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STUDIARE L’INVISIBILE: IL BOSONE

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STUDIARE L’INVISIBILE: IL BOSONE

Pubblicato il 30 settembre 2012 by redazione

bosone-di-higgs

Il bosone di Higgs.

In questi ultimi anni, la fisica delle particelle o, come viene anche detta, delle Alte Energie, è stato (e continuerà a essere) uno dei rami scientifici più fertili dal punto di vista dell’innovazione tecnologica e della ricerca. I numerosi esperimenti svolti hanno prodotto una mole impressionante di dati e risultati, alcuni dei quali potrebbero rivelarsi di portata storica per l’uomo e la scienza tutta: basti pensare alla caccia ai neutrini o al famigerato bosone di Higgs, la particella che dà la massa alle cose. Ma cominciamo dal principio…

DEMOCRITO E L’ATOMO INDIVISIBILE

Già nel VI secolo a.C. Democrito espone la sua teoria atomista, secondo la quale gli atomi costituiscono gli elementi fondamentali della realtà fisica, l’archè di tutte le cose che ci circondano. Essi sono piccoli, indivisibili e non percepibili a livello sensitivo.

FISICA DELLE PARTICELLE COME SCIENZA RELATIVAMENTE GIOVANE

Ma la fisica delle particelle come la si intende oggi è una scienza relativamente giovane: infatti, nella teoria atomica di Dalton (inizi dell’Ottocento), l’atomo è ancora considerato un elemento indivisibile. Solo con la scoperta della radioattività spontanea si riesce a comprendere che molto probabilmente non è così: l’atomo deve essere necessariamente formato da particelle più piccole responsabili del decadimento radioattivo di una sostanza in un suo isotopo.

Lamina d'oro.

Lamina d’oro.

LA STRUTTURA DELL’ATOMO

Il primo modello atomico a essere proposto è quello di Thomson (1902), il quale immagina che l’atomo sia una sorta di “panettone” pieno di pasta, all’interno del quale gli elettroni (scoperti un anno prima dallo stesso Thomson) rappresentano l’uvetta.

Il cosiddetto “modello a panettone” viene abbandonato nel momento in cui il neozelandese Ernst Rutherford esegue il celebre esperimento della lamina d’oro; osservando i risultati, egli comprende che l’atomo non può essere pieno, bensì costituito da un nucleo centrale di protoni (i neutroni verranno scoperti solo nel 1932 da Chadwik) con gli elettroni che ruotano intorno a esso a distanze molto grandi in proporzione alle dimensioni delle particelle considerate: questo modello è noto come “modello planetario”.

Effetto fotoelettrico.

Effetto fotoelettrico.

WEINBERG, IL  MODELLO STANDARD E LA TEORIA DELL’UNIFICAZIONE

Un passo importante, che segna l’inizio di una nuova era nell’ambito della fisica particellare, viene compiuto nel momento in cui si pone l’accento sulla questione del dualismo onda-particella: è il francese De Broglie a teorizzare che, se la radiazione elettromagnetica gode di una natura corpuscolare, allora anche la materia deve poter essere descritta attraverso le caratteristiche proprie di un’onda. Ne costituisce una comprova l’effetto fotoelettrico: un metallo investito da una radiazione incidente a una certa frequenza, emette elettroni, i quali presentano dunque la duplice natura di onda e particella.

Dagli anni ‘50 in poi vengono condotti numerosi esperimenti grazie ai quali si rileva un gran numero di particelle subatomiche. Tuttavia, per mettere un po’ d’ordine bisogna attendere fino agli anni ’70, quando Weinberg riesce a riunire in maniera organica le particelle osservate, dando vita al Modello Standard, il muro portante dell’attuale fisica particellare. Infatti, oltre a raccogliere e suddividere le principali particelle in gruppi, costituisce un esempio di unificazione delle forze fondamentali: l’interazione elettromagnetica viene legata all’interazione debole per formare un’unica interazione elettrodebole.

img3_Modello_StandardScendendo più nel dettaglio, viene fatta una prima distinzione tra particelle costituenti la materia, i fermioni, e particelle mediatrici delle forze, i bosoni. La prima famiglia di particelle viene divisa a sua volta in leptoni (a questa categoria appartengono, per esempio, gli elettroni e i neutrini) e quark, i quali, combinati opportunamente, danno origine agli adroni, ossia protoni e neutroni. Alla seconda famiglia, invece, appartengono fotoni, mediatori dell’interazione elettromagnetica, bosoni W e Z, che mediano l’interazione debole, e gluoni, che tengono insieme i quark e costituiscono i bosoni vettori dell’interazione forte.

img4_quark_protoneTuttavia, il Modello Standard, nonostante abbia ricevuto significative conferme sperimentali, presenta ancora degli aspetti limitanti. In primo luogo, la simmetria su cui si basa non permette di concepire bosoni dotati di massa; pena: la perdita di consistenza della teoria. Questo punto nevralgico viene però risolto grazie all’ipotesi di Higgs, che crea una rottura della simmetria introducendo un bosone massivo: il famigerato bosone di Higgs. Tra le altre controversie cruciali, bisogna ricordare che il modello non tiene in considerazione l’interazione gravitazionale, non prevede massa per i neutrini e non considera l’esistenza della materia oscura, che pure costituisce gran parte della materia totale dell’Universo.

FISICA DELLE PARTICELLE: DALL’ASTROFISICA ALLA MEDICINA

E arriviamo finalmente ai giorni nostri, chiedendoci: cos’è che spinge tuttora l’uomo a investigare l’infinitamente piccolo, studiando sempre più approfonditamente la fisica particellare?

I risultati attesi sono molteplici e spesso mettono in relazione il mondo della fisica delle particelle con l’astrofisica. Negli acceleratori di particelle, infatti, si cerca di ricreare le condizioni dell’Universo primordiale per capire cosa possa essere accaduto subito dopo il Big Bang, cosa abbia determinato quel fenomeno noto come inflazione cosmica (una notevole e subitanea espansione del neonato Universo); e ancora: capire se le interazioni fondamentali siano state un tempo parte di un’unica interazione, fornendo una comprova alla Teoria della Grande Unificazione, e quale sia stato il ruolo giocato dal campo di Higgs. Tuttavia, non guardiamo solo al passato, ma anche al futuro dell’Universo: la scoperta di nuove particelle potrebbe dare una spiegazione alla cosiddetta massa mancante, legata a doppio filo alla materia oscura, che potrebbe determinare una contrazione dell’Universo terminante in una singolarità finale.

Nella scienza applicata all’uomo, la fisica particellare ha assunto risvolti importantissimi nella cura di tumori particolarmente profondi: l’adroterapia, infatti, consiste nel bombardare le cellule tumorali con un fascio di particelle pesanti (protoni e neutroni). Ed è solo una delle molte applicazioni che questa branca sta riscontrando nella vita pratica. Una scienza che cerca conferme per dare risposte che possano diventare pietre miliari nella storia del progresso umano.

di Michele Mione

 

NOTE:

Immagine_1) esperimento della lamina d’oro di Rutherford: la gran parte delle particelle emesse dalla sorgente attraversa la lamina d’oro, mentre alcune vengono deflesse. Questo ha permesso a Rutherford di costruire un modello planetario dell’atomo, costituito da elettroni che ruotano attorno a un nucleo centrale, a grande distanza da esso.

Immagine_2) effetto fotoelettrico: un metallo investito da una radiazione a una certa lunghezza d’onda, emette elettroni. Questo esperimento valse ad Einstein il premio Nobel.

Immagine_3) modello standard: schema semplificativo generale.

Immagine_4) il protone, formato da due quark up e un quark down.

 

FONTI:

http://www.infn.it/multimedia/particle/paitaliano/adventure_home.html

http://it.wikipedia.org/wiki/Fisica_delle_particelle

 

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Magnetismo terrestre: quando il Sole minaccia tempesta!

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Magnetismo terrestre: quando il Sole minaccia tempesta!

Pubblicato il 03 maggio 2012 by redazione

Northern LightsDal dicembre scorso, le agenzie spaziali internazionali hanno registrato un aumento dell’attività magnetica del Sole, che per il momento si è tradotta nella manifestazione di spettacolari aurore polari di forte intensità. Tuttavia, un’intensità troppo alta di tale attività può portare a conseguenze serie per i sistemi elettromagnetici e in generale per la vita sulla Terra.

Il problema nasce proprio lì, a 150 milioni di chilometri dalla Terra, sul Sole, la stella che splende al centro della giostra planetaria, fonte principale di luce, calore, energia e vita.

Campo magnetico solare

macchie solariIl Sole è una stella di mezza età, che da circa cinque miliardi di anni brucia idrogeno trasformandolo in elio e liberando una grande quantità di energia sotto forma di radiazione elettromagnetica e vento solare. L’attività magnetica del Sole non è costante, ma varia in un periodo di circa 11 anni: il cosiddetto ciclo solare. Strettamente correlata a quest’ultimo è la presenza sulla superficie della stella delle macchie solari, delle zone a temperatura relativamente più bassa caratterizzate da un’intensa attività magnetica, più numerose nei periodi di massimo del ciclo. Il numero di queste macchie è in costante aumento a ogni ciclo, soprattutto negli ultimi 50 anni. Si pensa che esse (e il ciclo magnetico del Sole in generale) abbiano avuto grandissima influenza sulle glaciazioni terrestri e sull’equilibrio termico della Terra. E potrebbero avercela ancora in futuro.

Campo magnetico terrestre

La Terra ha un campo magnetico assimilabile a quello di un dipolo: una sorta di calamita di 13000 chilometri di diametro.

campo magnetico terrestre

I poli di questo campo sono leggermente spostati rispetto a quelli geografici e soprattutto non sono fissi. Questo campo magnetico costituisce per il nostro pianeta una sorta di scudo da tutte le particelle altamente energetiche e dai raggi cosmici. Il vento solare soffia sulla magnetosfera, che viene distorta e si allunga nello spazio interplanetario. Durante i periodi di massimo del ciclo, il vento solare “soffia più forte”, nel senso che il Sole emette una maggiore quantità di particelle ad alta energia (principalmente elettroni), che possono penetrare l’atmosfera terrestre fino alla ionosfera nei punti in cui le linee di forza del campo si chiudono, cioè in corrispondenza dei poli magnetici. Ed è così che hanno origine le aurore polari, drappeggi colorati e mutevoli che si stagliano nei cieli del Nord o dell’Antartide. I vari colori visibili derivano dalla composizione dell’atmosfera e da quali tipi di atomi vengono eccitati dai raggi cosmici: rosso e verde per l’ossigeno, blu per l’azoto.

Tempeste magnetiche

Nei periodi di massimo del ciclo solare (quello corrente è cominciato nel 2008) le forti emissioni di particelle elettromagnetiche dalla zona coronale del Sole implicano diversi problemi legati alla vita sul pianeta.

tempesta elettromagnetica

Una tempesta solare particolarmente intensa, potrebbe portare a una variazione della configurazione del campo magnetico terrestre, con evidenti conseguenze sui sistemi elettrici in uso, progettati e realizzati per funzionare in determinate condizioni: satelliti, telecomunicazioni, computer e calcolatori, impianti di distribuzione dell’energia, e di conseguenza automatismi, elettrodomestici, apparecchiature ospedaliere e di emergenza potrebbero andare persi in un solo evento, come in un grande e incontrollabile black-out totale.

C’è un modo per evitare che questo accada? Già un secolo e mezzo fa, nel 1859, si verificò un’intensa tempesta magnetica, che portò all’interruzione delle telecomunicazioni, ma all’epoca l’impatto fu sicuramente di poco conto se si pensa invece a quello che potrebbe succedere oggi, con il grado di sviluppo dell’elettronica e in un mondo che ormai non può più prescindere da essa. Sicuramente non è possibile bloccare l’attività di una stella. D’altra parte, la Terra durante la sua lunga storia è stata bombardata per miliardi di anni dal vento solare. E anche questa è natura, certo molto lontana dalla concezione quotidiana e tangibile, più complessa, legata a dinamiche violente, che si estendono dal Sole fino alle zone siderali del Sistema Solare. Ma proprio in quanto natura, qualunque difesa può essere efficace così come rivelarsi inadatta per affrontare le sue molteplici e meno prevedibili manifestazioni.

di Michele Mione

http://science.nasa.gov/science-news/science-at-nasa/2012/19apr_camilla/

http://www.nasa.gov/mission_pages/sdo/multimedia/potw/potw-97.html

http://www.nasa.gov/mission_pages/galex/galex20120502.html

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