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La Metro di Napoli ferma al Museo Archeologico Nazionale

Pubblicato il 24 marzo 2014 da redazione

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Il museo archeologico di Napoli è uno dei più grandi a livello mondiale e racconta ai visitatori quelle che sono le radici di una città dalla storia millenaria. Il palazzo, di epoca Borbonica, sorge sulla necropoli greca di Santa Teresa degli scalzi[1], risalente al V e IV secolo a.C., e ospita tre principali collezioni: la collezione Farnese, con statue provenienti da Roma e dintorni, la collezione Pompeiana, con tutti i ritrovamenti della città distrutta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., e la collezione Egizia, seconda più ricca in Italia dopo quella del museo archeologico di Torino[2].

All’interno del museo è possibile ammirare alcune delle icone dell’arte antica, come l’Ercole Farnese e il doriforo o i mosaici pompeiani come il ritratto di Saffo e il “Cave Canem”.

 

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Francesco Venezia, “Schizzi per il museo nelle cavità del monte Echia”, Napoli, 1988.

Il complesso museale si trova nell’intersezione tra via Foria e via Santa Teresa degli scalzi, a pochi passi da via Duomo. È per questo un punto nevralgico nella città di Napoli e quando venne affidata a Gae Aulenti la progettazione della nuova stazione della metropolitana Dante-Piscinola, aperta nel 2000, era già presente la stazione della metropolitana che porta alla stazione centrale.

Gae Aulenti riesce a mostrarci tutta la sua maestria nel controllo della luce e del rapporto tra antico e moderno. Seppure il rivestimento delle pareti in pannelli di vetro con una griglia regolare è lo stesso della stazione di Dante, il progetto è differente. Lo spazio più interessante è quello che si incontra poco prima di oltrepassare i tornelli, caratterizzato da un’illuminazione zenitale e da un rapporto sovradimensionato rispetto alla scala umana; quest’ultimo è accentuato dalla presenza di un calco dell’Ercole Farnese, scultura del II secolo d.C., il cui originale è conservato proprio all’interno del Museo Archeologico nazionale. L’idea di collocare una scultura colossale in uno spazio scavato ricorda uno schizzo di Francesco Venezia, nel quale immaginava di collocare proprio l’Ercole Farnese all’interno di una cavità ricavata al di sotto del monte Echia a Napoli.

 

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“Donna con tavolette cerate e stilo” – Ritratto di Saffo, Affresco romano, 50 d.C. ca.

 

 “Avevo immaginato che nelle cavità al di sotto del monte Echia a Napoli potessero essere collocati alcuni pezzi del Museo archeologico nazionale, primo fra tutti l’Ercole Farnese, e con esso altre sculture colossali. Avrebbero avuto in quel mondo sotterraneo una sistemazione pregna di significato, essendosi quelle cavità in principio formate fornendo materia alla costruzione del primo insediamento greco, sull’acropoli a picco sul mare.” (Francesco Venezia –Che cos’è l’architettura)

 

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La statua colossale dell’Ercole Farnese, alta circa 3,20 metri, rappresenta Ercole, figlio di Zeus, mentre si riposa dopo aver compiuto il furto dei pomi d’oro dal giardino delle Esperidi, sua undicesima fatica. I pomi d’oro sono infatti stretti da Ercole nella sua mano destra, nascosta dietro la schiena.

Questo primo ambiente anticipa l’idea principale di progetto: il rapporto tra antico e contemporaneo sempre armonico e mai conflittuale.

Al di sopra dell’uscita che porta al Museo Archeologico è presente il calco di una testa di cavalla in bronzo, chiamata “Testa Carafa”, in quanto fu donata a Diomede Carafa da Lorenzo il Magnifico nel 1471.

 

Mimmo Jodice, Laocoonte.

Mimmo Jodice, “Laocoonte”.

Il lungo corridoio sotterraneo che collega la stazione della Linea 1 a quella della Linea 2 è stata progettata come una galleria fotografica che espone foto di autori come Mimmo Jodice e Fabio Donato.

Entrambi i fotografi rappresentano la cultura: Jodice attraverso l’arte antica, Donato attraverso il teatro.

Tre foto di Donato sono in sequenza e ci mostrano il suo stretto legame con il mondo del teatro e con le sue radici napoletane. La prima foto rappresenta se stesso, con alle spalle un’opera di Andy Warhol: l’ingrandimento della prima pagina de “Il Mattino” a seguito del drammatico terremoto del 23 novembre del 1980. Le altre due foto rappresentano Eduardo De Filippo e Masaniello, uno dei personaggi più importanti della storia napoletana, interpretato da Mariano Rigillo nel 1976.

 

“Occhi spalancati che hanno visto vicende lontane, bocche che hanno parlato le origini della nostra stessa lingua, persone che tornano a noi attraverso la concretezza del marmo o del mosaico” (Roberto Valtorta)

 

Mimmo Jodice ci mostra la sua grande capacità nell’interpretare in chiave contemporanea opere appartenenti al mondo dell’arte antica. L’utilizzo della fotografia, arte contemporanea per eccellenza, da punti di vista non convenzionali riesce a svelare dei significati espressivi nascosti presenti nelle sculture. Forte è questo concetto in alcune fotografie del Laocoonte, poste ai lati della riproduzione in bronzo della statua greca. La statua presenta linee di forza aggrovigliate tra di loro, che servono ad accentuare il tentativo dei personaggi di liberarsi dalla stretta del serpente. Per via questa composizione, quando si è di fronte all’operanon si riescono a percepire a pieno le espressioni dei tre personaggi. Mimmo Jodice riesce, con alcune angolazioni ben studiate, a massimizzare la drammaticità dei visi.

 

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Mimmo Jodice, “Anamnesi”.

L’altra opera straordinaria di Iodice è “Anamnesi”, una serie di 18 scatti che rappresentano volti che vogliono far ripercorrere la storia della cultura del mediterraneo. Le foto sono di diverse dimensioni e sono poste ad altezze diverse dal pavimento, in modo che tutti gli occhi siano allineati.

Il progetto si conclude con una piccola sala che espone tutti i ritrovamenti avvenuti durante gli scavi per la realizzazione della stazione. L’idea di questo spazio, chiamato “Stazione Neapolis”, è quella di creare un museo accessibile a tutti, e donare alla città “un po’ di silenziosa antichità nella sua caotica quotidianità”.

di Fabrizio Esposito

 

Note

[1] La Necropoli di via Santa Teresa degli Scalzi è situata all’inizio dell’omonima strada ed è stata rinvenuta nel 1810, mentre venivano effettuati dei lavori per l’asse viario che avrebbe collegato il Museo archeologico alla reggia di Capodimonte.

[2] È da citare la collezione egizia dei musei vaticani, seconda per grandezza, ma da alcuni testi non identificata come territorio italiano._

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