Libera la sedia: una giornata di respiro al Pirellone

Pubblicato il 01 aprile 2012 da redazione

libera la sedia

Un governatore al quarto mandato, un grattacielo, e una piazza di cui persino Google Maps ignora l’esistenza, ma di cui ieri mattina i milanesi e i lombardi si sono riappropriati, scoprendola in molti casi per la prima volta, cercando di far sentire la loro voce fino all’ultimo piano, quello dell’ufficio-suite presidenziale. Questo è stato “Libera l aSedia”che come ha detto Pippo Civati “è l’inizio di un percorso”: che deve far incontrare piazza e palazzo, persone, movimenti e partiti, e che deve svolgersi così, come ieri, all’aria aperta. L’inizio di una nuova primavera, dopo quella arancione che ha risvegliato Milano un anno fa.

C’erano tutti, società civilissima e opposizione, militanti e soprattutto cittadini lombardi, c’erano i giornalisti , e si è parlato di tutto: del grattacielo stesso, che fu costruito spianando, in un weekend
in cui i milanesi eran via per un ponte, il secolare Bosco di Gioia, e del lungo e ormai logoro rapporto tra Formigoni e il potere lombardo, così lungo da farglielo scambiare, col tempo, per una faccenda di sua esclusiva pertinenza. Di questione morale, che getta la sua ombra su questa amministrazione decimata dalle inchieste, distribuendo una nuova versione appositamente aggiornata del nostro Protocollo di Canossa,  insomma un Protocollo del Pirellone. Se ne è parlato anche sul web, ovviamente, su Twitter con l’hashtag #liberalasedia, e tra chi seguiva su Prossima Italia e su Repubblica lo streaming (difficoltoso, perchè sotto al grattacielo da 500 milioni di euro, a Milano, nel 2012, non c’è nessuna rete wi-fi a cui agganciarsi). E infine, chi c’era ha poi voluto portarsi a casa, oltre all’impegno di continuare questo percorso, i manifesti che avevamo realizzato utilizzando le vignette che Sergio Staino, facendoci un grande regalo, ha voluto dedicare all’iniziativa.


UNA REGIONE E UN PAESE A CORRUZIONE ZERO IN VIAGGIO PER PROMUOVERE LA LEGALITÀ E LA BUONA POLITICA

I numeri, si sa, sono spesso la migliore fotografia di un fenomeno. Alcuni numeri, però, hanno più la consistenza di una lapide che di una foto. E risvegliano le coscienze. E ci chiamano alla reazione. Il valore dell’economia illegale nel nostro Paese si stima attorno ai 420 miliardi di euro l’anno. Il 40% viene prodotto dal sistema mafioso: 170 miliardi di euro l’anno: una cifra che corrisponde alla somma dei Pil di Estonia, Romania, Slovenia e Croazia.
Nelle stime della Corte dei conti, la corruzione costa al nostro Paese 60 miliardi di euro l’anno: una tassa occulta che ricade su ogni cittadino nei termini di 1.000 euro l’anno di tasse in più pagate per far fronte ai costi indebiti sostenuti o agli introiti non realizzati dallo Stato a causa della corruzione. E poi c’è l’evasione fiscale: nel 2009 sono stati sottratti all’imponibile 270 miliardi di euro di redditi, mentre il mancato introito per lo Stato si stima intorno ai 120 miliardi di euro l’anno; per capirci ogni cittadino paga circa 3.000 euro di tasse in più a causa dell’evasione. 60 miliardi di corruzione e 120 di evasione fanno 180 miliardi l’anno. In 10 anni sarebbero 1800 miliardi: esattamente l’intero ammontare del debito pubblico.
La lotta alla corruzione e all’evasione, in altri termini, è la più grande manovra finanziaria che lo Stato può fare. Ma ci sono anche altri numeri che fotografano la crisi drammatica dell’etica pubblica e della legalità nel nostro Paese e che contribuiscono a spiegare le cifre precedenti. 85 è il numero dei parlamentari che hanno una pendenza con la giustizia, quasi uno su dieci. Nella nostra Regione, il numero sale ogni giorno. Sono numerosi i consiglieri regionali lombardi (ex assessori in molti casi) attualmente sottoposti ad un procedimento penale, quasi tutti per reati contro la pubblica amministrazione. Nella poco edificante classifica del malaffare istituzionale la Lombardia è quindi ampiamente sopra la già sconcertante media nazionale. La quantità spesso è indice qualitativo: il malaffare che divora alcuni centri del potere politico ed economico della nostra Regione è un fatto sistemico e come tale va contrastato. E allora, non c’è più tempo. E non possiamo più delegare. Abbiamo il dovere di promuovere con tutte le nostre forze l’etica pubblica come criterio guida dell’operato in ogni istituzione ed amministrazione, ad ogni livello. E abbiamo il dovere di animare e praticare una lotta radicale contro ogni forma di corruzione.

DA CANOSSA AL PIRELLONE
Con questo spirito a Canossa il 3 marzo abbiamo realizzato la prima Assise nazionale di Prossima Italia sulla lotta alla corruzione, al termine della quale abbiamo stilato un Protocollo per la promozione della legalità e il contrasto ad ogni forma di corruzione: un distillato delle proposte emerse nel corso dell’Assise per contribuire alla costruzione di un Paese a cor ruzione 0.
Un protocollo che proponiamo come raccolta – sia pur sintetica – delle condizioni basilari per intraprendere un serio percorso di promozione della legalità nelle istituzioni. Condizioni che non possono più rappresentare solo un desiderabile moto dell’animo, ma vogliono e devono costituire condizioni politiche. Condizioni che i cittadini devono porre alla base della delega nella rappresentanza. Condizioni che la politica sana deve porre alla base dei programmi e del proprio operato. Il protocollo di Canossa inizia a vivere al Pirellone: un Paese a corruzione 0 si costruisce a partire da Regioni a corruzione “0”.

IL PROTOCOLLO DI CANOSSA
1. Prevenzione della corruzione politica attraverso la promozione della trasparenza e del controllo dal basso, dell’open data e delle nuove tecnologie. Tutti i partiti, fondazioni politiche e comitati elettorali dovranno pubblicare su un unico sito internet gestito da un ente terzo tutte le loro entrate e uscite superiori a 500 Euro per fonte o destinatario della transazione, con rendiconti ogni tre mesi e ogni mese nei sei mesi prima del voto. Il finanziamento pubblico ai partiti va riformato agganciando il rimborso alla spesa sostenuta, istituendo organi di controllo e riformando il sistema sanzionatorio: in caso di violazione delle regole sul finanziamento devono essere previste sanzioni pecuniarie per i partiti, e, nelle ipotesi gravi, la sospensione o l’esclusione dall’assegnazione futura del rimborso. Il finanziamento privato ai partiti va disciplinato introducendo un limite quantitativo e fattispecie penali per la violazione del limite al finanziamento.

2. Introduzione di regole basilari di promozione e tutela della dignità della rappresentanza politica. E’ imprescindibile disciplinare per legge specifiche cause di ineleggibilità che inibiscano la candidatura e comportino l’automatica decadenza dalle funzioni di rappresentanza politica ad ogni livello dei condannati in via definitiva per i delitti contro la pubblica amministrazione. E’ necessario impedire i doppi incarichi, che prefigurino rapporti non corretti tra controllori e controllati, e contrastare gli episodi di familismo a ogni livello. Va istituita un’anagrafe, anche tributaria, degli eletti e dei principali dirigenti dell’amministrazione pubblica, a livello locale e nazionale.

3. Per combattere la corruzione negli appalti, sempre più alimentata dalla criminalità organizzata, è necessario disciplinare per legge alcuni strumenti preventivi e sanzionatori già sperimentati in protocolli virtuosi di legalità (ad esempio il protocollo per la legalità negli appalti dei Comuni di Reggio Emilia e Forlì e del piccolo Comune di Merlino). E’ necessario assicurare la trasparenza degli atti amministrativi attraverso la pubblicazione, sul sito internet dell’ente pubblico, delle consulenze e delle collaborazioni, di tutti gli appalti e dei subappalti, introducendo meccanismi di regolamentazione dei conflitti di interessi ed incentivando la nascita di stazioni uniche appaltanti dotate di adeguate strutture e professionalità. Va incentivata la nascita di “white lists” di operatori economici dotati dei necessari requisiti di moralità professionale, condizionando l’aggiudicazione degli appalti – anche nel privato – al rispetto di detti requisiti: comunicazione della composizione della compagine societaria, del casellario giudiziale dei titolari e dei soci, dei bilanci dell’ultimo anno di attività, dell’elenco di tutti i fornitori e subappaltatori. Vanno diffuse e promosse come modello: la carta etica dei professionisti di Modena (che prevede l’espulsione del professionista nel caso di condanna per reati mafiosi o la sospensione nel caso di indagini) e la Carta di Pisa, promossa da Avviso Pubblico, che dovrebbe impegnare tutti gli amministratori eletti nelle file del PD.

4. Il contrasto alla corruzione dei funzionari pubblici va effettuato incentivando le pratiche di denuncia, indispensabili per far emergere l’enorme sacca di corruzione “nascosta” che attanaglia il sistema, e tutelando in modo efficace chi denuncia. E’ indispensabile istituire un Osservatorio sul rischio corruzione, che operi un censimento analitico dei casi emersi, anche nella prospettiva di agire sugli snodi procedurali in cui si è radicata la pratica corruttiva, e una banca dati nazionale sulle statistiche giudiziarie penali per i reati contro la PA con una dimensione temporale, aggiornabile e aperta al pubblico e un indicatore di corruzione costituito da una parte “comune” relativa a variabili economiche, socio-culturali e demografiche e da una parte  “specifica” relativa agli ordinamenti giuridici dei paesi europei.

5. Adozione degli strumenti normativi previsti dalle convenzioni internazionali contro la corruzione: introduzione dei reati di autoriciclaggio, corruzione tra privati, interferenza illecita negli affari privati, oltre alla revisione della fattispecie di falso in  bilancio. Bisogna riformare il complessivo sistema della prescrizione, che nega l’accertamento di un numero consistente di delitti contro la pubblica amministrazione, prevedendo, da un lato, la sospensione della prescrizione sostanziale dopo l’esercizio dell’azione penale, dall’altro un termine di prescrizione processuale che consenta di portare a termine il processo nel rispetto della ragionevole durata. E’ necessario rivisitare il sistema sanzionatorio dei reati contro la pubblica amministrazione previsto dal codice penale, a partire da un cambio di prospettiva. Bisogna prevedere e garantire l’effettiva applicazione di severe sanzioni disciplinari e pecuniarie agganciate alla rilevanza del prezzo e del profitto del reato ed introdurre meccanismi fondati sul danno punitivo. Il risarcimento dovrà essere quantificato in modo più rapido e in base a moltiplicatori legati alla gravità del reato: nei casi più gravi anche il triplo o il quadruplo del danno arrecato.

www.prossimaitalia.it

 

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