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Quando la Terra diventa Deserto

Pubblicato il 07 aprile 2013 da redazione

Secondo le più recenti stime dell’ONU, il fenomeno della desertificazione interesserebbe il 41% delle zone aride e il 44% delle aree coltivabili, con picchi di percentuale che raggiungono il 73% in Africa. Una problematica che non può essere considerata di secondo ordine, una sfida per la tutela del territorio e della vita che esso ospita da affrontare tempestivamente.

causeLe Cause e gli Effetti

Anzitutto il fenomeno della desertificazione deve subito essere inquadrato in un’ottica molto ampia e variegata che non la semplicistica immagine legata all’avanzamento dei deserti sabbiosi; a identificarla nella sua complessità e interezza è la definizione data dalla United Nations Convention to Combat Desertificazion (UNCCD, 1996 – articolo 1): con il termine desertificazione si intende “degrado delle terre nelle aree aride, semi-aride e sub-umide secche, attribuibile a varie cause, fra le quali variazioni climatiche e attività umane”. Due tipi fondamentali di cause quindi cui corrispondono effetti ben precisi: tra quelle ambientali troviamo la morfologia e l’idrografia del territorio, che determinano la natura propria del terreno, le grandi escursioni termiche o i prolungati periodi di siccità, che contribuiscono notevolmente ad aumentare il tasso di aridità del terreno.

Le cause antropiche sono legate invece a un eccessivo uso delle risorse da parte dell’uomo, allo sfruttamento non corretto dei terreni, all’uso smodato di sostanze chimiche; e poi ancora all’urbanizzazione incontrollata, alla deforestazione indiscriminata, agli incendi e alle troppe emissioni inquinanti.

Come viene ben illustrato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, questi comportamenti inducono “effetti negativi sulla composizione e sulla struttura delle comunità vegetali e animali e sulle proprietà fisico-chimiche del suolo, cambiando, ad esempio, la struttura del terreno rendendolo meno permeabile e, quindi, più esposto a processi erosivi. A livello agricolo, […] l’uso dei mezzi meccanici provoca la costipazione e la compattazione del terreno e la fertilità chimico-fisica dello strato di terreno arato; la sempre più consistente attività di allevamento intensivo provoca fenomeni d’inquinamento ambientale per il carico eccessivo in aree limitate. Il processo di urbanizzazione incide sul fenomeno di desertificazione in termini di sottrazione di suoli fertili all’impiego agricolo, con conseguente riduzione delle capacità produttive, così come le discariche/attività estrattive.”

La situazione nel Mondo

Come già detto, il problema della desertificazione non può essere ritenuto marginale e per rendersene conto basta dare uno sguardo alle cifre che lo contraddistinguono. Nel mondo le zone più a rischio e già pesantemente colpite dal fenomeno sono l’Africa, l’Asia Centro-Meridionale e il Sudamerica. Tuttavia sono ancora più numerose le aree esposte a un potenziale rischio di desertificazione anche a breve termine: Australia, Stati Uniti Occidentali, Europa Meridionale. Stiamo parlando quindi d’interi continenti che rischiano di vedere alterate le proprie condizioni territoriali, in un cambiamento lento (ma nemmeno tanto) che coinvolge ambiente, economia e società, in un intreccio che dà da pensare alle nostre generazioni e terrà impegnate quelle future.

E in Italia come ce la passiamo?

europaitaliasiciliaLa situazione in Italia

La desertificazione è un rischio che interessa circa il 60% del territorio dell’Europa Meridionale, includendo  le regioni centrali e meridionali della Spagna, quelle meridionali del Portogallo, quelle centrali e meridionali dell’Italia, nonché ampie aree della Grecia e Creta. Le cause che negli ultimi anni hanno portato a un aumento del rischio così forte sono sì naturali, ma esacerbate in maniera esponenziale dall’intervento umano: in quasi tutta l’Europa Meridionale, l’intensificazione delle pratiche agricole, la meccanizzazione e la ricerca di maggiore produzione hanno determinato l’aumento delle superfici occupate dai campi, ma queste sono prevalentemente monoculturali, con conseguente riduzione dei pascoli e di arricchimento del suolo. In concomitanza si è verificato un inglobamento dei territori più fertili da parte delle città, a causa della forte urbanizzazione. L’erosione idrica ed eolica, accentuate dalle attività antropiche, hanno portato alla diminuzione della produttività del suolo come risultato della sua riduzione di spessore. Questi problemi, insieme anche all’abbandono di vecchie tecniche di coltivazione come i terrazzamenti, la sempre minore disponibilità idrica, l’aumento sia in frequenza sia in dimensioni degli incendi e l’impermeabilizzazione del suolo affliggono le principali regioni meridionali d’Italia: Sardegna, Sicilia, Basilicata e Puglia le più a rischio, seguite a ruota da Calabria e Campania e da alcune regioni centrali.

L’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) ha condotto diversi studi ed elaborate varie cartografie basate su criteri diversi che contribuiscono a dare un quadro realistico e una descrizione dettagliata di quello che è lo stato attuale delle regioni italiane appena citate e di quale potrebbe invece essere lo scenario a breve e medio termine. Queste carte vengono realizzate a partire da valutazioni basate su diversi fattori, perciò producono risultati diversi che a volte possono essere in contraddizione tra loro, ma semplicemente perché in alcune regioni può essere più forte il rischio dovuto a eccessiva urbanizzazione, mentre in altre quello legato alla siccità o alla mancanza di risorse idriche. In ogni caso le aree a rischio restano pressoché invariate.

desertificazioneSoluzioni possibili e prospettive future

Storicamente, il problema della desertificazione non ha ricevuto la stessa rilevanza e lo stesso clamore mediatico che hanno accompagnato invece i problemi legati all’inquinamento dell’aria, delle acque, dell’effetto serra e dello scioglimento dei ghiacciai. L’unico accordo regolatore e giuridicamente valido in materia è stato siglato nel 1994: si tratta della già citata UNCCD, entrata in vigore dal 1996, cui aderiscono 195 Paesi in tutto il mondo. In generale, essa si prefigge di affrontare l’intreccio tra povertà e degrado delle zone aride, semi-aride e sub-umide secche. Infatti, le zone maggiormente esposte a rischio desertificazione ricoprono il 41% della superficie globale e sono abitate da circa 2 miliardi di persone.

Nei primi dieci anni di attività, la Convenzione non è riuscita a imporsi nelle politiche dei paesi aderenti, né dal punto di vista di fondi da destinare alla lotta contro la desertificazione, né sotto il piano della sensibilizzazione verso tale problematica. Proprio per questo nel 2007, la UNCCD ha deciso di lanciare una “10 year strategy”, un piano strategico decennale che stabilisce i nuovi obiettivi da raggiungere, sia nel lungo periodo che a breve e medio termine. Fra i principali si ricordano:

  1. Migliorare le condizioni di vita delle popolazioni colpite;
  2. Migliorare lo stato degli ecosistemi nelle zone affette;
  3. Generare benefici globali attraverso l’effettiva attuazione della UNCCD;
  4. Mobilitare risorse per sostenere l’attuazione della Convenzione;
  5. Maggiore sensibilizzazione ed educazione, per contribuire a creare una cultura in merito;
  6. Rafforzamento di conoscenze, tecnologie e capacità al fine di aumentare la competenza.

I paesi a rischio dovrebbero cercare di includere il più possibile all’interno delle loro politiche (economiche, sociali, di ricerca, ecc.) i canoni di lotta alla desertificazione dettati dalla Convenzione.

E l’Italia in questo senso si sta muovendo. Ecco quanto scritto dal Ministero dell’Ambiente, “a livello locale, gli sforzi per combattere la desertificazione sono stati intensificati grazie allo sviluppo e all’attuazione dei Programmi di Azione Nazionale (PAN), Sub-Regionale (SRAP) e Regionale (RAP), finalizzati alla riduzione delle perdite di produttività dei suoli […]. A tal fine, il Comitato Nazionale per la Lotta alla Siccità e alla Desertificazione nel luglio 1999 ha elaborato le Linee Guida del Programma di Azione Nazionale […]:

  • Protezione del suolo, in particolare;
  • Gestione sostenibile delle risorse idriche, in particolare;
  • Riduzione dell’impatto delle attività produttive, in particolare;
  • Riequilibrio del territorio.”

di Michele Mione

Fonti:

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