Christa Wolf: gli specchi non mentono…

Pubblicato il 26 gennaio 2020 da redazione

Christa Wolf

Gli specchi non mentono. Senza troppi compromessi mostrano la realtà così come noi la vediamo, nonostante cambi radicalmente il punto di vista: alcuni, attenti scrutatori, leggono fino al minimo dettaglio, vedono la più piccola imperfezione, altri distrattamente sanno che dall’altra parte si trova qualcuno che gli somiglia. Alcune volte capita di leggere un libro con la stessa attenzione con cui si osserva il proprio riflesso al mattino: non importa quanto sia scrupoloso l’occhio, rimane il fatto che raramente un libro rimane estraneo al contesto in cui viene scritto.

Per alcuni scrittori, riportare di ciò che li circonda, non nasce solo dall’esigenza di comunicare la propria visione del mondo, ma dalla necessità di fare il punto della situazione sulla società in cui si trovano. E’ questo il caso della scrittrice Christa Wolf, recentemente scomparsa (dicembre 2011). Spesso l’autrice è stata portavoce delle contraddizioni che ha vissuto in prima persona; nata nel 1929, venne educata ai valori della dittatura nazista, abbandonati durante gli anni dell’università per far posto all’ideologia socialista, che si affermò nella Repubblica Democratica Tedesca, mantenendo però un consapevole spirito critico.

“Il cielo diviso” ha due protagonisti: la contrapposizione tra la cultura occidentale e quella filosovietica e l’amore (tra l’ingenua Rita e il disilluso Manfred). La storia è una rievocazione da parte di Rita degli sviluppi della loro relazione. E’ poco più che ventenne quando incontra Manfred, dieci anni più vecchio, ed improvvisamente tutto sembra ruotare intorno a quell’incredibile sentimento che scuote la routine di una ragazza di campagna. Presto, però, si scontra con la dimensione cinica dell’amato, nato da un matrimonio di convenienza e vissuto sotto due dittature (nazista e comunista), che per quanto differenti soffocavano l’individuo. Quando a Manfred viene negata la possibilità di applicare delle innovazioni nel suo lavoro, decide di trasferirsi a Berlino ovest; Rita deve scegliere tra il suo mondo e il grande amore. A dividerli non è il Muro, ma la visione della vita. Da una parte c’è la critica alla società comunista: in nome dell’uguaglianza si eliminano l’individuo, la creatività e la libera iniziativa, togliendo la possibilità di migliorarsi (proprio come era accaduto a Manfred); dall’altra, però, non c’è la speranza di un mondo migliore, l’individualismo viene portato all’estremo, per cui miglioramento è uguale ad affermazione economica e successo. Ad est della cortina i piani quinquennali impongono una maggiore produzione che non porta benessere, a ovest la libera iniziativa porta ricchezza che non appaga.

Torniamo al presente: cosa c’entra tutto questo con il nuovo millennio? I muri sono stati abbattuti, Internet ha unito i più sperduti angoli del globo. Che senso ha parlare di un libro pubblicato negli anni sessanta che parla della Guerra Fredda? La democrazia dell’occidente ha trionfato sulla dittatura comunista.

Se un anziano guardasse le sue foto da giovane, sicuramente noterebbe dei cambiamenti radicali, ma potrebbe mai negare di essere lui?

Viviamo nella società dei consumi, l’economia di cui viviamo si basa sulla “legge” della domanda e dell’offerta. Il valore di un bene viene assegnato in base alla richiesta che si crea per quel prodotto, ciò significa che un certo numero di persone deve desiderare di possedere quell’oggetto in particolare. Quindi, la ripresa economica avvenuta in seguito alla seconda guerra mondiale ha dato la possibilità ad un numero sempre più crescente di persone di poter appagare le proprie esigenze materiali.

Desiderio e bisogno sono sempre equivalenti? Negli anni cinquanta Herbert Marcuse pubblicò il celebre saggio “L’uomo a una dimensione” in cui criticava una società basata sull’inganno, sulla creazione di false neccessità per mantenere la massa in uno stato di sottomissione.

«È possibile distinguere tra bisogni veri e bisogni falsi. I bisogni “falsi” sono quelli […] che perpetuano la fatica, l’aggressività, la miseria e l’ingiustizia. Può essere che l’individuo trovi estremo piacere nel soddisfarli, ma […] il risultato è un’euforia nel mezzo dell’infelicità. La maggior parte dei bisogni che oggi prevalgono (il bisogno di rilassarsi di divertirsi, di comportarsi e di consumare in accordo con gli annunci pubblicitari, di amare e odiare ciò che altri amano e odiano) appartengono a questa categoria di falsi bisogni.

La Wolf pone attraverso le parole di Rita la stessa obiezione: “Riuscivo a immaginare assai bene con quanto piacere avrei fatto acquisti in quei negozi.

Ma in fondo tutto si riduce poi al mangiare e al vestire e dormire. Perché si mangiava? mi chiedevo.

Che  cosa  si  faceva  in  quelle  belle  abitazioni  di  sogno? Dove  ci  si  poteva  recare,  in quelle macchine ampie come strade? E a che cosa si pensava in quella città, prima di addormentarsi, la notte?”

Ha ancora senso riflettere su queste argomentazioni? Mi limito a riportare dei dati: “I giudizi e le aspettative sull’andamento generale dell’economia italiana risultano in forte peggioramento -i saldi diminuiscono rispettivamente da -111% a -127% e da -45% a -69%. Aumenta significativamente il saldo delle risposte relative all’evoluzione futura della disoccupazione -da 88% a 106%-.” (dati riferiti al periodo tra gennaio 2006 e aprile 2012).” Questi dati non aggiungono nulla di nuovo a quello che già sappiamo, tenendo conto della crisi economica mondiale, tuttavia sembra di individuare una contraddizione con i dati di vendita riportati dall’azienda “Apple” in merito ai guadagni ricavati nell’ultimo trimestre del 2012: 5,99 miliardi di profitto netto (i dati sono riferiti ai guadagni su scala mondiale). E’ possibile che il possesso di prodotti come iPad o iPhone possa lenire anche se per qualche momento la paura di un’imminente e inevitabile povertà?

L’argomento è vasto, il modo in cui le persone spendono i soldi in una società racchiude aspetti socio-econmici complessi. Guardare come la società dei consumi sia cambiata negli ultimi cinquant’anni, dal punto di vista di alcuni romanzieri, non può certamente dare risposta ai quesiti posti: può al massimo suggerire diversi spunti di riflessione.

di Valeria Pitrelli

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