Categoria | Cultura

A Punteville dove il sorriso è una virgola

Pubblicato il 05 novembre 2014 da redazione

Punteville

Le città della punteggiatura sospese tra le nuvole dell’immaginario fantastico,  sulle ali di un intrico narrativo emozionale. Alla ricerca dell’incanto (quello del vivere) perduto.

Troppe informazioni, troppe immagini, troppi rumori. Per contrastare l’horror pleni della nostra società, sarebbe auspicabile una pausa. Di riflessione. Infarcita di vuoto, la sola dimensione capace di azzerare il vissuto, le storie pregresse, e consentirci così di smantellare la costruzione di pre-giudizi e condizionamenti che da sempre costellano le sue fondamenta . Una pausa, da dedicare alla lettura, e nel caso specifico, alle tematiche del fantastico nell’era della globalizzazione, alla loro fruibilità oltre ai complessi nodi dei processi di formazione che tengano conto della lettura stessa come momento fondamentale di ogni crescita. Ecco, allora, che il modello narrativo che si snoda attraverso le architetture della punteggiatura di una città Fantastica (anzi di più) come quella di Punteville, sembra proporre un itinerario diverso, inedito e “altro”, che Gianluca Caporaso, con maestrìa e leggerezza, s’incarica di percorrere in compagnia dei suoi giovani-grandi e giovanissimi-piccoli lettori. Gli stessi che d’incanto vengono catapultati in una realtà davvero speciale, ricavandone (quasi, suggendone) coinvolgimento e interesse, il propellente vero, cioè, di quel rapporto particolare che viene ad instaurarsi tra autore e lettore, nello scambio dialogico che si realizza con (e attraverso) il libro. Attivando, pure, con quel tocco singolare di naturalezza e spontaneità, l’assoluta piacevolezza legata alla compartecipazione in cui stati cognitivi e stati emozionali sembrano danzare insieme. Il tracciato è segnato.

Tra  le vie e gli edifici di Virgola, Puntini Puntini, Due Punti, Interrogativo, Esclamativo, Punto e Virgola e Punto. Ecco, i fili s’intrecciano e riannodano il percorso ideale e reale dei luoghi stessi delle città della Punteggiatura, (massì, con la p maiuscola!), vissuti da figure minute alla ricerca non di una vita alienata, ma di un’auspicata quotidianità gioiosa. Perché, in sostanza le nostre emozioni, come quelle dei protagonisti di Punteville, dipendono anche e soprattutto dai luoghi in cui passiamo gran parte del nostro tempo: la luce, i colori, i sapori e l’organizzazione degli ambienti possono generare benessere, solitudine, disagio, oppure stimolare creatività , noia, attenzione e interesse. Tutto e il contrario di tutto.  Dipende da noi e dall’habitat  che ci circonda. Piccole città crescono. E, sollecitato dall’autore, serpeggiante, si fa strada il desiderio inconfessato (ma percepibile) di sconfiggere il senso dello smarrimento per riacquistare il sorriso, oltre alla dimensione più propriamente urbana: quella dell’incontro, dell’alea, della diversità frutto del confronto.

L’insieme delle case, delle costruzioni, aggregandosi attorno ad uno spazio collettivo crea una città, cioè, la forma più avanzata di vita organizzata, delle sue relazioni sociali e delle possibilità che gli esseri umani hanno di incontrare i loro simili nello scambio di idee, pensieri, relazioni, amori. Tanto che paradossalmente Caporaso non alloca il senso della stessa città  ben dentro l’insieme dei volumi costruiti, quanto all’interno degli spazi che li pongono in relazione: strade, piazze, giardini, slarghi…  Narrando, poi, le vicende, gli amori, le ansie dei suoi abitanti attraverso una considerevole (anche se non amplissima) varietà di registri nel ventaglio di sfumature, dal finto candore ad una blanda ironia, dallo stupore alla meraviglia rappresa. Sulle ali dorate di una narrativa fantastica, che ha come tappeto volante la dimensione dell’epica, ossia del racconto di una storia che include in sé verità di fatti avvenuti (o in itinere) ed elementi fantastici, incanalati nell’àlveo di una letterarietà (sintassi e lessico) permeata di linguaggio simbolico, al centro di uno spazio definito nella sua indeterminatezza, in cui ancoraggio spaziale-geografico e aspazialità giocano insieme incardinati in un tempo senza tempo. Nel seguire, altresì, l’andamento sinusoidale di una narrazione, che dai picchi in basso, dove l’attribuzione di significato a significanti convenzionalmente accettati e condivisi sembra soffrire non poco (eccessivo numero di situazioni conformate secondo un unico stilema narrativo; reiterazione di schematizzazioni in vicende e situazioni che si appropriano dello stesso linguaggio e sviluppo; penuria di elementi identitarii più connotati – e connotanti – nella individuazione delle varie città della Punteggiatura; necessità, imprescindibile per un percorso favolistico, di far scaturire dalle vicende narrate l’effetto sorpresa-meraviglia, oooh-oooh: ecco, le annotazioni velatamente critiche!), si inerpica poi sulle vette dei momenti di assoluta rarefazione poetica caratterizzati dallo zampillìo di fresca inventiva creativa sino alla creazione di una Realtà che a priori è complessivamente fantastica in senso stretto,  nel suo basarsi su regole che non appartengono al nostro mondo.

E, se nella letteratura, come affermava con leggerezza suadente Borges, la norma è il fantastico e non il realismo, in Punteville il taccuino di viaggio attraverso le città aperte della Punteggiatura, tra abitanti che si spostano portando con sé usanze e modi di fare, abitudini pronte ad arricchirsi di altrui esperienze, per costruire comunità lungo l’onda lunga di pensieri, idee, proponimenti da scambiarsi, il block notes, appunto, appare arrestare la sua corsa formicolante, non perché a Puntini Puntini, attraverso soffitti pieni di buchi i bambini guardano le stelle, ma perché i grandi, destinatari di questo messaggio senza età, comprendono che la luna, lassù in alto, riflette compiutamente quanto il nostro mondo abbia perso di magia. Eh, sì. Una volta profanata dalle missioni spaziali, non potrà mai più essere il luogo soprannaturale al quale Astolfo giungeva sul carro d’Elia alla ricerca del senno d’Orlando, trovandovi « le lacrime e i sospiri degli amanti, l’inutil tempo che si perde a giuoco, e l’ozio lungo d’uomini ignoranti ». L’esigenza umana, però, di narrazione epica e il sentirsi raccontare delle storie, per contrappasso, rimane intonsa e vitale, proprio quando il nostro mondo, agitato da fantasmi e miserie, risulta essere sempre più disincantato e perso nel suo becerume zoticante. Allora, Punteville, in modo discreto, grazie all’impalpabile sensibilità dell’autore (improvvisatosi nocchiero), e alla leggiadrìa delle tavole illustrate (vera rotta per i lettori ‘naviganti’) di Rita Petruccioli, sembra indicare una traiettoria diametralmente opposta. Il percorso narrato dagli innamorati, ad esempio, dentro la città di Due Punti, nella sera dei fidanzamenti, giunge dunque a proposito nella sua proposizione emblematica di fungere da mosaico delle suggestioni. Tra luci spente e stelle immerse nell’oscurità, soltanto i cuori palpitanti capaci di camminare nel buio, arrestano la loro corsa, e alzato lo sguardo al balcone dell’anima gemella, in un soprassalto, s’illuminano d’amore.

Punteville-a-Libritutti

Laboratorio Urbanoscopi per-Punteville a Libritutti.

La prosa di Gianluca Caporaso, gorgogliante emozioni, nella fusione di poesia e narrazione, si fa nutrimento dell’immaginario della cultura per l’infanzia (e non solo), assumendo forse inconsciamente la valenza di un preciso progetto editoriale e pedagogico, nel tentativo di trasformare l’isola felice della lettura e del coinvolgimento partecipe dei più piccoli, in una sorta di territorio di passaggio e di frontiera aperta verso la crescita. Il linguaggio acquista tono e nobiltà, descrivendo ciò che non è mai successo e che probabilmente non succederà mai, eppure esiste nella sua concretezza fantastica modello romance. I protagonisti, i personaggi minuti sono tipi e non individui in quanto privi di spessore psicologico, mancano di nome proprio o lo assumono a seconda di una particolare caratteristica e del ruolo esibito dal personaggio stesso, polarizzandosi in base ad una scala di valori e comportamenti: buoni-cattivi, fedeli-traditori, coraggiosi-vili, appassionati-indifferenti. Lungo il fluire incessante di una narrativa che dai modelli didattico-didascalici infarciti di favole, apologhi, satire ed allegorie, sconfina in quella più propriamente romantica, in quella narrativa, cioè, che racchiude il racconto avventuroso o meraviglioso capace di far leva sull’emozione, sul sentimento e sulla dimensione affettiva del potenziale lettore.

Perché, pur non aderendo a qualsivoglia manifesto programmatico, il nostro Caporaso, l’autore, forse memore delle sollecitazioni rodariane (il grande Gianni Rodari, docet) che indicavano nel mix fiabe-arte-musica-matematica-poesia-politica-utopia la struttura portante delle dinamiche formative, conoscendo perfettamente in che modo parola e racconto evochino emozioni, ovvero il miglior supporto disponibile per veicolare comportamenti, motivazioni e anche sapere, finisce per privilegiare  il sentimento solidale e cementante dell’amore. Quello vero. Quello vitale, che nell’avvicinare le persone ai luoghi, crea relazioni, interessi, fiducia ed allegria con lo scopo di dare, nell’imperante disarticolazione del pensiero (e quindi delle emozioni) annegato nell’insensatezza generale, un senso definito alla vita intera.

Appare davvero difficile, nei percorsi intersecantesi delle nostre vite quotidiane, prevedere se mai e attraverso quali percorsi il nostro mondo riuscirà nuovamente a riempirsi d’incanto. Per intanto, Punteville continua a raccontare le sue storie…

Immaginifiche. Mirabolanti. Fantastiche. Eppure, vere.

Da leggere. Sospesi a mezz’aria.

di Franco Bruno

 

(*) Gianluca Caporaso – Rita Petruccioli

‘I Racconti di Punteville’

Lavieri Edizioni

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