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Negli USA si sta legalizzando la marijuana a scopo medico

Pubblicato il 15 gennaio 2017 da redazione

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Molti stati hanno legalizzato la marijuana a scopo medico-terapeutico, ma negli Stati Uniti il possesso e l’uso rimangono un crimine federale .

Secondo le “prove conclusive e sostanziali” di un rapporto pubblicato in questi giorni dalla National Academies of Sciences, di Ingegneria e Medicina, i principi attivi della marijuana possono trattare efficacemente il dolore cronico, la nausea causata dalla chemioterapia per il cancro, e la spasticità causata dalla sclerosi multipla. La relazione sollecita ulteriori ricerche su entrambi i benefici e i rischi della marijuana, ma osserva che i ricercatori che desiderano studiare gli effetti della droga non incorrono in ostacoli significativi.

Il rapporto di 395 pagine, è l’opera di un comitato di esperti che ha considerato più di 10.000 abstract della letteratura scientifica sugli studi di ricerca sulla cannabis. “E’ molto completa ed equilibrata”, dice Igor Grant, che dirige il Centro per la Cannabis Medica di ricerca presso la University of California, di San Diego. Grant non fa parte del comitato che ha prodotto il rapporto, ma ha fornito un feedback come revisore indipendente.

La marijuana per uso medico è ora legale in 28 stati e nel Distretto della Columbia, ma il governo federale considera il suo possesso o l’uso ancora un crimine; la Drug Enforcement Administration (DEA) ha recentemente rifiutato di rimuoverlo dall’elenco dei farmaci pericolosi, se prima non vengono riconosciuti i suoi benefici medici.” Questo rapporto può realmente confutare la posizione della DEA?”, chiede Grant. “E’ assolutamente corretto dire che non ci sono prove a beneficio medico, almeno per determinate condizioni.”

 

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L’evidenza dei benefici è stata confermata nel trattamento del dolore cronico, nella riduzione di nausea e vomito indotti dalla chemioterapia, e nei pazienti con sclerosi multipla che hanno riferito che riduce la spasticità-muscolare e la difficoltà di movimento dovuta alla contrattura, anche se quando vengono effettuate da un medico le misurazioni, l’evidenza della spasticità è più debole e ridotta.

Tutti e tre questi disturbi sono stati oggetto di ampi studi clinici, e alcune nazioni hanno approvato i composti a base di marijuana per il trattamento di tutte e tre le casistiche. Finora solo due farmaci a base di cannabis sintetica, per il trattamento di nausea, sono stati approvati negli Stati Uniti.

Il comitato ha trovato “una moderata evidenza” che la cannabis aiuti le persone con alcuni disturbi del sonno e “limitata evidenza” per una serie di altri vantaggi, tra cui l’aumento di appetito e la riduzione di perdita di peso nelle persone con HIV/AIDS e allevi i sintomi di stress post traumatici.

Il Comitato riferisce però anche “prove sostanziali” che collegano l’uso di marijuana precoce con l’abuso di sostanze più avanti nella vita, suggerendo che la cannabis aumenta il rischio di problemi respiratori, incidenti automobilistici, e basso peso alla nascita nei bambini nati da madri post-fumatrici.

Molte domande rimangono senza risposta. Una delle ragione è la scarsa ricerca, ma anche la mancanza, negli studi esistenti di standard di ricerca. “Una delle cose che colpisce nel rivedere questi studi è la variabilità … nessuno sembra porre le domande allo stesso modo”, dice Marie McCormick dell’Università di Harvard. Le differenze, o mancanza di descrizioni dettagliate, sulla quantità di marijuana usata e come sia stata consumata sono stati tra i diversi fattori che hanno reso difficile il raffronto tra gli studi. Questo è vero per entrambi gli studi sia quelli sui potenziali danni della marijuana sia quelli sui suoi possibili benefici, anche se la relazione rileva che ci sono stati molti più studi sulla popolazione rispetto agli studi clinici. “Ci sono un sacco di usi comuni di cannabis medica in cui ci sono dati sufficienti per dire se sia o non sia terapeutica”, dice il membro del comitato Sean Hennessy, presso l’Università della Pennsylvania.

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Questa scarsità di prove è almeno in parte dovuta agli ostacoli normativi affrontati dai ricercatori interessati allo studio della marijuana. La Tabella DEA è uno dei più grandi problemi, che genera moltissimo lavoro burocratico, spese e ritardi nelle ricerche. Un altro ostacolo riconosciuto nella relazione è la fornitura limitata di cannabis che viene rilasciata ai ricercatori degli Stati Uniti, che hanno una sola opzione per procurarsela: una fattoria autorizzata dal governo presso l’Università del Mississippi a Oxford. La varietà e la potenza dei prodotti disponibili da quest’unica fonte è arretrata rispetto a quella che i pazienti possono ottenere presso i dispensari-legalizzati dallo stato, osserva il rapporto. La cannabis federale talvolta cresce ed è raccolta e conservata in un congelatore per anni, e questo ne diminuisce potenzialmente la qualità. La scorsa estate DEA ha riferito che potrebbe acconsentire ad altri soggetti di coltivare marijuana per la ricerca, ma che non è ancora chiaro su quale quantità darebbero l’approvazione.

Il rapporto non raccomanda alcuna modifica specifica a questo accordo, però precisa anche che “Questa è una questione puramente politica”, dice McCormick, “e come le persone decideranno di rispondere spetta al potere.”

Adriana Paolini

 

http://www8.nationalacademies.org/onpinews/newsitem.aspx?RecordID=24625&_ga=1.92318493.1683658137.1484514732

https://www.federalregister.gov/documents/2017/01/09/C1-2016-30595/schedules-of-controlled-substances-temporary-placement-of-six-synthetic-cannabinoids-5f-adb–5f-amb

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