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Soldati di Salamina

Pubblicato il 06 agosto 2014 da redazione

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Uno scrittore che ambienti un romanzo in un contesto storico di solito corre  due rischi: o la sua opera diventa un grande affresco storico, in cui l’idea originale dell’autore finirà coperta e annacquata dall’importanza dei fatti oggettivi. Oppure costituirà uno sfondo banale, che impietosamente rivelerà se il racconto è valido oppure no.

Non è questo il caso di Soldati di Salamina, dello scrittore spagnolo Javier Cercas, che invece risulta accattivante, ben scritto, suscita una riflessione morale e interiore non scontata, che sorprende un po’ il lettore e trascende i fatti storici narrati per toccare tematiche più universali.

Il romanzo è uscito in Spagna nel 2001 e l’edizione italiana è stata curata da Ugo Guanda Editore, che lo ha inserito nella sua collana ‘Le Fenici’ nel 2002, nella bella traduzione di Pino Cacucci.

Nel 2003 ha vinto il premio letterario Grinzane Cavour e nello stesso anno in Spagna ne è stata anche tratta una trasposizione cinematografica, ma il film non è mai stato distribuito in Italia, ed è stato proiettato per eventi a tema, in versione sottotitolata.

Il libro è ambientato nel 1999, quando l’autore, giornalista disilluso in piena crisi professionale e di mezza età, scrive un articolo in occasione dei sessant’anni dalla fine della guerra civile spagnola, ricordando due episodi del febbraio 1939: uno è la morte del poeta Antonio Machado in territorio francese durante la rotta rovinosa delle forze repubblicane incalzate dalle truppe della falange fascista del generalissimo Francisco Franco. L’altro è la fucilazione al Santuario di Santa Maria di Collel, vicino Barcellona, di un gruppo di franchisti prigionieri da parte dei miliziani repubblicani in ritirata.

Tra i passati per le armi si trova anche Rafael Sànchez Mazas, scrittore, pensatore utopista, tra i fondatori dell’ideologia fascista spagnola, catturato dai repubblicani a Barcellona.

Sànchez riuscì fortunosamente a sfuggire all’esecuzione di massa, grazie un miliziano che avrebbe fatto finta di non vederlo e lo avrebbe lasciato fuggire. Una volta raggiunte le forze Franchiste, Sànchez Mazas divenne per un breve periodo anche ministro del governo fascista di Franco, per poi ritirarsi a vita privata.

Tuttavia nel corso delle sue ricerche il giornalista, dapprima scettico sulle circostanze, proprio dai figli di Sànchez Mazas apprende che il fatto è realmente accaduto.

Tanto che Sànchez Mazas stesso avrebbe voluto ricordare in un libro (mai concluso) quell’evento che lo aveva segnato profondamente, specie dopo il suo ritiro dalla vita politica, deluso per il modo in cui Francisco Franco conduceva il governo spagnolo tradendo gli ideali profondi del pensiero falangista. Non della parte che le sue idee hanno avuto nella grande tragedia spagnola.

A questo punto il giornalista sente il richiamo di quell’episodio, di quel gesto di clemenza in un mondo che incitava alla ferocia e all’indifferenza e decide di scriverlo lui quel libro.

Gli amici del bosco, soldati di Salamina, incontro a Stockton

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Rafael Sànchez Mazas accanto al generale Francisco Franco, durante la partecipazione come ministro senza portafoglio al secondo governo Franco.

Il libro non è molto lungo, 210 pagine nell’edizione italiana, si struttura in tre capitoli, che sono anche tre parti narrative distinte.

Nella prima il giornalista si imbatte nel fatto storico della fucilazione di Sànchez Mazas, la sua fuga dal plotone di esecuzione e il gesto del miliziano repubblicano, che lo trova nascosto nel bosco, ma dopo un drammatico scambio di sguardi, nega ai compagni di averlo scovato di fatto salvandogli la vita. Di seguito, l’incontro con dei ragazzi abitanti del luogo, che lo sfamano e lo curano, senza chiedersi da che parte sia quel fuggiasco lacero, consentendogli di mettersi in contatto con le truppe franchiste amiche in avanzata. Sarà lo stesso Sànchez Mazas a definirli ‘gli amici del bosco’.

La seconda parte è quella più lunga e prettamente storica e che ha rischiato di rallentare il racconto e di distrarre il lettore.

Ma è qui che meglio si trova l’abilità di Javier Cercas: attraverso la descrizione della vita di Rafael Sanchez Mazas, dalla gioventù di studi in una famiglia conservatrice di origini nobili, il, periodo come corrispondente in Italia dove si sposò e dove aderì all’ideale fascista, il rientro in Spagna, l’amicizia con José Primo de Rivera e la fondazione della Falange. Poi il colpo di stato contro il governo democratico, la guerra e l’avventura della prigionia in mano ai repubblicani.

Date e eventi storici che portarono alla guerra civile spagnola tra il 1936 e il 1939, scorrono assumendo un colore e uno spessore umano che li rende più assimilabili al lettore.

La prosa che Cercas usa contribuisce a tenere viva l’attenzione pagina dopo pagina verso la conoscenza delle vicende terribili di quegli anni e le scoperte del giornalista.

Nella terza, l’autore risulta insoddisfatto, nonostante abbia tutti gli elementi per scrivere il libro che potrà dargli finalmente quel successo professionale che insegue da tanto.

Il giornalista non riesce a chiarire del tutto i fatti, ha intuito che dietro c’è qualcosa di più della semplice notizia o della ricostruzione storica di quei giorni. Ma non ci riesce e ricade così nella depressione e nella sfiducia.

Sarà di nuovo il caso, nei panni dell’amico scrittore cileno Roberto Bolaño a riportarlo sulla via giusta, rivelandogli di aver conosciuto anni prima in un campeggio un reduce di guerra repubblicano che fu testimone oculare dei fatti di Collel, un tale Miralles.

Si immerge così di nuovo nella dolorosa storia recente del suo paese, questa volta senza il cinico distacco dell’inizio, ma deciso a capire la verità.

Morirono tutti. Tutti morti. Morti. Morti.

Nessuno ebbe il tempo di assaporare le cose buone della vita: nessuno poté avere una donna tutta per se, nessuno conobbe la gioia di veder nascere un figlio e che quel figlio, all’età di tre o quattro anni, si infilasse nel suo letto, tra lui e la moglie, la domenica mattina, in una stanza assolata…

Nessuno si ricorda di loro. Nessuno. Nessuno ricorda neppure perché siano morti, perché non abbiano avuto una moglie e dei figli e una stanza inondata dal sole, nessuno e meno ancora la gente per la quale hanno combattuto…

Non ci sarà mai nessuna strada miserabile di nessuna città miserabile di nessun paese di merda che porterà mai il nome di nessuno di loro….

 

Javier Cercas.

Javier Cercas.

Il giornalista parte dunque alla ricerca del soldato, dopo ripetuti tentativi lo trova, ormai vecchio, solo e stanco, in un ospizio a Digione, in Francia. Cerca un contatto per indurlo a raccontargli di quei giorni, ma il vecchio soldato è ancora convinto che le guerre si fanno, non si narrano, non è facile comunicare con lui.

Dopo l’inizio maldestro riesce a stabilire un contatto umano coll’anziano soldato.

Miralles ne ha viste di tutti i colori, dopo la sconfitta spagnola rifugiatosi in Francia, al momento dello scoppio della seconda guerra mondiale reagì all’invasione nazista, arruolandosi assieme ad altri veterani nella Legione Straniera del generale Philippe Leclerc, che si era schierata con De Gaulle e gli alleati.

Combatté dalle roventi sabbie africane fin nel cuore d’Europa, quando una mina in Germania mise fine alla sua guerra.

La realtà è che lontano dal sangue dei morti, dopo tanti anni, tutti hanno dimenticato.

Come quegli anonimi soldati a Salamina, che in un giorno di settembre del 480 Avanti Cristo si contro i persiani riuscirono a salvare la Grecia e la civiltà mediterranea.

E nessuno ricorda chi ha combattuto, chi si è sacrificato. Nel drammatico incontro con il giornalista, Miralles finalmente si apre. Non c’è giorno che non pensi ai suoi amici: quando partirono per il fronte nel ’36 erano quasi ancora bambini. Molti morirono lì, poi ci fu l’altra grande guerra. Lui è rimasto solo, coi suoi sensi di colpa per esser sopravvissuto e gli altri no.

Alla fine non può fare ameno di chiedergli il dubbio che lo attanaglia dall’inizio dell’incontro: fu lui a salvare la vita a Rafael Sànchez Mazas quel febbraio del 1939 nei boschi di Collel?

Miralles lascia quel dubbio, ma tra le sue parole il giornalista, trasposizione della coscienza di Javier Cercas stesso, capisce finalmente perché avevano combattuto quei ragazzi.

Per il diritto di decidere di salvare la propria dignità, salvando una vita umana.

di Davide Migliore

 

Linkografia e bibliografia

Soldati di Salamina”, di Javier Cercas, Spagna 2001. Edizione italiana Ugo Guanda editore, collana le Fenici tascabili, 2002-2004.

http://it.wikipedia.org/wiki/Soldati_di_Salamina 

Pagina Wikipedia italana dedicata al libro di Javier Cercas.

http://it.wikipedia.org/wiki/Javier_Cercas

Biografia e opere dello scrittore Javier Cercas.

http://it.wikipedia.org/wiki/Rafael_S%C3%A1nchez_Mazas

Biografia di Rafael Sànchez Mazas, giornalista, poeta e ideologo politico della Falange Franchista spagnola.

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