Categoria | Cultura

L’Asia, l’altra metà del genere umano

Pubblicato il 29 settembre 2022 da redazione

 

Bodleian

Avestā, apertura del Gāthā Ahunavaitī, Yasna XXVIII,1, testo attribuibile allo stesso Zarathuštra (dalla Biblioteca Bodleiana MS J2) «Con le mani protese in atto di adorazione verso di te, o Mazdā, io ti prego anche per intercessione di Vohū Manah, il tuo Spirito d’amore, e verso di te o Aša, ordine e rettitudine, [ti prego] di poter godere la luce della saggezza e la coscienza pura, e di poter recare così consolazione all’Anima»

 

Prima parte: i Persiani

L’Asia, una realtà umana, etnica, storica, economica e spirituale, in cui vive oggi più della metà dell’intera umanità.

Gesù Cristo nacque in Asia, come lui anche Buddha e Maometto. Dall’Asia arrivarono i barbari che distrussero l’impero romano e per raggiungere una delle sue regioni, le Indie, nel Rinascimento iniziarono i grandi viaggi di esplorazione che portarono l’Europa a dominare il mondo.

Oggi siamo a un punto cruciale in cui dobbiamo scegliere se accettare e lavorare per un mondo multiculturale o barricarci dietro le nostre tradizioni ignorando tutte le altre.

Dipenderà dal saper mitigare e risolvere i problemi dell’Asia se l’intera umanità, e non solo l’occidente, potrà in futuro godere della pace e della sicurezza piuttosto che essere trascinata nel vortice dei contrasti e delle frizioni, che ancora molto dipendono dalla marcia inarrestabile, e in forte accelerazione, che vorrebbe uniformare e livellare il mondo intero su modello della civiltà occidentale.

Sfugge ancora alla mentalità occidentale, o semplicemente preferisce ignorare, quell’intero patrimonio di culture, conoscenza e storia, costruito in migliaia di anni, che precede anche il nostro, e che non è stato ancora assimilato, ma semplicemente archiviato e per lo più studiato da specialisti chiusi nei loro istituti, che non si curano di divulgarne la storia e i contenuti, quali utili strumenti a instaurare una reciproca comprensione, un dialogo fra cittadini di un comune mondo su cui , nel bene come nel male, balliamo tutti, felicemente o disperatamente, e di cui oggi più che mai se ne sente  la necessità.

Con la parola Asia si è archiviato un “faldone” che contiene religioni più antiche del cristianesimo, civiltà le cui origini sono più antiche della nostra e che hanno vissuto sulla Terra per millenni, elaborando una propria e autonoma visione del mondo e una serie di risposte ai problemi tradizionali dell’uomo, quali la pace, la salvezza, la convivenza, la lotta per la vita, un patrimonio di idee che la mente occidentale non ha mai neppure sfiorato e che sono alla base di intere vie di civiltà diverse dalla nostra.

A partire dai Greci l’Europa manifesta amore per la libertà, che si contrappone all’assolutismo, per esempio, degli antichi persiani. Individualismo, azione, amore di sé, lavoro, combattimento si contrappongono alla non azione, alla pace. L’azione è vista come fonte di salvezza mentre viceversa la religiosità indiana la condanna. Da un lato vi è la valorizzazione estrema dell’individuo e dall’altro l’invito a sviluppare una sensibilità cosmica.

Oggi potenti forze economiche, tecnologiche, culturali spingono per una maggior unificazione dell’umanità, che implica il sentirsi uguali, più vicini. Un senso di prossimità che non si esaurisce semplicemente nel vestire gli stessi abiti, mangiare lo stesso cibo, usare le stesse automobili e viaggiare sugli stessi aerei. Un senso di vicinanza che passa da una valutazione: quanto vale un individuo occidentale e quanto vale un individuo asiatico? E da dove ciascuno di noi attinge nel rispondere a questa e ad altre domande se non alle tradizioni del passato, il grande patrimonio in cui giacciono gli elementi per valutare il presente e il futuro?

 

I Persiani

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Zoroastro.

 

La Persia è una vasta area del continente asiatico disposta fra le montagne che rasentano a oriente il corso settentrionale dell’Indo e a occidente quelli del Tigre e dell’Eufrate e che poi si estende a sud fra le pianure deserte del Belucistan e la antica Gedrosia e infine a nord nel Caucaso e nei deserti dell’Asia settentrionale.

Nell’insieme, come i lontani cinesi, questo paese vanta una certa unità storica ed etnica. Profeta dei persiani fu Zoroastro o Zaratustra, che visse nel VII sec. a.C., prima quindi di Socrate, Buddha, Confucio, Gesù Cristo e Maometto.

Le uniche due invasioni che interessarono la Persia furono quelle dei greci di Alessandro il Macedone (IV sec. a.C.) e degli arabi (VII sec d.C.). Nell’epoca moderna fu interessata, invece, da una certa egemonia britannica senza però mai arrivare a essere occupata. Gli unici, invece, che trasformarono il paese e i loro costumi furono gli arabi, che sostituirono Zoroastro con la religione musulmana.

Oggi quest’area si chiama più propriamente Iran, nome che deriva da arii o ariani, una grande famiglia di popoli che ricomprende oltre agli iraniani attuali, anche indiani, greci, latini, celti, slavi e germani e che nell’insieme sono noti come indoeuropei, e che oggi comprendono una buona parte delle popolazioni asiatiche, di quelle delle Americhe, dell’Oceania e dell’Europa e che anticamente abitavano l’altopiano iraniano, testimoniando così la loro comune origine.

Gli indoeuropei, originari di una non ben precisata regione dell’Asia centrale, erano nomadi. Una parte di loro si spinse verso l’Europa e altri, rimasti uniti più a lungo si mossero verso l’India e verso l’Iran. La loro comune origine è stata rintracciata nella lingua iraniana antica, in quella dell’antica India, nel greco di Omero, nel latino, nell’antico germanico e in alcuni documenti letterari slavi.

Iraniani e indiani rimasero uniti per lungo tempo, come testimoniamo i loro due principali poemi, l’Avesta per gli iraniani e i Veda per gli indiani, insieme ad alcune loro figure eroiche, dove Yama è il primo re per gli iraniani ed eroe mitico per gli indiani, e che per entrambi rappresenta il primo uomo, che non ha padre umano ma il sole stesso, ascendenza riconosciuta anche agli imperatori dell’antico Giappone. Sempre tra i comuni eroi nei Veda si parla di Trita, che uccide un serpente a tre teste e nell’Avesta si parla di Treataona che anche uccide un serpente, entrambi precursori di San Giorgio che uccide il drago e infine, solo per citarne alcuni vi è l’eroe superbo che avendo voluto volare precipita con vergogna al suolo nei racconti iraniani, nella foresta in quelli indiani, nel mare in quelli greci di Icaro.

Sia come sia, insediatisi nella regione iranica, gli irani o iraniani entrano in contatto con i semiti (assiri e babilonesi), che abitavano nella confinante Mesopotamia, la grande pianura del Tigre e dell’Eufrate, dai quali assimilano la scrittura cuneiforme e alcuni simboli come quelli del dio Ahura Mazda con la tiara in capo, le ali da sparviero, un mistico anello della mano sinistra, mentre la destra si alza nell’atto di benedire e che ricorda la divinità Assur e infine il culto degli astri che ereditano da Ninive e da Babilonia.

La religiosità persiana, quella che ha origine nella predicazione di Zoroastro ha natura dualistica. L’dea prevalente è di un eterno contrasto fra il bene, la luce, e il male, le tenebre. Tra la verità e la menzogna, la vita e la morte.  Il bene è personificato nell’Avesta nel dio benefico Ahura Mazda, oggi Ormuz, che abita nella luce, mentre il male è personificato nell’Avesta nel dio maligno Anra Mainyu, oggi Ahriman, che abita le tenebre. Come nel resto delle popolazioni dell’antichità, anche gli iraniani si consideravano come il primo popolo che fosse stato mai creato.

 

Preghiera zoroastriana

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Parlerò

Ora sto per parlare, ascoltatemi:

tutti voi che mi siete vicini,

e coloro che sono lontani,

venite tutti a istruirvi.

Egli si è manifestato,

cercate la sua saggezza.

Possa il falso medico non distruggere

la seconda esistenza degli uomini,

perché quegli è il malvagio.

 

Vi parlerò dei doppi spiriti,

il più santo dei quali,

al principio dell’esistenza,

disse al malvagio distruttore:

“Mai i nostri pensieri,

né le nostre dottrine,

né le forze della nostra mente,

né le nostre scelte,

né le nostre parole,

né i nostri atti,

né le nostre coscienze

e neppure le nostre anime sono in armonia.”

 

 

I Persiani e l’occidente

Zoroaster

 

I miti della Persia sopravvissuti in occidente hanno contenuto diverso. Per gli occidentali, e fino ai nostri giorni, la Persia significò l’antitesi, la negazione e l’opposizione. Non significò l’assenza di civiltà, come nel caso dei barbari, ma di una civiltà antitetica, basata su principi che negavano quelli dei popoli mediterranei, in cui l’assolutismo si contrapponeva alla libertà e all’individualismo dei greci.

Nei secoli immediatamente precedenti e seguenti la nascita di Gesù Cristo i tre grandi imperi, di Roma, Iran e Cina costituirono con il loro forte potere statale una barriera quasi ininterrotta attraverso l’Eurasia, dall’Atlantico al Pacifico che costituiva una importante difesa dei centri di maggior cultura urbana e agricola, dalla pressione delle popolazioni nomadi indoeuropee e turcomongoliche dell’Asia delle steppe.

L’Iran antagonista prima di Roma e poi di Bisanzio, fu retta dalla dinastia arsacide (250 a.C.- 224 d.C.) e poi dai Sasanidi che rovesciati i Parti, di cultura parzialmente ellenizzata, virarono a favore di una tradizione completamente iranica per i successivi quattro secoli. Il loro maggior imperatore fù Khusraw I (Cosroe) contemporaneo di Giustiniano.

La maggior espressione della contrapposizione con i romani la si rintraccia, oltre che nel modello sociale e politico, in quello religioso, che con il Cristianesimo promuove quello monoteista ancor più in antitesi con dualistico persiano.

Con Mani, il fondatore del manichesimo emerge con forza la contrapposizione fra il bene e il male.

Mani fu un grande riformatore religioso, nemico del sacerdozio.  La sua idea era che esistesse una dualità assoluta e intatta di due nature, sostanze, radici: la luce e l’oscurità, il bene e il male, dio e la materia. Ciascuna è un principio, ed essendo ingenerata e pertanto eterna, ciascuna ha valore e potenza eguali. Fra di loro nulla è in comune, si oppongono in ogni cosa. I due principi sono due mondi antitetici ben separati da una frontiera, la regione del bene a nord e quella del male a sud, ciascuna ha alla sua testa un re: per la luce il padre della grandezza per l’oscurità il principe delle tenebre.

Nel regno del bene dominano cinque principi: intelligenza, ragione, pensiero, riflessione, volontà.

Nel regno del male, invece, tutto è pervaso da: fumo o nebbia, fuoco che divora, vento che soffia distruggendo, acqua e fango tenebrosi, e ciascuno di questi mondi ha alla testa un arconte, uno dalla forma di un demone, un altro di quella di un’aquila, di un leone, di un pesce e di un serpente, tutti e cinque uniti nel re delle tenebre.

Bene e male sono anche forze opposte, il bene va verso l’alto, estendendosi all’infinito verso nord, est e ovest, mentre il male va sempre verso il basso estendendosi all’infinito solo a sud.

La tragedia del mondo e della vita stessa sta nel fatto che i due principi, una volta ben divisi, si sono poi fusi, mescolati, e ora lottano continuamente sia nella natura sia in ciascun individuo. La pace si avrà solo alla divisione finale, che porrà fine alla lotta e alla vita stessa, e non al trionfo di uno dei due. Ma essendo i due principi indistruttibili in che cosa l’uomo può sperare? Ed è questa impotenza intrinseca del manicheismo che lo condanna ad essere cacciato e perseguitato ovunque, condannando al contempo la Persia antica al suo isolamento spirituale.

Nel 652 d.C. muore l’ultimo re sasanide, e nell’arco dei soli vent’anni successivi l’Iran sarà già in mano agli arabi e diverrà un paese islamico.

 

Adriana Paolini

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