Categoria | Cultura

Le città invisibili, un poema d’amore alle città

Pubblicato il 12 settembre 2020 da redazione

“Che cos’è oggi la città per noi? Penso d’aver scritto qualcosa come un ultimo poema d’amore alle città, nel momento in cui diventa sempre più difficile viverle come città.” (Italo Calvino, New York 1983).

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Italo Calvino.

Così lo stesso Calvino parlava de “Le città invisibili”, un libro fatto da un insieme di racconti messi insieme pezzo dopo pezzo, un po’ alla volta: brevi passi che pian piano cercano di suscitare in chi legge uno o più spunti di riflessione sull’essenza della città o delle città.

Capitoli diversi tenuti insieme dalle infinite passeggiate di Marco Polo attraverso i giardini di Kublai Kan, dai dialoghi interminabili e scanditi nel tempo da ritmiche lente e posate, ma che sottendono sempre una grande vivacità intellettuale, uno stimolante nutrimento per l’anima, un desiderio di conoscenza che si identifica nel confine tra la grandi domande di Kublai e i viaggi rivelatori di Marco.

Ed è questo che il lettore deve immaginarsi: due figure passeggiano placidamente nei silenzi dei giardini di corte o nelle grandi sale adornate. Uno a fianco all’altro, l’imperatore ossessionato dal conoscere le città del proprio sterminato impero per riuscire a trovare se esiste tra quelle la città perfetta e il messo di Venezia, suo più fedele confidente, che tanto ha viaggiato e tante città ha visitato e che meglio di chiunque altro al mondo conosce cosa si cela dietro le pieghe dell’impero di Kublai Kan.

“A questo imperatore melanconico, che ha capito che il suo sterminato potere conta ben poco perché tanto il mondo sta andando in rovina, un viaggiatore visionario racconta di città impossibili, per esempio una città microscopica che s’allarga s’allarga e risulta costruita di tante città concentriche in espansione, una città-ragnatela sospesa su un abisso, o una città bidimensionale come Moriana.” (Sempre dall’intervista a Calvino del 1983)

Ma, come detto, ogni racconto fornisce uno o più spunti di riflessioni sulle città moderne, le città che viviamo ogni giorno: dall’urbanistica delle megalopoli e delle città policentriche alla crisi delle città metropolitane vista come l’altra faccia della crisi della natura e l’ingrandirsi delle prime a scapito della seconda.

“Forse – continua Calvino nella sua intervista – stiamo avvicinandoci a un momento di crisi della vita urbana, e “Le città invisibili” sono un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili. […] Quello che sta a cuore al mio Marco Polo è scoprire le ragioni segrete che hanno portato gli uomini a vivere nelle città, ragioni che potranno valere al di là di tutte le crisi. Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di segni d’un linguaggio; le città sono luoghi di scambio.”

Da qui deriva la suddivisione del libro in 11 serie di 5 pezzi ciascuna attraverso le quali il mercante veneziano riporta al Gran Kan dei Tartari le relazioni dei suoi viaggi, ogni volta sviluppando un tema particolare: Le città e la memoria, Le città e il desiderio, Le città e i segni, Le città sottili, Le città e gli scambi, Le città e gli occhi, Le città e il nome, Le città e i morti, Le città e il cielo, Le città continue, Le città nascoste.

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Rappresentazione di Ottavia, città-ragnatela.

Attraverso Marco, Calvino riesce a far riflettere come il racconto fantastico di città può prendere vita solo nell’immaginazione di chi legge o ascolta: come Anastasia, città bagnata da canali concentrici e sorvolata da aquiloni, Despina, che si presenta differente a chi viene da terra e a chi dal mare, Zenobia, che sorge su altissime palafitte e le case sono di bambù e di zinco, Armilla, città senza pareti, pavimenti o soffitti, ma fatta solo di tubature, Ottavia, città-ragnatela, Andria, le cui vie seguono le orbite dei pianeti e gli edifici ripetono l’ordine delle costellazioni, Pentesilea, città periferia di se stessa o città dai molti centri.

Kublai Kan ascolta e ricerca la città perfetta, vuole sapere se esiste, sparsa in più città, o se potrà mai esistere un giorno. La ricerca sui tanti atlanti che possiede: quello che contiene tutte le città dell’impero, oppure l’atlante delle città dalle forme possibili, o ancora l’atlante che riporta le carte delle terre promesse visitate nel pensiero, ma non ancora scoperte e quello contenente le città che minacciano negli incubi e nelle maledizioni. Ma alla fine si rende conto che tutti i suoi sforzi sono inutili, se la destinazione ultima non può che essere una sola: la città infernale.

“[…] la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole.” (Le città invisibili, di Italo Calvino).

Il libro si chiude con questa immagine e con l’ultima di una lunga serie di riflessioni. Ma a ben vedere, ciascuno dei dialoghi tra l’imperatore e il mercante costituisce una conclusione. Perciò questa va ricercata all’interno di ogni singola pagina, nelle vie e negli abitanti di ogni singola città. Forse la vera conclusione del libro è lasciata alla sensibilità del lettore, a quello che ognuno vuole cogliere tra le righe dei racconti e le descrizioni delle città. Voglio riportare uno dei passi nel quale maggiormente ho trovato riflessa una mia idea di città, e nel proporlo vi invito a leggere Le città invisibili e a cercare di scoprire (o meglio, di capire) cosa intimamente rappresenta la città per ognuno di noi.  

 di Michele Mione

 

Bibliografia:

Calvino on Invisible Cities – Conferenza tenuta da Calvino agli studenti della Graduate Writing Division della Columbia University di New York, pubblicata dalla rivista letteraria Columbia nel 1983.

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