L’UOMO CHE PIANTAVA GLI ALBERI DI JEAN GIONO

Pubblicato il 25 marzo 2018 da redazione

giono.jpg._1024L’uomo che piantava gli alberi: la dimostrazione che l’uomo, se vuole, sa essere una creatura meravigliosa.

A chiunque sia capitato di avere tra le mani e di leggere il breve libro di Jean Giono “L’uomo che piantava gli alberi”, è sicuramente giunto il messaggio di come anche un semplice gesto ripetuto quotidianamente possa portare nel corso degli anni a qualcosa di meraviglioso e di come l’uomo, se solo volesse, potrebbe fare tanto per il mondo che sta distruggendo, e lasciare qualcosa anche per le generazioni future, evitando invece di lasciare ai propri discendenti il compito di dover sistemare le cose da soli quando ormai sarà troppo tardi.

E’ quasi da considerare una parabola uomo natura, una storia che racconta l’efficacia che si può ottenere dalle proprie azioni in altri campi migliori da quello distruttivo.

Il racconto narra di un incontro con un pastore che fece Jean Giono durante una delle sue passeggiate in Provenza nel 1913. Questo pastore, chiamato Elzeard Bouffier,  nella sua determinazione, aveva deciso di piantare delle ghiande in un terreno ormai arido e abbandonato da anni, per farvi crescere degli alberi e ridonarvi la vita. Quest’uomo continuò nel suo semplice gesto di semina ogni giorno, per tantissimi anni, non demordendo mai, anche se alla fine le piante che riuscivano a crescere sane e forti erano meno della metà di quelle che piantava quotidianamente. Per circa trent’anni quest’uomo straordinario rimase determinato nel suo intento, riuscendo a far rinascere il luogo, che Jean Giono tornò a visitare parecchi anni dopo, alla fine della guerra, e che stentò a riconoscere da quanto esso pullulasse di vita. Vedere come l’uomo che lui ormai, dopo tanti anni, riteneva morto o comunque non più in attività, considerata la sua avanzata età, fu come rinascere, riuscire a provare sensazioni che ormai per colpa della guerra aveva dimenticato di poter provare. Si rese conto inoltre, tornando a visitare la casa del pastore, che anche dopo che il paese, vicino alla foresta che aveva creato, si era ripopolato di persone dopo secoli di abbandono, l’uomo non era intenzionato a fermarsi nel suo intento, continuava a piantare semi quotidianamente, sempre più lontano, finché la salute glielo permise, arrivando anche a piantare alberi di diverse specie, a parecchie miglia di distanza da dove aveva cominciato la sua missione.

Al giorno d’oggi, sembra sempre più difficile credere che un’azione del genere possa cambiare veramente le cose, si è quasi creata una sorta di rassegnazione per ciò che accade nel mondo, ma la lettura di questo libro è capace di riaccendere in noi speranze sopite, di farci credere che se c’è buona volontà allora un mondo migliore è possibile, e soprattutto che non è sempre necessario essere in gruppo per riuscire a fare qualcosa di buono, a volte basta anche la determinazione di una singola persona, il cui esempio può essere seguito successivamente anche da qualcun altro.

Il racconto di Jean Giono è accompagnato da un cartone animato, realizzato completamente con tecniche tradizionali, che ricordano molto i quadri naturalistici realizzati a matita, con l’intento forse di trasportarci in un quadro naif che si avvicini alla natura contadina. I paesaggi, colorati a pastello, sono realizzati a mano fotogramma per fotogramma, e la voce narrante che racconta le parole del libro, permette una totale immedesimazione con la vicenda, ci fa sentire come se durante quei giorni fossimo stati anche noi lì presenti insieme allo scrittore, e avessimo visto con i nostri occhi questa foresta che lentamente nel corso degli anni cresceva e si popolava di vita.

In questo racconto si intrecciano temi diversi: la natura come esempio di bellezza e come rimedio e sollievo alla vita umana, la stupidità della guerra, la forza di ogni singola volontà e l’importanza dell’azione, ma ogni volta che si rilegge questa storia si può imparare qualcosa di nuovo, cogliere particolari nascosti che prima non erano stati notati. La bellezza della storia sta nella naturalezza con cui viene raccontata la scelta del pastore di dedicare la sua vita a piantare alberi: non ci sono ragionamenti dietro, nemmeno secondi fini o premi per il protagonista, è semplicemente una sua scelta di vita, in pieno contrasto, nel silenzio e nella tranquillità di quest’uomo, con il mondo esterno, che non riesce a spiegarsi come sia nata quella foresta, se ne stupisce, ma al tempo stesso non vi da’ troppo peso, anzi, la sfrutta a suo vantaggio.

E’ un mondo che non  sospetta che dietro a tutto ciò vi sia un uomo di ottantacinque anni, e forse non potrà mai immaginarlo perché a molte persone del mondo “esterno” manca la sensibilià e la dedizione di Elzéard.

Come dice anche lo stesso Jean Giono riguardo al pastore:

Perché la personalità di un uomo riveli qualità veramente eccezionali, bisogna avere la fortuna di poter osservare la sua azione nel corso di lunghi anni. Se tale azione è priva di ogni egoismo, se l’idea che la dirige è di una generosità senza pari, se con assoluta certezza non ha mai ricercato alcuna ricompensa e per di più ha lasciato sul mondo tracce visibili, ci troviamo allora, senza rischio d’errore, di fronte a una personalità indimenticabile”.

di Francesca Pich

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