Categoria | Scienza e Tecnologia

Parmitano rischia di annegare nello spazio

Pubblicato il 12 marzo 2017 da redazione

Cosa fareste se mentre galleggiate nello spazio a 400 km di altitudine il vostro casco si riempisse quasi completamente di acqua e voi non foste quasi più in grado di respirare? Ebbene forse l’unico in grado di rispondere a questa domanda è Luca Parmitano, militare e astronauta italiano.

Parmitano inizia la sua carriera come astronauta nel maggio del 2009 e viene in seguito selezionato per partecipare alle missioni Expedition 36 e Expedition 37. Il 28 maggio 2013 parte con la Sojuz TMA-09M in direzione dell’ISS (Stazione Spaziale Internazionale), dove rimarrà fino a novembre dello stesso anno. La sua prima passeggiata spaziale o attività extraveicolare (o Eva, Extra Vehicular Activity) dura 6 ore 2 7 minuta e lo consacra come primo astronauta italiano ad avere effettuato un’EVA. La seconda attività extraveicolare dura appena 92 minuti ma è quella in cui rischia la vita a causa di un guasto tecnico della tuta spaziale.

 

La vicenda

Il 16 luglio 2013 circa 44 minuti dall’inizio di EVA 23, Luca Parmitano (EV2) comunica alla squadra di supporto a terra di sentire dell’acqua nel suo casco dietro la testa. Si decide di continuare l’operazione attribuendo l’acqua a un eccesso di sudorazione, urina o una perdita nella sacca di riserva dell’acqua della tuta. Dopo circa 10 minuti, EV2 riporta un aumento dell’acqua nel caso ma da terra non riescono ancora ad attribuirne la causa.  Chris Cassidy (EV1), secondo astronauta assegnato a EVA 23 nonché capo dell’operazione, conferma la presenza di acqua nel casco di EV2 a seguito di un’ispezione visiva. Passati 23 minuti l’acqua non accenna a diminuire e Houston ordina di abortire l’attività extraveicolare invitando EV2 a rientrare. Durante il tragitto verso la camera di ri-pressurizzazione, l’acqua nel casco di Parmitano raggiunge la faccia bloccandogli la respirazione nasale, interferendo con il sistema di comunicazione e offuscandogli la vista. A questo si aggiunge il sopraggiungere della notte e la paura che al prossimo respiro non sarà aria a entrargli nei polmoni ma acqua. Parmitano non perde la calma e si affida alla tensione del cavo di sicurezza, che lo tiene costantemente ancorato alla stazione spaziale, per ripercorrere il tragitto che ha fatto all’inizio della missione. Una volta entrato all’interno dell’ISS, la ri-pressurizzazione ha inizio. Le orecchie dell’astronauta si riempono così di acqua rendendolo momentaneamente sordo alle istruzioni del resto dell’equipaggio. Karen Nyberg, l’astronauta scelta per aiutare i suoi colleghi dopo l’EVA, si precipita a rimuovere il casco di Parmitano e si accerta che questi sia ancora vivo. Viene appurato che nel casco si erano accumulati 1-1.5 l di acqua e la NASA apre un’inchiesta per investigare le possibili cause dell’incidente, interrompendo nel mentre qualsiasi attività extraveicolare già programmata.

 

Dall’indagine è emerso che la causa principale dell’allagamento del casco è stata l’ostruzione della pompa che separa il sistema di ventilazione dal sistema di raffreddamento della tuta. Il sistema funziona grazie a una centrifuga che ruota a 19000 giri al minuto ed è dotata di 8 fori per il drenaggio del liquido. Un piccolo ammasso di silicato di alluminio si sarebbe depositato sugli orifizi della pompa impedendo all’acqua di scorrere nell’apposito condotto e costringendola a risalita nel casco insieme all’aria. La causa di tale deposito risiederebbe in un errato lavaggio dei filtri della pompa. Infatti, il mancato utilizzo di acqua distillata durante l’intero processo ha fatto sì che i filtri invece di purificare l’acqua la inquinassero. Un’eventualità del genere non era mai stata contemplata, ragione per cui i tecnici non riuscivano all’inizio a capacitarsi del continuo aumento dell’acqua nel casco. Sola all’apertura della pompa la causa è diventata chiara.

Il malfunzionamento si era già manifestato durante la prima uscita di Parmitano (EVA 22) ma non era stato riconosciuto come tale. Infatti, la presenza di acqua nel casco si era riscontrata solo alla fine della ‘passeggiata spaziale’ e l’equipaggio dell’ISS, così come il personale NASA a Terra, l’avevano archiviata come conseguenza di una piccola perdita nella sacca di riserva dell’acqua della tuta, che era stata sostituita prima della successiva EVA.

A seguito di questo incidente, tutte le tute da EVA sono state munite di boccaglio per consentire all’astronauta di respirare anche in caso di casco allagato.

 

Residuo nei fori.

L’esperienza di Parmitano come pilota collaudatore per l’Aeronautica Militare ha sicuramente giocato un ruolo essenziale a fargli mantenere il sangue freddo durante l’intera vicenda. Si pensi che durante l’intera vicenda il suo battito cardiaco è rimasto del tutto inalterato. Ma non è la prima volta che Parmitano dà prova del suo sangue freddo. L’11 maggio 2005, l’allora capitano Parmitano dovette affrontare un atterraggio di emergenza con il suo AMX a causa di uno scontro con un grosso volatile mentre sorvolava la Manica. Nonostante il velivolo fosse quasi completamente distrutto e la radio fosse fuori uso, decise di non eiettarsi e riportò il velivolo a terra, guadagnandosi per tale impresa la Medaglia d’Argento al Valore Aeronautico.

La seconda passeggiata di Parmitano nello Spazio ci fa capire come sia impossibile prevenire qualsiasi inconveniente possa colpire gli astronauti ma la capacità di uomini come Parmitano di reagire e trovare prontamente una soluzione , ci ricorda che là dove non arriva la tecnologia sopraggiunge la ragione umana.

Sara Pavesi

 

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