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Ma il calcio italiano è finito o son finiti i soldi?

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Ma il calcio italiano è finito o son finiti i soldi?

Pubblicato il 23 dicembre 2012 by redazione

Italy Training Session & Press Conference

Marco Verratti

Finiti i soldi, finito lo spettacolo, finito il calcio italiano. Sì, forse. Finito, quello sì, certo modo di vivere il calcio all’italica maniera dove contavano sei squadre-sette (Milan, Juve, Inter, Napoli e le romane) ed il resto era fuffa, poco più che “sparring partneraggio” di media lega. Avete notato? Prima di “Moggiopoli” a turno le sette di cui sopra o il loro dirigente di riferimento, sbavava, minacciava, proponeva lo sganciamento dalla serie A, per un’anelata “Superlega Europea” all’insegna di quel “il pallone è mio e me lo gestisco io”. Oggi non c’è una supersquadra spagnola, inglese, francese che farebbe Lega con una italiana. In altri tempi sì: quelli del Berlusconi che arrivava in elicottero e ingaggiava i migliori calciatori anche se non gli servivano (ma solo per sottrarli alle concorrenti), della Juve misteriosamente vincitrice di tutto dentro i confini, ma vassalla in Europa; di un Inter che sbocconcellava una Coppa Uefa ogni tre-quattro stagioni, salvo squagliarsi sistematicamente in campionato dietro il mago (Lucescu, Hodgson o Cuper che sia) di turno. Poi, dopo Moggiopoli, il tonfo. Repentino eppure costante; evidente eppure malcelato. Nel 2006, nonostante il Mondiale vinto, si è smesso di parlare di “Campionato più bello del mondo”.

Crisi più crisi

Complice una crisi morale innanzitutto, ma anche una crisi di liquidità. Ben più grave. Sì, perché i furbetti che comprano squadre in tutte le categorie o riescono a ritagliarsi ruoli importanti come dirigenti, li puoi sempre cacciare a pedate (e in molti casi comunque non è stato fatto), mentre i soldi… Quelli o li hai, oppure il tosto Balotelli se ne va al City, Eto’o emigra in una cittadina russa col nome di un lassativo, il sopravvalutato Lavezzi gira a Parigi, Ibra viene cacciato (si perché “cacciato” è la parola giusta. Lui al Milan sarebbe rimasto), e si perdono per sempre a vantaggio di mercati e campionati più ricchi, elementi come Verratti. “Il figlio di Manitù” lo avrebbe chiamato un Brera coi lucciconi, se lo avesse visto, a vent’anni, così far girare la palla (come le palle agli avversari). Ieri snobbato a Pescara in B, pochi mesi dopo idolo in Champions League, ma con la maglia del Paris (e i soldi dello sceiccone). Ma possibile che nessuna italiana si sia accorta in tempo che Verratti potenzialmente può diventare l’unico vero top player italiano degli anni ’10?

Drogba

Drogba

La morale tivvù

Una conseguenza? Eppur bravi “espertoni” di calciomercato si girano imbarazzati i pollici in tv, mentre Messi vola verso il suo quarto pallone d’oro catalano, Ronaldo (non quello grasso) di venire in Italia non ci pensa nemmeno e tutto il meglio, ma proprio il meglio del calcio mondiale, dal nostro paese se ne sta alla larga. Vederli così, in televisione, a parlare di Caxxinho all’Inter piuttosto che di Iniesta; di Vattelapescao al Milan invece che Robben; o del mitico “top player” che forse sì (anzi quasi certamente no) arriverà alla Juve a gennaio, diciamocelo: fa tenerezza. Come un po’ di tristezza può mettere un ipotetico giornalista sovrappeso, in sconveniente maglioncino attillato, che ti parla in tivvù… “Eh Ma se la Juve vuole essere sicura di vincere il campionato deve prendere Drogba. Lui verrebbe in prestito solo per una decina di milioni”. Decina di milioni… Dai siamo seri.

Milan - Cagliari

El Shaarawi

Il Milan …

Ma non come il Milan dello spiazzato Galliani che pretendeva (prima del grave infortunio all’olandese) di sostituire Gattuso con De Jong, detto “Andrade 2 – Er moviola”; Thiago Silva con Acerbi (omen nomen); Ibrahimovic con Pazzini (e scusate la risata) giusto così: per farsi perdonare del regalo di Pirlo alla Juve (“Giocatore finito”, l’espertone disse “..poi ha un ingaggio troppo alto”). E pretende di vincere.

Ecco, sì: forse nessuna squadra incarna meglio lo stato della pedata nazionale, come il Milan. Impoverito. Di soldi, idee, motivazioni e qualità. A tutti i livelli. Dal campo, alla panchina, alla dirigenza. Poi esplode il savonese El Shaarawi e allora tutti i milanisti a sperare. I più realisti? A sperare che non segni più di cinquanta gol in due stagioni, altrimenti anche lui…Parigi, lo sceiccone… Scommettiamo? Giorni fa, intanto, si parlava di uno scambio con City Balotelli-El Saharawi. Come dire che un altro sceicco sull’irsuto attaccante ha già messo gli occhi.

Pirlo

Pirlo

Stadi

Poi ci sono gli stadi (fatiscenti) dove gioca la nostra serie A. Parlandone, occorre guardare oltre… Quindi non solo alla loro bruttezza, scomodità, pericolosità, vetustà che appare evidente ed imbarazzante, ma alle loro dimensioni… Mentre nel mondo le squadre più ricche costruiscono catini sempre più grandi, ospitali e tecnologici, in Italia stadi nuovi non se ne costruiscono e se si fanno, si fanno piccoli piccoli, contro ogni senso logico. Un esempio? Il pur comodo “Juventus Stadium”, capienza 41mila posti… La Juve, con otto milioni di tifosi. “Eh, ma noi vogliamo avere lo stadio sempre pieno…” dicono dalla sede.  Beh, allora costruiamoli solo con cinquecento palchi “super lusso”, per tremila posti totali. Così teniamo la gente, i tifosi veri, definitivamente lontano dagli stadi, e così magari stanno a casa e si abbonano (si abbonano?) a Sky o a Mediaset Premium.

Nel capoluogo piemontese, poi, fa tristezza vedere ogni domenica come hanno ridotto a giocare il Toro. Un lustro fa, per uno spareggio Torino-Mantova (per salire dalla B), al botteghino staccarono qualcosa come 58mila biglietti. Oggi il Toro di Cairo gioca al vecchio Olimpico-Comunale ristrutturato: capienza 23mila posti scarsi. Nemmeno la capienza dello stadio “Nuovo Romagnoli” di Campobasso. A Cagliari, invece, l’irascibile presidente Cellino lo stadio se l’è costruito da solo… E’ l’is Arenas, capienza 22mila posti circa. Tutto di metallo, all’insegna del “monta e smonta” in qualche mese. Un po’ come si faceva coi tubi innocenti cinquant’anni fa. Ma ora siamo nel 2013 ed il Cagliari gioca in quello che una volta era il campionato più bello è più seguito del mondo.

Il problema degli stadi, al di là degli estremismi? Oggettivamente tutto il resto del mondo del calcio più evoluto (Germania, Inghilterra, Spagna, Francia) ha scelto la direzione opposta. Una ragione ci sarà?

In serie A, dagli oltre 38mila spettatori a partita della stagione 1984-85, si è passati ai circa 20mila (in Germania si viaggia sui 40mila), e non è costruendo stadi sulla misura dei vuoti odierni, che si pianifica una rinascita della pedata nazionale. Così la si imposta solo a “scartamento ridotto” a misura di “pay per view” e di un calcio in crisi irreversibile, dove il tifoso non è più tifoso, ma consumatore di abbonamenti tivvù…

di SineQuaNon

 

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