Categoria | Politica-Economia

Assemblea “Rete della Pace”

Pubblicato il 14 settembre 2017 da redazione

 

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Assemblea annuale “Rete della Pace” – Documento introduttivo

L’assemblea si svolgerà presso il Centro Scouts a Roma, dal 23 al 24 Settembre 2017.

Un compito arduo ci attende, sullo sfondo di una crisi globale che sta mettendo a dura prova la resistenza del nostro pianeta, la convivenza e la prospettiva di un futuro di pace, di benessere e di sicurezza. Obiettivi e mandato che gli stati affidarono all’Organizzazione delle Nazioni Unite e al diritto internazionale, costruiti dopo i disastri e le tragedie delle due grandi guerre del secolo scorso ma che, purtroppo, sono ancora oggi condizionati dagli interessi e dalle posizioni di rendita degli stati-nazione che ne frenano il ruolo e l’azione.

In un mondo ormai globalizzato ed interdipendente, la dimensione nazionale, sia identitaria che istituzionale, è chiamata ad aprirsi, contaminandosi con altre realtà e innovandosi, per affrontare le nuove sfide di una società globale, oramai senza più confini economici e commerciali, iper-tecnologizzata e digitale, per consolidare ed estendere l’insieme dei diritti politici, civili, sociali, economici e culturali. Assistiamo, invece, a resistenze e chiusure, a difesa della propria sovranità nazionale o della propria identità culturale, frenando i processi di integrazione, mantenendo disuguaglianze e concentrazione di opportunità e di ricchezze, riproponendo muri e barriere che pensavamo di aver lasciato alla storia del secolo scorso. Riemerge quindi l’idea dello straniero-nemico, da cui bisogna difendersi con ogni mezzo, anche sacrificando principi e valori, alimentando un terreno fertile per fenomeni di xenofobia, razzismo e violenza. Si consolida il pensiero e una visione del mondo, e del futuro, che non esclude più la guerra come possibile strumento di soluzione dei conflitti, ma che, al contrario, si prepara e si contempla nelle politiche, nelle escelte strategiche e negli investimenti di ogni singolo stato, nonostante principi e valori, scolpiti nelle nostre costituzioni, e fonti primarie del diritto internazionale, indichino l’esatto contrario.

Gli esempi non mancano, dalla guerra dell’ex-Jugoslavia ad oggi, con una moltiplicazione di distruzioni e di vittime (la cui stragrande maggioranza sono civili), senza alcuna esperienza che possa riconoscersi in un quadro di democrazia, di giustizia, di libertà e di diritti. Interventi militari, coalizioni, guerre decise fuori dal mandato ONU o missioni militari ONU a tempo indeterminato, senza l’indispensabile accompagnamento politico e l’applicazione del diritto umanitario e dei diritti umani.

In questo scenario di crisi dell’ideale del sistema universale dei diritti umani, assistiamo su scala nazionale e globale, alla compressione dei diritti umani fondamentali e alla militarizzazione dei rapporti internazionali. Una tendenza tanto più incomprensibile e inaccettabile quanto più diventano pressanti emergenze globali, come quella climatica o quella della fame, che certo non possono essere affrontate con le armi e la guerra.

 

 

Purtroppo, se osserviamo l’andamento della spesa militare, a livello nazionale come a quello globale, troviamo solamente conferme a quanto espresso nelle precedenti righe, con chiara preoccupazione. Le spese militari mondiali sono aumentate da 1.001 a 1.700 miliardi di dollari negli ultimi 10 anni (+70%), mentre l’export globale di armi è passato da 24 a 31 miliardi di dollari negli ultimi 8 anni (+30%). La risposta dei governi alle crisi appare essere prevalentemente di tipo militare.

Anche l’Italia si muove in tal senso, esportando quasi i 2/3 dei propri armamenti ai paesi dell’area “calda” del Medio Oriente e Nord Africa, dotandosi di nuovi sistemi d’arma da attacco (come la portaerei “Trieste” e i bombardieri F35), rifiutando addirittura di partecipare ai negoziati dell’ONU che hanno portato al bando delle armi nucleari nel luglio scorso.

L’esecutivo appare ignorare sempre più le prerogative del legislativo, non consultandolo neppure nei casi previsti dalla legge sull’export di armi 185/90 e sottoponendo ipotesi e progetti di spesa militari diversi da quelli poi attuati.

In questo quadro, sarebbe molto importante poter contare con un sistema di informazione responsabile e indipendente, mentre invece, il sistema dei mass media appare da un lato largamente omologato e dall’altro fortemente lacunoso nell’informazione, come ha dimostrato, tra l’altro, la recente campagna diffamatoria contro l’intervento umanitario, per salvare le vite di chi fugge da miseria, povertà e guerre, delle ONG nel Mediterraneo, dove solamente alcuni casi isolati di giornalisti hanno sentito il bisogno di mettersi in discussione andando a vedere e ad ascoltare le voci dei migranti e degli operatori umanitari.

In questo contesto, di cui abbiamo cercato di tracciare alcuni elementi significati e rappresentativi del momento che viviamo, per noi la sfida e l’impegno per una società e una cultura nonviolenta, di pace e di convivenza, comincia da casa nostra, da quanto accade in Italia, in Europa e in particolare nella regione del Mediterraneo. Regione che da secoli è crocevia di popoli e culture di tre continenti, in grado di condizionare le politiche e l’esistenza dell’intera comunità globale, per la sua collocazione geopolitica, per le sue risorse energetiche, per il suo portato culturale e storico. La conquista di democrazia, rispetto dei diritti umani, integrazione regionale, sviluppo sostenibile in questa regione significherebbe portare la pace nel mondo intero.
Il Mediterraneo, “mare nostrum“, invece, oggi, sempre più somiglia ad un “mare monstrum“, un muro d’acqua per migliaia e migliaia di persone che, fuggendo da situazioni di disperazione economica, ambientale e politica, tentano di attraversarlo in cerca di migliore destino. Un mare che separa, che chiude, che diventa frontiera impenetrabile per le persone. E che vive oggi gli enormi costi sociali e umani di un modello di sviluppo che non è stato in grado di aggredire alla base le cause della povertà e delle diseguaglianze.

Oggi assistiamo pertanto a tre scenari che devono interrogare tutti quanti, e in particolare noi pacifisti che riteniamo la pace un progetto politico, non esclusivamente mirato alla prevenzione della guerra, ma direttamente connesso alla soluzione delle cause che sono alla radice dell’oppressione e dello sfruttamento, della violazione dei diritti umani e degli sconvolgimenti ambientali.

Un primo scenario è quello della sponda Nord, quella europea, di un’Europa che non sa essere solidale, che criminalizza la solidarietà e respinge esseri umani, che fa affari con governi autocratici dell’altra sponda, convinta di poter così combattere le forze del Califfato di turno e del terrorismo, o controllare le proprie frontiere. E che mette in primo piano l’espansione dei propri interessi geopolitici e strategici, dal controllo delle rotte dei migranti al controllo di fonti di approvvigionamento energetico e noncurante dei disastri ambientali e dei cambiamenti climatici in corso. E che nel suo Sud, dall’Italia alla Spagna, alla Grecia è attraversata dagli effetti deleteri delle politiche di aggiustamento e di austerità dell’Unione.

C’è poi la sponda Sud del Mediterraneo, che rappresenta la voce e le richieste delle popolazioni, vittime di dittature e guerre, sfruttate ed escluse dal diritto a un’esistenza dignitosa, che dal 2011 a oggi continua a essere attraversata da movimenti sociali e nuovi protagonismi, in Egitto come in Tunisia, come in Siria, in Irak, in Palestina e Israele, o in Turchia, in Marocco o in quella Libia che oggi è oggetto di nuovi appetiti. Uomini e donne che resistono alle politiche scellerate dei propri governanti, che rifiutano la guerra, le occupazioni e i fondamentalismi. Sono popoli che chiedono il nostro sostegno, per un progetto di “fratellanza mediterranea” che faccia del Mediterraneo e di tutta la regione, uno spazio comune, condiviso, transnazionale di cittadinanza e pace.
Il terzo scenario è dato dal mare, trasformato in una fossa comune di decine di migliaia di esseri umani, una strage continua, che inizia nel deserto sahariano per continuare in mare, e che va fermata, esigendo uno sforzo collettivo, sia sul piano umanitario, ripristinando il primato del dovere di salvare le vite, come su quello della politica, assicurando accoglienza, integrazione e una migrazione sicura e regolare su scala europea, attraverso canali umanitari gestiti dalle Nazioni Unite.

 

Pace Assisi 2016

 

Siamo chiamati, quindi, ad affrontare e ad assumere un compito difficile, ma ineludibile, quello di disarmare il contesto politico, sociale, ambientale e culturale della guerra e dell’oppressione, per mettere al centro del nostro agire, e della politica, i diritti universali e inderogabili per ogni donna e per ogni uomo, senza discriminazione alcuna.
Un compito che ci deve vedere uniti per poter coinvolgere e attivare l’intera società nell’azione di contrasto e di elaborazione di proposte, a partire da noi stessi:

– Per contrastare, con i mezzi della democrazia e della legalità, le politiche e l’economia di guerra che producono e si alimentano delle ingiustizie e delle diseguaglianze, che avvallano regimi oppressivi e che fomentano xenofobia e razzismo.

– Per affermare il dovere inderogabile di accoglienza e di rispetto dei diritti umani nei confronti di uomini e donne costrette a fuggire da povertà, oppressioni, guerre, crisi ambientali, garantendo corridoi umanitari, legalità e sicurezza.

– Per elaborare proposte alternative di pace e di convivenza, sostenibili e accessibili a ogni uomo e ogni donna del pianeta, senza discriminazione alcuna, ridistribuendo la ricchezza affinché “nessuno resti indietro”.

– Esigendo, così, dalla politica e dalle istituzioni, di agire per far diventare i principi e i valori della nonviolenza, della pacifica convivenza, della solidarietà e della giustizia, l’asse fondante della propria azione.

Una strada che, se saremo in grado di intraprendere, servirà a fare uscire la guerra dalla storia dell’umanità.

In occasione della nostra Assemblea annuale, partendo da questa riflessione e contributo, vorremmo andare oltre, discutendo, scambiando esperienze e mettendo insieme volontà e responsabilità per costruire una agenda comune di lavoro, di impegno e di pace.

Il Coordinamento Nazionale

 

 

 

Nell’Assemblea del 23 febbraio 2014 è stato eletto il Coordinamento Nazionale della Rete della Pace, così composto:
Acli – Alfredo Cucciniello
Agesci – Gabriella Patricolo e Michele Martino
Amici della mezza luna rossa palestinese – Raffaella Violano
ANSPS – Luciano Ardesi
Archivio disarmo – Maurizio Simoncelli
Arci – Flavio Mongelli – da Novembre 2014 Franco Uda
Associazione per la pace – Gianna Benucci
AssopacePalestina – Luisa Morgantini
Auser – Marica Guiducci
Cgil – Sergio Bassoli
Cnca – Armando Zappolini
Coordinamento comasco per la pace – Mauro Oricchio
Fiom Cgil – Stefano Maruca
Focsiv – Cecilia Dall’Oglio – da Gennaio 2015 Attilio Ascani – da Gennaio 2016 Primo de Blasio
Ipsia – Mauro Montalbetti
Lega italiana diritti dei popoli – Anna Contessini
Legambiente – Maurizio Gubbiotti
Movimento europeo – Virgilio Dastoli
Movimento Nonviolento (effettivo da ottobre 2014) – Mao Valpiana
Ipri-rete ccp – Gianmarco Pisa
Rete degli studenti – Margherita Belia
Rete della conoscenza – Federico Del Giudice – da Settembre 2014 Riccardo Laterza – da Gennaio 2015 Stefano Kenji Iannillo
Tavola sarda della pace – Franco Uda
Un ponte per… – Martina Pignatti
Uds – Martina Carpani
Udu – Alessio Portobello – da Dicembre 2015 Tiziano Scricciolo
Us Acli – Fausto Costero

Alle riunioni del comitato di coordinamento partecipa un componente del comitato umbro
Rete della pace umbra:
Acli – Ladis Kumar Antony Xavier
Arci – Paolo Tamiazzo
Cnca – Massimo Costantini – Riccardo Poli
Cgil – Giuliana Renelli – Patrizia Venturini
Legambiente – Alessandra Paciotto
Associazione per la pace – Farshid Nourid
Udu – Tiziano Scricciolo
Rete degli studenti – Margherita Belia

 

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