Categoria | Politica-Economia

Riflessioni sul risultato elettorale

Pubblicato il 15 marzo 2013 da redazione

Queste elezioni hanno evidenziato la profonda crisi etico-morale della sinistra, che non ha saputo cogliere per tempo le critiche sia del suo potenziale elettorato sia dei suoi iscritti. Si è assistito impotenti al declino e al degrado dei valori più alti della democrazia di questo Paese. In questi giorni ho raccolto le molte analisi sul perché un partito come ad esempio il PD avrebbe perso ben l’8% del consenso nazionale! La più gettonata lo addebita a una cattiva comunicazione o cerca di far sentire “in colpa” gli iscritti che non si sono spesi abbastanza la faccia nel persuadere parenti, amici e conoscenti a votare il loro partito.

Si è perso il senso della funzione politica, che dovrebbe essere quella di portare avanti le istanze delle classi sociali che rappresenta, con progetti capaci di immaginare, narrare e costruire futuri possibili per il bene del Paese.

La politica non funziona con le regole del marketing e non deve essere finalizzata al solo consenso popolare. Ho visto in questi anni decine di tavoli di discussione votati solo a dragare e carpire  le parole d’ordine del vissuto quotidiano della società civile, con l’unico scopo di alimentare la fabbrica del consenso per il consenso.

Incredibile invece la voglia e il bisogno di partecipazione sommerso che è poi esploso e ha fatto il successo del Movimento 5 Stelle.

Dovremmo riflettere sul come i partiti non abbiano saputo raccogliere e convergere nelle loro sedi questi semi di rinnovamento sociale, troppo impegnati nell’autoreferenziarsi.

Dovremmo anche riflettere su questa ostinata scelta di alcuni partiti a non voler governare, ma  preferire il ruolo di oppositori a tempo indeterminato. Troppo preoccupati nel difendere le postazioni conquistate, in questo sistema oligarchico ormai in fase di sgretolamento. Se anche a questo punto rinunceranno a governare sarà una chiara e inequivocabile dichiarazione di irresponsabilità e di mancanza di coraggio. Certo le condizioni non sono le migliori, ma non si può scegliere dove si nasce. Si nasce e basta e poi da lì si inizia a costruire la propria vita. Anche da qui si può iniziare a ricostruire l’Italia.

Questa sfida può essere l’opportunità per costruire un nuovo progetto politico che sappia dare le risposte che il Paese chiede, ma anche lo strumento per spiegare e valorizzare il ruolo del partito in senso lato, l’unico vero organismo democratico che una società civile deve darsi, per poter esercitare la democrazia, che è sempre plurale e mai singolare.

Il cambiamento che il Paese chiede è lo stesso che a più voci stanno chiedendo altri movimenti in Europa e per i quali Hessel scatenò gli Indignatos ai quattro angoli del mondo occidentale. Il Movimento 5 Stelle non è molto diverso da quelli.

Non bisogna barricarsi dietro tiepide risposte. Le masse sono il motore della democrazia, e la frizione e la discussione fanno bene alla democrazia, ne allargano gli orizzonti. La democrazia esiste da pochissimo tempo nella storia dell’uomo e nel mondo globale rischia di perdersi per sempre, perchè per sua natura ha bisogno di un confronto face to face, difficile da esercitare in territori troppo grandi, dove più facilmente si costituiscono grandi imperi. Così succedeva nel passato, ma può accadere ancora nel futuro. L’Europa è la speranza, quella che ha le dimensioni giuste per perfezionare ciò che lei stessa ha generato. Occorre quindi accettare il confronto e lavorare per salvare la democrazia.

In quanto a chi continua ancora a fare campagna elettorale e a mantenere aperte le primarie, attenzione a non spaccare i partiti. In quel caso avranno vinto solo personalismi irresponsabili.

Nel mentre noi discutiamo di questo piuttosto che di quello, in Italia si perdono ogni giorno un po’ di diritti: diritto al lavoro, alle cure, alla scuola, alla casa, ad avere un sistema industriale e produttivo riconoscibile, alla propria sovranità nazionale in Europa, ma soprattutto alla propria dignità.

Non è il Movimento 5 Stelle a doverci preoccupare, ma il disallineamento completo dei principali partiti con le necessità più urgenti del Paese, prima fra tutte quella di essere governato.

di Adriana Paolini

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