Categoria | Politica-Economia

Chi mangerà, o non mangerà, in futuro sulla Terra?

Pubblicato il 10 novembre 2014 da redazione

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Allevamenti e cambiamenti globali stanno scatenando forti emergenze nei sistemi alimentari sostenibili e importanti conseguenze sociali e all’ambiente. Le dinamiche e i modelli di produzione agricola e il funzionamento degli ecosistemi sono, infatti, influenzati in modo significativo dai cambiamenti climatici e dall’aumentata variabilità del clima e viceversa. Occorre quindi prevedere e progettare sistemi di allevamento adeguati.

La sempre crescente popolazione umana, che entro il 2050 dovrebbe assestarsi intorno a 9 miliardi, insieme ai nuovi modelli di consumo, vede una crescente domanda di prodotti animali. La forte urbanizzazione di importanti aeree del pianeta e l’aumento dei redditi sta infatti cambiando gli stili di vita di molta parte della popolazione del mondo. Più che fondate, quindi, le preoccupazioni di nutrizionisti e ambientalisti, che sulla base di quel che verosimilmente mangeremo sempre più in futuro, si domanda chi mangerà?

La doppia faccia del problema della nutrizione, infatti, da una parte ha i consumi eccessivi e dall’altra la denutrizione, che insieme, però impattano e influiscono in modo drammatico sui cambiamenti climatici. Per questo occorre ridefinire i programmi di ricerca che interessano le politiche locali e le diverse concezioni sul cibo a livello mondiale. Il sistema alimentare globale dovrà, quindi, migliorare la propria efficienza nell’uso delle risorse e performance ambientali in modo significativo, al fine di garantire la sostenibilità della produzione alimentare mondiale e del consumo del suolo.

Tra i diversi settori alimentari, quello del Bestiame sfrutta e usa le maggiori aree di suolo sulla Terra. La domanda di prodotti di bestiame, poi, è destinata a crescere notevolmente nei prossimi decenni sia per l’aumento della popolazione sia per la crescita economica, che determina un aumento del reddito pro capite, sia per la rapida e crescente urbanizzazione in molte parti del mondo in via di sviluppo. Sulla base di tali proiezioni è abbastanza verosimile aspettarsi un cambiamento di dieta dei paesi in via di sviluppo, sia per i prodotti di origine animale sia per i grassi e sia per i cereali.

 

Chi mangerà o non mangerà in futuro sulla Terra?

Recenti proiezioni hanno sottolineato alcune importanti aspetti che definiscono e formulano meglio il problema di chi mangerà o non mangerà sulla Terra:

• La produzione alimentare locale in diverse aree del pianeta, come per esempio quelle dell’Africa Sub-sahariana (SSA) e di parte dell’Asia, non sarà in grado, in futuro, di soddisfare la propria domanda interna di cibo, che dovrà quindi ricercare altrove, con un prevedibile forte incremento di commercio alimentare in quelle zone del mondo.

• Anche se i nuovi sistemi di produzione hanno determinato un aumento della resa sia nelle colture sia negli allevamenti di bestiame, in diverse regioni del mondo, le proiezioni indicano un forte aumento di terreni destinati a soddisfare la domanda di nuove colture e pascoli.

• Le previsioni parlano di un aumento del bestiame, ma di un incremento maggiore e più rapido di maiale e pollame, destinati a produrre più carne che latte.

• Questi fattori stanno determinando un aumento netto delle emissioni di gas serra (GHG).

• Anche le proiezioni di utilizzo dell’acqua mostrano un aumento sul totale delle risorse di acqua dolce disponibile e un utilizzo di grandi quantità di azoto reattivo e una potenziale futura interruzione dei cicli di fosforo.

In sintesi, la produzione alimentare necessaria al sostentamento dell’intero pianeta può essere raggiunta solo a patto che le tendenze delle domande produttive attuali, prevedano la natura dei cambiamenti climatici che potrebbero scatenare e li evitino. I sistemi di allevamento e delle culture sono utenti delle stesse risorse naturali e al contempo contribuiscono in misura significativa alla sussistenza di almeno 1,3 miliardi di persone povere che vivono di agricoltura.

Le attuali valutazioni globali non affrontano ancora questi sistemi di produzione integrate ne una previsione reale sul come le stesse influenzeranno il cambiamento climatico.

Questa trascuratezza ha portato a semplificazioni e inesattezze sulle metodiche di gestione futura della crescita del settore zootecnico. La mancanza di una prospettiva sistemica ha anche ridotto le opzioni per uno sviluppo più sostenibile del settore. Questo atteggiamento deve essere corretto. Gli effetti del cambiamento climatico globale agiranno in modo differente su cibo, mezzi di sussistenza, beni e servizi ed ecosistemi, innescati dai diversi sistemi di allevamento sparsi in tutto il mondo.

Molte comunità agricole potrebbero migliorare le condizioni della loro terra e avere nuove opportunità di reddito. In alcune delle aree dell’altopiano di SSA, per esempio, il riscaldamento graduale potrebbe migliorare le condizioni climatiche.

 

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Perché mangiare meno carne

Anche le nuove preferenze alimentari umane, potranno in futuro cambiare gli attuali modelli di sfruttamento e uso del suolo, ma la discussione sulle implicazioni di tali modifiche deve includere il tema della riduzione del consumo di carne.

Il Bestiame contribuisce per il 17% all’equilibrio alimentare globale, in termini di apporto calorico per persona al giorno, e il 33% delle proteine necessarie alla dieta umana. Esso contribuisce in maniera sostanziale alla sussistenza, soprattutto, dei poveri del mondo in via di sviluppo e può promuovere la biodiversità in alcuni sistemi pastorizzi, che a loro volta creano pascoli in grado di catturare quantità significative di carbonio. Allo stesso tempo, però, i sistemi di allevamento possono, anche, avere conseguenze negative sia a livello locale sia a livello globale, erodendo suolo e aumentando il degrado del territorio attraverso pascoli eccessivi ed esasperate compattazioni (in Asia, il letame contamina anche le risorse idriche provenienti da sistemi di produzione intensivi).

Il settore zootecnico, al momento, è responsabile dell’8-18% di gas serra, e alla luce di queste nuove proiezioni è destinato ad aumentare.

Una contrazione del consumo di carne per persona nei paesi ad alto reddito andrebbe, anche, a vantaggio della salute umana, riducendo il rischio di malattie cardiache, obesità e cancro colon-rettale.

 

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Cinque studi che esaminano i diversi aspetti del futuro dei sistemi zootecnici.

Herrero e Thornton (http://ejournal.icrisat.org/SpecialProject/sp7.pdf)

Le ricerche di Herrero e Thornton forniscono un focus sui dati globali delle principali interazioni biofisiche per il bestiame, compreso l’uso della biomassa, la produzione, l’escrezione, e le emissioni dovute a sistemi di produzione di prodotti animali. Queste informazioni costituiscono la base su cui studiare gli impatti ambientali dell’uso delle risorse, l’efficienza, e gli aspetti socioeconomici del consumo di prodotti di origine animale.

Sfruttando la diversità dei sistemi di allevamento del bestiame se ne favorisce una crescita sostenibile.

E’ stato ampiamente dimostrato che differenti tipi di sistemi di allevamento, che producono diversi tipi di prodotti animali (per esempio, carne, latte, uova), utilizzano le risorse con gradi di efficienza differenti. L’entità della differenza rivela un potenziale significativo nel miglioramento tecnologico, come nel miglioramento della nutrizione animale, che può essere di forte impatto nelle strategie sostenibili, oltre a favorire un probabile aumento di produttività, di efficienza e di un potenziale risparmio di suolo. Molto piccoli sono invece gli effetti positivi osservati là dove i livelli di produttività sono più elevati. Questo spiega, in parte, perché il maggior potenziale per aumentare la produttività e l’efficienza del mondo, è molto più grande nelle aree in via di sviluppo rispetto a quelle già sviluppate.

Bouwman (http://dels.nas.edu/resources/static-assets/banr/AnimalProductionMaterials/StehfestClimate.pdf)

Gli impatti passati, presenti e futuri del bestiame sui cicli globali di azoto e fosforo sono, invece, studiati da Bouwman, che esamina l’impatto delle politiche di riduzione dei gas serra sulla sicurezza alimentare, l’uso del suolo, l’impatto delle perdite, e l’evoluzione del settore zootecnico, sia nel mondo sviluppato sia in quello in via di sviluppo.

La carta da Bouwman mostra che l’intensificazione continua dei sistemi di allevamento ha portato a un grande controllo dei cicli di vita che interessano gli elementi nutritivi da parte della settore zootecnico, che, a sua volta, ha portato a significativi riciclaggi e interruzioni dei cicli globali di azoto e fosforo. Da qui si evidenzia, quindi, come la diversità nei sistemi di allevamento sia necessaria e basilare per soddisfare gli obiettivi ambientali e la gestione dei rischi, e che non sia il caso di massimizzare l’efficienza produttiva, ovunque e a tutti i costi.

Alkemade (https://www.pik-potsdam.de/news/public-events/archiv/alter-net/former-ss/2009/working-groups/literature/alkemade-et-al_2009.pdf)

Alkemade esplora gli impatti delle diverse culture tradizionali, e di quelle intensive, sulla biodiversità nei pascoli.

Gestire gli effetti indiretti dei sistemi di intensificazione del bestiame è fondamentale per la sostenibilità del sistema alimentare globale.

Importanti studi sui sistemi di allevamento di bestiame e di come questi impattano sull’intensità delle emissioni dei gas serra, evidenziano lo stretto legame fra risparmio di suolo, riduzione di emissioni di CO2 e promozione della biodiversità.

Perry (http://johnreynolds.org/wp-content/uploads/2012/07/perry_et_al-_science_05.pdf)

Perry valuta l’andamento delle malattie nel bestiame e suggerisce metodi per ridurne l’incidenza nei settori di produzione zootecnica, basati anche sullo studio della loro potenziale evoluzione.

La domanda sempre maggiore di prodotti animali di sola carne, derivati principalmente da polli e maiali aumenta, infatti, il rischio di epidemie influenzali gravi e di altre malattie animali, e una maggiore probabilità che si sviluppino nuovi fattori patogeni. Occorrono quindi metodi appropriati di sorveglianza, e prevenzione, e politiche di gestione e censimento della densità degli animali e di dove si trovano, soprattutto nel mondo in via di sviluppo.

 

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Conclusioni

Tutti gli aspetti qui illustrati sono stati ancora troppo sottovalutati e dovrebbero, invece, diventare centrali nelle politiche di sviluppo e di sostenibilità dell’alimentazione globale.

Tutti gli studi, finora tenuti più in considerazione dalle politiche globali, tendevano a guardare con maggior preoccupazione al cambiamento globale nel lungo periodo. Sono invece ormai urgenti e necessarie misure più organiche che riescano a valutare e monitorare i cambiamenti dovuti alla variabilità del clima sui sistemi alimentari e su quanto sia attendibile la nostra attuale capacità di quantificare i cambiamenti climatici a breve termine e nel lunghissimo periodo.

Queste sfide riguardano tutti i settori, non solo quello del bestiame, perché nella catena alimentare tutto è collegato e da essa dipende il futuro alimentare delle nuove generazioni del pianeta e non solo di quelle umane, naturalmente, ma di tutti gli ecosistemi che ci vivono.

di Adriana Paolini

 

Linkografia:

http://onlinedigeditions.com/publication/?i=196370&p=14

http://climate.nasa.gov/

 

Referenze:

– Il programma di ricerca CGIAR Pro, sui cambiamenti climatici, agricoltura e sicurezza alimentare è finanziato dal Fondo CGIAR, il Dipartimento australiano di aiuti esteri e del Commercio danese, International Development Agency, Environment Canada, Instituto de Investigação Científica tropicale, Irish Aid, Paesi Bassi Ministero della affari Esteri, Direzione dello sviluppo e della cooperazione, governo della Russia, gli aiuti del Regno Unito, e l’Unione europea, con il sostegno tecnico del Fondo Internazionale per lo Sviluppo agricolo.

– Mario Herreroa, 1 e Philip K. Thorntonba Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation, St. Lucia, QLD 4067, Australia; Programma di ricerca BCGIAR sui cambiamenti climatici, agricoltura e sicurezza alimentare, International Research Institute Bestiame, 00100 Nairobi, Kenya.

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