Categoria | Cultura

L’Asia, l’altra metà del genere umano

Pubblicato il 07 novembre 2022 da redazione

Terza Parte: la Cina

Le prime forme di civiltà, secondo gli studiosi, sembrano essere sorte in Egitto e in Mesopotamia, ma mentre i resti di quelle antiche popolazioni scomparvero sotto la polvere, quella cinese attuale è la diretta erede delle sue forme culturali più remote, nate più di quattromila anni fa nel bacino del Fiume Giallo, e proseguite sino ad oggi senza interruzioni storiche.

 

La vuota infinità

Senza principio, ne fine.

Senza passato, né futuro.

Un chiarore circonda il mondo dello spirito.

Ci scordiamo l’uno dell’altro,

tranquilli e puri, colmi di forza e vuoti,

il vuoto è illuminato dalla luce del cuore celeste.

L’acqua del mare è liscia e la sua superficie rispecchia la luna.

Le nubi scompaiono nell’azzurro,

Le montagne risplendono chiare.

La coscienza si dissolve in contemplazione.

Il disco lunare riposa solitario.

(Il libro della coscienza e della vita. Liu Hua Yang, 1794)

 

L’antica leggenda cinese racconta la Cina come un cosmo. All’inizio di tutto era il caos. Cielo e terra erano come il bianco e il giallo dell’uovo. P’an ku, il primo uomo, nasce e da forma al cielo e alla terra; cava il cielo dagli elementi chiari e brillanti e la terra dagli elementi torbidi e impuri. Ogni giorno, P’an ku si trasfigura nove volte e cresce di dieci piedi, anche il cielo si alza di dieci piedi e la terra si consolida sempre di più. Dopo aver vissuto 18 000 anni P’an ku è alto e robusto, anche il cielo è molto alto e la terra durissima. Allora P’an ku si mette a piangere e le sue lacrime colando sulla terra fanno nascere il Fiume Giallo (Huang ho) e il Fiume Azzurro (Yang tze). Inizia allora a respirare e il vento soffia. Parla e la terra è scossa. Si guarda attorno e lampi escono dai suoi occhi. Se P’an ku è di buon umore il tempo è bello, ma se non lo è il tempo è pesante e nuvoloso. Alla sua morte le spoglie si frantumano formando le cinque montagne sacre della Cina, gli occhi diventano il cielo e la Luna, il grasso delle carni si scioglie in mare e nei fiumi e i capelli si piantano nella terra dando vita agli alberi.

 

P'an ku_1

P’an ku, nel Sancai Tuhui di Wang Qi, 1607.

 

Nelle comunità agricole le leggende raccontano di tre sovrani, quello del cielo, quello della terra e il signore dell’uomo, che arrivarono dopo P’an ku per governare il mondo.

Il signore del cielo aveva dodici teste, regna per 18 000 anni nei monti del Kuenlu, i pilastri che reggono il cielo, nella Cina nord ovest; il signore della terra ha sempre dodici teste e regna anche lui 18 000 anni nei monti della Porta del Dragone (la provincia forse di Ho nan). Entrambi questi sovrani hanno corpo di serpente e piedi di animale. Il signore dell’uomo, invece, ha nove teste e regna 45 000 anni nell’attuale Sze ciuan.

Il regno del signore dell’uomo è la prima di dieci grandi epoche.

Il filosofo Mencio, vissuto alla fine del IV secolo a. C., parla di un’epoca nella quale le acque inondano l’impero di mezzo e in cui serpenti e dragoni occupano la terra e dove i terreni sono bassi la gente costruisce nidi sugli alberi, per salvarsi dalle inondazioni e non annegare.

Dalla seconda epoca fino alla settima i cinesi sembrano proteggersi tutto il tempo da fiere selvagge, poi scomparse. Durante la settima epoca il signore di quel tempo insegna agli uomini a vestirsi con la pelle degli animali cacciati e un altro a costruire capanne fatte di frasche e fogliame. Della nona età si sa che i tre sovrani più popolari, narrati nelle leggende, erano T’ai hac (Splendore Supremo), la regina Niu wa e Ce nong (Divino Agricoltore).

Splendore aveva la testa d’uomo e il corpo di serpente e inventò la pesca con la rete, il rito del matrimonio e gli otto trigrammi, usati per le divinazioni, e che furono la base della futura scrittura cinese. Questi otto forme scritte rappresentavano gli aspetti primordiali del mondo: cielo, terra, acqua, fuoco, vento, tuono, palude e montagna.

Anche la regina Niu wa aveva testa umana e corpo di serpente. Durante il suo regno un suo vassallo furioso per la sconfitta subita da un altro vassallo, batte così violentemente il capo contro la “Grande Cima cui non si può girare intorno”, da causare il crollo dei pilastri che sorreggevano il cielo e per la loro caduta lo sbriciolamento delle catene che tenevano sospesa la terra. Sole, Luna e Stelle caddero in direzione Nord Ovest e il cielo si fece più basso, mentre fiumi, mari e oceani deviarono a Sud Est dove il cielo franò. La grande inondazione che seguì travolse tutto, uomini, animali e uccelli. Per il grande dolore la regina ordinò che si fondesse in un crogiuolo  una pietra di cinque colori e con questa aggiustò le fessure del cielo. Poi tagliò le quattro zampe di un animale, chiamato Ao, e ne collocò una ad ogni angolo dell’universo perché lo mantenesse in equilibrio. Venne quindi bruciato un drago nero e le sue ceneri usate per spegnere le inondazioni. Il cielo fu così sistemato per sempre, le acque si ritirarono e gli animali e gli uomini tornarono a vivere.

Divino Agricoltore aveva, invece, la testa di un bue e il corpo di un uomo e insegno agli uomini a coltivare la terra con l’uso dell’aratro e le virtù delle erbe medicinali che provava direttamente nel suo stomaco avvelenandosi settanta volte al giorno.

Nella decima epoca regnò l’imperatore Huang ti, chiamato il “grande padre della Cina” che dovette affrontare Ce yu, il sovrano di un popolo venuto dal Sud, ben equipaggiato di armi metalliche. Si dice avesse cranio di bronzo e fronte di ferro. Huang ti aveva, però, come alleati il vento e la pioggia e con loro costruì una grande nube artificiale nella quale i soldati di Ce yu certamente si sarebbero persi, ma non i suoi guerrieri perché attrezzati di una bussola che lui stesso aveva inventato. E così Huang ti sconfisse Ce yu.

Grazie all’imperatore Huang ti le arti e i mestieri presero slancio. Si costruirono case, palazzi e templi, il paese venne diviso in province e distretti registrati in un sistema catastale e si iniziò ad allevare il baco da seta e a filarla e tessere come base per confezionare i vestiti. Fu inventata la scrittura e il primo calendario, furono coniate le monete e costruiti carri e barche e impiegati gli animali per il trasporto. Questa età di Huang ti e dei due sovrani che gli succedettero, Yao e Ciuen, fu chiamata da Confucio” l’età dell’oro” perché la vita era orientata alla virtù e al disinteresse verso il denaro e il potere. A partire da quest’epoca inizia il ciclo storico millenario della Cina.

 

L’umanesimo cinese

Confucio_1

Ritratto di Confucio eseguito nel periodo della dinastia Yuan (1279-1368).

 

La plurimillenaria storia cinese si sviluppa in un’altalenante serie di momenti di ricchezza e di carestia, pace e anarchia, guerre interne o contro gli invasori, ma tutto all’interno di una cornice che non subisce cambiamenti di rilievo, e che vede i protagonisti di questo popolo originarsi e mantenersi sempre aderenti a una tradizione per lo più contadina: il fondatore della dinastia dei Han, che per primo aveva diviso la terra, era di origine contadina, lo era anche il fondatore della dinastia Ming e naturalmente anche Mao era figlio di contadini.

E nel succedersi delle diverse dinastie si nota che è sempre a causa di una rivolta contadina che la dinastia in corso entra in crisi e ne innesca una nuova che la spodesta.

La compattezza del popolo cinese si deve anche alla conformazione geografica dei suoi territori, con la barriera montuosa più alta al mondo che per secoli da isola dal contatto con le civiltà occidentali e le steppe e i deserti dell’arco settentrionale che espongono le fiorenti colture agricole alle scorrerie dei nomadi dell’Asia Centrale della Mongolia e del Nord Est. Sarà proprio la ricerca di un equilibrio fra le forze della Cina e quelle dei Barbari a condizionare molta della loro storia, come testimonia la Grande Muraglia, anche se non riuscì alla fine a fermare mai nessuna invasione. Bisognerà, infatti aspettare l’artiglieria fabbricata dai gesuiti, perché i cinesi riescano a vincere sui guerrieri nomadi.

Nello scorrere di questo travaglio e il susseguirsi di dinastie di origine straniera, corrotte e sfruttatrici gli ideali del popolo cinese restano quelli di una vita collettiva ordinata, pacifica e laboriosa, ispirata alla fedeltà e alla giustizia predicate da Confucio.

Vivendo così in un mondo per lo più chiuso i filosofi cinesi si dedicano allo studio dell’uomo e alla guida di una cultura che si dedica alla costruzione di un certo particolare tipo di uomo.

Nella civiltà cinese è, infatti, determinante il suo durare nei secoli del ceto dei “funzionari letterati”, i burocrati confuciani, istituiti dalla dinastia Han nel 206 a. C. (Confucio era morto circa trecento anni prima di questa dinastia), che servivano a reggere l’impero e scelti secondo un sistema gerarchico che nel tempo si farà sempre più complesso, fra coloro che si erano formati in apposite scuole di stato e selezionati con esami imperiali di vario grado e periodica frequenza e che dovevano conoscere alla perfezione i testi del confucianesimo ufficiale.

L’insegnamento di Confucio mira alla moderazione, alla misura, alla sapienza e all’equilibrio, al culto della tradizione e al rispetto del popolo.

“L’amore per lo studio e la necessità di sopportarne i sacrifici: lo studente che cerca la verità e nel contempo si vergogna dei suoi abiti modesti o si lamenta del del cibo cattivo non è degno che gli si rivolga la parola. A chi è privo di entusiasmo non aprirò la strada della verità. Non aiuterò chi non sa esprimere le proprie idee. Allontanerò dai miei allievi colui al quale, avendogli io insegnato una faccia del problema, si mostra incapace di dedurne le altre tre.”

Per un buon governo i requisiti erano tre: ” cibo abbondante, armamenti adeguati e fiducia del popolo, quest’ultima la più importante”.

Egli predicò lo “jen”, un concetto morale che significava: “Amore per il prossimo, un insieme di pietà filiale (in casa) e di amore fraterno (fuori di casa). L’amore dovrebbe essere grave e sincero, si dovrebbe voler bene a tutti e amare lo jen”.

 

Adriana Paolini

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