Categoria | Scienza e Tecnologia

Ancora fame di record per Burt Rutan…

Pubblicato il 15 aprile 2013 da redazione

3° parte

Immagine apertura Spaceship One secondo volo 4.10.04

4 ottobre 2004, l’astronauta Brian Binnie, posa entusiasta sulla fusoliera dello SpaceShip One, con cui ha appena concluso il secondo di due voli spaziali in meno di una settimana, portando Scaled Composites e Burt Rutan alla vittoria nell’Ansari X Prize.                                 

Raggiungere Mach 1,2 e non precipitare…

All’inizio del 2002 la sfida era stata lanciata. Lo SpaceShip One, la prima navetta spaziale privata della storia, era ormai quasi completamente assemblata nell’hangar della Scaled Composites, la compagnia di costruzioni aereonautiche fondata da Burt Rutan, grazie anche all’apporto di 20 milioni di dollari fornito da Paul Allen (socio di Bill Gates e cofondatore di Microsoft). C’era anche la società per sostenerlo, la Mojave  Aerospace Ventures, fondata a tempo di record con Allen. Quel che mancava era la prova pratica che anche le idee e i calcoli di Burt Rutan funzionassero e che stavolta non avesse fatto un ‘passo più lungo della gamba’… Tra l’altro il tempo stringeva: la prima navetta che avesse effettuato due voli consecutivi alla distanza di non più di due settimane l’uno dall’altro, avrebbe vinto e i team più avanti nella realizzazione dei mezzi aerospaziali avevano annunciato che sarebbero stati pronti al volo per il 2004. Ormai più di 25 società o consorzi di imprese di tutto il mondo erano iscritti alla competizione. Alcuni di questi potevano contare su varie esperienze in campo spaziale, partendo avvantaggiati. Per la prima volta Rutan almeno poteva contare su una solida posizione finanziaria e lavorare relativamente tranquillo. Tuttavia, Burt e i suoi collaboratori dovevano affrontare un altro piccolo problema: vedere se lo SpaceShip One dimostrava in volo quanto sapeva fare. Il punto era contenere il peso del velivolo in soli 3.600 chili (di cui 2.700 costituiti dai combustibili). Il razzo aveva infatti carburante solo per 80 secondi di funzionamento per riuscire a sfuggire alla gravità terrestre e raggiungere lo spazio libero esterno, a oltre 100 chilometri dalla superficie. Per cui non era assolutamente in grado di decollare autonomamente e di raggiungere la quota calcolata come ideale per il “grande balzo”, a 50 mila piedi, circa 15mila metri, ai limiti della troposfera. Il veicolo aveva bisogno di un vettore che lo facesse arrivare fin lì. Quindi, mentre stava ancora lavorando sui disegni della navicella, Burt Rutan in parallelo già disegnava il suo aereo vettore, che per forza di cose non poteva esser meno rivoluzionario del suo carico. Quando venne presentato, il White Knight, il Cavaliere Bianco, lasciò tutti a bocca aperta.

Immagine 1

Sulla fiancata sinistra dell’abitacolo del White Knight ben in mostra i disegni con le missioni eseguite con lo SpaceShip One, compresi i voli X1 e X2 che permisero di conquistare  l’Ansari X Prize .

Sviluppato dal progetto del Proteus (aereo per ricerche scientifiche ad alta quota), incredibilmente semplice e allo stesso tempo altrettanto complesso, il White Knight doveva essere una via di mezzo tra un lanciatore per veicoli sperimentali, o piccoli satelliti, e una capsula spaziale, dovendo comunque portare il proprio carico ai confini della biosfera. Anzi, alcune delle soluzioni tecnologiche applicate allo SpaceShip vennero prima applicate e testate proprio sul White Knight.  A prima vista, ciò che colpisce è la grande apertura alare di circa 25 metri, con una insolita forma ad ala di gabbiano invertita, per creare sufficiente spazio tra il corpo dell’aereo, dove agganciare il carico utile, e il suolo. I materiali utilizzati sono gli stessi impiegati per lo SpaceShip One, ovvero PVC, carbonio, fibre di vetro e resine sintetiche. Così come l’abitacolo, posto al centro delle ali, era sia nella forma che nelle dimensioni identico a quello della navetta, identica era anche la dotazione avionica, cioè l’insieme degli apparati di volo e navigazione a disposizione del pilota. Perché uno dei compiti affidati al White Knight fu anche quello di sperimentare gli apparati montati sulla navicella e di familiarizzare gli equipaggi, evitando di utilizzare la preziosa navicella per l’addestramento.

L’aereo, così come molti altri progetti firmati da Rutan, aveva due fusoliere gemelle che partivano dai tre quarti  delle ali e che terminavano con le superfici di controllo in coda. Una sorta di grande catamarano dell’aria. Nelle fusoliere, dal profilo estremamente sottile, sono sistemati anche i carrelli di atterraggio azionati pneumaticamente. Come sullo SpaceShip One, la visuale esterna per il pilota e i due passeggeri è abbastanza scarsa, in quanto distribuita su una serie di curiosi oblò: la ragione principae sta nel fatto che l’abitacolo era costruito per essere un “pressure vessel”, un veicolo a tenuta completa, un ambiente sigillato dall’esterno per preservare temperatura e pressione pari a quelli del livello del mare. Delle finestrature di superficie e dimensioni convenzionali avrebbero fornito dei potenziali punti deboli che non ci si poteva permettere. Una serie di singoli oblò circolari avrebbe assicurato invece resistenza e risparmio di peso. Ma il White Knight comunque era un aereo vero e proprio, di dimensioni e pesi più impegnativi, con una posizione del posto di pilotaggio abbastanza alta. Burt Rutan progettò l’aereo con un assetto al suolo leggermente inclinato in avanti, installando alle estremità inferiori delle semifusoliere due appendici con insoliti carrellini. L’ingegnosa trovata migliorava la situazione, ma non risolveva il problema della scarsa visuale all’esterno, tanto che decollo e atterraggio rimasero i momenti più critici per il pilota. Per la propulsione Scaled Composite scelse due turbine, costruite dalla General Electric, modello J 85 – GE- 5, contenute in gondole aerodinamiche sulla parte superiore della cabina equipaggio. Si trattava di motori a getto, piuttosto diffusi ed economici, sviluppati per uso militare alla fine degli anni 50. Estremamente compatti ed affidabili assicuravano una spinta di 11,92 KiloNewton (kN), pari a circa 1.215 chili al secondo, fino ai 17,12 kN massimi (oltre 1.740 chilogrammi al secondo) con uso del postbruciatore. Questo dispositivo di superpotenza di solito viene utilizzato dai velivoli militari per via degli alti consumi che ne derivano e il White Knight è stato uno dei pochi velivoli civili a utilizzarlo. Con questo apparato l’aereo era in grado di raggiungere la quota di 16mila metri.

Immagine 2 White Knight

Il White Knight ripreso in virata. La vista della superficie superiore mostra chiaramente l’originale geometria del progetto e la disposizione dei motori. Si noti nella parte inferiore all’abitacolo il pilone di aggancio del carico.)

Il 1° agosto del 2002 il White Knight decollava per la prima volta dal Mojave airport, con ai comandi il pilota collaudatore Mike Melvill. Ma questo primo volo del Cavaliere Bianco rischiò di essere anche l’ultimo: sulle estremità delle ali dell’aereo Rutan aveva posizionato degli spoiler con delle superfici estensibili simili a quelle poste sulla navetta SpaceShip One, comandate dal sistema pneumatico dei carrelli. Lo scopo era quello di simulare il sistema di discesa frenata, che i piloti avrebbero usato sulla navetta e basato su un volo a cerchi concentrici: come una piuma che scende in volo libero. Purtroppo pochi minuti dopo il decollo la forza di torsione sul velivolo si rivelò troppo grande per le molle, che avrebbero dovuto tenere le superfici in posizione chiusa. Le aperture incontrollate delle appendici aerodinamiche però generarono una serie di vibrazioni che finirono per strappare i comandi dalle mani di Melvill, costretto a interrompere precipitosamente la missione. Solo il suo sangue freddo e l’esperienza salvarono l’aereo e se stesso. Una volta accertato il problema, gli spoiler vennero bloccati in posizione chiusa. e l’idea di addestrare i piloti alla discesa lenta con White Knight venne accantonata. Un problema in più per Rutan…

Il 5 agosto decollò per il secondo volo e da subito l’aereo dimostrò di essere stabile, ben governabile e piacevole da pilotare: caratteristiche giuste per la missione a cui era destinato. I voli per qualificare il velivolo e i piloti proseguirono a ritmo serrato.

Finalmente il 18 aprile 2003 lo SpaceShip One e l’aereo madre White Knight vennero presentati al pubblico. Da quel momento la Mojave Aerospace Industry fu ufficialmente in corsa per l’Ansari X Prize. Coordinati dal capo collaudatore Douglas Shane, i piloti della Scaled Composite iniziarono un programma serrato di test di volo. Il 20 maggio 2003 Peter Siebold, giovane ingegnere aereonautico, ma anche pilota con già all’epoca 15 anni di esperienza, portò in volo per la prima volta il White Knight con lo SpaceShip agganciato al pilone centrale. Il 7 agosto invece la navetta venne lanciata dall’aereo per il suo primo vero volo autonomo. Ai comandi Brian Binnie, ex pilota collaudatore della marina americana, con 20 anni di servizio sui principali jet militari della US Navy. Il 17 dicembre al volo di collaudo numero 11, per la prima volta venne utilizzato il razzo a propellente ibrido e lo SpaceShip One smise ufficialmente di essere solo un aliante per diventare un velivolo motorizzato a tutti gli effetti.

Dopo una serie di prove destinate a risolvere i problemi aerodinamici dei velivoli e a integrare tutti i sistemi di navigazione e comunicazione finalmente questo volo autonomo confermava le qualità della navetta aerospaziale. Pilotata dal giovane Peter Siebold, lo SpaceShip venne sganciato a circa 14.600 metri di quota. Stabilizzato il volo come aliante, Siebold accese per la prima volta il motore costruito dalla SpaceDev per 15 secondi. La navetta accelerò immediatamente fino raggiungere Mach 1,2 ovvero oltre 1.470 chilometri all’ora! Raggiunta la quota di 20.700 metri Siebold iniziò il rientro col sistema di rallentamento “a piuma”, con le superfici di coda piegate in posizione verticale rispetto al corpo dell’aereo, per poi tranquillamente ripassare alla geometria convenzionale, a circa 11.000 metri e ritoccare il suolo al Mojave Airport  circa 12 minuti dopo. Durante il contatto con il suolo, un improvviso rollio incontrollabile sovraccaricò il carrello sinistro, lo SpaceShip cedette e la navetta si fermò fuori pista nella sabbia del deserto.

Nonostante lo spavento che fece rizzare i capelli in testa a molti della squadra e a Burt Rutan stesso, il volo fu un successo incredibile.

Immagine 4 schema volo SpaceShip One

Immagine 3 White Knight e SpaceShip One

Lo SpaceShip One in volo per una missione di collaudo agganciato al ventre dell’aereo madre White Knight, attende di raggiungere la quota di lancio. A destra, lo schema tipico di volo dello SpaceShip dal decollo assistito al rientro alla base  come semplice aliante.

Vuoto gravitazionale… finalmente si galleggia

Lo SpaceShip One era la prima navetta privata a superare la barriera del suono e a raggiungere la rispettabile quota di oltre 20 chilometri. E tutto questo nello stesso giorno in cui si celebrava il centesimo anniversario del primo volo umano a motore,  realizzato dal Flyer dei fratelli Wilbur e Orville Wright, sulla spiaggia di Kitty Hawk il 17 dicembre 1903. Al Mojave Airport probabilmente quella sera si fece festa fino a tardi….

Alla quattordicesima missione lo SpaceShip, con ai comandi Brian Binnie, raggiunse Mach 2,5 due volte e mezzo la velocità del suono e corrispondenti a 3.062,61 chilometri all’ora, con un apogeo di quota di 64.300 metri. Un risultato che lasciò sbalorditi tutti, specialmente i team competitor nell’Ansari X Prize.  Binnie comunque, durante la discesa, sperimentò un incomprensibile  breakdown totale del sistema computerizzato di volo e dovette pilotare la preziosa navetta praticamente col vecchio sistema barra e timone finché non si riuscì ad avviare la strumentazione elettronica… a questo punto i progetti  degli avversari più quotati nella competizione aerospaziale incominciavano ad accumulare un ritardo che, giorno dopo giorno, risultava sempre più incolmabile. Burt Rutan ed i suoi ragazzi terribili stavano realizzando l’impossibile. Ormai ogni missione di volo veniva seguita al suolo sia dai media, specie su internet, che da decine di spettatori che venivano a Mojave appositamente per vedere in diretta le imprese degli aerei di Burt Rutan.

A questo punto, Burt si sentiva pronto per il grande balzo: la missione numero 15 aveva per pilota come sempre Mike Melvill. Amico personale di Burt Rutan da 27 anni, Mike aveva collaudato tutti i suoi velivoli più importanti, diventandone anche socio della prima ora nella fondazione di Scaled Composite, fino alla carica di vicepresidente. Ma non aveva mai rinunciato al suo ruolo dietro alla cloche.

Quel mattino il White Knight decollò con la navetta sotto la sua pancia col massimo carico di carburante. Dopo i controlli di routine, i due velivoli si staccarono da terra alle 6.47 del mattino, il momento più tranquillo prima che le correnti di aria calda formate dal riscaldamento solare mettessero in difficoltà la missione. Alle 7.50, raggiunta la quota di 14.000 metri Melvill diede il segnale “GO”, in accordo col controllo missione al suolo e lo SpaceShip si staccò dall’aereo madre. Una volta acceso il propulsore e impostato l’angolo di salita, la navetta subì una rotazione inaspettata di 90 gradi a sinistra, colpita dal wind shear, ovvero forti correnti fredde discendenti. Melvill cercando di controllare il velivolo spinse il comando del trim a fondo ruotando verso destra di altri 90 gradi il velivolo. Questo causò un sovraccarico che il computer valutò come pericoloso ed escluse per 3 secondi il comando stabilizzatore orizzontale. Sia Melvill che il controllo al suolo lo presero per un’avaria del comando e lo esclusero automaticamente. Per tutta la salita Melvill dovette combattere con la navetta che negli strati sempre più rarefatti dell’atmosfera rimaneva instabile sul proprio asse longitudinale. Ma quando i dati incominciarono a raggiungere il suolo tutti capirono che ce l’avevano fatta. Lo SpaceShip One aveva raggiunto la velocità di Mach 1,9, pari a 3.552,62 chilometri all’ora: più veloce di un proiettile di cannone calibro 75 millimetri al momento dello sparo. Nonostante i problemi di controllo, l’apogeo della salita fu registrato a 328.491 piedi, cioè 100.124 metri, oltre la “linea Karman”, che separa convenzionalmente l’atmosfera dallo spazio esterno vero e proprio. Dato che gli strati di gas (per lo più elio e idrogeno) sono così evanescenti oltre quella quota, da non poter affatto sostenere alcun velivolo in maniera convenzionale, è il superamento della forza di gravità terrestre che permette agli oggetti di librarsi in volo. Melvill, davanti alla telecamera interna all’abitacolo, aprì la lampo della tasca sulla manica sinistra della sua tuta di volo ed estrasse una manciata di piccole praline al cioccolato, di quelle che piacciono tanto ai bambini. Quando aprì la mano, i dolci incominciarono ad andare in tutte le direzioni: gravità zero!!! In questo video si possono vedere tutti i momenti salienti di quel volo storico, dalla sbandata iniziale, alla danza dei cioccolatini nel vuoto gravitazionale.

http://www.youtube.com/watch?v=GIUtc9IkdX8&nofeather=True .

Dopo un rientro perfetto nell’atmosfera, la navetta toccò il suolo alle 8.14. Ad accoglierlo, assieme a Burt Rutan , Paul Allen, i colleghi della Scaled Composite,i propri familiari e migliaia di persone, che avevano invaso l’aeroporto per assistere a questo epico momento. Tra loro c’era anche Buzz Aldrin, l’astronauta che nella missione Apollo 11, il 20 luglio 1969 assieme a Neil Armstrong aveva lasciato le prime tracce umane sulla Luna….. Attraverso la copertura di televisione, radio e internet si è valutato vi fossero alcuni milioni di persone collegate, su tutto il pianeta. Come nel 1986 era successo per il record di volo del Voyager… Due ore dopo l’atterraggio, un rappresentante della Federal Aviation Administration, l’ente federale statunitense per il volo civile, consegnò a Mike Melvill il primo brevetto della storia di astronauta civile e la spilla con le ali da apporre sulla sua tuta di volo. Inoltre il Mojave Airport ottenne una licenza ufficiale per dieci anni come spazioporto commerciale. L’organizzazione dell’Ansari X Prize dichiarò che a quel punto si aspettava al più presto dalla Mojave Aerospace Industries l’annuncio delle date ufficiali dei due voli suborbitali richiesti dal regolamento della gara… Il team di Burt Rutan era stato il primo tra i 25 che si erano candidati al premio ad avere finalmente raggiunto sperimentalmente l’obbiettivo.

La ciliegina sulla torta….

Burt Rutan e Paul Allen erano ben coscienti di non poter aspettare oltre. Il 5 agosto l’astronauta e imprenditore canadese Brian Feeney  annunciò che la navicella Wild Fire 4 del gruppo “Da Vinci project” avrebbe effettuato il primo lancio all’inizio di ottobre. Era solo un lancio prova, mentre lo SpaceShip One era in notevole vantaggio nel programma di sperimentazione, ma non si poteva correre il rischio di farsi superare da un avversario proprio sul filo di lana. Il programma dei voli venne rivisto, non ci sarebbero stati altri test, ma si sarebbe andati diretti ai voli di gara. Il 27 luglio fu annunciato alla stampa e alla giuria del premio Ansari che le date scelte erano quelle del 29 settembre e del 4 ottobre e i voli sarebbero stati chiamati X1 e X2. Il 29 settembre, sotto il controllo dei rappresentanti della Ansari X Prize Foundation e dei funzionari federali statunitensi, lo spazioplano venne preparato per il volo, sistemando a bordo due sacche da 90 chili ciascuna per simulare il carico utile di due passeggeri, come richiesto dal regolamento di concorso. Buona parte erano attrezzi da officina della Scaled Composites, ma facevano parte del carico anche fotografie, frasi, memorie scritte da tutti i dipendenti della Scaled Composites e di chi era coinvolto nel progetto, il regolo calcolatore che Burt Rutan usava durante gli anni dell’università, un orsetto di peluche offerto da un’organizzazione di assistenza medica volante, una copia del libro scritto dal primo trasvolatore dell’Atlantico Charles Lindbergh e le ceneri della madre di Burt, Irene, deceduta cinque anni prima. Nel carico era compresa anche una “scatola nera” fornita dall’Ansari X Prize, collegata a tutte le strumentazioni e destinata a controllare il rispetto delle specifiche del regolamento nel corso del volo e una telecamera in streaming continuo via internet. Solo due ore prima venne annunciato che il pilota sarebbe stato come al solito Mike Melvill, nonostante alcuni problemi di salute di cui aveva sofferto il pilota lo avessero reso improbabile. Ogni parametro della strumentazione, ogni centimetro dell’aereo madre  e della navetta vennero ricontrollati centinaia di volte, fino allo sfinimento, fino a pochi minuti prima del decollo, che avvenne alle 7.11 del mattino, nel freddo vento notturno del deserto californiano.

Alle ore 8.09, raggiunta la quota, Melvill sganciò lo SpaceShip dall’aereo madre e dopo 6 secondi accese il razzo propulsore impostando i gradi della salita nel computer di volo. Nonostante l’ennesimo fastidioso rollio laterale già sperimentato in precedenza, il pilota proseguì il volo, anche perché ormai aveva raggiunto gli strati superiori dell’atmosfera dove i gas sono troppo rarefatti per manovrare efficacemente con gli stabilizzatori. Spento il motore dopo 76 secondi di funzionamento, raggiunse l’apogeo del volo per inerzia e scattò alcune foto dalla posizione suborbitale raggiunta. Il radar della base dell’aeronautica di Edwards registrò la quota di 337.569 piedi, ovvero 102,90 chilometri: il requisito del superamento della “linea Karman” era stato rispettato, la prova era valida. Di seguito Melvill impostò la discesa secondo la procedura standard, rientrò nell’atmosfera senza alcun problema di surriscaldamento e alle 8.34 le ruote dello SpaceShip One toccavano terra a Mojave, davanti alla folla in delirio.

La data del secondo e cruciale tentativo non fu scelta a caso: il 4 ottobre del 1957 l’Unione Sovietica lanciò il satellite artificiale Sputnik 1, il primo oggetto umano a entrare in orbita attorno alla terra.

Nel volo X2 il pilota sarebbe stato Brian Binnie. Sulle sue spalle cadeva tutta la responsabilità del raggiungimento dell’obbiettivo. Il White Knight decollò alle 6,49 del mattino, nella luce incerta dell’alba, ai comandi di Mike Melvill. Nonostante la tensione palpabile ovunque, l’entusiasmo era più forte. L’unica sottile preoccupazione era che fino a quel momento non vi erano stati incidenti o inconvenienti gravi e il programma era stato accelerato al massimo delle possibilità di tutta la squadra… lo stress incominciava a farsi sentire. Anche questa volta l’equipaggio era costituito dal solo pilota, mentre il resto del carico era simulato dai 180 chili di zavorra. Esattamente alle 7,49, Binnie sganciò la navetta ed accese il razzo mantenendo la spinta per 87 secondi, come i calcolatori indicavano. Quando il potere della spinta si esaurì, Binnie stabilizzò il velivolo. La quota registrata era di 111,996 chilometri, ben oltre il limite imposto dal regolamento (video su youtube dei momenti salienti del volo : http://www.youtube.com/watch?v=6nHG1ENcnBI&nofeather=True ). Lo SpaceShip One aveva stracciato il record di altitudine detenuto dall’aerorazzo sperimentale North American X15 del 22 agosto del 1963.

Nella sala di controllo e nell’aeroporto si faceva fatica a trattenere l’eccitazione. Una delle telecamere esterne trasmetteva al suolo in tempo reale i movimenti della navetta, proiettati poi su un maxischermo per tutto il pubblico presente, oltre che su internet. Ma non era ancora finita… Tuttavia la missione fu forse la più regolare e tranquilla di tutto il programma Tier one. Nel rientro, Binnie subì per alcuni istanti una decelerazione pari a 5,4 G ovvero pari a 5,4 volte la forza di gravità terrestre. Ma tutta la procedura si svolse regolarmente e alle 8,13 la SpaceShip One, con la sua pancia decorata da una scia di stelline blu, si fermava sulla pista dello Mojave Airport, seguita dopo pochi minuti dal White Knight e da tre “chase plane”, aerei che avevano sorvegliato da vicino la discesa della navetta.

Davanti a una folla entusiasta, Marion Blakely, direttrice della FAA, consegnò a Binnie il suo distintivo da astronauta civile e a Burt Rutan la prima licenza per voli suborbitali a fini commerciali su cielo statunitense, rilasciata dal dipartimento dei trasporti. Nella conferenza stampa successiva, Rick Searfoss, presidente della giuria dell’Ansari x Prize, dichiarò la Mojave Aerospace Ventures vincitrice del concorso ed aggiudicataria del premio di 10 milioni di dollari….

Richard Branson entra nella partita…. e firma la coda

Tra le personalità presenti vi era anche Richard Branson: qualcuno aveva già notato che sulla coda della navetta per questo volo era comparso il nome Virgin, il simbolo del suo impero commerciale.

Branson, giovane  poliedrico imprenditore inglese, era partito con una rivista ai tempi dell’università ed era arrivato a cinquant’anni ad avere un patrimonio stimato in 4,4 miliardi di dollari, attraverso investimenti in tutti i campi, dalle assicurazioni alle radio fino a fondare ben quattro linee aeree. Assolutamente fuori dai giri del jet set, nominato baronetto dalla regina d’Inghilterra nel 1999, impegnato in numerosi progetti umanitari, chiamato semplicemente Richard dai suoi dipendenti, era rimasto affascinato dall’idea di fondare per primo un’impresa di trasporto e turismo spaziale, tanto da costituire una sua compagnia privata, la Virgin Galactic. Le sue intenzioni spiegate di persona a Rutan erano di acquisire la tecnologia, finanziare lo sviluppo dei mezzi e aprire un servizio regolare di volo sub spaziale entro il 2014-2015: 500 posti  a sedere all’anno, su  una flotta di navette capaci di restare in orbita per sei minuti, al costo pro capite di 200.000 sterline al volo! Già nel 2000 infatti era il privato che al mondo aveva investito di più in questo business. Nel 2005 Branson e Rutan ufficializzarono la loro collaborazione fondando la  The Spaceship Company, con sede sul Mojave Air and Spaceport.

Burt Rutan nel 2010 ha costruito per Branson (per quanto abbia dichiarato di non aver partecipato direttamente alla progettazione) due mezzi che sono l’evoluzione naturale di quelli del progetto Tier One. Il White Knight Two, il quadrireattore costruito in materiale composito più grande al mondo, piattaforma di lancio per lo Spaceship Two.

Contemporaneamente, Branson ha acquistato 6.300 metri quadri di terreno a Mojave e vi ha fatto costruire le linee di assemblaggio per le sue SpaceShip Two: di fatto, è la prima fabbrica di navi spaziali ad essere aperta nel mondo.

Immagine 5

Il White Knight Two e la navetta SpaceShip Two, attualmente in fase di sperimentazione, sono frutto della collaborazione e del forte investimento del miliardario Richard Branson, che conta nel 2014 di gestire la prima compagnia di trasporto spaziale della storia.

Questa navetta, di cui Branson mira a mettere in servizio ben cinque esemplari, ormai non è più il mezzo sperimentale pioneristico degli esordi, ma un aerospazioplano a tutti gli effetti, dotato di ogni comfort, capace di trasportare sei passeggeri e due piloti ben oltre i 100 chilometri di altezza. Tra l’altro Branson e Rutan hanno pubblicizzato il White Knight Two anche come lanciatore economico per satelliti di medie dimensioni, ampliando l’offerta dal trasporto passeggeri a quello commerciale puro. L’impegno progettuale di Rutan si è soprattutto indirizzato sulla sicurezza delle strutture e dei sistemi, dovendo trasportare persone su una scala industriale. Per esempio, sui velivoli operativi i sedili saranno reclinabili e riposizionabili per garantire il minor impatto possibile delle decelerazioni / accelerazioni a cui è sottoposto chiunque esca o entri nel campo di forza gravitazionale del pianeta. Il programma di voli è già iniziato alla fine del 2010 ed è previsto si concluderà entro il 2013.

Intanto la SpaceShip One, ritirato dal servizio nel 2005 dopo una trionfale partecipazione al popolare raduno aereonautico di Oshkosh nel Wisconsin, ha avuto l’onore di essere richiesta in esposizione permanente dallo Smithsonian National Air and Space Museum di Washington. Con una commovente cerimonia ufficiale, la navetta è stata donata al museo e oggi è ammirata da migliaia di visitatori, esposta tra il Ryan “Spirit Of St. Louis”, usato da Lindbergh per attraversare l’Oceano Atlantico e il Bell X 1 “Glamorous Glenny”, con cui Chuck Yeager superò per primo la barriera del suono. Tuttavia, Burt Rutan pare essere destinato sempre più a sorprendere tutti: all’apice del suo successo professionale e personale, ha annunciato il suo ritiro dagli affari dal 1 aprile del 2011, il che ha fatto pensare a un ben orchestrato “pesce d’aprile”. Burt non ha mai perso il senso dell’ironia lungo tutta la sua vita….

Eppure la notizia era vera: dopo aver subito un intervento chirurgico per l’inserimento di un by-pass coronarico, Burt ha preferito lasciare da vincitore, dedicarsi alla propria vita familiare e finalmente partecipare a convegni di studio. Recentemente si è molto appassionato alla disputa scientifica sul riscaldamento globale del pianeta, ovviamente anche in questo campo, elaborando teorie personali. Ha comprato una casa a Coeur D’Alene nell’Idaho, sulle rive di un lago, ma pare non abbia mai smesso di pensare agli aerei: sta già progettando un idrovolante ibrido che gli permetta di spostarsi facilmente sui numerosi laghi e fiumi di cui è ricca la zona…

In ogni caso, Burt Rutan detiene ancora un record che sarà difficile strappare: è l’ingegnere aereonautico con le basette più lunghe della storia, che ha mantenuto sin dai tempi dell’università, assieme al suo sempre fresco entusiasmo per il volo e per la vita in generale.

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15 agosto 2012, un sorridente Burt Rutan gioca con un velivolo radiocomandato nella sua nuova casa a Coeur D’Alene , nell’Idaho.

Linkografia

http://it.wikipedia.org/wiki/Burt_Rutan

Pagina dedicata alla biografia e alle realizzazioni di Rutan.

http://www.focus.it/Allegati/2011/3/145_gliaereipiupazzi_48017.pdf

Focus, 2011, intervista a Burt Rutan.

http://burtrutan.com/burtrutan/BurtRutan.php

Sito internet personale di Burt Rutan.

http://www.space.com/19404-burt-rutan.html

Biografia ed eventi salienti nella vita professionale di Rutan.

http://www.scaled.com/

Sito ufficiale della Scaled Composites, l’azienda costruttrice aeronautica fondata da Rutan.

http://www.scaled.com/projects/tierone/ 

Pagina del sito ufficiale della Scaled Composites dedicato al programma Tier One, con le caratteristiche tecniche di navicella e aereo  lanciatore.

http://vimeo.com/37318941

Video divertente e dotato di un certo senso dell’umorismo,  preso dal sito personale di Burt Rutan, carrellata dei suoi progetti più importanti e della Scaled Composite.

http://space.xprize.org/ansari-x-prize

http://space.xprize.org/ansari-x-prize/scaled-composites

Pagine del sito ufficiale dell’Ansari X Prize.

http://en.wikipedia.org/wiki/SpaceShipOne

Pagina di Wikipedia dedicata allo SpaceShip One.

http://www.aerospaceguide.net/spaceplanes/spaceshipone.html

Descrizione della procedura di un volo tipo dello SpaceShip One.

http://air-attack.com/page/34/SpaceShipOne.html

Articolo della rivista online “Air Attack” sullo SpaceShip One e sul White Knight.

http://en.wikipedia.org/wiki/Scaled_Composites_White_Knight

Link alla pagina Wikipedia dedicata al White Knight.

http://telstarlogistics.typepad.com/telstarlogistics/2006/11/rutans_white_kn.html

Articolo dedicato al White Knight.

http://www.richard-seaman.com/Aircraft/AirShows/SpaceShipOne2004/

Bellissime immagini del volo del 4 ottobre 2004, che diede la vittoria a Burt Rutan nell’Ansari X Prize.

http://www.nbcnews.com/id/6167761/ 

Articolo di Brian Boyle, su NBC News Site, sulla vittoria di Rutan nella corsa all’Ansari X Prize.

Dan Linehan, “SpaceShip One, an illustrated history”, Zenith Press, 2008

Interessante libro dedicato alla storia del  programma Tier One, dall’inizio fino all’affermazione nell’Ansari X Prize, l’alba dell’astronautica privata.

http://it.wikipedia.org/wiki/Postbruciatore

Definizione di postbruciatore e dei sistemi di sovrapotenza per postcombustione installati nei motori jet militari.

http://en.wikipedia.org/wiki/North_American_X-15 

Il predecessore, il North American X 15.

http://en.wikipedia.org/wiki/SpaceShipTwo

Pagina Wikipedia dedicata alla seconda navetta spaziale di Rutan.

http://www.thespaceshipcompany.com/ 

Sito ufficiale della compagnia joint venture creata tra Burt Rutan e il miliardario inglese Richard Branson per lo sviluppo del turismo spaziale.

http://articles.latimes.com/2011/sep/20/business/la-fi-spaceship-factory-20110920

Articolo del 20.09.2011, sul Los Angeles Times, di W. J. Hennigan

http://www.virgingalactic.com/news/item/the-spaceship-company-2/ 

Sito web della Virgin Galactic.

http://www.thespacereview.com/article/1910/1

http://www.space.com/9476-legendary-private-spaceship-designer-burt-rutan-announces-retirement.html

Articoli sull’annuncio fatto da Burt Rutan del suo pensionamento.

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