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Biocarburanti per l’auto? Ritorno a un tempo perduto

Pubblicato il 20 febbraio 2018 by redazione

Oggi pensiamo ai biocarburanti come la forma di energia che in futuro sostituirà – in buona parte se non in toto – i combustibili fossili nell’autotrazione. Qualcosa quindi che prima non c’era e che deve essere sviluppata per ridurre la dipendenza dai derivati del petrolio, le cui riserve prima o poi si esauriranno. In realtà i biocarburanti esistevano prima della diffusione dell’uso dei combustibili fossili. Il termine biocarburanti, per esempio, include anche il legno. Per secoli le persone si sono scaldate bruciando questa materia, facilmente reperibile, o l’hanno utilizzata per produrre il fuoco necessario, per esempio, per forgiare il ferro o fondere il bronzo. Il legno è il precursore dei biocarburanti solidi, accanto ai quali vanno considerati anche quelli gassosi e liquidi

Veniamo a quelli che oggi consideriamo i biocarburanti per eccellenza candidati a sostituire i combustibili necessari per far funzionare i motori di auto, locomotive, navi, aerei. Contrariamente a quanto siamo stati portati a pensare – e cioè che i biocarburanti dovrebbero decretare il tramonto della benzina, del gasolio o del gas metano o Gpl – agli albori dell’industria automobilistica è avvenuto esattamente il contrario.

 

 

 

Nikolaus August Otto, l’inventore tedesco che fu il primo a realizzare un motore a combustione interna a pistoni, alternativo al motore a vapore, nel 1876, pensò di utilizzare l’etanolo come carburante. E che dire di Rudolf Van Diesel, anche lui tedesco, il creatore dell’omonimo motore oggi utilizzato per far muovere automobili, camion, scavatrici, locomotori o traghetti? Quando lo sviluppò, nel 1893, utilizzò l’olio di arachidi. Ma più ancora fa effetto pensare che le prime auto Ford Model T, prodotte dall’industria di Henry Ford nei primi due decenni del Novecento, furono concepite per consumare etanolo ricavato dalla canapa. L’idea venne accantonata sia a causa delle elevate tasse sull’alcol imposte durante il periodo del proibizionismo sia a seguito della discesa dei prezzi del petrolio provocati anche dalla scoperta di nuovi giacimenti petroliferi in Texas e in Pennsylvania. Secondo alcune fonti, la lobby dei petrolieri americani brigò per tenere alte le tasse sull’etanolo. Fino alla seconda guerra mondiale, comunque, diversi tipi di biocarburanti convissero con i derivati del petrolio. Spesso venivano miscelati benzina e alcol ottenuto dalla fermentazione delle patate (Germania) o del grano (Regno Unito). Quando, dopo il conflitto, il petrolio estratto in Medio Oriente diventò particolarmente conveniente, l’interesse per i biofuel segno una battuta d’arresto.

L’ipotesi di ritornare all’utilizzo dei biofuel ha ripreso quota, fino a tempi recenti, solo in occasioni di alcune crisi petrolifere, come quelle del 1973 e del 1979. Per molti anni, comunque, è rimasta soprattutto un esercizio accademico. Di recente, sia per i timori legati all’inquinamento prodotto dalla combustione dei derivati del petrolio, sia per quelli di un’eccessiva dipendenza dai Paesi produttori di combustibili fossili (i cui prezzi hanno conosciuto notevoli oscillazioni soprattutto in coincidenza con l’esplosione di conflitti nel Medio Oriente), la tematica dei biocarburanti ha cominciato a riscuotere un certo interesse, anche se più circoscritto rispetto a quello dell’auto elettrica.

Otto anni fa, il ricorso a questa forma di energia alternativa è diventato oggetto di una direttiva Ue, la 2003/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 maggio 2003, sulla promozione dell’uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti. Il provvedimento impone agli stati europei di adottare la legislazione e le misure necessarie affinché i biocarburanti rappresentino una percentuale minima dei carburanti commercializzati sul loro territorio. Questa direttiva verrà abrogata a partire dal 1° gennaio 2012 direttiva 2009/28/CE, anch’essa riguardante la promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. Con questa nuova direttiva, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno ribadito “l’obiettivo obbligatorio del 20 % di energia da fonti rinnovabili sul consumo di energia complessivo della Comunità entro il 2020 e un obiettivo minimo obbligatorio del 10 % che tutti gli Stati membri dovranno raggiungere per quanto riguarda la quota di biocarburanti sul consumo di benzine e diesel per autotrazione entro il 2020, da introdurre in maniera efficiente sotto il profilo dei costi”.

Carburanti per autotrazione riportati nell’allegato III della Direttiva 2009/28/CE

 – Bio-ETBE (etere etilterbutilico prodotto a partire dal bioetanolo)

 – Biometanolo (metanolo prodotto a partire dalla biomassa destinato a essere usato come biocarburante)

 – Bio-MTBE (etere metilterbutilico prodotto a partire dal biometanolo)

 – Bio-DME (dimetiletere prodotto a partire dalla biomassa destinato a essere usato come biocarburante)

 – Bio-TAEE (etere terziario-amil-etilico prodotto a partire dal bioetanolo)

 – Biobutanolo (butanolo prodotto a partire dalla biomassa destinato a essere usato come biocarburante)

 – Biodiesel (estere metilico prodotto a partire da oli vegetali o animali, di tipo diesel, destinato ad essere usato come biocarburante)

 – Diesel Fischer-Tropsch (idrocarburo sintetico o miscela di idrocarburi sintetici prodotti a partire dalla biomassa)

 – Olio vegetale idrotrattato (olio vegetale sottoposto a trattamento termochimico con idrogeno)

 – Olio vegetale puro (olio prodotto a partire da piante oleaginose mediante spremitura, estrazione o procedimenti analoghi, greggio o raffinato ma chimicamente non modificato, nei casi in cui il suo uso sia compatibile con il tipo di motori usato e con i corrispondenti requisiti in materia di emissione)

 – Biogas (gas combustibile prodotto a partire dalla biomassa e/o dalla frazione biodegradabile dei rifiuti, che può essere trattato in un impianto di purificazione per ottenere una qualità analoga a quella del metano, destinato a essere usato come biocarburante o gas di legna)

 – Benzina

 – Diesel

I biocarburanti prodotti oggi, e quelli che probabilmente saranno sviluppati in futuro, non sono certo gli stessi disponibili tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima del Novecento. Da una parte dobbiamo considerare che i vecchi biofuel erano poco sofisticati; oggi i progressi della chimica sono in grado di garantire biocarburanti più efficienti, sicuri e meno inquinanti. Dall’altra vanno tenuti presenti anche aspetti legati ai diversi Paesi: come abbiamo visto negli esempi citati, nei primi del Novecento in Germania si produceva etanolo dalla patata, in Inghilterra lo si ricavava dal grano e in America lo si otteneva dalla canapa. Anche oggi in ogni Paese possono esserci materie prime più disponibili per la produzione di biocarburanti rispetto ad altre. E, nel recente passato, quando ha iniziato a diffondersi l’interesse per la produzione di biofuel, si sono aperti dibattiti sull’opportunità o meno di alterare gli equilibri fra i diversi tipi di coltivazioni e le loro destinazioni d’uso, in un’ottica di sostenibilità. In un mondo sempre più globalizzato, occorre prestare molta attenzione a mantenere un equilibrio fra quelle che sono le opportunità di business e le necessità delle popolazioni a livello locale.

di Riccardo Cervelli

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