Categoria | Cultura

Dove vanno a finire i soldi nell’industria musicale?

Pubblicato il 05 maggio 2013 da redazione

band HoleA chi viene in tasca il guadagno delle vendite degli album e dei singoli? Certamente non ai musicisti.

Il grosso dei guadagni, infatti, va a finire nelle tasche delle case discografiche (circa il 63% del totale). Un altro 24% viene dato alle compagnie che distribuiscono i cd (o gli mp3). All’artista rimane un misero 13%, che viene ulteriormente suddiviso tra manager, personale (solitamenteil 15% dei guadagni totali dell’artista, ma a volte arriva anche al 20%), il business manager (5%), l’avvocato (5%) e il produttore (3%). L’artista si ritrova con il 72% di quel già scarso 13% del totale. Nel caso delle band, ovviamente, il rimanente guadagno deve essere diviso tra i vari membri. Prendiamo ad esempio una band con quattro componenti: cantante, chitarrista, bassista e batterista. Per ogni mille dollari guadagnati dalle vendite, il singolo musicista ne riceve solamente 23,4. Un guadagno ridicolo, soprattutto se comparato ai 630 dollari che ha guadagnato la casa discografica per quei mille dollari di musica venduta, e molto spesso quella cifra deve essere utilizzata per ripagare l’anticipo che la casa discografica ha speso per la registrazione dell’album, nonostante abbia già guadagnato il 63% delle vendite. E non solo, la casa discografica, in questo tipo di contratto, detiene il copyright della musica.

Certo, I musicisti non hanno solo le vendite come introiti, ma anche tour, merchandising, guadagni derivati dal piazzamento della loro musica in film, telefilm, videogiochi e pubblicità, ma solitamente la casa discografica ha diritto a una percentuale anche su quei guadagni, secondo un contratto molto comune, chiamato 360º deal., che appunto prevede che la casa discografica abbia una parte in tuttii guadagni dell’artista.

Quindi quando il pubblico compra un cd, il biglietto di un concerto o una maglietta, in realtà non sta pagando l’artista, ma soprattutto la casa discografica.

Questo tipo di contratto è il più comune esistente, soprattutto in questo momento in cui le vendite non sono più una fonte consistente di guadagno. Quando la casa discografica decide di mettere sotto contratto un artista, vuole tutelarsi, considerato che spesso paga un grosso anticipo per la registrazione dell’album, e non può basarsi solo sulle vendite per recuperare quei soldi.

Rapporto economico di un’ipotetica band di quattro membri.

Nell’ormai lontano 2000, Courtney Love, leader della band Hole, aveva stilato un rapporto economico di un’ipotetica band di quattro membri, in cui la casa discografica finiva per guadagnare più di dieci milioni di dollari e la band nulla.

Ecco il suo esempio in cifre.

Una band ottiene un ottimo contratto con il 20% di tasso royalty (diritto d’autore) e un anticipo di un milione di dollari.

La band spende metà di quel milione per registrarel’album. Con il restante mezzo milione, la band deve pagare il manager (cento mila dollari), l’avvocato e il business manager (25 mila dollari l’uno). Rimangono quindi 350 mila dollari da dividere tra i  quattro membri della band. Dopo aver pagato le tasse (170 mila dollari), rimangono 45 mila dollari ciascuno, con cui l’artista deve vivere per almeno un anno, prima chel’album venga messo in vendita e inizi il tour.

Il disco è un successo e vende un milione di copie. La band, allora, fa uscire due singoli con i rispettivi video musicali. La produzione dei due video viene a costare un milione di dollari e il 50% viene recuperato con le royalties.

La band inoltre ottiene 200 mila dollari di anticipo per il tour, completamente recuperabile.

La casa discografica spende 300 mila dollari per la promozione in radio, costo che viene naturalmente addebitato alla band.

La band quindi ora deve due milioni di dollari alla casa discografica.

Se tutti i dischi vengono venduti a prezzo intero, la band guadagna due milioni di dollari in royalties (due dollari ad album, per un milione di copie vendute). Quei due milioni vengono usati, appunto, per ripagare l’anticipo alla casa discografica, e quindi la band si ritrova con un guadagno pari a zero.

Nel frattempo, la casa discografica ha incassato undici milioni di dollari.

Le spese ammontano a circa 4.4 milioni di dollari (500 mila per la produzione fisica del cd, il milione di anticipo alla band, un milione per i video, 300 mila dollari alle radio, 200 mila dollari di tour, 750 mila dollari di dirittid’autore e 2.2 milioni in marketing). Il loro guadagno netto, quindi, si aggirasui 6.6 milioni di dollari, opposti al nulla che ha guadagnato la band.

Questo esempio è basato su un’ipotetica band di discreto successo, non su un musicista alle prime armi, ed è un esempio abbastanza schematizzato che tiene conto solo delle entrate base, e non di tutti gli altri modi in cui un’artista può guadagnare (come il piazzamento della musica in tv/film&/videogiochi/ecc. o gli sponsor).

Senza contarec he, come detto prima, la casa discografica detiene il copyright della musica registrata. Se siprende un qualunque cd, si può notare che sul retro appare la scritta “copyright”, l’anno di registrazione e il nome della casa discografica, non dell’artista. Questo vuol dire che se l’artista volesse lasciare l’etichetta, non potrebbe riavere indietro i diritti della sua musica.

Non è difficile capire, quindi, perchè nel suo articolo Courtney Love si riferisce a questo tipo di contratti come pirateria. Il furto del lavoro di un artista senza l’intenzione di pagare per ottenerlo.

Ovviamente, essendo questo studio della Love datato all’anno 2000, la situazione è, almeno in teoria, cambiata, con l’avvento di internet e quindi di un nuovo modo di distribuire musica. Ma il concetto non è molto diverso da quello che viene spiegato nell’esempio, e le case discografiche ora sono solo più reticenti a mettere sotto contratto gli artisti, soprattutto se emergenti, e i 360º deal sono sempre più diffusi, proprio perchè, con internet, le vendite della musica sono calate.

di Simonetta Pastorini

 

L’articolo originale di Courtney Love si può ancora trovare qui: http://www.salon.com/2000/06/14/love_7/

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