al di fuori del suo recinto, con alcune banane e uno sperimentatore umano che ne teneva in mano delle altre.  Lo scimpanzé, nel frattempo, poteva controllare se le banane rimanevano in vista o venivano nascoste. Uno scimpanzé intelligente avrebbe aperto il coperchio o lo avrebbe chiuso/o lasciato chiuso per altri concorrenti.

“Sono capaci di aprire oggetti che sono chiusi”, afferma Santos. “Ma loro non sanno di dover chiudere qualcosa come azione preventiva nel caso qualcuno faccia qualcosa che lo renda necessario. In un certo senso, la loro capacità cognitiva è molto semplice. Delegano la loro comprensione a qualcun altro. Ma non appena le informazioni per qualcun altro cambiano di valore, allora non hanno più riferimenti. Non possono simulare un mondo che non è il mondo come appare in quel momento “.

Vi sono studi in cui gli scimpanzé si nascondevano ai concorrenti, o addirittura rubavano il cibo non appena non erano visti. Ma Santos sostiene che tutto questo si può fare senza capire che l’altro non sa che non li ha visti. Tutto quello che sappiamo è se il concorrente abbia o meno la stessa conoscenza. In caso contrario, non sanno che cosa il concorrente stia pensando, e così tutte le azioni possibili non sono attivabili. “La cosa pazzesca è che questa capacità li porta comunque molto lontano”, dice. “Si possono ingannare l’un l’altro e questo sistema muto gli permette di essere abbastanza bravi a svolgere compiti machiavellici. ”

“Sento che è troppo presto per una simile proposta”, dice Frans de Waal dalla Emory University. Solo perché i primati non riescono nei compiti attuali non significa che non saranno in grado di farli per sempre, la storia ci ha insegnato tanto. “Gli esseri umani, di solito, sono testati da altri individui della loro specie, mentre le scimmie sono testate da noi, un’altra specie. Questa situazione li ostacola fin dall’inizio. L’assenza di prove non è una prova che non ci possano essere delle prove “.

“Ha ragione chi suppone che domani qualcuno potrebbe mostrare che abbiamo sbagliato tutto, ma le cose finora sono state abbastanza costanti”, afferma Santos. Sarah Brosnan dalla Georgia State University è d’accordo. “Si adatta ai dati, apparentemente meglio di altre teorie attuali”, dice, “anche se trovare prove empiriche a sostegno di questa interpretazione rispetto ad altre sarà difficile, perché testare sfumature come queste non è facile.”

Martin e Santos hanno già qualche idea su possibili esperimenti. Immaginate che si mostrino diversi contenitori a uno scimpanzé e poi si nasconda del cibo in uno di essi. Ora, se un’altra persona entrasse e andasse dritta al cibo nascosto “ci lascerebbe molto sorpresi” dice Martin. “E più contenitori ci fossero, più sorprendente sarebbe. Ma una scimmia non sarebbe affatto sorpresa”.

 
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Tutto questo è parte di un più ampio dibattito filosofico su come noi vediamo gli altri animali. Molti hanno cercato di mostrare che alcuni tratti sono esclusivamente umani, forse in una ricerca narcisistica, tesa solo a stabilire la nostra superiorità sul resto della natura. Altri, come De Waal, vedono più le somiglianze che le differenze. “Non ci sono davvero prove sull’utilizzo degli strumenti, della pianificazione, o della capacità di ricordare modalità, sostanzialmente diverse rispetto a quelle di altri animali,” dice. “Andiamo spesso al di là di quello che fanno, ma i processi di base sono gli stessi. La mia ipotesi è che lo stesso valga per la teoria della mente “.

Santos dice che le somiglianze osservate sono troppe. Osservando altri primati in natura, penso “che stiano attraversando le stesse nostre situazioni”, dice “ma mi colpisce il fatto che le stiano affrontando in modo così diverso. Non stiamo parlando di come le gestiamo noi. Loro non stanno usando la tecnologia come noi. Se cercheremo solo di dimostrare in cosa gli esseri umani sono diversi, ci perderemo molte cose interessanti. Ѐ la combinazione delle somiglianze e delle differenze che ci dirà molto di più”.

Adriana Paolini

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