Archivio Tag | "VIBAC"

I cento tavoli delle imprese a rischio

Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

I cento tavoli delle imprese a rischio

Pubblicato il 09 febbraio 2012 by redazione

imprese a rischio 2012Abruzzo

A.T.R.

Numero di lavoratori: 800

Lavoratori a rischio: 524

E’ stato siglato l’accordo per il passaggio definitivo dell’Atr dalla procedura di amministrazione controllata alla newco ” Atr Group srl” degli imprenditori Primo Massi e Valter Proietti. Il piano siglato al ministero dello Sviluppo Economico prevede l’assunzione di 85 unità lavorative, destinate a diventare 198 il secondo anno e 308 entro i prossimi 5 anni. Attualmente sono 524 i dipendenti in cassa integrazione.

Abruzzo

ABB

Numero di lavoratori: 80

Lavoratori a rischio: 80

VERTENZA CHIUSA

Abruzzo

AIR ONE TECHNICH

Numero di lavoratori: 60

Lavoratori a rischio: 60

Dopo la chiusura dello stabilimento, seguita alle ristrutturazioni dovute all’accordo che ha visto nascere la nuova Alitalia con l’accorpamento di Air One, ai 60 lavoratori è stata garantita la cassa integrazione per sette anni come previsto per gli esuberi Alitalia. Intanto una cordata di imprenditori abruzzesi avrebbe dato la disponibilità a rilevare l’impresa. A bloccare l’iniziativa c’è però un contenzioso legato agli hangar dell’aeroporto di Pescara, che i nuovi imprenditori vorrebbero utilizzare ma che Alitalia, secondo la Fiom, non ha intenzione di liberare e per i quali continua a pagare un affitto di 80mila euro all’anno.

Abruzzo

BIANCHI VENDING GROUP

Numero di lavoratori: 300

Lavoratori a rischio: 70

Il tavolo attivo al ministero riguarda uno solo dei due stabilimenti dell’azienda, quello di Città Sant’Angelo in Abruzzo, di cui è stata decisa la chiusura. I 74 lavoratori del sito sono stati collocati in cassa integrazione

Abruzzo

CERAMICHE SABA

Numero di lavoratori: 70

Lavoratori a rischio: 70

L’azienda, attiva nella produzione delle piastrelle di ceramica, ha cessato l’attività nel 2008. Dopo oltre due anni di cassa integrazione, a luglio 2011 per 70 lavoratori è stata avviata la procedura di mobilità. Il tavolo resta aperto per verificare un eventuale interesse alla riconversione del sito, ipotesi che al momento però sembra molto improbabile.

Abruzzo

MICRON / NUMONIX

Numero di lavoratori: 4.000

Lavoratori a rischio: 0

Mycron, una multinazionale con sede negli Stati Uniti, ha acquisito la Numonix un anno e mezzo fa. Ora gli 800 dipendenti dello stabilimento di Agrate, i 3000 di Avezzano e i 300 lavoratori situati a Catania stanno aspettando che l’azienda dimostri di seguire gli impegni occupazionali assunti nell’accordo di programma.

Abruzzo

PIERBURG

Numero di lavoratori: 200

Lavoratori a rischio: 40

Nel marzo 2011 è stato sottoscritto l’accordo con l’azienda scongiurando la chiusura dell’impianto. Il piano di rilancio prevede temporaneamente l’utilizzo della cassa integrazione straordinaria per affrontare il momentaneo calo delle commese, una progressiva riduzione del numero dei dipendenti e una parziale modifica del ruolo e il tipo di produzione da parte dell’impianto.

Abruzzo

RITEL

Numero di lavoratori: 350

Lavoratori a rischio: 100

I lavoratori della Ritel sono da nove mesi in cassa integrazione straordinaria. La società è in liquidazione. Si è presentato un nuovo imprenditore che si è impegnato a chiudere un accordo. La posizione dei sindacati è che vengano riassorbiti nel nuovo gruppo tutti i 200 dipendenti dello stabilimento.

Abruzzo

SITINDUSTRIE

Numero di lavoratori: 80

Lavoratori a rischio: 80

L’azienda è ferma ormai da tre anni. Agli ottanta lavoratori è stata appena prorogata la cassa integrazione fino a giugno 2012. Il tavolo al ministero resta aperto per verificare l’eventuale interessamento di imprese intenzionate a subentrare. Fino ad ora non ci sono però sul tavolo offerte concrete.

Abruzzo

VIBAC

Numero di lavoratori: 140

Lavoratori a rischio: 140

Il 19 maggio l’azienda, che si occupa principalmente della lavorazione di film di polipropilene, ha sottoscritto un accordo che prevede il prolungamento della cassa integrazione fino a fine 2011, la ripresa dell’attività a gennaio 2012 grazie ad un nuovo investimento e un reimpiego di 100 dei 140 dipendenti. Il tavolo resta aperto per la verifica della realizzazione dell’accordo.

Basilicata

FIREMA

Numero di lavoratori: 600

Lavoratori a rischio: 600

Azienda attiva nella costruzione di convogli ferroviari per il trasporto locale, in amministrazione straordinaria. Nello stabilimento di Tito Scalo, in provincia di Potenza, un centinaio di dipendenti hanno ottenuto a settembre 2011 il rinnovo della cassa integrazione, scaduta a luglio, concessa nei mesi precedenti anche ai 500 dipendenti impiegati a Caserta. Come nel caso di Irisbus, il drastico calo della produzione è dovuto al taglio agli enti locali. Tra le ipotesi al vaglio l’interessamento di Ansaldo.

Basilicata

NICOLETTI

Numero di lavoratori: 600

Lavoratori a rischio: 600

La Nicoletti è un’azienda di mobili che fa parte del distretto industriale dell’arredamento fra Puglia e Basilicata, un’area che anni fa era considera una delle zone più produttive d’Europa e oggi impiega meno di 5000 addetti. La Nicoletti è ormai sull’orlo del fallimento, anche a causa della spietata concorrenza cinese che sta conquistando la zona. Ci sono 400 dipendenti in cassa integrazione straordinaria che scadrà fra otto mesi. L’azienda è in concordato preventivo e lavora a ranghi ristretti. Secondo l’accordo di programma aperto con il ministero dello sviluppo gli ammortizzatori sociali sono stati rinnovati, ma manca ancora un piano di sviluppo per l’area nel suo insieme.

Basilicata

PFIZER

Numero di lavoratori: 40

Lavoratori a rischio: 40

La multinazionale americana ha iniziato cinque anni fa un significativo processo di riorganizzazione. L’ultimo capitolo riguarda il centro di ricerche tossicologiche di Catania, venduto a una società che si occupa di protesi ortopediche che ha rilevato 70 dei 150 dipendenti. Intanto però l’azienda ha annunciato, nell’ambito di un piano europeo di ridimensionamento del proprio organico, la messa in mobilità di 181 informatori scientifici lungo tutto il territorio nazionale.

Basilicata

TI AUTOMOTIVE GROUP

Numero di lavoratori: 300

Lavoratori a rischio: 50

L’accordo di programma è stato firmato al ministero dello Sviluppo Economico nel febbraio 2011. Ora ci sono 50 persone in cassa integrazione a zero ore, su un organico di 270 persone al momento dell’accordo. Nel frattempo una decina di dipendenti è entrata in mobilità e un reparto è stato spostato a Brindisi. Il reparto di System lavora al 100%. Tutti gli investimenti prospettati nell’accordo di programma sono stati effettuati. Con i macchinari nuovi, ora l’azienda spera di poter contare su una ripresa del mercato. Per quanto riguarda la produzione del tubo, la produzione tiene: con stabilimenti in Germania, Francia e Italia la Ti Automotive esporta in tutto il mondo. Per il System invece è più difficile: il committente unico è Fiat. La produzione si potrebbe però ampliare producendo i sistemi anche per i tubi prodotti da Fiat in Polonia e Turchia.

Basilicata

VIBAC

Numero di lavoratori: 140

Lavoratori a rischio: 140

Il 19 maggio l’azienda, che si occupa principalmente della lavorazione di film di polipropilene, ha sottoscritto un accordo che prevede il prolungamento della cassa integrazione fino a fine 2011, la ripresa dell’attività a gennaio 2012 grazie ad un nuovo investimento e un reimpiego di 100 dei 140 dipendenti. Il tavolo resta aperto per la verifica della realizzazione dell’accordo.

Calabria

AGILE ex Eutelia

Numero di lavoratori: 1.900

Lavoratori a rischio: 1.500

Sembrava non esserci via di uscita per i 2000 lavoratori Agile ex Eutelia, da diversi anni in cassa integrazione. A gennaio 2012 è stato però sottoscritto un accordo al ministero dello Sviluppo Economico che sancisce il passaggio dei lavoratori a TBS Group. Il piano prevede la riassunzione di 220 lavoratori nel 2012,di cui 13 a tempo indeterminato, 258 nel 2013 (a condizione che sia stato conseguito un fatturato minimo di 14,4 milioni di euro relativo all’area IT di Agile e che i pagamenti dei clienti non superino in media i 180 giorni) e nel e 358 nel 2014 (a condizione che sia stato conseguito un fatturato di 18,7 milioni di euro). L’accordo è ora al vaglio dei lavoratori che hanno l’ultima parola sul via libera definitivo.

Campania

ALCATEL LUCENT

Numero di lavoratori: 2.200

Lavoratori a rischio: 150

In questo momento, in Italia, il problema del gruppo Alcatel-Lucent è relativo ai centri di ricerca e sviluppo. In tutto il mondo Alcatel ne conta 19, ma i dirigenti hanno annunciato una riduzione su scala globale a 9/10 centri di ricerca al massimo. In Italia se ne trovano cinque, a Vimercate, Genova, Rieti, Battipaglia e Bari. Il centro di ricerca di Bari, grazie a una trattativa sindacale, è stato ceduto dal primo novembre a Exteris, una società che si propone di sviluppare software di alta fascia. Dei 32 dipendenti del centro di Bari, alcuni hanno scelto di rimanere nel gruppo Alcatel spostandosi a Vimercate, altri sono passati alla nuova società. Il passaggio sta avvenendo sotto il monitoraggio del ministero dello sviluppo. Nonostante il piano industriale di Exteris sia valido, infatti, la riconversione avverrà in almeno tre anni, e la fase è molto delicata. Negli altri centri di ricerca italiani, Alcatel Lucent impiega oggi un migliaio di ricercatori e sviluppatori. Non è chiaro quali sono le intenzioni del gruppo nel nostro Paese, dopo l’annuncio di voler ridurre l’area di R&D. Complessivamente, contando anche i settori di produzione, sono più di 2000.

Campania

BTP Tecno

Numero di lavoratori: 250

Lavoratori a rischio: 0

VERTENZA CHIUSA

Campania

CENTRO SVILUPPO MATERIALI

Numero di lavoratori: 300

Lavoratori a rischio: 40

La vertenza del Centro Sviluppo Materiali sembra essere finita, o almeno, le prospettive sono abbastanza rosee. Dopo un periodo di crisi, per cui alcuni dipendenti erano entrati in cassa integrazione, l’azienda è riuscita ad assumere nuove commesse, riprendendo così a lavorare in pieno ritmo. Nel frattempo alcuni lavoratori erano usciti, agganciandosi con la mobilità alla pensione, così che ad oggi non si contano esuberi. Oggi il Centro Sviluppo Materiali impiega circa 300 persone, a Pomezia, Terni e in altri centri sparsi per l’Italia, dalla Sardegna a Bergamo.

Campania

FINCANTIERI

Numero di lavoratori: 9200

Lavoratori a rischio: 3670

Il drastico piano di riduzione del personale annunciato prima dell’estate sembrava essere stato stato ritirato, ma nel dicembre 2011 l’azienda ha annunciato, a causa del crollo delle commesse, l’apertura di una procedura di cassa integrazione per 3670 dipendenti, pari al 40% dell’organico totale. Tra gli stabilimenti colpiti maggioramenti ci sarebbero Sestri Levante e Castellamare di Stabia

Campania

FIREMA

Numero di lavoratori: 600

Lavoratori a rischio: 600

Azienda attiva nella costruzione di convogli ferroviari per il trasporto locale, in amministrazione straordinaria. Nello stabilimento di Tito Scalo, in provincia di Potenza, un centinaio di dipendenti hanno ottenuto a settembre 2011 il rinnovo della cassa integrazione, scaduta a luglio, concessa nei mesi precedenti anche ai 500 dipendenti impiegati a Caserta. Come nel caso di Irisbus, il drastico calo della produzione è dovuto al taglio agli enti locali. Tra le ipotesi al vaglio l’interessamento di Ansaldo.

Campania

FORMENTI SELECO

Numero di lavoratori: 300

Lavoratori a rischio: 300

Il tavolo al ministero dello Sviluppo Economico si è riunito il 9 gennaio 2012. L’accordo di programma cui fa riferimento la vertenza è di sette anni fa, ma è stato rimodellato più volte. Nell’ultimo incontro è stato ratificato l’ingresso di nuove società, presentate lo scorso ottobre alle organizzazioni sindacali. Le società subentrate convertirebbero la produzione nel campo alimentare e biomedicale.Ora bisogna attendere venga completato l’iter autorizzativo da parte delle banche. L’obiettivo dell’accordo è comunque che tutti gli ex dipendenti siano assunti dalle nuove società, con la prospettiva di arrivare ad ampliare il bisogno occupazionale.

Campania

ILMAS

Numero di lavoratori: 350

Lavoratori a rischio: 200

Dopo due anni di amministrazione straordinaria, l’azienda è stata venduta nella primavera 2011 alla Adler, il cui piano prevede la riassunzione durante il primo anno di 50 dei 166 dipendenti dello stabilimento di Acerra e 80 dei 147 dei siti piemontesi. Nei prossimi due anni saranno assorbiti altri 85 lavoratori, 50 dello stabilimento campano e 35 delle sedi di Rivoli e Orbassano, garantendo l’impiego di 215 dipendenti

Campania

IRISBUS

Numero di lavoratori: 1.500

Lavoratori a rischio: 1.500

La vertenza coinvolge i 700 dipendenti dello stabilimento di Grottaminarda in crisi da quanto la decisione di Fiat Iveco, proprietaria, di uscire dall’attività. Irisbus si occupa della produzione di autobus per il trasporto pubblico, entrata in crisi con il drastico taglio agli enti locali, non più in grado di sostenere i costi per il rinnovo del parco veicoli, malgrado registrino un tasso medio di vecchiaia del 12% contro la media europea del 7. Tra le ipotesi al vaglio anche la cessione dello stabilimento al gruppo Dr, in grado però di riassorbire solo una parte dei dipendenti. L’esito della vertenza interessa anche gli oltre 800 lavoratori impiegati nell’indotto.

Campania

JABIL Circuit

Numero di lavoratori: 1.350

Lavoratori a rischio: 350

Nel 2010 la Jabil, multinazionale statunitense, ha riacquisito il 100% dell’azienda italiana che aveva ceduto solo otto mesi prima alla Competence. Nella breve parentesti di gestione Competence l’azienda aveva creato un buco di 70 milioni di euro di debiti, che la Jabil, rientrando, si è impegnata a saldare. Nel piano industriale presentato poche settimane fa al ministero dello sviluppo la Jabil Italia prevede la chiusura dello stabilimento di Cassina De Pecchi, che impiega oggi 325 lavoratori, e di quello di Bergamo, con 30 dipendenti. Rimarrebbe solo lo stabilimento di Marcianise, dove lavorano 800 persone. Alla proposta si è alzato il muro delle organizzazioni sindacali, che stanno presidiando in modo permanente lo stabilimento in provincia di Milano. Non essendoci alcuna disponibilità all’apertura da parte dei referenti italiani della Jabil, il ministero dello sviluppo ha scritto una lettera direttamente ai vertici del management statunitense, chiedendo di rivedere il piano e mantenere lo stabilimento di Cassina De Pecchi, dove ora metà dei dipendenti è già in cassa integrazione a rotazione.

Campania

Polo tessile di AIROLA

Numero di lavoratori: 400

Lavoratori a rischio: 400

La vertenza del polo tessile di Airola coinvolge principlamente i 400 lavoratori della Benefil e della Tessival, aziende insediatesi con il contratto di area del 1999. Ora, con gli ammortizzatori sociali prossimi alla scadenza, all’orizzonte c’è il rinnovo della acssa integrazione o il licenziamento. Sempre più difficile la strada della reindustrializzazione.

Campania

SELFIN

Numero di lavoratori: 140

Lavoratori a rischio: 73

La lunghissima vertenza della ex Selfin, società specializzata nello sviluppo software con importanti commesse per Ibm, è rimasta a lungo bloccata, lasciando incerto il destino dei 130 lavoratori. Circa 60 di questi sono stati rilevati dal gruppo Gpi di Trento. Per i restanti 73 la cassa integrazione scade a maggio 2012, dopodichè è prevista la mobilità. Una decina di loro, lavoratori altamente professionalizzati tra cui molti ingegneri, hanno già dato la loro disponibilità ad essere reimpiegati nei call center del gruppo GPI.

Emilia Romagna

AGILE ex Eutelia

Numero di lavoratori: 1.900

Lavoratori a rischio: 1.500

Sembrava non esserci via di uscita per i 2000 lavoratori Agile ex Eutelia, da diversi anni in cassa integrazione. A gennaio 2012 è stato però sottoscritto un accordo al ministero dello Sviluppo Economico che sancisce il passaggio dei lavoratori a TBS Group. Il piano prevede la riassunzione di 220 lavoratori nel 2012,di cui 13 a tempo indeterminato, 258 nel 2013 (a condizione che sia stato conseguito un fatturato minimo di 14,4 milioni di euro relativo all’area IT di Agile e che i pagamenti dei clienti non superino in media i 180 giorni) e nel e 358 nel 2014 (a condizione che sia stato conseguito un fatturato di 18,7 milioni di euro). L’accordo è ora al vaglio dei lavoratori che hanno l’ultima parola sul via libera definitivo.

Emilia Romagna

GOLDEN LADY – O M S A

Numero di lavoratori: 3.500

Lavoratori a rischio: 350

Sono due i tavoli aperti presso il ministero dello sviluppo economico. Uno riguarda la Omsa di Faenza, dove le 350 dipendenti sono ora in cassa integrazione (in scadenza a maggio 2012) a cui seguirà la mobilità per via della chiusura dello stabilimento. L’azienda ha annunciato la chisura anche delo stabilimento di Gissi, in provincia di Chieti, dove erano impiegati 382 lavoratori.Sul tavolo c’è una possibile riconversione degli impianti. Intanto la produzione è stata spostata in Serbia.

Emilia Romagna

MARIELLA BURANI

Numero di lavoratori: 1.500

Lavoratori a rischio: 1.200

Mariella Burani occupa in Italia quasi 2000 dipendenti. Da due anni il “Fashion Group”, ovvero la società capogruppo di tutti i brand che sottostanno a Mariella Burani, è in amministrazione straordinaria. Il fashion group occupava circa 200 persone, ci cui ottanta sono da tempo in cassa integrazione ordinaria a rotazione. I dipendenti e le organizzazioni sindacali sono in attesa che il commissario si pronunci sul bando di vendita della società. E’ forte l’ipotesi che per rendere più appetibile l’acquisizione possano essere cedute nello stesso bando anche altre società del gruppo, prime fra tutte la “Mariella Burani retail”, ovvero i negozi del marchio. Le manifestazioni d’interesse, che secondo gli accordi dovranno essere prevalentemente industriali, e non finanziarie, dovrebbero arrivare entro fine mese. La cessione della capofila comporterà comunque conseguenze per tutti gli altri marchi, fra cui alcuni ancora in crescita, come Antichi Pellettieri. Dalla capogruppo dipende infatti la fluidità di cassa per tutte le altre società, la cui sorte è per questo incerta. Solo qualche mese fa “Fashion Network”, una delle quaranta società del gruppo, ha chiesto l’amministrazione straordinaria. I dipendenti di tutto il gruppo Mariella Burani sono concentrati principalmente in Emilia Romagna e Lombardia, oltre ai negozi in tutte le principali città italiane.

Emilia Romagna

NUOVA PANSAC

Numero di lavoratori: 850

Lavoratori a rischio: 400

La Nuova Pansac è una delle aziende leader del settore chimico in Italia. Negli ultimi anni è stata al centro di una complessa procedura fallimentare seguita all’amministrazione di Fabrizio Lori. L’azienda ha stabilimenti inl Veneto (Portogruaro, Mira e Marghera), in Emilia Romagna (Ravenna) e in Lombardia (Zingonia). Nello stabilimento di Marghera ci sono 25 dipendenti in cassa integrazione a rotazione su 100 che lavorano nello stabilimento. Lo stabilimento di Ravenna, pur funzionando ancora, nelle intenzioni del piano siglato al ministero dello sviluppo sarò presto chiuso. Il laboratorio chimico di Zingonia è attivo a metà e verrà chiuso. Nello stabilimento di Mira, con 10 linee in produzione su 50, sono 450 i dipendenti. Di questi 200 sono in cassa integrazione straordinaria a zero ore. I dipendenti di Portogruaro, più di un centinaio, sono gli unici che in blocco non stanno ricevendo da mesi lo stipendio, in un tentativo del commissario fallimentare di accellerare il processo di liquidazione.

Emilia Romagna

OERLIKON GRAZIANO

Numero di lavoratori: 2.300

Lavoratori a rischio: 1.200

Il gruppo, nel suo complesso, è uscito dalla crisi. A fine agosto è stato chiuso un accordo sindacale che ha approvato il ricorso alla cassa di solidarietà, e un piano di nuove assunzioni attraverso rapporti di lavoro interinale. E’ rimasta invece aperta la questione dello stabilimento di Cento (Ferrara) dove, essendo fallita ogni possibilità di reindustrializzazione, l’azienda ha ormai avviato una procedura di cessazione attività: per i 134 dipendenti rimasti non vi sono prospettive.

Friuli Venezia Giulia

CAFFARO (ex Snia)

Numero di lavoratori: 350

Lavoratori a rischio: 200

La Caffaro è entrata in amministrazione straordinaria un paio d’anni fa. In Italia aveva due stabilimenti, a Brescia e a Torviscosa, in provincia di Udine. Lo stabilimento di Brescia è stato acquisito dal gruppo Todisco, che ha rilevato il sito assumendo poco più di metà dei dipendenti, circa quaranta persone. Dopo un primo scontro con le organizzazioni sindacali si è arrivati infine a un piano condiviso che prevede investimenti per la ripresa d’attività nel sito. In questo momento le Organizzazioni sindacali stanno chiedendo insistentemente venga presentato, in presenza del ministero, il nuovo piano industriale, dal momento che dal giorno della cessione definitiva gli unici investimenti nell’area sono stati fatti per la manutenzione e non per l’innovazione degli impianti. Ai dipendenti rimasti esclusi dall’assunzione è stata offerta la mobilità volontaria o una proroga della cassa integrazione. Lo stabilimento di Torviscosa invece è stato ceduto, sempre a marzo, al gruppo Bertolini, che opera nel commercio di cloro. L’azienda si è impegnata a costruire nel sito un nuovo impianto a membrana, ad alta innovazione, grazie a una joint venture con Bracco e una società finanziaria. Sono stati assorbiti 140 dipendenti della Caffaro. Ne sono rimasti fuori 65, per cui la cassa integrazione straordinaria è in scadenza. Per l’attuazione del progetto di Bertolini si attende che venga messo al bando un terreno adiacente il vecchio stabilimento Caffaro, che ospiterà il nuovo impianto.

Friuli Venezia Giulia

ELECTROLUX

Numero di lavoratori: 7.000

Lavoratori a rischio: 900

La Electrolux sta ancora scontando un forte rallentamento della produzione dovuto alla crisi di mercato del settore. Nel marzo 2011 è stato firmato un accordo per le uscite da due degli stabilimenti: quello di Porcia, in provincia di Pordenone, e quello di Susegana, in provincia di Treviso. A fronte di circa 700 esuberi dichiarati, 220 lavoratori sono usciti dal piano di riorganizzazione con dimissioni incentivate e accompagnamento alla pensione passando per la mobilità. I restanti 500 impiegati sono in cassa integrazione straordinaria, che, essendo stata aperta nella primavera del 2011, finirà fra marzo e aprile del 2013. L’obiettivo dell’accordo monitorato dal ministero dello sviluppo è la formazione dei dipendenti per consentire il loro reimpiego anche in altre attività, viste le difficili condizioni del mercato degli elettrodomestici.

Friuli Venezia Giulia

IDEAL STANDARD

Numero di lavoratori: 1.750

Lavoratori a rischio: 500

In tutti gli stabilimenti della Ideal Standard a Brescia, Orcenico e Trichiana, i dipendenti sono in contratto di solidarietà scaduto a fine 2011. Nessuno dei lavoratori è stato licenziato. Non c’è ancora un accordo con le parti sociali sul futuro dell’azienda.

Friuli Venezia Giulia

LUCCHINI / SEVERSTAL

Numero di lavoratori: 2.800

Lavoratori a rischio: 500

La vicenda della Lucchini, dal marzo 2010 di completa proprietà della Severstal, è una storia unica nel panorama delle crisi italiane. Alexei Mordashov, rampante magnate russo alla guida della Severstal, e quindi padrone della Lucchini, ha dichiarato all’inizio dell’anno di voler uscire dall’Italia, ovvero chiudere gli stabilimenti e la produzione nella penisola poco dopo averne comprato gli asset. Sulla sede italiana grava infatti un debito da 700 milioni di euro, che impedisce l’accesso alla liquidità necessaria per comprare le materie prime e sviluppare la produzione. In un accordo firmato presso il tavolo aperto al Ministero dello sviluppo nel luglio di quest’anno, le banche si impegnavano a congelare il debito e a immettere nuova liquidità finanziaria nell’azienda a fronte della vendita di uno stabilimento e di alcune centrali idroelettriche in Francia. Per l’acquisizione dello stabilimento si era presentato un fondo, fondo Apollo, mentre alle centrali erano interessate delle società svizzere. Il governo francese ha però bloccato la vendita, facendo saltare il tavolo, perché voleva che stabilimento e centrali fossero venduti a una sola società. Poche settimane fa, alla conferma dell’interesse del fondo Apollo per entrambi gli asset in vendita, le banche hanno concordato con l’azienda un nuovo percorso di credito, che dovrà essere varato a breve dopo l’approvazione del tribunale. A quel punto la Lucchini/Severstal avrebbe la liquidità necessaria per riprendere la produzione a pieno ritmo. I più di 2000 lavoratori della società sono tutti al lavoro. Gli stipendi sono stati sempre pagati, ma l’azienda è esposta per oltre 110 milioni di euro verso le ditte che avevano degli appalti con la Lucchini. Inoltre, i lavoratori restano in fibrillazione, perché anche se con questo accordo l’azienda potrebbe riprendere a lavorare al massimo delle potenzialità (cosa che ora non avviene), la minaccia di Mordashov di lasciare l’Italia rimane sospesa. In crisi è soprattutto lo stabilimento di Piombino, cuore dell’azienda, con 2220 lavoratori e un indotto di migliaia di persone, fra lavoratori portuali e e piccole imprese del territorio. Lo stabilimento necessita infatti di importanti investimenti strutturali per poter lavorare a regime. In particolare l’altoforno andrà a fine campagna (ovvero non potrà più essere utilizzato) nel 2013. La mancanza di interesse nel provvedere alla ristrutturazione preoccupa così gli operai. Per questo il tavolo con il ministero, convocato a luglio l’ultima volta, resterà ancora aperto.

Lazio

AGILE ex Eutelia

Numero di lavoratori: 1.900

Lavoratori a rischio: 1.500

Sembrava non esserci via di uscita per i 2000 lavoratori Agile ex Eutelia, da diversi anni in cassa integrazione. A gennaio 2012 è stato però sottoscritto un accordo al ministero dello Sviluppo Economico che sancisce il passaggio dei lavoratori a TBS Group. Il piano prevede la riassunzione di 220 lavoratori nel 2012,di cui 13 a tempo indeterminato, 258 nel 2013 (a condizione che sia stato conseguito un fatturato minimo di 14,4 milioni di euro relativo all’area IT di Agile e che i pagamenti dei clienti non superino in media i 180 giorni) e nel e 358 nel 2014 (a condizione che sia stato conseguito un fatturato di 18,7 milioni di euro). L’accordo è ora al vaglio dei lavoratori che hanno l’ultima parola sul via libera definitivo.

Lazio

ALCATEL LUCENT

Numero di lavoratori: 2.200

Lavoratori a rischio: 150

In questo momento, in Italia, il problema del gruppo Alcatel-Lucent è relativo ai centri di ricerca e sviluppo. In tutto il mondo Alcatel ne conta 19, ma i dirigenti hanno annunciato una riduzione su scala globale a 9/10 centri di ricerca al massimo. In Italia se ne trovano cinque, a Vimercate, Genova, Rieti, Battipaglia e Bari. Il centro di ricerca di Bari, grazie a una trattativa sindacale, è stato ceduto dal primo novembre a Exteris, una società che si propone di sviluppare software di alta fascia. Dei 32 dipendenti del centro di Bari, alcuni hanno scelto di rimanere nel gruppo Alcatel spostandosi a Vimercate, altri sono passati alla nuova società. Il passaggio sta avvenendo sotto il monitoraggio del ministero dello sviluppo. Nonostante il piano industriale di Exteris sia valido, infatti, la riconversione avverrà in almeno tre anni, e la fase è molto delicata. Negli altri centri di ricerca italiani, Alcatel Lucent impiega oggi un migliaio di ricercatori e sviluppatori. Non è chiaro quali sono le intenzioni del gruppo nel nostro Paese, dopo l’annuncio di voler ridurre l’area di R&D. Complessivamente, contando anche i settori di produzione, sono più di 2000.

Lazio

ALSTOM

Numero di lavoratori: 180

Lavoratori a rischio: 110

Il tavolo con il ministero dello sviluppo, dopo esser stato aperto per anni, ormai è chiuso, dal momento che nessuna delle possibilità individuate è stata ritenuta percorribile. I dipendenti, circa 150, sono ora al primo anno di cassa integrazione. Grazie a un accordo aziendale per due anni la società garantirà la differenza perché gli operai ricevano lo stipendio integrale. Dopodichè entreranno in mobilità. Alla Alstom, che produceva componenti per le ferrovie, lavoravano maestranze altamente specializzate: gli ex dipendenti, tutti abbastanza giovani, una volta usciti hanno dato spesso avvio a piccole imprese artigiane.

Lazio

CENTRO SVILUPPO MATERIALI

Numero di lavoratori: 300

Lavoratori a rischio: 40

La vertenza del Centro Sviluppo Materiali sembra essere finita, o almeno, le prospettive sono abbastanza rosee. Dopo un periodo di crisi, per cui alcuni dipendenti erano entrati in cassa integrazione, l’azienda è riuscita ad assumere nuove commesse, riprendendo così a lavorare in pieno ritmo. Nel frattempo alcuni lavoratori erano usciti, agganciandosi con la mobilità alla pensione, così che ad oggi non si contano esuberi. Oggi il Centro Sviluppo Materiali impiega circa 300 persone, a Pomezia, Terni e in altri centri sparsi per l’Italia, dalla Sardegna a Bergamo.

Lazio

CINECITTA’

Numero di lavoratori: 140

Lavoratori a rischio: 0

Il tavolo di crisi col ministero dello sviluppo, per Cinecittà, è stato di fatto superato. In questo momento le organizzazioni sindacali sono in attesa di un incontro con il ministro e il direttore generale del ministero della cultura perché venga confermato l’accordo siglato con le parti sociali. Per 90 lavoratori è prevista la riassunzione nella nuova srl con il mantenimento delle qualifiche professionali e dell’esperienza costruita negli anni. I settori sono principalmente quelli dell’archivistica, della promozione e della documentaristica. I restanti venti dipendenti di Cinecittà saranno invece assorbiti all’interno del ministero.

Lazio

CORDEN PHARMA (ex Bristol)

Numero di lavoratori: 1.500

Lavoratori a rischio: 100

La crisi investe due stabilimenti. Uno a Caponago in Lombardia, l’altro a Latina, rilevato lo scorso anno dalla Bristol. Nel primo caso, dove le difficoltà sono cominicate a seguito della perdita di una commessa importante che rappresentava quasi metà dle fatturato, sono 182 i dipendenti, poco meno della metà del totale, attualmente in cassa integrazione. Stessa condizione per 297 dipendenti dello stabilimento di Latina, su un totale di 790

Lazio

EVOTAPE

Numero di lavoratori: 280

Lavoratori a rischio: 280

E’ a rischio il destino dei 280 lavoratori dell’azienda (divisi nei due stabilimenti situati in Piemonte e in Lazio). Nel dicembre 2010 la messa in liquidazione, poi le prospettive di rilancio con la costituzione della società evolution 131 che aveva ottenuto finanziamenti dal Fondo Monetario Internazionale per il rilancio del sito. Ad oggi però , malgrado le promesse, il sito non è ancora tornato operativo.

Lazio

IDEAL STANDARD

Numero di lavoratori: 1.750

Lavoratori a rischio: 500

In tutti gli stabilimenti della Ideal Standard a Brescia, Orcenico e Trichiana, i dipendenti sono in contratto di solidarietà scaduto a fine 2011. Nessuno dei lavoratori è stato licenziato. Non c’è ancora un accordo con le parti sociali sul futuro dell’azienda.

Lazio

LIGHTING ITALIA

Numero di lavoratori: 54

Lavoratori a rischio: 54

La Lighting è una società francese. Il tavolo con il ministero dello sviluppo si è riunito una sola volta a maggio per verificare se ci fossero le condizioni di impedire il fallimento e trovare imprenditori del settore intenzionati a comprare lo stabilimento. Nel frattempo però il giudice francese ha dichiarato la liquidazione. Ormai per i 54 lavoratori rimasti la causa è passata al ministero del lavoro.

Lazio

NEXANS

Numero di lavoratori: 350

Lavoratori a rischio: 180

In azienda resta un nucleo di 50 dipendenti a cui a marzo scadrà la cassa integrazione straordinaria, dopodiché scatterà la mobilità. La vertenza è stata a lungo al centro dell’attenzione mediatica anche perché lo stabilimento occupa un’area molto estesa di circa 40 ettari

Lazio

SCHNEIDER ELECTRIC

Numero di lavoratori: 450

Lavoratori a rischio: 30

Con 2800 dipendenti in tutta Italia, la Schneider Electric è sempre al centro dell’attenzione del mondo del lavoro. L’azienda va bene, ma nello stabilimento di Rieti più di 180 dipendenti restano a turno a casa in cassa integrazione, per due giorni alla settimana. Le parti sociali sono in attesa di un piano per lo sviluppo.

Lazio

TELEPERFORMANCE

Numero di lavoratori: 3.000

Lavoratori a rischio: 900

Per quasi 900 dipendenti, divisi sugli stabilimenti di Roma e Taranto, a inizio 2012 è stata prorogata per un altro anno la cassa integrazione. Oggi una parte di loro lavora a rotazione, altri sono invece in train on the job (ovvero seguono percorsi di formazione specializzata) con una cassa integrazione a zero ore. Le prospettive non sono rosee, dal momento che da tempo l’azienda non riesce ad aggiudicarsi commesse per grandi numeri.

Lazio

TRIBUTI ITALIA

Numero di lavoratori: 700

Lavoratori a rischio: 700

L’azienda è in vendita. Le parti sociali stanno aspettando di essere convocate dal commissario incaricato di trovare un acquirente per la società. Si sono presentate società interessate, ma ancora non si ha alcuna certezza. Su 500 dipendenti, solo 50 stanno lavorando. Gli altri sono in cassa integrazione, in attesa di una proroga.

Lazio

VIDEOCON

Numero di lavoratori: 1.350

Lavoratori a rischio: 850

Una delle maggiori fabbriche delle provincia di Roma, attiva storicamente nella produzione di televisori e ferma ormai dal 2008. Nel 2005 era subentrata la multinazionale indiana Videocon che aveva cercato di rilanciare il sito per la produzione di schermi al plasma e condizionatori. Un progetto poi tramontato e che ha portato alla cessazione dell’attività. Sono in corso trattative con la Regione e il Ministero dello Sviluppo Economico e ad oggi l’unica prospettva di rilancio del sito è rappresentata da un’azienda slovacco-canadese del settore delle energie rinnovabili. i 1300 lavoratori sono in cassa integrazione in deroga e su alcuni di loro, oltre 130, pende anche una condanna in primo grado al pagamento di 3750 euro per aver occupato illegalmente l’autostrada a1 nell’ottobre del 2009 per protestare contro la chiusura dell’azienda.

Liguria

ALCATEL LUCENT

Numero di lavoratori: 2.200

Lavoratori a rischio: 150

In questo momento, in Italia, il problema del gruppo Alcatel-Lucent è relativo ai centri di ricerca e sviluppo. In tutto il mondo Alcatel ne conta 19, ma i dirigenti hanno annunciato una riduzione su scala globale a 9/10 centri di ricerca al massimo. In Italia se ne trovano cinque, a Vimercate, Genova, Rieti, Battipaglia e Bari. Il centro di ricerca di Bari, grazie a una trattativa sindacale, è stato ceduto dal primo novembre a Exteris, una società che si propone di sviluppare software di alta fascia. Dei 32 dipendenti del centro di Bari, alcuni hanno scelto di rimanere nel gruppo Alcatel spostandosi a Vimercate, altri sono passati alla nuova società. Il passaggio sta avvenendo sotto il monitoraggio del ministero dello sviluppo. Nonostante il piano industriale di Exteris sia valido, infatti, la riconversione avverrà in almeno tre anni, e la fase è molto delicata. Negli altri centri di ricerca italiani, Alcatel Lucent impiega oggi un migliaio di ricercatori e sviluppatori. Non è chiaro quali sono le intenzioni del gruppo nel nostro Paese, dopo l’annuncio di voler ridurre l’area di R&D. Complessivamente, contando anche i settori di produzione, sono più di 2000.

Liguria

FERRANIA

Numero di lavoratori: 400

Lavoratori a rischio: 300

La storica azienda produttrice di materiale fotografico oggi è divisa in due. Ferrania technologies, che ha ereditato quello che resta della produzione originale dell’impresa, ora ha 300 dipendenti tutti in cassa integrazione straordinaria (in scadenza a novembre 2012). Ferrania Solis, nata nel 2011, impiega invece 80 dipendenti, si occupa di assemblaggio e produzione di pannelli fotovoltaici e rappresenta la speranza di rilancio per il sito ligure. Intanto il presidente della regione Burlando ha lanciato l’ipotesi della creazione nell’area di un nuovo polo dell’eolico, con il possibile investimento, tutto ancora da verificare, da parte di imprese italiane e straniere.

Liguria

FINCANTIERI

Numero di lavoratori: 9200

Lavoratori a rischio: 3670

Il drastico piano di riduzione del personale annunciato prima dell’estate sembrava essere stato stato ritirato, ma nel dicembre 2011 l’azienda ha annunciato, a causa del crollo delle commesse, l’apertura di una procedura di cassa integrazione per 3670 dipendenti, pari al 40% dell’organico totale. Tra gli stabilimenti colpiti maggioramenti ci sarebbero Sestri Levante e Castellamare di Stabia

Liguria

TI AUTOMOTIVE GROUP

Numero di lavoratori: 300

Lavoratori a rischio: 50

L’accordo di programma è stato firmato al ministero dello Sviluppo Economico nel febbraio 2011. Ora ci sono 50 persone in cassa integrazione a zero ore, su un organico di 270 persone al momento dell’accordo. Nel frattempo una decina di dipendenti è entrata in mobilità e un reparto è stato spostato a Brindisi. Il reparto di System lavora al 100%. Tutti gli investimenti prospettati nell’accordo di programma sono stati effettuati. Con i macchinari nuovi, ora l’azienda spera di poter contare su una ripresa del mercato. Per quanto riguarda la produzione del tubo, la produzione tiene: con stabilimenti in Germania, Francia e Italia la Ti Automotive esporta in tutto il mondo. Per il System invece è più difficile: il committente unico è Fiat. La produzione si potrebbe però ampliare producendo i sistemi anche per i tubi prodotti da Fiat in Polonia e Turchia.

Liguria

TRIBUTI ITALIA

Numero di lavoratori: 700

Lavoratori a rischio: 700

L’azienda è in vendita. Le parti sociali stanno aspettando di essere convocate dal commissario incaricato di trovare un acquirente per la società. Si sono presentate società interessate, ma ancora non si ha alcuna certezza. Su 500 dipendenti, solo 50 stanno lavorando. Gli altri sono in cassa integrazione, in attesa di una proroga.

Lombardia

AGILE ex Eutelia

Numero di lavoratori: 1.900

Lavoratori a rischio: 1.500

Sembrava non esserci via di uscita per i 2000 lavoratori Agile ex Eutelia, da diversi anni in cassa integrazione. A gennaio 2012 è stato però sottoscritto un accordo al ministero dello Sviluppo Economico che sancisce il passaggio dei lavoratori a TBS Group. Il piano prevede la riassunzione di 220 lavoratori nel 2012,di cui 13 a tempo indeterminato, 258 nel 2013 (a condizione che sia stato conseguito un fatturato minimo di 14,4 milioni di euro relativo all’area IT di Agile e che i pagamenti dei clienti non superino in media i 180 giorni) e nel e 358 nel 2014 (a condizione che sia stato conseguito un fatturato di 18,7 milioni di euro). L’accordo è ora al vaglio dei lavoratori che hanno l’ultima parola sul via libera definitivo.

Lombardia

CAFFARO (ex Snia)

Numero di lavoratori: 350

Lavoratori a rischio: 200

La Caffaro è entrata in amministrazione straordinaria un paio d’anni fa. In Italia aveva due stabilimenti, a Brescia e a Torviscosa, in provincia di Udine. Lo stabilimento di Brescia è stato acquisito dal gruppo Todisco, che ha rilevato il sito assumendo poco più di metà dei dipendenti, circa quaranta persone. Dopo un primo scontro con le organizzazioni sindacali si è arrivati infine a un piano condiviso che prevede investimenti per la ripresa d’attività nel sito. In questo momento le Organizzazioni sindacali stanno chiedendo insistentemente venga presentato, in presenza del ministero, il nuovo piano industriale, dal momento che dal giorno della cessione definitiva gli unici investimenti nell’area sono stati fatti per la manutenzione e non per l’innovazione degli impianti. Ai dipendenti rimasti esclusi dall’assunzione è stata offerta la mobilità volontaria o una proroga della cassa integrazione. Lo stabilimento di Torviscosa invece è stato ceduto, sempre a marzo, al gruppo Bertolini, che opera nel commercio di cloro. L’azienda si è impegnata a costruire nel sito un nuovo impianto a membrana, ad alta innovazione, grazie a una joint venture con Bracco e una società finanziaria. Sono stati assorbiti 140 dipendenti della Caffaro. Ne sono rimasti fuori 65, per cui la cassa integrazione straordinaria è in scadenza. Per l’attuazione del progetto di Bertolini si attende che venga messo al bando un terreno adiacente il vecchio stabilimento Caffaro, che ospiterà il nuovo impianto.

Lombardia

CANDY

Numero di lavoratori: 3.500

Lavoratori a rischio: 202

Il grande gruppo di elettrodomestici sembra irremovibile nella decisione di chiudere progressivamente la produzione dello stabilimento di Santa Maria Hoé, in provincia di Lecco, dove sono stati decisi 202 esuberi. A gennaio 2012 è stato attivato un contratto di solidarietà che darà lavoro, a rotazione, a 62 lavoratori fino alla fine del 2013, quando il sito cesserà definitivamente la produzione.

Lombardia

CENTRO SVILUPPO MATERIALI

Numero di lavoratori: 300

Lavoratori a rischio: 40

La vertenza del Centro Sviluppo Materiali sembra essere finita, o almeno, le prospettive sono abbastanza rosee. Dopo un periodo di crisi, per cui alcuni dipendenti erano entrati in cassa integrazione, l’azienda è riuscita ad assumere nuove commesse, riprendendo così a lavorare in pieno ritmo. Nel frattempo alcuni lavoratori erano usciti, agganciandosi con la mobilità alla pensione, così che ad oggi non si contano esuberi. Oggi il Centro Sviluppo Materiali impiega circa 300 persone, a Pomezia, Terni e in altri centri sparsi per l’Italia, dalla Sardegna a Bergamo.

Lombardia

CNH

Numero di lavoratori: 530

Lavoratori a rischio: 118

Per la CNH è iniziata ormai la procedura di cessazione totale dello stabilimento. I 118 dipendenti rimasti (su 530 iniziali) stanno aspettando che venga varato un progetto di reindustrializzazione dell’area. Il tavolo con il Ministero è ancora aperto, in cerca di una soluzione.

Lombardia

CORDEN PHARMA (ex Bristol)

Numero di lavoratori: 1.500

Lavoratori a rischio: 100

La crisi investe due stabilimenti. Uno a Caponago in Lombardia, l’altro a Latina, rilevato lo scorso anno dalla Bristol. Nel primo caso, dove le difficoltà sono cominicate a seguito della perdita di una commessa importante che rappresentava quasi metà dle fatturato, sono 182 i dipendenti, poco meno della metà del totale, attualmente in cassa integrazione. Stessa condizione per 297 dipendenti dello stabilimento di Latina, su un totale di 790

Lombardia

F.TOSI

Numero di lavoratori: 600

Lavoratori a rischio: 550

La Franco Tosi, fondata nel 1881, è un’azienda storica in Italia. Produce centrali elettriche, l’unica ormai a farlo in Italia, dopo l’Ansaldo. Nel giugno del 2009 è stata acquisita, in una situazione quasi fallimentare, dalla Gammon, un’importante società indiana. Le potenzialità di sviluppo nel mercato sono molte, ma la Gammon sta ancora ripagando all’Inps un milione di euro al mese per rientrare dal debito contratto in precedenza dall’azienda. Il tavolo con il ministero ha l’obiettivo di individuare un modo per permettere alla Gammon di accedere nuovamente al credito, in Italia o in patria, per immettere capitale e liquidità nella Franco Tosi. Negli ultimi anni il colosso indiano è anche riuscito a offrire nuove occupazioni per garantire il turn over, ma la pesantezza del debito preoccupa molto le parti sociali. I 500 dipendenti della Franco Tosi sono a turno in cassa integrazione. La Gammon ha dichiarato che a breve dovrebbe fare una ricapitalizzazione intorno ai dieci milioni di euro. Le linee di credito sono tutte da istituti bancari indiani, con cui l’azienda è esposta con quaranta milioni di euro in fideiussioni.

Lombardia

GOLDEN LADY – O M S A

Numero di lavoratori: 3.500

Lavoratori a rischio: 350

Sono due i tavoli aperti presso il ministero dello sviluppo economico. Uno riguarda la Omsa di Faenza, dove le 350 dipendenti sono ora in cassa integrazione (in scadenza a maggio 2012) a cui seguirà la mobilità per via della chiusura dello stabilimento. L’azienda ha annunciato la chisura anche delo stabilimento di Gissi, in provincia di Chieti, dove erano impiegati 382 lavoratori.Sul tavolo c’è una possibile riconversione degli impianti. Intanto la produzione è stata spostata in Serbia.

Lombardia

IDEAL STANDARD

Numero di lavoratori: 1.750

Lavoratori a rischio: 500

In tutti gli stabilimenti della Ideal Standard a Brescia, Orcenico e Trichiana, i dipendenti sono in contratto di solidarietà scaduto a fine 2011. Nessuno dei lavoratori è stato licenziato. Non c’è ancora un accordo con le parti sociali sul futuro dell’azienda.

Lombardia

JABIL Circuit

Numero di lavoratori: 1.350

Lavoratori a rischio: 350

Nel 2010 la Jabil, multinazionale statunitense, ha riacquisito il 100% dell’azienda italiana che aveva ceduto solo otto mesi prima alla Competence. Nella breve parentesti di gestione Competence l’azienda aveva creato un buco di 70 milioni di euro di debiti, che la Jabil, rientrando, si è impegnata a saldare. Nel piano industriale presentato poche settimane fa al ministero dello sviluppo la Jabil Italia prevede la chiusura dello stabilimento di Cassina De Pecchi, che impiega oggi 325 lavoratori, e di quello di Bergamo, con 30 dipendenti. Rimarrebbe solo lo stabilimento di Marcianise, dove lavorano 800 persone. Alla proposta si è alzato il muro delle organizzazioni sindacali, che stanno presidiando in modo permanente lo stabilimento in provincia di Milano. Non essendoci alcuna disponibilità all’apertura da parte dei referenti italiani della Jabil, il ministero dello sviluppo ha scritto una lettera direttamente ai vertici del management statunitense, chiedendo di rivedere il piano e mantenere lo stabilimento di Cassina De Pecchi, dove ora metà dei dipendenti è già in cassa integrazione a rotazione.

Lombardia

LIVINGSTON

Numero di lavoratori: 500

Lavoratori a rischio: 500

L’accordo di cassa integrazione straordinaria per i 500 dipendenti è stato firmato un paio d’anni fa. La compagnia ormai è chiusa e non sta volando. Il commissario fallimentare sta valutando le ultime proposte d’acquisto, che prevedono l’assunzione di cento lavoratori subito e di 230 in un secondo momento, ma le offerte sono ancora molto aleatorie.

Lombardia

MAFLOW

Numero di lavoratori: 300

Lavoratori a rischio: 120

Importante azienda metalmeccanica della provincia di Milano, è entrata in crisi nel 2007. Difficoltà che si è aggravata iin seguito alla perdita della commessa per Bmw, suo principale cliente. Nel 2010 è stata rilevata dalla polacca Boryszew S.A, che aveva previsto la riassunzione di 109 dei 299 dipendenti, con un bonus successivo di sei assunzioni per ciascun milione di euro di fatturato. Ad oggi però l’accordo è stato rispettato solo in parte e solo 79 lavoratori sono stati riassorbiti. Un altro centinaio beneficia della cassa integrazione fino a dicembre 2012. L’impresa oggi lavora con Volkswagen, Scania, e per lo stabilimento polacco della Fiat.

Lombardia

MARIELLA BURANI

Numero di lavoratori: 1.500

Lavoratori a rischio: 1.200

Mariella Burani occupa in Italia quasi 2000 dipendenti. Da due anni il “Fashion Group”, ovvero la società capogruppo di tutti i brand che sottostanno a Mariella Burani, è in amministrazione straordinaria. Il fashion group occupava circa 200 persone, ci cui ottanta sono da tempo in cassa integrazione ordinaria a rotazione. I dipendenti e le organizzazioni sindacali sono in attesa che il commissario si pronunci sul bando di vendita della società. E’ forte l’ipotesi che per rendere più appetibile l’acquisizione possano essere cedute nello stesso bando anche altre società del gruppo, prime fra tutte la “Mariella Burani retail”, ovvero i negozi del marchio. Le manifestazioni d’interesse, che secondo gli accordi dovranno essere prevalentemente industriali, e non finanziarie, dovrebbero arrivare entro fine mese. La cessione della capofila comporterà comunque conseguenze per tutti gli altri marchi, fra cui alcuni ancora in crescita, come Antichi Pellettieri. Dalla capogruppo dipende infatti la fluidità di cassa per tutte le altre società, la cui sorte è per questo incerta. Solo qualche mese fa “Fashion Network”, una delle quaranta società del gruppo, ha chiesto l’amministrazione straordinaria. I dipendenti di tutto il gruppo Mariella Burani sono concentrati principalmente in Emilia Romagna e Lombardia, oltre ai negozi in tutte le principali città italiane.

Lombardia

MERIDIANA FLY

Numero di lavoratori: 2.300

Lavoratori a rischio: 930

E’ stato chiuso un accordo al ministero il 26 giugno 2011 che prevede la cassa integrazione per i 930 lavoratori in esubero. Le prospettive sull’azienda non sono rosee. In questo momento le parti sociali sono in attesa del piano industriale.

Lombardia

MICRON / NUMONIX

Numero di lavoratori: 4.000

Lavoratori a rischio: 0

Mycron, una multinazionale con sede negli Stati Uniti, ha acquisito la Numonix un anno e mezzo fa. Ora gli 800 dipendenti dello stabilimento di Agrate, i 3000 di Avezzano e i 300 lavoratori situati a Catania stanno aspettando che l’azienda dimostri di seguire gli impegni occupazionali assunti nell’accordo di programma.

Lombardia

NUOVA PANSAC

Numero di lavoratori: 850

Lavoratori a rischio: 400

La Nuova Pansac è una delle aziende leader del settore chimico in Italia. Negli ultimi anni è stata al centro di una complessa procedura fallimentare seguita all’amministrazione di Fabrizio Lori. L’azienda ha stabilimenti inl Veneto (Portogruaro, Mira e Marghera), in Emilia Romagna (Ravenna) e in Lombardia (Zingonia). Nello stabilimento di Marghera ci sono 25 dipendenti in cassa integrazione a rotazione su 100 che lavorano nello stabilimento. Lo stabilimento di Ravenna, pur funzionando ancora, nelle intenzioni del piano siglato al ministero dello sviluppo sarò presto chiuso. Il laboratorio chimico di Zingonia è attivo a metà e verrà chiuso. Nello stabilimento di Mira, con 10 linee in produzione su 50, sono 450 i dipendenti. Di questi 200 sono in cassa integrazione straordinaria a zero ore. I dipendenti di Portogruaro, più di un centinaio, sono gli unici che in blocco non stanno ricevendo da mesi lo stipendio, in un tentativo del commissario fallimentare di accellerare il processo di liquidazione.

Lombardia

RSI

Numero di lavoratori: 270

Lavoratori a rischio: 150

Azienda che si occupa della costruzione di carrozze ferroviarie, lavorava principalmente per le Ferrovie e le Ferrovie Nord. La crisi riguarda soprattutto lo stabilimento di Costa Masnaga, in provincia di Lecco, dove circa 150 lavoratori sono in cassa integrazione. Nel mese di novembre verrà presentato il piano industriale per il rilancio dell’azienda da sottoporre alle rappresentanze sindacali.

Lombardia

SIEMENS-NOKIA

Numero di lavoratori: 1.200

Lavoratori a rischio: 150

La Nokia oggi non è ufficialmente in crisi. C’è la possibilità che venda un ramo d’azienda ma non è stata confermata. Sono a rischio i 500 lavoratori dello stabilimento Nokia-Siemens di Cassina dé Pecchi, che produce ponti radio: i 350 dipendenti della Jabil, che lavoravano nello stessa sede, sono stati licenziati con un fax il 28 settembre.

Lombardia

SILTAL

Numero di lavoratori: 900

Lavoratori a rischio: 900

Dal commissario per la procedura fallimentare non sono arrivate novità o spiragli per la situazione degli ex dipendenti Siltal. I 900 lavoratori dei tre impianti produttivi, in Lombardia, Veneto e Piemonte sono appesi agli ammortizzatori sociali, che scadranno ad aprile 2012.

Lombardia

TAMOIL

Numero di lavoratori: 600

Lavoratori a rischio: 300

L’accordo con l’azienda è stato siglato ad aprile, al tavolo del Ministero dello Sviluppo. Prevede che l’impianto Tamoil di Cremona smetterà l’attività di raffinazione, mantenendo solo quella di deposito. Ai primi di novembre i dipendenti sono stati convocati al Ministero per accettare in via definitiva la cassa integrazione straordinaria che l’azienda ha chiesto per 202 dipendenti. La cigs inizierà il primo gennaio 2012 e durerà per loro due anni. 48 dipendenti rimarranno alla Tamoil di Cremona lavorando per il deposito, altri venti sono stati inseriti in altre aree della società, mentre 12 sono stati assunti da un laboratorio chimico della zona.

Marche

A.MERLONI

Numero di lavoratori: 3.500

Lavoratori a rischio: 2.300

La Antonio Merloni è in amministrazione straordinaria da quattro anni. Quattro stabilimenti sono stati venduti e un imprenditore locale si è proposto di rilevare i due restanti, a Fabriano e a Gaifana, impegnandosi ad assumere 700 dipendenti sui 2300 rimasti senza lavoro. Gli altri 1600 sono ora in cassa integrazione straordinaria, in scadenza a maggio 2012. Ad accusare la crisi della Merloni è tutto il territorio umbro-marchigiano: secondo i sindacati sono più di 7000 i lavoratori dell’indotto che soffrono di questa chiusura.

Marche

AHLSTROM

Numero di lavoratori: 150

Lavoratori a rischio: 150

La storica cartiera marchigiana ha venduto definitivamente gli stabilimenti e gli impianti alla Eurocomet, azienda che si occupa del recupero di materiali ferrosi, alla fine del maggio 2011 per 4,5 milioni di euro. I 153 dipendenti ora sono in mobilità e il tavolo aperto presso il ministero è al lavoro per valutare eventuali prospettive di reindustrializzazione. L’azienda che è subentrata ha per il momento soltanto espresso la possibilità di reimpiegare 20 lavoratori entro i prossimi due anni per la lavorazione di materie plastiche.

Marche

MANULI

Numero di lavoratori: 800

Lavoratori a rischio: 650

Una delle realtà industriali più importanti delle Marche, la Manuli ha visto ridurre drasticamente il numero dei lavoratori dai 1500 del 2000 ai 150 attuali (divisi in due reparti), senza contare la conseguente crisi dell’indotto. L’azienda dopo un periodo di cassa integrazione concluso nel settembre 2011 ha messo progressivamente i lavoratori in mobilità, spostando nel frattempo le produzioni prima in Cina e poi in Polonia. Il sindacato Usb denuncia che all’orgine della perdita di commesse ci sia proprio la delocalizzazione in corso. E’ il caso dell’americana Carrier che nel 2008 aveva dichiarato di rinunciare ad affidare un’importante commessa nel caso questa venisse realizzata nello stabilimento cinese anzichè in quello italiano.

Milano

ALCATEL LUCENT

Numero di lavoratori: 2.200

Lavoratori a rischio: 150

In questo momento, in Italia, il problema del gruppo Alcatel-Lucent è relativo ai centri di ricerca e sviluppo. In tutto il mondo Alcatel ne conta 19, ma i dirigenti hanno annunciato una riduzione su scala globale a 9/10 centri di ricerca al massimo. In Italia se ne trovano cinque, a Vimercate, Genova, Rieti, Battipaglia e Bari. Il centro di ricerca di Bari, grazie a una trattativa sindacale, è stato ceduto dal primo novembre a Exteris, una società che si propone di sviluppare software di alta fascia. Dei 32 dipendenti del centro di Bari, alcuni hanno scelto di rimanere nel gruppo Alcatel spostandosi a Vimercate, altri sono passati alla nuova società. Il passaggio sta avvenendo sotto il monitoraggio del ministero dello sviluppo. Nonostante il piano industriale di Exteris sia valido, infatti, la riconversione avverrà in almeno tre anni, e la fase è molto delicata. Negli altri centri di ricerca italiani, Alcatel Lucent impiega oggi un migliaio di ricercatori e sviluppatori. Non è chiaro quali sono le intenzioni del gruppo nel nostro Paese, dopo l’annuncio di voler ridurre l’area di R&D. Complessivamente, contando anche i settori di produzione, sono più di 2000.

Molise

I TI ERRE

Numero di lavoratori: 800

Lavoratori a rischio: 250

La società è stata commissariata. All’inizio dell’anno 550 dipendenti, sul totale degli 800 della Itierre, sono stati assunti dal nuovo proprietario, un imprenditore lombardo. Con la nuova proprietà sono previsti tavoli per controllare che vengano rispettate le prospettive di stabilità previste nel piano industriale. I restanti lavoratori sono in cassa integrazione straordinaria, che scadrà a fine 2012. La Itierre rappresentava l’11% del pil regionale, in una zona come il Molise, con 320.000 abitanti di cui 75.000 pensionati.

Molise

VIBAC

Numero di lavoratori: 140

Lavoratori a rischio: 140

Il 19 maggio l’azienda, che si occupa principalmente della lavorazione di film di polipropilene, ha sottoscritto un accordo che prevede il prolungamento della cassa integrazione fino a fine 2011, la ripresa dell’attività a gennaio 2012 grazie ad un nuovo investimento e un reimpiego di 100 dei 140 dipendenti. Il tavolo resta aperto per la verifica della realizzazione dell’accordo.

Piemonte

AGILE ex Eutelia

Numero di lavoratori: 1.900

Lavoratori a rischio: 1.500

Sembrava non esserci via di uscita per i 2000 lavoratori Agile ex Eutelia, da diversi anni in cassa integrazione. A gennaio 2012 è stato però sottoscritto un accordo al ministero dello Sviluppo Economico che sancisce il passaggio dei lavoratori a TBS Group. Il piano prevede la riassunzione di 220 lavoratori nel 2012,di cui 13 a tempo indeterminato, 258 nel 2013 (a condizione che sia stato conseguito un fatturato minimo di 14,4 milioni di euro relativo all’area IT di Agile e che i pagamenti dei clienti non superino in media i 180 giorni) e nel e 358 nel 2014 (a condizione che sia stato conseguito un fatturato di 18,7 milioni di euro). L’accordo è ora al vaglio dei lavoratori che hanno l’ultima parola sul via libera definitivo.

Piemonte

EVOTAPE

Numero di lavoratori: 280

Lavoratori a rischio: 280

E’ a rischio il destino dei 280 lavoratori dell’azienda (divisi nei due stabilimenti situati in Piemonte e in Lazio). Nel dicembre 2010 la messa in liquidazione, poi le prospettive di rilancio con la costituzione della società evolution 131 che aveva ottenuto finanziamenti dal Fondo Monetario Internazionale per il rilancio del sito. Ad oggi però , malgrado le promesse, il sito non è ancora tornato operativo.

Piemonte

FERRANIA

Numero di lavoratori: 400

Lavoratori a rischio: 300

La storica azienda produttrice di materiale fotografico oggi è divisa in due. Ferrania technologies, che ha ereditato quello che resta della produzione originale dell’impresa, ora ha 300 dipendenti tutti in cassa integrazione straordinaria (in scadenza a novembre 2012). Ferrania Solis, nata nel 2011, impiega invece 80 dipendenti, si occupa di assemblaggio e produzione di pannelli fotovoltaici e rappresenta la speranza di rilancio per il sito ligure. Intanto il presidente della regione Burlando ha lanciato l’ipotesi della creazione nell’area di un nuovo polo dell’eolico, con il possibile investimento, tutto ancora da verificare, da parte di imprese italiane e straniere.

Piemonte

IDEAL STANDARD

Numero di lavoratori: 1.750

Lavoratori a rischio: 500

In tutti gli stabilimenti della Ideal Standard a Brescia, Orcenico e Trichiana, i dipendenti sono in contratto di solidarietà scaduto a fine 2011. Nessuno dei lavoratori è stato licenziato. Non c’è ancora un accordo con le parti sociali sul futuro dell’azienda.

Piemonte

ILMAS

Numero di lavoratori: 350

Lavoratori a rischio: 200

Dopo due anni di amministrazione straordinaria, l’azienda è stata venduta nella primavera 2011 alla Adler, il cui piano prevede la riassunzione durante il primo anno di 50 dei 166 dipendenti dello stabilimento di Acerra e 80 dei 147 dei siti piemontesi. Nei prossimi due anni saranno assorbiti altri 85 lavoratori, 50 dello stabilimento campano e 35 delle sedi di Rivoli e Orbassano, garantendo l’impiego di 215 dipendenti

Piemonte

LOQUENDO

Numero di lavoratori: 100

Lavoratori a rischio: 100

La Telecom, di cui Loquendo faceva parte, aveva deciso di vendere l’azienda a una multinazionale americana. Le organizzazioni sindacali si erano opposte alla decisione, temendo che nell’entrare in un grande colosso si sarebbero perse le professionalità avanzate del polo di Torino, un centro di ricerca unico in Italia. Al Ministero dello Sviluppo si erano incontrati ai primi di agosto sindacati e istituzioni, ma dal tavolo non sono emerse soluzioni, e la Loquendo è stata ceduta alla concorrente americana. L’unica tutela prevista per i cento dipendenti è stata una continuità lavorativa di 18 mesi.

Piemonte

SILTAL

Numero di lavoratori: 900

Lavoratori a rischio: 900

Dal commissario per la procedura fallimentare non sono arrivate novità o spiragli per la situazione degli ex dipendenti Siltal. I 900 lavoratori dei tre impianti produttivi, in Lombardia, Veneto e Piemonte sono appesi agli ammortizzatori sociali, che scadranno ad aprile 2012.

Piemonte

VIBAC

Numero di lavoratori: 140

Lavoratori a rischio: 140

Il 19 maggio 2011 l’azienda, che si occupa principalmente della lavorazione di film di polipropilene, ha sottoscritto un accordo che ha previsto il prolungamento della cassa integrazione fino a fine 2011e la ripresa dell’attività a gennaio 2012 grazie ad un nuovo investimento e un reimpiego di 100 dei 140 dipendenti. Il tavolo resta aperto per la verifica della realizzazione dell’accordo.

Puglia

AGILE ex Eutelia

Numero di lavoratori: 1.900

Lavoratori a rischio: 1.500

Sembrava non esserci via di uscita per i 2000 lavoratori Agile ex Eutelia, da diversi anni in cassa integrazione. A gennaio 2012 è stato però sottoscritto un accordo al ministero dello Sviluppo Economico che sancisce il passaggio dei lavoratori a TBS Group. Il piano prevede la riassunzione di 220 lavoratori nel 2012,di cui 13 a tempo indeterminato, 258 nel 2013 (a condizione che sia stato conseguito un fatturato minimo di 14,4 milioni di euro relativo all’area IT di Agile e che i pagamenti dei clienti non superino in media i 180 giorni) e nel e 358 nel 2014 (a condizione che sia stato conseguito un fatturato di 18,7 milioni di euro). L’accordo è ora al vaglio dei lavoratori che hanno l’ultima parola sul via libera definitivo.

Puglia

ALCATEL LUCENT

Numero di lavoratori: 2.200

Lavoratori a rischio: 150

In questo momento, in Italia, il problema del gruppo Alcatel-Lucent è relativo ai centri di ricerca e sviluppo. In tutto il mondo Alcatel ne conta 19, ma i dirigenti hanno annunciato una riduzione su scala globale a 9/10 centri di ricerca al massimo. In Italia se ne trovano cinque, a Vimercate, Genova, Rieti, Battipaglia e Bari. Il centro di ricerca di Bari, grazie a una trattativa sindacale, è stato ceduto dal primo novembre a Exteris, una società che si propone di sviluppare software di alta fascia. Dei 32 dipendenti del centro di Bari, alcuni hanno scelto di rimanere nel gruppo Alcatel spostandosi a Vimercate, altri sono passati alla nuova società. Il passaggio sta avvenendo sotto il monitoraggio del ministero dello sviluppo. Nonostante il piano industriale di Exteris sia valido, infatti, la riconversione avverrà in almeno tre anni, e la fase è molto delicata. Negli altri centri di ricerca italiani, Alcatel Lucent impiega oggi un migliaio di ricercatori e sviluppatori. Non è chiaro quali sono le intenzioni del gruppo nel nostro Paese, dopo l’annuncio di voler ridurre l’area di R&D. Complessivamente, contando anche i settori di produzione, sono più di 2000.

Puglia

AdP Tess. Abbigl. Calzat (TAC)

Numero di lavoratori: 400

Lavoratori a rischio: 400

Il settore del tessile-abbigliamento-calzature in Puglia è in crisi strutturale da tempo. La Filanto, una delle aziende leader del settore (calzature) è un caso emblematico. Secondo un accordo di programma firmato il 1 aprile 2008, il ministero e la regione Puglia avrebbero dovuto stanziare 20 milioni di euro per incentivare progetti di riconversione degli impianti nel settore dell’alta moda. Gli accordi di reciprocità con l’imprenditore Giuseppe Baiardo vennero validati dall’allora ministro allo sviluppo Pierluigi Bersani, ma i finanziamenti non sono ancora arrivati. La proposta di Baiardo si è così defilata, come altre presentate in seguito. L’ultima azienda interessata si è presentata prima dell’estate. Dei lavoratori della Filanto, 50 sono stati riconvertiti in attività per la raccolta differenziata, e 240 sono ancora in esubero con cassa integrazione straordinaria.

Puglia

BRITISH AMERICAN TOBACCO

Numero di lavoratori: 400

Lavoratori a rischio: 400

L’azienda ha dismesso la produzione dal dicembre 2010 . C’è in itinere un progetto di riconversione dello stabilimento nel settore metalmeccanico. Al momento della dismissione erano circa i 400 i dipendenti coinvolti, 270 di loro verranno assunti, dopo l’adeguata formazione, nelle nuove società che hanno investito nell’area; 80 hanno accettato gli incentivi all’esodo, e i restanti sono stati rioccupati all’interno della provincia. Il tavolo con il ministero è stato chiuso quest’estate.

Puglia

FRANZONI

Numero di lavoratori: 140

Lavoratori a rischio: 147

L’azienda ha ormai cessato l’attività. I 147 dipendenti che vi lavoravano sono ora in cassa integrazione per cessazione, per loro verrà richiesta la deroga ma non ci saranno altre vie d’uscita se non la mobilità. Gli stabilimenti sono completamente abbandonati, di notte vi dormono alcuni senzatetto.

Puglia

LUCCHINI / SEVERSTAL

Numero di lavoratori: 2.800

Lavoratori a rischio: 500

La vicenda della Lucchini, dal marzo 2010 di completa proprietà della Severstal, è una storia unica nel panorama delle crisi italiane. Alexei Mordashov, rampante magnate russo alla guida della Severstal, e quindi padrone della Lucchini, ha dichiarato all’inizio dell’anno di voler uscire dall’Italia, ovvero chiudere gli stabilimenti e la produzione nella penisola poco dopo averne comprato gli asset. Sulla sede italiana grava infatti un debito da 700 milioni di euro, che impedisce l’accesso alla liquidità necessaria per comprare le materie prime e sviluppare la produzione. In un accordo firmato presso il tavolo aperto al Ministero dello sviluppo nel luglio di quest’anno, le banche si impegnavano a congelare il debito e a immettere nuova liquidità finanziaria nell’azienda a fronte della vendita di uno stabilimento e di alcune centrali idroelettriche in Francia. Per l’acquisizione dello stabilimento si era presentato un fondo, fondo Apollo, mentre alle centrali erano interessate delle società svizzere. Il governo francese ha però bloccato la vendita, facendo saltare il tavolo, perché voleva che stabilimento e centrali fossero venduti a una sola società. Poche settimane fa, alla conferma dell’interesse del fondo Apollo per entrambi gli asset in vendita, le banche hanno concordato con l’azienda un nuovo percorso di credito, che dovrà essere varato a breve dopo l’approvazione del tribunale. A quel punto la Lucchini/Severstal avrebbe la liquidità necessaria per riprendere la produzione a pieno ritmo. I più di 2000 lavoratori della società sono tutti al lavoro. Gli stipendi sono stati sempre pagati, ma l’azienda è esposta per oltre 110 milioni di euro verso le ditte che avevano degli appalti con la Lucchini. Inoltre, i lavoratori restano in fibrillazione, perché anche se con questo accordo l’azienda potrebbe riprendere a lavorare al massimo delle potenzialità (cosa che ora non avviene), la minaccia di Mordashov di lasciare l’Italia rimane sospesa. In crisi è soprattutto lo stabilimento di Piombino, cuore dell’azienda, con 2220 lavoratori e un indotto di migliaia di persone, fra lavoratori portuali e e piccole imprese del territorio. Lo stabilimento necessita infatti di importanti investimenti strutturali per poter lavorare a regime. In particolare l’altoforno andrà a fine campagna (ovvero non potrà più essere utilizzato) nel 2013. La mancanza di interesse nel provvedere alla ristrutturazione preoccupa così gli operai. Per questo il tavolo con il ministero, convocato a luglio l’ultima volta, resterà ancora aperto.

Puglia

MIROGLIO

Numero di lavoratori: 250

Lavoratori a rischio: 250

Gli stabilimenti della Miroglio in Puglia erano due: Castellaneta, più piccolo, e Ginosa. A Castellaneta un gruppo di produzione alimentare piemontese (Barbero spa, produttore di grissini) ha rilevato lo stabilimento e occupa oggi 70 dipendenti. Per i 250 lavoratori di Castellaneta rimasti,c’è una nuova opportunità. Una società milanese di scouting, ingaggiata dalla Miroglio, avrebbe trovato un acquirente interessato a rilevare stabilimento e dipendenti.

Puglia

NATUZZI

Numero di lavoratori: 2.940

Lavoratori a rischio: 1.276

Dal 16 ottobre 2011 al 15 ottobre 2013 1276 dipendenti ritenuti in esubero dall’azienda entreranno a rotazione in cassa integrazione con riduzione d’orario. Le necessità di riorganizzazione presentate dall’azienda riguardano gli stabilimenti delle province di Bari, Matera, taranto e Udine. Natuzzi impiega in tutto 2940 dipendenti. L’accordo siglato presso il ministero del lavoro con le parti sociali il 22 settembre 2011 prevede incentivi all’esodo, mobilità su base volontaria e percorsi di formazione continua. La Natuzzi. in quell’occasione, ha annunciato anche un piano finanziario di investimento pari a 25 milioni di euro per l’acquisto di beni strumentali, ricerca, sviluppo e riqualificazione. Entro il 2013 i dipendenti in esubero dorebbero ridursi a 1060.

Puglia

O. M. CARRELLI

Numero di lavoratori: 300

Lavoratori a rischio: 300

Nel luglio 2011 la società, di proprietà della tedesca Kion, aveva deciso la chiusura dello stabilimento di Bari, mettendo a rischio il destino di circa trecento lavoratori. Dopo aver incaricato una società di scouting, la Sofit, di cercare un’impresa interessata a rilvare il sito, a fine dicembre 2011 è stato sottoscritto un accordo, anche grazie alla mediazione della Regione Puglia, con la Hybrid, una società che si occuperà di produrre auto elettriche. L’investimento previsto è di 40 milioni di euro e saranno necessari dai 12 ai 18 mesi per la riconversione industriale.

Puglia

TELEPERFORMANCE

Numero di lavoratori: 3.000

Lavoratori a rischio: 900

Per quasi 900 dipendenti, divisi sugli stabilimenti di Roma e Taranto, a inizio 2012 è stata prorogata per un altro anno la cassa integrazione. Oggi una parte di loro lavora a rotazione, altri sono invece in train on the job (ovvero seguono percorsi di formazione specializzata) con una cassa integrazione a zero ore. Le prospettive non sono rosee, dal momento che da tempo l’azienda non riesce ad aggiudicarsi commesse per grandi numeri.

Puglia

TI AUTOMOTIVE GROUP

Numero di lavoratori: 300

Lavoratori a rischio: 50

L’accordo di programma è stato firmato al ministero dello Sviluppo Economico nel febbraio 2011. Ora ci sono 50 persone in cassa integrazione a zero ore, su un organico di 270 persone al momento dell’accordo. Nel frattempo una decina di dipendenti è entrata in mobilità e un reparto è stato spostato a Brindisi. Il reparto di System lavora al 100%. Tutti gli investimenti prospettati nell’accordo di programma sono stati effettuati. Con i macchinari nuovi, ora l’azienda spera di poter contare su una ripresa del mercato. Per quanto riguarda la produzione del tubo, la produzione tiene: con stabilimenti in Germania, Francia e Italia la Ti Automotive esporta in tutto il mondo. Per il System invece è più difficile: il committente unico è Fiat. La produzione si potrebbe però ampliare producendo i sistemi anche per i tubi prodotti da Fiat in Polonia e Turchia.

Puglia

TRIBUTI ITALIA

Numero di lavoratori: 700

Lavoratori a rischio: 700

L’azienda è in vendita. Le parti sociali stanno aspettando di essere convocate dal commissario incaricato di trovare un acquirente per la società. Si sono presentate società interessate, ma ancora non si ha alcuna certezza. Su 500 dipendenti, solo 50 stanno lavorando. Gli altri sono in cassa integrazione, in attesa di una proroga.

Sardegna

EURALLUMINA

Numero di lavoratori: 400

Lavoratori a rischio: 400

Non ci sono scenari positivi per i 400 dipendenti dello stabilimento sardo di Portovesme, fermo da oltre due anni e dove solo 35 operai sono in attività. L’azienda, di proprietà della multinazionale russa Rusal, è impegnata nella lavorazione della bauxite, estratto nelle miniere del Sulcis. Pesa, per la ripresa dell’attività, l’eccessivo costo dell’energia. Un possibile sbocco potrebbe nascere da accordi con il ministero dello Sviluppo Economico e la Regione per la realizzazione di una caldaia autonoma per l’impianto.

Sardegna

KELLER

Numero di lavoratori: 520

Lavoratori a rischio: 200

Uno dei maggiori produttori di materiale rotabile, entrato in crisi dopo il crollo delle commesse da parte di Trenitalia di cui la società era principale fornitore. Due gli stabilimenti in Italia. In Sardegna, a Villacidro, la casa automobilistica Skoda ha recentemente siglato un accordo per l’affitto biennale dell’azienda, al termine dei quali è previsto l’acquisto. 250 dei 320 lavoratori torneranno subito al lavoro, i restanti nel corso dei due anni. Più drammatica la situazione in Sicilia dove al momento sono 200 i dipendenti in cassa integrazione.

Sardegna

MERIDIANA FLY

Numero di lavoratori: 2.300

Lavoratori a rischio: 930

E’ stato chiuso un accordo al ministero il 26 giugno 2011 che prevede la cassa integrazione per i 930 lavoratori in esubero. Le prospettive sull’azienda non sono rosee. In questo momento le parti sociali sono in attesa del piano industriale.

Sardegna

PORTOVESME srl

Numero di lavoratori: 720

Lavoratori a rischio: 150

I dipendenti che erano entrati in cassa integrazione stanno ora lentamente riprendendo a lavorare, dal momento che la produzione è ripresa. Nella stessa area di Portovesme ora la tensione è alta sul fronte Alcoa, la multinazionale dell’alluminio che ha deciso di chiudere lo stabilimento italiano, in cui sono impiegati più di 500 dipendenti.

Sardegna

TIRRENIA

Numero di lavoratori: 1.334

Lavoratori a rischio: 200

Per i 1500 dipendenti della Tirrenia si è delineata una via d’uscita. La compagnia infatti è stato rilevata, prima dell’estate, da una cordata di armatori napoletani. Gli organici, secondo l’accordo firmato col sindacato, dovrebbero rimanere gli stessi. Ora sono in attesa del via libera dell’antitrust europeo.

Sardegna

VYNILS

Numero di lavoratori: 650

Lavoratori a rischio: 200

A rischio 200 dei circa 450 dipendenti impiegati sui tre stabilimenti di Ravenna, Porto Marghera e Porto Torres. Solo nel primo caso è stato trovato un compratore disponibile a rilevare e mantenere l’attività. Per Porto Marghera sul tavolo c’è la riconversione verso la lavorazione degli oli vegetali e minerali. Per Porto Torres, i cui lavoratori sono stati impegnati nella battaglia de “L’isola dei cassintegrati”, non esistono ad oggi prospettive concrete. Sul tavolo la creazione di un polo chimico in colaborazione tra Eni, proprietaria degli impianti, e Novamont.

Sicilia

AGILE ex Eutelia

Numero di lavoratori: 1.900

Lavoratori a rischio: 1.500

Sembrava non esserci via di uscita per i 2000 lavoratori Agile ex Eutelia, da diversi anni in cassa integrazione. A gennaio 2012 è stato però sottoscritto un accordo al ministero dello Sviluppo Economico che sancisce il passaggio dei lavoratori a TBS Group. Il piano prevede la riassunzione di 220 lavoratori nel 2012,di cui 13 a tempo indeterminato, 258 nel 2013 (a condizione che sia stato conseguito un fatturato minimo di 14,4 milioni di euro relativo all’area IT di Agile e che i pagamenti dei clienti non superino in media i 180 giorni) e nel e 358 nel 2014 (a condizione che sia stato conseguito un fatturato di 18,7 milioni di euro). L’accordo è ora al vaglio dei lavoratori che hanno l’ultima parola sul via libera definitivo.

Sicilia

CESAME

Numero di lavoratori: 150

Lavoratori a rischio: 150

Dopo il fallimento dell’azienda e una diatriba con i comissari di stato 80 dei 150 lavoratori hanno costituito una cooperativa utilizzando le proprie indennità di mobilità e i propri trattamenti di fine rapporto (quasi un milione e mezzo di euro) come capitale sociale della nuova cooperativa. Grazie anche a un investimento della Regione di circa sei milioni di euro è ripartita la ristrutturazione dell’azienda, che potebbe ripartire per i primi mesi del 2013

Sicilia

FIAT Termini IM.

Numero di lavoratori: 1.300

Lavoratori a rischio: 1.300

Lo stabilimento ha chiuso definitvamente il 31 dicembre. L’accordo firmato a novembre 2011 grazie alla mediazione del neo-ministro Passera ha sancito l’acquisizione da parte del gruppo automobilistico molisano Dr, attivo nel settore dell’assamblaggio di auto di piccola e media cilindrata.

Sicilia

KELLER

Numero di lavoratori: 520

Lavoratori a rischio: 200

Uno dei maggiori produttori di materiale rotabile, entrato in crisi dopo il crollo delle commesse da parte di Trenitalia di cui la società era principale fornitore. Due gli stabilimenti in Italia. In Sardegna, a Villacidro, la casa automobilistica Skoda ha recentemente siglato un accordo per l’affitto biennale dell’azienda, al termine dei quali è previsto l’acquisto. 250 dei 320 lavoratori torneranno subito al lavoro, i restanti nel corso dei due anni. Più drammatica la situazione in Sicilia dove al momento sono 200 i dipendenti in cassa integrazione.

Sicilia

MICRON / NUMONIX

Numero di lavoratori: 4.000

Lavoratori a rischio: 0

Mycron, una multinazionale con sede negli Stati Uniti, ha acquisito la Numonix un anno e mezzo fa. Ora gli 800 dipendenti dello stabilimento di Agrate, i 3000 di Avezzano e i 300 lavoratori situati a Catania stanno aspettando che l’azienda dimostri di seguire gli impegni occupazionali assunti nell’accordo di programma.

Sicilia

ST MICROEL – 3 SUN

Numero di lavoratori: 7.500

Lavoratori a rischio: 0

La turbolenta vicenda della St Microeletronics inizia nel 2004, con la prima stesura di un nuovo contratto di programma, che prevedeva la creazione di un modulo di produzione pregiata (M6) nello stabilimento di Catania. Questo modulo, dove lavoravano 650 persone per la produzione di nanotecnologie d’avanguardia passa prima dalle mani di Numonix, poi rientra in St Microeletronics. Per anni lo stabilimento di Catania è un modello di produzione avanzata. Si parla di “Etna Valley”, gli investimenti dell’ad Pistorio portano il grande impianto di produzione catanese a livello degli stabilimenti più importanti in Francia. Nel 2009 si rivede l’accordo. Il modulo M6, in evidente sottoutilizzo rispetto alle sue potenzialità, viene convertito alla produzione di fotovoltaico. Il ramo viene stralciato e passa alla 3sun, joint-venture controllata per un terzo da Stm, un terzo da Enel Green e un terzo da Sharp. L’ultimo piano presentato prevede un finanziamento di 49 milioni di euro, ma l’impatto occupazionale è confuso. In questo momento, a Catania, 3sun occupa cento persone.

Sicilia

TRIBUTI ITALIA

Numero di lavoratori: 700

Lavoratori a rischio: 700

L’azienda è in vendita. Le parti sociali stanno aspettando di essere convocate dal commissario incaricato di trovare un acquirente per la società. Si sono presentate società interessate, ma ancora non si ha alcuna certezza. Su 500 dipendenti, solo 50 stanno lavorando. Gli altri sono in cassa integrazione, in attesa di una proroga.

Toscana

AGILE ex Eutelia

Numero di lavoratori: 1.900

Lavoratori a rischio: 1.500

Sembrava non esserci via di uscita per i 2000 lavoratori Agile ex Eutelia, da diversi anni in cassa integrazione. A gennaio 2012 è stato però sottoscritto un accordo al ministero dello Sviluppo Economico che sancisce il passaggio dei lavoratori a TBS Group. Il piano prevede la riassunzione di 220 lavoratori nel 2012,di cui 13 a tempo indeterminato, 258 nel 2013 (a condizione che sia stato conseguito un fatturato minimo di 14,4 milioni di euro relativo all’area IT di Agile e che i pagamenti dei clienti non superino in media i 180 giorni) e nel e 358 nel 2014 (a condizione che sia stato conseguito un fatturato di 18,7 milioni di euro). L’accordo è ora al vaglio dei lavoratori che hanno l’ultima parola sul via libera definitivo.

Toscana

CANTIERI Apuania

Numero di lavoratori: 200

Lavoratori a rischio: 0

Nel marzo 2011 è stato sottoscritto in sede ministeriale un “protocollo propedeutico alla stipula di un accordo di programma” fra organizzazioni sindacali, Ministero, regione Toscana, comune di Massa Carrara e Invitalia, l’agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa che è proprietaria di Nuovi Cantieri Apuania. Il protocollo riportava la decisione di Invitalia di portare a termine le commesse solo per cedere l’attività, mettendola in liquidazione. Per questo il protocollo non venne firmato dalla Fiom, contraria alla prospettiva sicura di liquidazione sancita nell’accordo. La continuità di lavoro era garantita in quanto vi era una commessa da parte di Trenitalia per costruire una nave che andava portata a termine. Ora la costruzione è quasi ultimata, e Trenitalia ha già dichiarato che non farà costruire da Nuovi Cantieri Apuania una seconda nave. In assenza di nuove commesse, Invitalia potrebbe procedere alla liquidazione dell’azienda e dei suoi 200 lavoratori. In un’assemblea generale tenutasi a fine dicembre la Fiom ha deciso di chiedere la riapertura della vertenza in sede ministeriale, anche perché le attività previste nel protocollo non sono state portate avanti. In particolare, l’accordo prevedeva che nel luglio 2011 venisse presentato il piano di reindustrializzazione per tutta l’area (che comprende anche la Eaton), piano che avrebbe reso possibile la sottoscrizione di un vero accordo di programma nel settembre 2011. Niente di tutto ciò si è verificato, per cui, secondo la Fiom, il rischio è che la liquidazione arrivi senza alcuna prospettiva di reindustrializzazione o di continuità lavorativa. Naturalmente in questo momento le commesse non arrivano, visto che le aziende temono la chiusura degli impianti.

Toscana

CENTRO SVILUPPO MATERIALI

Numero di lavoratori: 300

Lavoratori a rischio: 40

La vertenza del Centro Sviluppo Materiali sembra essere finita, o almeno, le prospettive sono abbastanza rosee. Dopo un periodo di crisi, per cui alcuni dipendenti erano entrati in cassa integrazione, l’azienda è riuscita ad assumere nuove commesse, riprendendo così a lavorare in pieno ritmo. Nel frattempo alcuni lavoratori erano usciti, agganciandosi con la mobilità alla pensione, così che ad oggi non si contano esuberi. Oggi il Centro Sviluppo Materiali impiega circa 300 persone, a Pomezia, Terni e in altri centri sparsi per l’Italia, dalla Sardegna a Bergamo.

Toscana

ISI (ex ELECTROLUX)

Numero di lavoratori: 370

Lavoratori a rischio: 0

L’attività della ISI ex Electrolux è cessata del tutto all’inizio del 2011. Per rilevare i macchinari e l’area di produzione di Scandicci si è presentata una cordata di tre imprese, Easygreen, la capofila, Enerco e Solarlife, con un piano industriale incentrato sulle energie rinnovabili. Nel mese di ottobre 2011 l’asta si è conclusa a loro favore. Il percorso giuridico dovrebbe concludersi definitivamente il 7 febbraio. L’accordo era stato rallentato nel marzo scorso dal decreto Romani, che prevedeva tagli agli incentivi per le rinnovabili, causando uno stallo di sei mesi nella trattiva. In questo momento Easygreen si sta installando nello stabilimento, che ha subito l’usura di un anno senza attività. Per rilanciare la produzione, la cordata ha previsto un investimento in partenza di trenta milioni di euro, per i quali l’apporto degli istituti di credito è fondamentale. La fibrillazione riguarda quindi le banche, anche se sembra ormai certo che il ripristino possa iniziare fra fine febbraio e inizio marzo. Il percorso di reindustrializzazione durerà fino alla fine del 2013. Nel frattempo i 360 ex dipendenti ISI, in attesa di essere riassorbiti, si appoggerrano ancora agli ammortizzatori sociali.

Toscana

LUCCHINI / SEVERSTAL

Numero di lavoratori: 2.800

Lavoratori a rischio: 500

La vicenda della Lucchini, dal marzo 2010 di completa proprietà della Severstal, è una storia unica nel panorama delle crisi italiane. Alexei Mordashov, rampante magnate russo alla guida della Severstal, e quindi padrone della Lucchini, ha dichiarato all’inizio del 2011 di voler uscire dall’Italia, ovvero chiudere gli stabilimenti e la produzione nella penisola poco dopo averne comprato gli asset. Sulla sede italiana grava infatti un debito da 700 milioni di euro, che impedisce l’accesso alla liquidità necessaria per comprare le materie prime e sviluppare la produzione. In un accordo firmato presso il tavolo aperto al Ministero dello sviluppo nel luglio di quest’anno, le banche si impegnavano a congelare il debito e a immettere nuova liquidità finanziaria nell’azienda a fronte della vendita di uno stabilimento e di alcune centrali idroelettriche in Francia. Per l’acquisizione dello stabilimento si era presentato un fondo, fondo Apollo, mentre alle centrali erano interessate delle società svizzere. Il governo francese ha però bloccato la vendita, facendo saltare il tavolo, perché voleva che stabilimento e centrali fossero venduti a una sola società. Poche settimane fa, alla conferma dell’interesse del fondo Apollo per entrambi gli asset in vendita, le banche hanno concordato con l’azienda un nuovo percorso di credito, che dovrà essere varato a breve dopo l’approvazione del tribunale. A quel punto la Lucchini/Severstal avrebbe la liquidità necessaria per riprendere la produzione a pieno ritmo. I più di 2000 lavoratori della società sono tutti al lavoro. Gli stipendi sono stati sempre pagati, ma l’azienda è esposta per oltre 110 milioni di euro verso le ditte che avevano degli appalti con la Lucchini. Inoltre, i lavoratori restano in fibrillazione, perché anche se con questo accordo l’azienda potrebbe riprendere a lavorare al massimo delle potenzialità (cosa che ora non avviene), la minaccia di Mordashov di lasciare l’Italia rimane sospesa. In crisi è soprattutto lo stabilimento di Piombino, cuore dell’azienda, con 2220 lavoratori e un indotto di migliaia di persone, fra lavoratori portuali e e piccole imprese del territorio. Lo stabilimento necessita infatti di importanti investimenti strutturali per poter lavorare a regime. In particolare l’altoforno andrà a fine campagna (ovvero non potrà più essere utilizzato) nel 2013. La mancanza di interesse nel provvedere alla ristrutturazione preoccupa così gli operai. Per questo il tavolo con il ministero, convocato a luglio l’ultima volta, resterà ancora aperto.

Umbria

A.MERLONI

Numero di lavoratori: 3.500

Lavoratori a rischio: 2.300

La Antonio Merloni è in amministrazione straordinaria da quattro anni. Quattro stabilimenti sono stati venduti e un imprenditore locale si è proposto di rilevare i due restanti, a Fabriano e a Gaifana, impegnandosi ad assumere 700 dipendenti sui 2300 rimasti senza lavoro. Gli altri 1600 sono ora in cassa integrazione straordinaria, in scadenza a maggio 2012. Ad accusare la crisi della Merloni è tutto il territorio umbro-marchigiano: secondo i sindacati sono più di 7000 i lavoratori dell’indotto che soffrono di questa chiusura.

Umbria

BASELL

Numero di lavoratori: 100

Lavoratori a rischio: 100

La decisione di chiudere nel febbraio 2010 lo stabilimento di Terni, dove erano occupati circa 100 persone, mette a rischio non solo i lavoratori impiegati nel sito ma anche quelli delle aziendi presenti nel polo chimico che lavoravano direttamente il polipropilene prodotto dalla Basell, unica azienda in Italia che compie questa operazione. La Novamont ha mostrato interesse a rilevare l’attività, ma la Basell secondo i lavoratori avrebbe rifiutato per non agevolare un diretto concorrente sul mercato. La stessa Novamonta veva proposto un progetto di investimento per convertire gli impianti verso la chimica verde, con il contributo anche di altri soggetti e della Regione Umbria. Un progetto che ricalca quanto proposto anche quanto ipotizzato per la Vinyls di Porto Torres. “Ci hanno rassicurato che i due piani sono indipendenti, ma non risulta che oggi esista un mercato tale da poter giustificare entrambi i due investimenti”, spiega la Filctem Cgil. Intanto 25 lavoratori hanno già ricevuto la lettera di licenziamento

Umbria

MERAKLON

Numero di lavoratori: 150

Lavoratori a rischio: 150

Il destino dell’azienda, oggi in amministrazione straordinaria, è strettamente legato alla soluzione della crisi della Basell, impresa principale del polo chimico terni. A rischio ci sono circa 150 lavoratori.

Veneto

APTUIT (ex Glaxo)

Numero di lavoratori: 600

Lavoratori a rischio: 100

Nel 2008 l’azienda ha rilevato lo stabilimento di proprietà della multinazionale GlaxoSmithKline mantenendo però 400 dei 600 ricercatori presenti. Al momento il tavolo presso il ministero resta attivo per monitorare la situazione, che pare sotto controllo. Ma i sindacati manifestano preoccupazione per la diffusione della notizia che l’impresa sarebbe intenzionata a vendere un ramo d’azienda alla Catalent Pharma.

Veneto

BELSTAFF

Numero di lavoratori: 200

Lavoratori a rischio: 0

Nel giugno 2011 la Belstaff è stata definitivamente acquisita da un grande gruppo del lusso svizzero, Labelux Group. L’accordo, firmato dagli acquirenti, dalle organizzazioni sindacali e dalla regione, prevede il mantenimento di tutta l’occupazione per almeno tre anni. Si tratta di 184 dipendenti in Italia, 28 nelle società estere e 1024 addetti dell’indotto che in Veneto e in Emilia Romagna lavorano per la compagnia. La vertenza ha avuto insomma un esito decisamente positivo. Le parti sociali hanno però chiesto di tornare al tavolo del ministero dello sviluppo perché nel gruppo austriaco sono subentrati nuovi soci, e sono cambiati, senza preavviso, i referenti sindacali.

Veneto

DATALOGIC

Numero di lavoratori: 145

Lavoratori a rischio: 145

A maggio 2011 l’azienda ha aperto una procedura di mobilità per lo stabilimento di Quinto di Treviso, che occupava 95 dipendenti a tempo indeterminato e altri 51 interinali. La procedura è stata avviata con la minaccia che non sarebbe stata ritirata nemmeno al tavolo negoziale. Gli operai dello stabilimento hanno occupato la fabbrica per 17 giorni, ottenendo che venisse convocato un tavolo al ministero dello sviluppo e del lavoro per chiedere il ritiro della procedura. L’azienda si è mostrata però irremovibile: lo stabilimento andava chiuso per favorire la delocalizzazione in Vietnam degli asset, necessaria, secondo i soci, a mantenere la competitività della società nel settore dell’elettronica. La discussione si è quindi limitata, come obiettivo, alla riduzione dell’impatto sociale della chiusura. Tutti i dipendenti hanno iniziato ad ottobre una cassa integrazione straordinaria della durata di due anni. Il 30% di loro verranno ricollocati. Per altri è stato previsto un incentivo all’esodo: 40.000 euro per gli addetti fino al terzo livello, 45.000 per quelli dal quarto in su. Lo stabilimento di Bologna invece, che impiega all’incirca 200 persone, non è stato coinvolto in questo processo.

Veneto

DEXION

Numero di lavoratori: 65

Lavoratori a rischio: 65

A maggio 2011 è stato sottoscritto un accordo con l’azienda per garantire 24 mesi di cassa integrazione per cessazione di attività ai 65 lavoratori impiegati nello stabilimento. L’azienda si è impegnata entro la fine dell’anno a lasciare i macchinari del sito a disposizione di un eventuale nuovo acquirente. Oltre questo termine, potrà disporre sia delle macchine sia degli impianti

Veneto

ELECTROLUX

Numero di lavoratori: 7.000

Lavoratori a rischio: 900

La Electrolux sta ancora scontando un forte rallentamento della produzione dovuto alla crisi di mercato del settore. Nel marzo 2011 è stato firmato un accordo per le uscite da due degli stabilimenti: quello di Porcia, in provincia di Pordenone, e quello di Susegana, in provincia di Treviso. A fronte di circa 700 esuberi dichiarati, 220 lavoratori sono usciti dal piano di riorganizzazione con dimissioni incentivate e accompagnamento alla pensione passando per la mobilità. I restanti 500 impiegati sono in cassa integrazione straordinaria, che, essendo stata aperta nella primavera del 2011, finirà fra marzo e aprile del 2013. L’obiettivo dell’accordo monitorato dal ministero dello sviluppo è la formazione dei dipendenti per consentire il loro reimpiego anche in altre attività, viste le difficili condizioni del mercato degli elettrodomestici.

Veneto

GRIMECA

Numero di lavoratori: 850

Lavoratori a rischio: 470

L’azienda è stata acquisita l’anno scorso dalla Tmb, impresa veneta di componentistica per auto. La Tmb ha assunto 350 lavoratori della Grimeca. Ne restano fuori 470, rimasti nell’azienda ormai ferma. Sono ora in cassa integrazione. Per alcuni di loro vi è la prospettiva di un possibile assorbimento dalla Tmb, per gli altri solo l’uso di altri ammortizzatori sociali.

Veneto

IDEAL STANDARD

Numero di lavoratori: 1.750

Lavoratori a rischio: 500

In tutti gli stabilimenti della Ideal Standard a Brescia, Orcenico e Trichiana, i dipendenti sono in contratto di solidarietà scaduto a fine 2011. Nessuno dei lavoratori è stato licenziato. Non c’è ancora un accordo con le parti sociali sul futuro dell’azienda.

Veneto

MONTEFIBRE

Numero di lavoratori: 300

Lavoratori a rischio: 250

L’azienda è chiusa ormai da tre anni e l’area dell’ex polo chimico dismessa. In un accordo al ministero dello Sviluppo di due anni fa l’azienda, il ministero e le parti sociali avevano accolto la volontà dell’autorità portuale di rilevare l’area della Montefibre. Secondo il sudato accordo i primi inserimenti dei 290 ex dipendenti sarebbero iniziati con l’attività di bonifica dell’area. Al momento dell’appalto era nato un contenzioso tra organizzazioni sindacali e azienda, perché non ci sarebbe stata la capacità di riassorbire tutti. All’appalto venne quindi inserita una clausola per cui il lavoro di bonifica sarebbe stato assegnato all’azienda che avrebbe assunto più personale dalla Montefibre. I lavori sono stati affidati alla Demont, che ha assunto con contratto a tempo indeterminato 28 ex dipendenti. Nel frattempo è continuata la discussione al ministero per gli ammortizzatori sociali. L’area di Porto Marghera è stata decretata area di crisi, per cui si è sancito l’impegno comune di ministero, lavoratori e aziende per migliorare la situazione del contesto. Per i 145 lavoratori della Montefibre rimasti senza occupazione è stata firmata il 10 gennaio una proroga per arrivare fino alla fine del 2012 con gli ammortizzatori sociali

Veneto

NUOVA PANSAC

Numero di lavoratori: 850

Lavoratori a rischio: 400

La Nuova Pansac è una delle aziende leader del settore chimico in Italia. Negli ultimi anni è stata al centro di una complessa procedura fallimentare seguita all’amministrazione di Fabrizio Lori. L’azienda ha stabilimenti inl Veneto (Portogruaro, Mira e Marghera), in Emilia Romagna (Ravenna) e in Lombardia (Zingonia). Nello stabilimento di Marghera ci sono 25 dipendenti in cassa integrazione a rotazione su 100 che lavorano nello stabilimento. Lo stabilimento di Ravenna, pur funzionando ancora, nelle intenzioni del piano siglato al ministero dello sviluppo sarò presto chiuso. Il laboratorio chimico di Zingonia è attivo a metà e verrà chiuso. Nello stabilimento di Mira, con 10 linee in produzione su 50, sono 450 i dipendenti. Di questi 200 sono in cassa integrazione straordinaria a zero ore. I dipendenti di Portogruaro, più di un centinaio, sono gli unici che in blocco non stanno ricevendo da mesi lo stipendio, in un tentativo del commissario fallimentare di accellerare il processo di liquidazione.

Veneto

SILTAL

Numero di lavoratori: 900

Lavoratori a rischio: 900

Dal commissario per la procedura fallimentare non sono arrivate novità o spiragli per la situazione degli ex dipendenti Siltal. I 900 lavoratori dei tre impianti produttivi, in Lombardia, Veneto e Piemonte sono appesi agli ammortizzatori sociali, che scadranno ad aprile 2012.

Veneto

SPEEDLINE

Numero di lavoratori: 550

Lavoratori a rischio: 100

Al momento la Speedline, che produce cerchi per ruote, non ha dipendenti in cassa integrazione. Il carico di lavoro e le prospettive di mercato sono molto buone, in particolare sul mercato europeo. Nonostante la capacità produttiva, lo stabilimento di Venezia continua a perdere milioni di euro. Per questo le organizzazioni sindacali stanno discutendo in sede aziendale sulla necessità di tornare al tavolo con il ministero, aperto all’inizio del 2011, per fare il punto della situazione.

Veneto

VYNILS

Numero di lavoratori: 650

Lavoratori a rischio: 200

A rischio 200 dei circa 450 dipendenti impiegati sui tre stabilimenti di Ravenna, Porto Marghera e Porto Torres. Solo nel primo caso è stato trovato un compratore disponibile a rilevare e mantenere l’attività. Per Porto Marghera sul tavolo c’è la riconversione verso la lavorazione degli oli vegetali e minerali. Per Porto Torres, i cui lavoratori sono stati impegnati nella battaglia de “L’isola dei cassintegrati”, non esistono ad oggi prospettive concrete. Sul tavolo la creazione di un polo chimico in colaborazione tra Eni, proprietaria degli impianti, e Novamont.

Commenti (1)

Advertise Here

Foto da Flickr

Guarda tutte le foto

Advertise Here

LINK