Le donne del cacao, di Solange N’Guessane, e le saponette OlgaZ

Pubblicato il 06 ottobre 2015 da redazione

H.LE NUOVE DONNE DEL CACAO. Sanata Bamba. Villaggio di Gho, Costa d'Avorio. 27.5.2015. FOTO FRANCESCO ZIZOLA PER LUIGI ZAINI spa

Sanata Bamba. Villaggio di Gho, Costa d’Avorio. 27.5.2015. Foto Francesco Zizola.

 

Una responsabilità esportabile

Arriva dall’Italia il sostegno a una start-up che sebbene non prometta di estinguere la discriminazione di genere tra uomo e donna nei lavori rurali, sicuramente contribuirà ad attenuarne l’incisività, almeno a livello locale.

Stiamo parlando del progetto Le donne del Cacao, presentato Martedì 29 Settembre a Milano e supportato dall’azienda dolciaria Zaini. A parlarcene sono Luigi Zaini, ideatore della partnership e Solange N’Guessan, presidentessa dell’UCAS, Unione Cooperative di San Pedro, consorzio che raggruppa 18 cooperative rurali della Costa d’Avorio e coordinatrice di questo promettente progetto imprenditoriale.

L’obiettivo del programma è di trasformare gli scarti dei semi di cacao in saponette! Il processo di produzione sarà interamente seguito e gestito da donne, consentendo loro di accedere a una maggiore indipendenza economica e, di riflesso, autonomia gestionale all’interno delle proprie famiglie.

 

H.LE NUOVE DONNE DEL CACAO, Antoinette Amenanne. villaggio di Gho. costa d'Avorio 27.5.2015. FOTO FRANCESCO ZIZOLA PER ZAINI spa

Antoinette Amenanne. villaggio di Gho.

H.LE NUOVE DONNE DEL CACAO. Awa Dramane. Villaggio di Gho, Costa d'Avorio. 27.5.2015. FOTO FRANCESCO ZIZOLA PER LUIGI ZAINI spa

Awa Dramane. Villaggio di Gho.

H.LE NUOVE DONNE DEL CACAO. Amoin Koliassi. Villaggio di Gho, Costa d'Avorio. 27.5.2015. FOTO FRANCESCO ZIZOLA PER LUIGI ZAINI spa

Amoin Koliassi. Villaggio di Gho.

H.LE NUOVE DONNE DEL CACAO. Akissi Kaliado, Villaggio di Gho, Costa d'Avorio. 27.5.2015. FOTO FRANCESCO ZIZOLA PER LUIGI ZAINI spa

Akissi Kaliado, Villaggio di Gho.

H.LE NUOVE DONNE DEL CACAO. SOLANGE N'GUESSAN. FOTO FRANCESCO ZIZOLA PER LUIGI ZAINI spa

Solange N’Guessan.

 

Come nasce l’idea?

Durante la presentazione Solange spiega che questo processo di lavorazione non è una sua creazione, lei gli ha semplicemente dato una struttura imprenditoriale! L’ideatrice del processo di trasformazione, invece ,è una donna del villaggio di Gho, in Costa d’Avorio, cui l’idea venne per necessità. Infatti, essendo povera e non potendosi permettere il sapone, la donna veniva sistematicamente emarginata dalla società al punto da essere arrivata a vergognarsi ad uscire di casa. Per cercare di ovviare al problema, cominciò autonomamente a produrre il detergente, partendo da ciò che aveva a disposizione, ossia gli scarti dei semi di cacao. La produzione del sapone nasce pertanto come pratica domestica al servizio della famiglia, anche perché, come ci spiega la stessa N’Guessan, tutte le donne del villaggio normalmente sono raccoglitrici nei campi di cacao. Queste donne vanno ad infittire le schiere di coltivatrici che ad oggi rappresentano il 40% della forza lavoratrice mondiale, percentuale non molto inferiore rispetto ai loro colleghi uomini, e che nonostante costituiscano una consistente fetta del mercato del lavoro, non godono di pari diritti. Ci spiega Solange, che in Costa d’Avorio, le donne non hanno alcun potere decisionale, vengono picchiate senza potersi opporre e sono costrette ad affiancare al lavoro nei campi anche quello domestico. Intendiamoci, stiamo parlando di una giornata lavorativa che inizia alle quattro del mattino e che oltre al lavoro nelle piantagioni non prevede solamente la preparazione dei pasti e la pulizia domestica, ma anche qualche ora di camminata per l’approvvigionamento dell’acqua. Infatti, poichè i frutti del cacao crescono all’ombra di piante ad alto fusto, le coltivazioni sono situate ai margini delle foreste equatoriali, con le evidenti difficoltà di reperimento del cibo e dell’acqua che questo comporta.

Per questo l’idea di dare una struttura imprenditoriale a una pratica familiare. La produzione del sapone farà ora capo a un’impresa collettiva, i cui macchinari verranno forniti e mantenuti nel lungo periodo dall’industria milanese: le donne coinvolte nel progetto, invece, saranno inizialmente solo un centinaio e avranno una prospettiva di guadagno di 900 euro annui, contro i 2500 di media nazionale.

Tuttavia, spiega la stessa N’Guessan che l’obiettivo principale nel breve periodo è che le saponette OlgaZ, così chiamate in onore di Olga Zaini, coraggiosa imprenditrice che guidò la Zaini dal 1938 alla metà degli anni ’50, conquistino entro i prossimi cinque anni il 20% del mercato ivoriano. Una start-up destinata quindi, almeno in un primo momento, a un mercato chiuso.

Una piccola rivoluzione che sebbene ancora circoscritta ha già innescato “l’effetto farfalla”: tutte le donne coivolte nel progetto hanno potuto beneficiare di ore di riposo dai campi da poter dedicare a se stesse, molte di loro organizzandosi in piccoli gruppi hanno avviato piccole attività creditizie collaterali alla produzione del sapone e parte dei ricavi del programma è già stata utilizzata per creare e attivare scuole all’interno dei villaggi.

 

H.LE NUOVE DONNE DEL CACAO. Odille e Terese. Villaggio di Gho, Costa d'Avorio. 27.5.2015. FOTO FRANCESCO ZIZOLA PER LUIGI ZAINI spa

Odille e Terese. Villaggio di Gho, Costa d’Avorio. 27.5.2015. Foto Francesco Zizola.

 

Come funziona la produzione del sapone?

In un primo momento, quando la produzione era ancora nella fase artigianale, le donne curavano tutte le fasi della filiera. Raccoglievano i gusci essiccati dei frutti di cacao, le cabosse, le portavano a casa e le bruciavano. Una volta bruciate, le pestavano con dei bastoni fino a ridurle in cenere: da queste ricavavano quindi la polvere di potassio, sostanza indispensabile per la produzione del sapone. A questo punto la polvere veniva mescolata insieme all’olio di palma e il palmisto: il primo estratto mediante spremitura dei frutti denocciolati, cotti, pressati e filtrati, il secondo ottenuto dai semi della palma, essiccati, macinati e pressati. Dopodiché, da una lavorazione degli ingredienti sia a caldo sia a freddo, veniva ricavata la pasta di sapone , a sua volta modellata e messa a solidificare in griglie in legno.

Oggi, grazie al supporto economico dell’azienda meneghina Zaini, il processo è diventato molto più efficiente, specialmente a seguito della dotazione di attrezzature meccaniche e in particolar modo di miscelatori. Eppure, la materia prima è ancora di produzione domestica! Infatti, ci spiega Solange, la polvere necessaria per produrre il sapone non viene ricavata all’interno della cooperativa, bensì acquistata esternamente dalle donne locali o dei villaggi limitrofi. Ogni donna interessata a partecipare alla filiera, raccoglie le cabosse per conto proprio e sempre per conto proprio ne ricava la polvere, dopodiché si rivolge alla cooperativa che la remunererà in denaro. Viene quindi da chiedersi se a fronte dei 900 euro annui previsti unicamente per le lavoratrici dell’impresa, qualche tutela sia prevista anche nei confronti delle fornitrici di polvere di potassio. Il rischio che sia il cliente unico a dettare le condizioni di acquisto si affaccia maliziosamente dietro l’angolo.

A prescindere dall’esportabilità o meno della tecnica di lavorazione, sicuramente è auspicabile un’esportabilità del modello. Un sistema di produzione in cui cooperare con le realtà locali, oggi più che mai sfruttate dai giganti alimentari, non costituisca semplicemente un atto di magnanimità di questi ultimi , bensì una responsabilità cui oggi le multinazionali del cibo siano chiamate a rispondere.

di Giulia Pavesi

 

Fonti:

Conferenza stampa “Le donne del cacao” in occasione del Progetto Frigoriferi Milanesi – Nuova Economia.

La presidentessa dell’UCAS e ideatrice del progetto imprenditoriale Solange N’Guessan.

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