Categoria | Scienza e Tecnologia

Basso status socio-economico bassa aspettativa di vita

Pubblicato il 24 giugno 2019 da redazione

poverta e obesità

Uno studio finanziato dall’UE ha studiato i processi alla base di un invecchiamento sano e longevo.

L’invecchiamento riguarda tutti noi, sia come individui che come comunità. Ma per le persone più povere l’impatto dell’invecchiamento è persino maggiore. Poiché è più probabile che siano soggette a problemi di salute nel corso della vita, i loro problemi di salute si aggravano con l’avanzare dell’età. Tuttavia, man mano che si sale lungo la scala socio-economica, il rischio di cattive condizioni di salute tende a diminuire. Infatti, in genere le persone socialmente ed economicamente avvantaggiate possono aspettarsi una vita più lunga e più sana.

Nel corso dei quattro anni di studi del progetto LIFEEPATH (Lifecourse biological pathways underlying social differences in healthy ageing), finanziato dall’UE, si è cercato di dimostrare se un invecchiamento sano, già sperimentato da persone con un elevato status socio-economico, fosse possibile anche dall’intera società. A tal fine, lo studio ha esaminato i processi e i meccanismi alla base di un invecchiamento sano.

Lo studio affronta il problema delle disuguaglianze di salute da un punto di vista specifico, ossia come esse diventano biologiche: in che modo entrano nell’organismo. Il professore Paolo Vineis, dell’Imperial College di Londra e coordinatore del progetto, spiega che gli indicatori usati dalla ricerca sono quelli più comuni come, la mortalità, la velocità di deambulazione, i biomarcatori, che insieme ad altri hanno contribuito a migliorare la comprensione delle disuguaglianze sociali nella sfera della salute.

Le conclusioni a cui è giunta questa ricerca è che la posizione socio-economica di una persona è un fattore di rischio indipendente, sia per la mortalità prematura sia per il funzionamento fisico. La sua importanza, sostengono i ricercatori, è paragonabile a quella dei fattori di rischio comuni come il fumo, l’elevato consumo di alcol, la cattiva alimentazione e l’inattività fisica. Secondo i risultati della ricerca, il fumo è responsabile del maggior numero di anni di vita persi (4,8), seguito dall’inattività fisica, che ruba 2,4 anni di vita a una persona. Una posizione socio-economica svantaggiata segue da vicino questi fattori di rischio, privando le persone di 2,1 anni di vita, mentre l’elevato consumo di alcol ruba solo mezzo anno.

I ricercatori hanno dimostrato che una bassa condizione socio-economica può comportare uno stress psicosociale cronico che può avere effetti a lungo termine sul corpo e sulla salute di una persona. Inoltre, hanno scoperto che le traiettorie di scarsa salute legate a circostanze svantaggiate iniziano nella prima infanzia e sono ben radicate già dall’età di tre anni.

I dati epidemiologici e biologici mostrano che lo svantaggio socio-economico, espresso da reddito, istruzione, alloggio o posizione lavorativa, si accumula fin dall’inizio della vita a causa di diversi tipi di esposizione e circostanze, tra cui lo stress psicosociale. Michelle Kelly-Irving dell’Inserm di Tolosa, coinvolto nel progetto, dimostra infatti che questo stress cronico può indurre un’infiammazione sistemica del corpo che porta all’accelerazione dell’età biologica, a malattie premature e mortalità nei soggetti più svantaggiati.

La povertà viene letteralmente incorporata dall’organismo delle persone. Questi risultati evidenziano l’importanza di un intervento precoce per promuovere un invecchiamento sano.

La Redazione

 

Linkografia

https://www.lifepathproject.eu/content/poverty-gets-your-skin

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