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“La Mediazione Civile: Istituto di belle speranze”

Pubblicato il 25 febbraio 2015 da redazione

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“Scoraggia la lite. Favorisci l’accordo ogni volta che puoi. Mostra come l’apparente vincitore sia spesso un reale sconfitto (…) in onorari, spese e perdita di tempo”.  (Abraham Lincoln)

 

Con il D.Lgs n.28/2010 e del D.M. 180/2010  nel tentativo di deflazionare il carico delle aule giudiziarie e snellire i tempi di risoluzione delle controversie civili, il legislatore ha operato una scelta radicale in favore della mediazione estendendola a nuove controversie, peraltro di rilevante portata (risarcimento danni da veicoli, condominio, diritti reali, responsabilità medica ecc.).

E’ dunque sorta l’esigenza di formare i nuovi soggetti deputati alla mediazione, che dovranno confrontarsi con un  procedimento completamente nuovo e che presuppone competenze non solo giuridiche, ma anche psicologiche e comunicazionali.

 

Ma  chi  è il Mediatore Civile e Commerciale?

Certamente una nuova figura professionale di elevata  importanza, basti considerare che, il  mediatore facilita la comunicazione tra le parti in lite, favorendo l’emersione dei loro reali interessi e così agevolando una soluzione amichevole della controversia, che  come  figura diversa da un Giudice o da un Arbitro, è un professionista, terzo neutrale, che facilita la cooperazione e la risoluzione della controversia, comunicando con le parti e sollecitando l’emergere di elementi di contenuto e di forma diversi da quelli che hanno generato il contenzioso.

Ma perché si parla tanto di Comunicazione nella Mediazione?

Sappiamo che  ogni attività professionale, deve, suo malgrado confrontarsi e considerare gli effetti della comunicazione oltre ai principi che la caratterizzano e la regolano. Se le conoscenze tecniche specifiche sono requisito indispensabile per ricoprire una certa posizione e professione, possedere adeguate capacità comunicative e relazionali, è necessario per lo svolgimento ottimale di qualsiasi attività ed in particolare di quella di mediazione, poiché l’intero procedimento di Mediazione si cala interamente nel processo di comunicazione.

Il Mediatore, infatti, deve conoscere e adoperare le tecniche per poter contribuire positivamente a creare un clima motivante, un’atmosfera di collaborazione e di scambi che favoriscano che la conciliazione si chiuda con le migliori probabilità di successo.

Si dice infatti che il Mediatore debba avere le seguenti qualità: essere  competente ma realista, flessibile e al tempo stesso fermo, ottimista e riservato , senza pregiudizi e sempre aggiornato , ma soprattutto comunicativo. Debba cioè avere il cosi detto “occhio prensile” ossia sempre attento ai dettagli, ma capace di stabilire un canale comunicativo tra le parti.

Si è molto scritto e parlato di Tecniche e di modelli di mediazione, ma vediamo su quali principi si  basa.

 

Gli Assiomi della Comunicazione.

Una unità di comunicazione, comportamento compreso, è chiamata messaggio, una serie di messaggi scambiati fra persone rappresenta una “interazione”. Grazie agli studi di  Watzlawick  secondo il quale la comunicazione è la “Conditio sine qua non, della vita umana e dell’ordinamento sociale”, nel 1971  sono stati individuati alcuni principi e/o proprietà semplici della comunicazione.

Primo Assioma: l’impossibilità di non comunicare.

Forse la proprietà più semplice e più ovvia della comunicazione, anche se viene spesso trascurata. Dal momento che non è possibile non comportarsi e considerato che ogni comportamento è comunicazione,  viene automatica  la verifica del primo assioma.

Per quanto ci si possa sforzare il massimo che possiamo ottenere è il comunicare di non voler o poter comunicare.

Si comunica anche con il silenzio.

Secondo Assioma: la comunicazione si compone di un livello di Contenuto e uno di Forma o Relazione.

Una comunicazione non soltanto trasmette informazione (contenuto), ma al tempo stesso impone un comportamento (forma). Dentro un messaggio quindi esiste sia una componente di notizia, sia una componente di forma.

La comunicazione può essere dunque verbale e non verbale .

Terzo Assioma: la punteggiatura della sequenza di eventi.

L’osservatore esterno considera una serie di comunicazioni come una sequenza ininterrotta di scambi. Chi partecipa all’interazione, ed è calato nella comunicazione, legge lo scambio e reagisce ad esso secondo quella che viene definita punteggiatura della sequenza di eventi. Molti conflitti sono originati da una punteggiatura conflittuale della suddetta sequenza degli scambi. In altre parole la punteggiatura della sequenza di eventi definisce la relazione tra due o più persone  in termini di causa – effetto. Ognuna delle parti infatti, interpreta lo scambio in modo tale da vedere il proprio comportamento come causato dal comportamento dell’altra parte, e mai come causa della reazione dell’altro, e viceversa: in breve, ognuna delle parti accusa l’altro di essere la causa del proprio comportamento.

Un esempio semplice potrebbe essere: non ti ho pagato perché non mi hai inviato l’avviso di pagamento – non ti ho inviato l’avviso di pagamento perché non mi hai pagato.

Quarto Assioma: la comunicazione è numerica e analogica.

Questo principio attribuisce agli esseri umani la capacità di comunicare sia analogicamente sia digitalmente. Quando gli esseri umani comunicano per immagini, ad esempio disegnando, la comunicazione segue una modalità analogica. Quando invece si comunica usando le parole, la comunicazione segue la modalità digitale.

Questo perché le parole sono segni arbitrari che permettono una manipolazione secondo le regole della sintassi logica che li organizza.

Quinto Assioma: interazione simmetrica e complementare.

Gli scambi di comunicazione possono essere simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza. Nell’interazione Complementare si distingue una posizione “down” e una posizione “up”: colui che chiede o domanda qualcosa implicitamente delega la decisione all’altro ponendosi appunto in posizione down. Nell’interazione Simmetrica la parte afferma il suo diritto di decidere l’esito della questione. In ultima analisi si dicono complementari gli scambi comunicativi in cui i comunicanti non sono sullo stesso piano (mamma/bambino, dipendente/datore di lavoro, parte/giudice).

Sono simmetrici gli scambi in cui gli interlocutori si considerano sullo stesso piano: è questo il caso di comunicazioni tra pari grado (marito/moglie, compagni di classe, fratelli, amici, parti in contenzioso).

 

I Principi della Comunicazione nella Mediazione.

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In corrispondenza del primo assioma, si evince che tutto ciò che avviene ed emerge durante il procedimento di mediazione è Comunicazione, e quindi non può non essere considerata dal Mediatore nelle sue modalità e caratteristiche di manifestazione.

Il secondo principio suggerisce alla figura del Mediatore di prestare adeguata attenzione ed elaborare, sia gli aspetti di contenuto (informazioni) e comprendere la questione fonte di contenzioso, che quelli di forma o relazione (comportamento) della comunicazione e capire sia il significato che sostiene e alimenta la propria posizione nella contesa oltre che suggerire al Mediatore modalità opportune di relazionarsi con le parti.

Osservare la punteggiatura della sequenza degli eventi, così come indicato dal terzo assioma della comunicazione, vuol dire per il mediatore osservare la manifestazione del conflitto e avere chiaro le posizioni, con cui arrivano in Mediazione, le Parti.

Il Mediatore, oltre ad osservare gli elementi analogici e numerici della comunicazione propria e delle parti,  dovrà tener conto che il significato o senso che sta dando alla componente analogica è inevitabilmente influenzata dal suo modo di interpretare determinati segnali comunicazionali. In altri termini:

Il signor C arriva in Mediazione, ci saluta e si siede, comincia a raccontare la sua versione del contenzioso ecc.

Oltre alla comunicazione verbale (numerica) il Mediatore ne riceve un’altra di tipo non verbale (analogica) molto importante.

Ovvero quando il signor C è arrivato come ci ha salutato? Cordialmente o freddamente? Come ci guarda il signor C? Com’è vestito? Ha una faccia simpatica? Come racconta la questione? La voce è ferma o trema per l’emozione? E’ arrabbiato o ha paura? etc.

Continuamente noi traduciamo (attribuiamo un significato) la comunicazione Analogica, ma molto spesso facciamo errori di traduzione.

Questo avviene principalmente per il fatto che ciò che percepiamo dall’esterno lo integriamo con il nostro interno, e la traduzione che si fa di un comportamento è da ricondurre anche al sistema di lettura della realtà del Mediatore che solo in parte ha a che vedere con la realtà dell’altro.

Tener conto del quinto assioma (interazione simmetrica e complementare) vuol dire principalmente per il Mediatore, non cadere nella trappola di essere percepito come un giudice o un arbitro, in caso di comunicazione complementare, che si verifica allorquando una o entrambe le parti gli chiedono di suffragare le loro posizioni e giudicare e/o valutare in merito alle loro ragioni; e non entrare in conflitto con nessuna delle parti in caso di una comunicazione di tipo simmetrica, che si verifica ad esempio quando una o entrambe le parti sottolineano con forza le proprie motivazioni e ragioni ritenendole irremovibili.

 

Tecniche di comunicazione, gli strumenti del Mediatore

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Ascoltare attivamente

Ascoltare la parte avversa è molto difficile in qualsiasi situazione conflittuale.

Aiutare le parti ad ascoltarsi reciprocamente.

Una terza parte, non direttamente coinvolta, può dunque ascoltare in modo più neutrale e oggettivo.

Il mediatore deve aiutare le parti a separare i contenuti dagli aspetti puramente emotivi, in modo che entrambe si ascoltino e individuino così il vero problema. Quando si convince che l’altra ha capito l’essenza del problema, la parte che parla tende a pensare che i suoi sentimenti in merito al conflitto siano accettabili.

Questo è il cosiddetto “riconoscimento”. Si tratta di una tecnica importante in ogni fase della mediazione, ma soprattutto all’inizio. Bisogna assicurarsi che tutte le parti si sentano ascoltate e, appunto, riconosciute. È utile anche per risolvere controversie, o questioni specifiche, che suscitano emozioni forti. Il Mediatore deve assicurarsi che ciascuna parte abbia l’opportunità di spiegare il proprio punto di vista senza essere interrotta, né dalla controparte né dal mediatore stesso. Quando le emozioni si intensificano, si può provare a lasciare che ciascuno parli per un minuto: è questo il tempo massimo per il quale le persone coinvolte in un conflitto riescono ad ascoltarsi con attenzione. Il Mediatore deve assumere un atteggiamento neutrale, trattenendosi dall’esternare reazioni che possano essere interpretate come approvazione o disapprovazione. Per esempio, è meglio apparire passivi di annuire troppo.

 

L’ascolto del mediatore.

Il Mediatore deve ascoltare attivamente per decidere gli interventi nelle fasi successive della mediazione e la loro tempistica, e per interpretare i contenuti delle dichiarazioni in modo produttivo.

La natura dell’ascolto dipende dalla fase della mediazione e dagli obiettivi che il mediatore si è prefissato. Un mediatore non deve soltanto ascoltare con attenzione, ma anche comunicare alle parti che le sta ascoltando. Per dimostrare che si sta ascoltando attivamente è necessario offrire un continuo feedback a chi parla, sia attraverso il comportamento non verbale, sia parafrasando, riassumendo o dando eco a ciò che è stato detto.

Anche la ri-contestualizzazione è utile per l’ascolto attivo, il mediatore deve però assicurarsi, tramite domande di verifica, che essa sia esatta, e che chi parla sia stato realmente compreso. L’ascolto attivo serve in qualsiasi momento, e in particolare durante le sessioni private. Vi si può ricorrere quando la comunicazione è molto tesa, quando la conversazione non procede, ad esempio perché si continua a tornare sugli stessi punti e, soprattutto, quando si ha l’impressione che una delle parti non stia ascoltando attentamente.

Attenzione!! Un uso prolungato dell’ascolto attivo rischia di far fallire la mediazione, risultando irritante: il mediatore potrebbe sembrare condiscendente e paternalistico. Inoltre, abusare di questa tecnica relega la comunicazione nelle mani del mediatore, il cui compito fondamentale è, al contrario, quello di favorirla tra le parti.

La tecnica dell’ascolto attivo:

  • costringe ad ascoltare davvero, permettendo di analizzare i motivi per cui una conversazione si fa lunga e difficile;
  • comunica alle parti che si sta prestando la massima attenzione, e che si comprende a fondo il fulcro della discussione;
  • offre più tempo per pensare al passo successivo – questo è vero soprattutto per una questione che si è già compresa. Durante l’ascolto attivo si può ripensare a tutto ciò che è stato detto e a come procedere.

 

Parafrasare

Parafrasare significa ripetere con le proprie parole ciò che è stato detto, ossia ripetere gli stessi concetti con parole differenti. Il contenuto deve rimanere identico a quello del messaggio originale; cambiano soltanto le parole. Una parafrasi non deve mai contenere delle conclusioni e deve sempre essere seguita dalla verifica della correttezza del contenuto. La parafrasi aiuta a sbloccare i processi comunicativi giunti a un’impasse e a gestire sia la comunicazione sia le emozioni. Le parti devono avere la possibilità di parafrasare, in modo da discutere in modo produttivo questioni emotive o che causano un blocco nella comunicazione. Devono ascoltarsi reciprocamente e dimostrare di aver compreso ciò che la controparte voleva dire. La parafrasi del mediatore, invece, serve per chiarire determinate questioni, per dimostrare di aver ascoltato attivamente e di conseguenza per instaurare un rapporto di fiducia reciproca

Il mediatore può parafrasare in prima persona o chiedere alle parti di farlo. Parafrasarsi a vicenda costringe le parti ad ascoltarsi più attentamente. Inoltre, la parte che desidera che un concetto sia chiarito ottiene una prova del fatto che quel punto è stato compreso. In questo modo si evita la continua ripetizione delle stesse tematiche. Anche questa tecnica si usa sia per le questioni che causano un blocco comunicativo sia per problematiche che suscitano forti emozioni. Il mediatore può invitare chi parla ad aggiungere dei concetti o a spiegarsi meglio. Se necessario, può parafrasare a sua volta con parole ancora differenti.

Attenzione!! Come nel caso dell’ascolto attivo, si può ricorrere a questa tecnica anche quando si ha la necessità di prendere tempo per riflettere su quale debba essere il passo successivo.

Il mediatore ricorre alla parafrasi quando vuole assicurarsi che le dichiarazioni delle parti siano chiare per entrambe.

Inoltre, parafrasando, dà prova tangibile del fatto di aver ascoltato attentamente, accrescendo così il rapporto di fiducia tra sé e le parti. Ripetere con le proprie parole non significa dichiarare di essere d’accordo con una determinata affermazione, circostanza che si può chiarire attraverso domande di verifica.

Esempi di domande di verifica:

Mi pare di capire che lei intende dire che vorrebbe… è corretto?

Intende dire che…?

Lei si sente… e pensa che… Dimentico qualcosa?

Allo stesso modo il mediatore può chiedere alle parti di parafrasarsi a vicenda domandando: Potrebbe ripetere con parole sue cosa ha capito di quanto ha affermato la controparte? per poi accertarsi che era proprio quello che la parte avversa intendeva dire.

La Mediazione Civile, “Istituto di belle speranze” ha trovato finalmente con le recenti normative, valido  asilo ed è ormai in via di decollo e, come nuovo istituto, crea nuove figure professionali di valore.

di Lucia Ferrigno

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