Archivio Tag | "Indonesia"

orchidee_3

Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Orchidee

Pubblicato il 26 aprile 2012 by redazione

orchidee_350x220

Quante volte avete regalato una pianta, in occasione della visita ad amici o a qualche parente? E tante altre volte sicuramente ne avrete ricevute, belle rigogliose e splendenti, con fioriture stupende…ma che nel giro di poco tempo (nonostante i vostri sforzi) sono appassite, tanto da finire, ingloriosamente, nel secchio della spazzatura…sicuramente vi sarete detti che nelle serre i vivaisti professionisti sono in grado di ricreare l’ambiente ideale per ogni specie, di nutrirla ed esaltarne le caratteristiche al meglio. Figuriamoci se potevo io fare qualcosa qui in casa…errore: talvolta non è necessario essere dei botanici super attrezzati per prendersi cura di una piccola piantina, così come di un albero imponente, credetemi…

Innanzi tutto, è vero che anche piante e fiori sono divenuti prodotti commerciali, prodotti di grande serie e sottoposti come qualsiasi cosa a leggi di mercato, con differenti valori a seconda della specie e della moda del momento.

Un vero peccato, perché ciascuna di esse è una forma di vita, con una storia evolutiva di milioni di anni alle sue spalle, che merita  rispetto. Con  un poco di “care, love and tenderness ”, cura, amore e tenerezza, come recita un modo di dire anglosassone, potrebbero tornare  a donarci tanta bellezza, la stessa che madre natura ha messo attorno a noi, a gratis….

Ma torniamo al momento iniziale: chi va a comprare una pianta, da appartamento molto spesso, nella stragrande maggioranza delle volte si fida del consiglio del venditore, il quale, a sua volta, propone magari il “prodotto” del momento, quello che va più di moda. Ad esempio, da qualche tempo si vedono spesso in vivai e fioristi delle splendide piante, dai stupendi fiori di colore intenso e dalle grandi foglie di intenso verde. Si tratta di orchidee, una delle piante floreali più antiche del pianeta, visto che si ritiene si siano generate circa 65 milioni di anni fa. Diffuse  su ogni continente, se ne contano almeno 650 generi, per oltre 25mila specie.

Mica male per una piantina delle dimensioni al massimo di qualche decina di centimetri! Anche in Italia sono state catalogate 85 specie spontanee di questa pianta, alcune insidiate dal consumo del territorio e tutelate dalla raccolta indiscriminata, che le ha portate a rischio di estinzione (2). La bellezza di molte specie di origine tropicale ha generato una passione tale che oggi nelle serre si creano ogni anno almeno 3000 ibridi e sottospecie, vi sono riviste ed associazioni dedicate alle orchidee, addirittura dei campionati con premi e riconoscimenti per gli appassionati coltivatori. Già nel IV secolo avanti Cristo il filosofo e studioso greco Teofrasto notò che alla base delle radici di molte di queste piante vi sono dei bulbi tondeggianti che richiamano i testicoli dell’uomo, in greco antico Orchis, da cui appunto derivò il nome orchidea. I cinesi la considerano una pianta simbolo della fertilità e della gioia, mentre gli Aztechi ne apprezzavano le qualità medicamentose e nutritive di alcune specie, come la Vanilla Planifolia (1), ovvero la pianta da cui si deriva la conosciutissima essenza di vaniglia…. La specie oggi più diffusa e visibile nei negozi è la Phalaenopsis. E’ inconfondibile, con i suoi fiori dai colori intensissimi, che possono andare dal bianco intenso al fucsia, spesso con screziature o striature di altri colori, non passano certo inosservate.

orchidee_1    orchidee_3

orchidee_2

Alcuni esempi della moltitudine di forme e colori che possono assumere le Phalenopsis

 

Nativa delle foreste pluviali e dei climi subtropicali dell’Oceano    Pacifico sud – orientale, deve il suo nome al botanico C. L. Blume, che la studia sull’isola di Java, in Indonesia, e la battezza così dalla forma del fiore, usando ancora una volta il greco antico: phalaena, che significa farfalla e opsis, che significa simile. Il fiore – farfalla. Anche Charles Darwin, il padre dell’evoluzionismo moderno, la studiò  attratto dalle modalità di riproduzione. E’ una pianta epifita (ovvero che cresce sul tronco degli alberi) o litofita, crescendo sulle rocce, a cui le grosse radici aeree si aggrappano traendo dall’umidità dell’aria e dalla pioggia l’acqua necessaria alla sua sopravvivenza. Alla base, da due a sei foglie di un bel verde scuro, di forma allungata e carnose, dove la pianta custodisce le proprie riserve d’acqua. Verso l’alto si sviluppa con uno o due steli in genere, su cui crescono i rami singoli su cui si sviluppano i fiori. Le sue radici sono grosse e robuste, come si diceva prima, di un colore verde chiaro o giallastro. Come immaginabili viste le sue origini geografiche, è una pianta che ama il caldo, con temperature diurne che possono arrivare a 30/35 gradi e notturne intorno ai 15/17 gradi. La temperatura ideale è però intorno ai 22/24 gradi, quindi potenzialmente si trova bene nell’ambiente delle nostre case, fatto salvo per l’umidità, che può essere facilmente ricreata nebulizzando dell’acqua periodicamente sulle foglie e tenendo umidificatori appesi ai termosifoni durante i mesi invernali. Amano la luce, ma non diretta e intensa, per cui quella mediata dai tendaggi di un appartamento può andare benissimo. Per l’irrigazione, va bene una annaffiatura a settimana d’inverno, due d’estate, in modo da mantenere le radici umide, ma non bagnate. L’orchidea phalenopsis teme i ristagni che provocano attacchi di funghi e batteri. Basterà che il vaso abbia un buon drenaggio nelle parti basse, magari mettendo 1-2 centimetri di ghiaia, come quella che si usa  nei viottoli dei giardini o sulle strade in terra battuta, mettendolo sul fondo del vaso e tenendo i fori sul fondo larghi e puliti. Per il terriccio si può usare il bark, ovvero la corteccia di pino o abete spezzettata, mischiata grossolanamente a ghiaietto e foglie di faggio, in modo da garantire la traspirazione delle radici. La corteccia darà alla pianta quei nutritivi, come azoto o potassio, che non è in grado di trarre dall’aria o dall’acqua di annaffiatura. Un trucchetto facile facile: potete unire al substrato anche polistirolo tritato (tipo quello delle confezioni antiurto) e pezzetti di gommapiuma, che al contempo permetteranno di rilasciare umidità lentamente alle radici. Se la pianta si ambienta bene, può durare molti anni, a patto di fare una rinvasatura ogni paio d’anni. Un vaso di plastica, magari trasparente, riciclato da altro uso come una bottiglia o un contenitore da cucina, è anche meglio di uno in coccio perché ci permette di tenere d’occhio le radici. Quindi materiali di riciclo che si possono trovare in casa o in un giardino, senza andare il un “garden shop” dedicato. Anzi, renderà più gratificante il prendersi cura della nostra piccola amica. Durante il rinvaso (magari in uno più grande se la pianta è cresciuta) è bene asportare con una lama affilata le radici secche o che stanno marcendo, avendo cura di estrarre delicatamente la pianta dal vaso.

Per evitare di trasmettere batteri o funghi bisogna tenere la lama ben pulita. Che il vaso usato sia lo stesso o un altro, è bene sia lavato prima con acqua e varechina, per disinfettare. E’ anche utile cospargere le ferite con la cannella in polvere, quella per fare i dolci, e il cicatrene in polvere, che ha un effetto cicatrizzante anche per la nostra pianta, oltre che per le nostre di ferite. Il rinvaso va fatto in primavera, in ogni caso dopo la fioritura. La pianta va sistemata nel suo substrato precedentemente inumidito, e lasciata per una settimana al riparo dalla luce e senza innaffiare. Poi riprendete l’innaffiatura e l’esposizione con gradualità, man mano che la pianta guarisce dalle ferite e incomincia ad adattarsi al nuovo substrato. L’annaffiatura va periodicamente fatta con acqua demineralizzata, quella che si usa comunemente nei ferri da stiro, per evitare che concentrazioni di sostanze e minerali cristallizzino in sali pericolosi per le radici. (3) Si può anche periodicamente dare un aiuto con concime diluito nell’acqua per apportare Azoto (N), Fosforo (P) e Potassio (K), in totale 1 grammo di elementi concimanti per litro d’acqua, indicativamente. Se non volete  utilizzare prodotti di sintesi chimica, potete tranquillamente ricavare gli elementi nutritivi da voi stessi :  l’Azoto, fondamentale per l’emissione delle nuove foglie e degli steli floreali, può essere ottenuto “compostando” residui vegetali (come ramaglia e falciatura d’erba o derivati dalla pulitura di alimenti vegetali). Ma non tutti hanno lo spazio per un contenitore da compostaggio, cioè per far decomporre naturalmente la frazione verde dei rifiuti. Può essere utile l’ammoniaca di uso casalingo, ma bisogna conoscerne con precisione la concentrazione nel prodotto base, per ottenere il grado di diluizione esatto per la pianta. Altrimenti si possono facilmente acquistare preparati a base di guano di volatili o di concime stallatico trattato. Detto così sembra una schifezza, ma in realtà si tratta di materiali naturali lavorati ed uniti a terriccio, del tutto privi di “controindicazioni olfattive”.  Fosforo e Potassio si possono ottenere dalla cenere di legna, usata con parsimonia perché il fosforo se si unisce al calcio (e nell’acqua del rubinetto il calcare è molto presente sotto forma di carbonato di calcio) forma sali insolubili che soffocano le radici. Il Fosforo è necessario nella creazione dei bulbi floreali, mentre il potassio serve a sviluppare radici e steli robusti. Ovviamente la bilancia tura degli elementi dipenderà dal momento. Nel periodo della fioritura, daremo più Fosforo che Azoto e Potassio, alla ripresa vegetativa primaverile daremo più Azoto. Per indurre la phalaenopsis alla fioritura , sarà utile un leggero sbalzo termico tra la notte (magari sistemando la pianta nel punto più freddo della casa) e il giorno. Se la nostra piantina si troverà a suo agio, potremo avere dalle due alle tre fioriture, generalmente fra l’autunno e la primavera. I fiori saranno parecchio duraturi e dai colori spettacolari. Al momento della caduta, ci sono opinioni diverse se tagliare gli steli per favorire una nuova emissione o lasciare che la natura faccia il suo corso. Se sarete fortunati, sul vecchio stelo potrà comparire un ‘keiki’, ovvero una nuova radicazione a cui seguirà l’emissione di alcune foglioline. Non è altro che il preludio alla nascita di una nuova piantina, la quale una volta ben formata potrà essere tagliata e invasata a dare una pianta tutta nuova!  Tutti quanto vi abbiamo detto non vi sembra così fattibile ed alla vostra portata?  Date un’occhiata a queste foto allora:

Questa pianta non solo ha emesso una seconda fioritura, ma ha anche prodotto una nuova piantina sullo stelo vecchio. La foto è della fine del mese di marzo, nel frattempo ha prodotto ancora altri fiori successivamente. E la fioritura è ancora ad oggi pienamente rigogliosa. La pianta si trova, per inciso, in un ufficio, in posizione di luce diffusa, con discreta differenza di temperatura notte-giorno, ma senza particolari precauzioni.  E’ stata curata, nei limiti del possibile, secondo il disciplinare descritto, ma fino ad ora senza concimature aggiuntive o rinvasature complete.

Solo annaffiature moderate e regolari … and a little of care, love and tenderness….

di Davide Migliore

_______________________________________________________________________________________________

 

(1) http://www.elicriso.it/it/piante_aromatiche/vaniglia/

(2)IUCN, International Union for Conservation of Nature and Natural Resources

(3) http://www.trafioriepiante.it/Infogardening/giardino/Letame.htm

Orchid Time lapse, http://www.youtube.com/watch?v=3nBUfDpDNlA&feature=player_embedded

Orchid’s Show, http://www.youtube.com/watch?v=2HHuM1k-wIY&feature=player_embedded

Fonti generali:

http://www.elicriso.it/it/orchidee

Commenti (0)

Advertise Here

Foto da Flickr

Guarda tutte le foto

Advertise Here

LINK