Categoria | Società

2 metri quadrati di spazio pubblicitario umano!

Pubblicato il 27 aprile 2013 da redazione

body rent_1Sandwich menBrandon ChicotskyBilly Gibby

Arriva dal Sol Levante la nuova trovata pubblicitaria: tatuare sulle cosce delle ragazze messaggi pubblicitari! Il compenso? Dai 13 ai 120 dollari. Le ragazze dovranno semplicemente limitarsi a passeggiare con una gonna corta, immortalare il tatuaggio, postarlo su Facebook e Twetter e il gioco è fatto! Qualche dollaro, facendo il minimo sforzo!

Nonostante la notizia abbia destato una certa perplessità, almeno sui nostri quotidiani, il fenomeno del Body Advertising è ormai largamente accettato negli Stati Uniti, dove questo sistema di sponsorizzazione è ormai consolidato da qualche anno.

E a dirla tutta, sono in molti a vederla come una naturale evoluzione degli Human billboard, altrimenti detti Sandwich men, i ragazzi e le ragazze che sfilano per le strade indossando cartelloni pubblicitari. La loro nascita risale addirittura al XIX secolo.

Per di più, i colorati tatuaggi di queste splendide ragazze non sono permanenti, bensì una rivisitazione in chiave adulta dei trasferelli con cui da piccoli ci tappezzavamo braccia e gambe, da mostrare con orgoglio agli amici.

Ma siamo proprio sicuri che questo sia ancora un “mercato” interessante?

Body rent_2La storia

Nel 2006, una donna riuscì a farsi pagare 10 000 dollari per farsi tatuare la pubblicità di un sito di gioco d’azzardo sulla fronte, per poter iscrivere il figlio a una scuola privata.

Nel 2012, un wrestler del Michigan si fece tatuare sulla tempia destra il logo di Romney, durante la campagna alle Presidenziali, per 15 000 dollari (lo spazio era stato acquistato da un sostenitore del candidato).

In entrambi i casi, i tabelloni erano stati acquistati e messi in vendita tramite asta su Ebay e in entrambi i casi i tatuaggi erano indelebili.

Nel 2009, un ristorante dell’Ohio, offrì il 25% di sconto “a vita” a chi si fosse fatto tatuare un panino sul corpo.

Tre anni dopo, nel 2012, un brand americano di abbigliamento rilanciò una l’insolita “promozione”: chi si fosse fatto tatuare in qualsiasi parte del corpo il logo della società, avrebbe avuto diritto al 25% di sconto su tutta la merce, anche in questo caso a vita. Chiaramente, l’offerta non era cumulabile. Una sorta di investimento nel lungo periodo!

Ma la pubblicità passa anche dai capelli!

In Florida, l’artista afroamericano Mohawk Gaz ha deciso di sfruttare il proprio taglio alla mohicana (da cui la scelta del nome d’arte) come spazio pubblicitario, tanto da catturare persino l’interesse di società decisamente prestigiose.

La stessa idea, ma al contrario, l’ha avuta Brandon Chicotsky, imprenditore texano che della sua pelata ha fatto un business. Infatti, la sua società, la Bald Logos, assume uomini pelati e affitta le loro teste per applicarvi tatuaggi rimovibili, senza contare che parte dei proventi vengono destinati alla ricerca contro l’Alopecia Areata, una patologia che comporta la repentina caduta dei capelli.

Oggi il mercato della pubblicità sul corpo sembra essersi orientato maggiormente verso qualcosa di reversibile. Specialmente dopo il caso di Billy Gibby, un 32enne di Anchorage che nel 2007 decise di trasformare il proprio viso in uno spazio pubblicitario: oggi l’uomo ha 24 tatuaggi sul volto (tra cui pubblicità di porno) e desidera rimuovere questo “errore”. L’unico problema? Le procedure al laser per rimuoverli hanno un costo piuttosto elevato, che Gibby non può permettersi. La soluzione?Mettere all’asta il resto del proprio corpo, con la clausola per gli acquirenti di sostenere le spese di rimozione dei tatuaggi dalla faccia.

Tutto quello che ci circonda è studiato per attrarre. Un’innocua confezione di snack al supermercato nasconde dietro di sé costosissimi studi di gradimento condotti su tester. La vetrina di un negozio è progettata per indurci a comprare. Per le strade e dai media veniamo bombardati di messaggi pubblicitari. Perciò anche in questo caso ci verrebbe da dire: “Guarda cosa si sono inventati questa volta?!”

Eppure, pensate di camminare per le strade e vedervi circondati da persone i cui tratti somatici sono a stento riconoscibili, ricoperti di disegnini ammiccanti, scritte sgargianti e frasi accattivanti. I tabelloni pubblicitari che si fondono col prodotto. Chiaramente, e volutamente, è una visione piuttosto paradossale e fin troppo catastrofista della faccenda, eppure la domanda implicita è: quanto siamo realmente disposti a vendere di noi stessi?

di Giulia Pavesi

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