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Tartaruga marina verde che nuota accanto a un banco di pesci farfalla.

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I rifiuti dei nostri nonni non ci sono più. I nostri ci saranno ancora per secoli.

Pubblicato il 03 marzo 2018 by redazione

Per smaltire una cialda di plastica della macchinetta del caffé ci vogliono 3000 anni. I fondi di caffè della moka sono invece ottimi addittivi per il terriccio delle piante domestiche.

Alla fine dell’800 la società impiegava solo fonti rinnovabili e integrava i sistemi produttivi con processi di smaltimento-rifiuti, naturali, contribuendo così a rigenerare le fonti spese. Con la scoperta del vapore e l’invenzione delle macchine, nasce la rivoluzione industriale. I tempi di estrazione dell’energia non sono più condizionati dai tempi impiegati dalla natura a ripristinare di volta in volta quanto l’uomo le ha sottratto, ma da quelli delle macchine e soprattutto dal profitto. Da allora nessuno si è più preoccupato di reintegrare quanto consumato, ne si è chiesto quanto manca all’esaurimento delle energie. Non ci si è neppure chiesti se possiamo rallentare il cambiamento climatico in atto: la natura non è in grado di rigenerare i nostri rifiuti in sostanze pulite in tempi brevi, ma ha bisogno di tempi più lunghi. Anche solo logisticamente questa massa non smaltita di rifiuti non solo occupa spazio, il nostro spazio vitale, ma anche quello in cui la natura cresce e si rigenera. Cosa possiamo fare? Adottare per esempio buone e semplici pratiche, riciclare il più possibile, acquistare di preferenza prodotti imballati con materiale facilmente biodegradabile evitando la plastica, e preferendo la carta e soprattutto, durante gli acquisti, porsi poche e semplici domande: da dove viene il materiale che consumo, per cosa lo uso, mi serve davvero e come lo posso smaltire?

I nostri nonni queste cose le sapevano e le rispettavano, infatti i loro rifiuti non ci sono più, la natura a provveduto a smaltirli. I nostri rifiuti invece graveranno sulle spalle dei nostri pronipoti per i secoli a venire. O cambiamo atteggiamento e ci facciamo parte responsabile del processo di rigenerazione quotidiano del pianeta, o tanto vale affidarsi ai guru della realtà artificiale olografica che già preannunciano e invitano a spendere fiumi di denaro per costruire mondi fittizzi, meravigliosi, in cui isolarsi dal mondo tra le pareti domestiche, attaccati alla flebo di qualche cibo liofilizzato.

Basta sacchetti di plastica, torniamo alla borsa della spesa.

Una direttiva Europea vietava, a partire dal 1° Gennaio del 2010 la produzione e la commercializzazione di sacchetti non biodegradabili, ma l’Italia come al solito ha tirato in lungo. Il 31 dicembre 2009 infatti scattava il divieto di utilizzare sacchetti di polietilene in tutta Europa, ma la norma che recepisce la direttiva europea EN13432, già approvata nel 2007 dal Parlamento italiano, slittava al 2011. Vedremo se per il 2012 spariranno davvero. Intanto in molti negozi vengono ancora utilizzati.

I sacchetti, la cui vita media, in termini di utilizzo, non supera i 12 minuti, sono l’oggetto prodotto in maggior numero di esemplari nell’intera storia dell’umanità. Solo in Italia ogni anno ne vengono prodotti oltre 10 miliardi e più di 100 in tutta Europa. Sempre in Europa la quantità di plastica dispersa nell’ambiente è pari a 1 milione di tonnellate all’anno e il petrolio consumato intorno alle 700 mila tonnellate. L’8% della produzione mondiale di petrolio viene infatti usata per la plastica.

L’ambiente impiega ben 400 anni a distruggere i sacchetti di polietilene mentre questi in un solo anno causano la morte di milioni di uccelli marini e oltre 100.000 tra mammiferi marini e tartarughe, che muoiono strangolati dalla loro ingestione. Inoltre la sola produzione di sacchetti di plastica, il loro trasporto e il loro smaltimento rilascia ogni anno in Europa 1,4 milioni di tonnellate di anidride carbonica, di cui 400 mila solo in Italia.

Molte sono le catene di distribuzione alimentare che propongono borse “ecologiche”, ma l’educazione alla salvaguardia dell’ambiente comincia innanzi tutto dal non delegare ad altri un impegno che dovremmo tutti assumere in prima persona. In fondo si tratta solo di organizzarsi un po’, una borsa di tela ripiegata sempre in borsa e un gentile diniego al cassiere che ci propone il sacchetto di plastica, “no grazie!”.

Diminuisce il consumo di eletricità e di CO2, ma entra nelle case il mercurio: addio alle lampadine a incandescenza

E’ cominciata in tutta Europa la messa al bando delle lampadine a incandescenza. Da quest’anno (2012), infatti in tutta l’Unione Europea saranno obbligatorie quelle a risparmio energetico.

L’Italia ha rinnegato la risoluzione di Bruxell, prolungando la vendita di lapadine a incandescenza, anche superiori a 100 watt.

Ma queste lampadine fluorescenti sono veramente ecologiche? In Cina centinaia di lavoratori cinesi addetti alla produzione di lampadine “verdi” hanno nel sangue livelli di mercurio oltre la norma. Queste lampadine “ecologiche” contengono infatti una piccola quantità di mercurio che serve ad avviare la reazione chimica per cui si accendono. E dato il forte aumento della domanda, causato dalla direttiva Europea, in Cina si sono riaperte le miniere di mercurio e numerose sono le fabbriche a basso costo dove gli operai cinesi maneggiano tranquillamente” mercurio, sia in forma solida che liquida.  

di Adriana Paolini

 

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